di Matteo Cataldi
In questo articolo, basandoci sui dati delle tre rilevazioni dell’osservatorio politico – Cise condotte a partire dall’aprile del 2011, analizzeremo come gli intervistati orientano le proprie preferenze elettorali a seconda di tutta una serie di caratteristiche socio-demografiche: genere, classe di età, religiosità, livello di istruzione, zona geopolitica e ampiezza del comune di residenza dell’intervistato. Prenderemo in considerazione solo i partiti che nelle intenzioni di voto sono stimati almeno al 3%, e nel commento alle tabelle focalizzeremo la nostra attenzione principalmente sui partiti maggiori.
Prima di presentare i dati e valutare così la capacità di attrazione che i partiti hanno nei confronti di alcuni specifici segmenti sociali, è indispensabile chiarire che tutte le analisi che presenteremo sono basate sul quella quota di elettori che hanno dichiarato la propria intenzioni di voto in occasione di ciascuna intervista. Nel corso delle rilevazioni questa quota è andata assottigliandosi ed è passata dal 58% della primavera 2011 al 43% dell’aprile di quest’anno. Questa circostanza richiede che le analisi presentate siano interpretate con cautela essendo probabile che alcune caratteristiche socio-demografiche del segmento del campione che dichiara la propria intenzione di voto siano andate accentuandosi, o al contrario, sfumandosi di pari passo con la diminuzione della loro numerosità.
La prima batteria di incroci è visibile nella tabella 1. Relativamente al Partito democratico, nel corso delle tre rilevazioni, il profilo di genere sembra accentuarsi. Se nelle prime due rilevazioni la composizione per genere di chi dichiara di votare Pd non si discostava da quella della popolazione nel suo complesso, ad aprile 2012 la sovra-rappresentazione della componente femminile diveniva apprezzabile.
Nel corso dell’ultimo anno solare, il Pdl è complessivamente calato nelle intenzioni di voto degli italiani ma questo non ha comportato un riequilibro della presenza maschile nel suo elettorato, oggi 19 elettori su 100 votano Pdl a fronte di 25 elettrici su 100 che compiono la medesima scelta; un anno fa gli elettori risultavano il 28% del totale mentre le elettrici il 32%.
Al di fuori dei due partiti maggiori, l’Udc mantiene nel corso del tempo una perfetta compresenza di entrambi i sessi. Tutto il contrario di quanto invece accade tra gli elettori del M5S, che di pari all’esplosione elettorale degli ultimi mesi, vede la componente maschile sopravanzare quella femminile: il peso dei “grillini” nell’elettorato maschile, ad aprile, è oltre il doppio di quello che possono vantare le elettrici del Movimento nell’elettorato femminile.
La composizione per età dell’elettorato dei partiti italiani rivela una forte presenza del Partito democratico nelle fasce di età più anziane (a partire da 56 anni) fra le quali ottiene uno score maggiore di circa 10 punti percentuali rispetto al dato senza distinzione di età (40% contro il 30%). E’ nelle fasce di età centrali che il Pd mostra invece tutta la sua debolezza. In occasione dell’ultima rilevazione, tra i trentaseienni e i cinquantacinquenni si ferma a nove punti di distanza dalla media complessiva: è la stessa fascia d’età in cui si registra invece un’imponente crescita dei consensi per il Movimento cinque stelle.
Relativamente al Pdl, la distribuzione per età dei propri voti appare meno squilibrata rispetto al principale rivale, sebbene come questo goda di una posizione di relativa forza nelle classi di età più avanzate.
Infine il Movimento cinque stelle mostra una distribuzione dei consensi per classi di età del tutto disomogenea. Si osserva una forte sovra rappresentazione delle classi di età più giovani (anche se non giovanissime) e di quelle centrali, fino a 55 anni. Più oltre, in particolare tra gli ultra sessantenni, gli elettori del M5S quasi spariscono.
Ci preme ancora una volta sottolineare come le eventuali discrepanza rispetto alla letteratura sull’argomento non debbano sorprendere più di tanto considerando che le analisi qui presentate si basano sulla quota minoritaria di elettori che al momento dell’intervista dichiarava il voto al partito.
Inoltre, come mostrato in un precedente articolo, tra coloro che al momento dell’intervista non esprimevano la propria intenzione di voto, quanti hanno tra i 45 e 65 anni sono sovra rappresentati. E’ pertanto probabile che, nella verosimile ipotesi in cui, almeno una parte di chi non ha risposto al momento dell’intervista, voterà invece alla prossima occasione, alcuni squilibri potranno attenuarsi.
Tabella 1. Incroci tra genere, età ed intenzioni di voto
Per gli italiani la dimensione religiosa continua a rivestire un ruolo rilevante. Ad aprile 2012 per tre intervistati su quattro la religione occupa un posto importante nella propria vita, anche se un anno fa erano quasi l’82% e a novembre dello scorso anno il 77%. A conferma della religiosità degli italiani, i praticanti assidui (coloro che vanno in chiesa tutte le domeniche sono circa il 30% della popolazione e se ad essi aggiungiamo chi in chiesa va con appena meno continuità (2-3 volte al mese) raggiungiamo quasi la metà della popolazione. L’incrocio tra le intenzioni di voto e l’importanza che la religione riviste nella vita degli intervistati mostra come i partiti di centrosinistra, coerentemente a tutta una vasta mole di studi empirici, sono fortemente sovra rappresentati tra coloro per i quali la religione non assume alcuna rilevanza nella propria vita. Anche il Movimento cinque stelle mostra una forte relazione negativa tra l’importanza della religione e i propri consensi.
Del tutto speculare appare invece la situazione del centrodestra dove l’Udc ma soprattutto il Pdl sono meno rappresentati tra chi non è disposto a riconosce alcun ruolo alla religione nella propria vita. Nel partito dell’ex premier al crescere dell’importanza della fattore religioso cresce il peso dei propri elettori. Questa relazione è molto ben visibile in tutte e tre le rilevazioni: ad aprile di quest’anno il Pdl raccoglieva il 10% circa dei propri voti nella prima categoria (per niente importante) e quasi il 37% nell’ultima (molto importante).
Per quanto attiene invece alla frequenza dei cattolici alle funzioni religiose, tra i praticanti assidui (coloro che vanno a messa ogni domenica) e quelli un po’ più discontinui (2-3 volte al mese), Udc e Pdl risultano molto bene rappresentati. Per il Pdl, a fronte del 22% dei consensi attribuitogli complessivamente, ottiene il 28% tra chi va in chiesa tutte le domeniche (aprile 2012).
I partiti del centrosinistra, e non diversamente il Movimento cinque stelle, sono sottorappresentati tra i praticanti più assidui e quelli un po’ meno costanti, risultando invece molto ben presenti tra chi a messa non va mai e chi ci va poche volte all’anno.
Nella serie di analisi bivariate tra variabili socio demografiche ed intenzioni di voto, il livello di istruzione è l’ultimo incrocio visibile nella tabella 2. La relazione più netta e al tempo stesso lineare, come si può osservare dalla tabella, è quella che coinvolge il Popolo delle Libertà. Al crescere del livello di istruzione degli intervistati l’apprezzamento del partito di Alfano e Berlusconi scende sensibilmente: questa relazione inversa tra titolo di studio e voto al Pdl è rinvenibile in ciascuna delle rilevazioni effettuate a partire dalla scorsa primavera. Per il Partito democratico invece la relazione non è altrettanto netta e indubbiamente meno lineare: il Pd è sì sovrarappresentato tra la popolazione con il titolo di studio più alto ma lo è ancora di più tra chi non ha nessun titolo o solo quello elementare con una tendenza a crescere di questa sovra rappresentazione. Non possiamo sapere per il momento se questo secondo aspetto sia dovuto almeno in parte ad una distorsione della quota di elettori che oggi dichiarano la propria intenzione di voto (43%) rispetto al totale dei rispondenti all’intervista, ma sappiamo che tra coloro che si rifugiano nella cosiddetta “area grigia”[1], come mostra l’articolo citato in precedenza, chi ha un titolo di studio basso è fortemente sotto rappresentato. E’ pertanto probabile che questa presenza massiccia di elettori del Pd tra i meno istruiti si ridimensioni man a mano che gli incerti prenderanno posizione.
Tabella 2. Religione ed intenzioni di voto
Una variabile classica dei modelli di studio del voto a livello individuale è la zona geopolitica di residenza. Commentiamo brevemente l’incrocio tra questa e l’intenzione di voto (tabella 3). Ne emerge piuttosto chiaramente la nota caratterizzazione territoriale di alcuni partiti come ad esempio la sovra rappresentazione del Partito democratico nelle quattro regioni che ancora identifichiamo con il termine zona rossa (Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio), quella della Lega Nord nelle regioni settentrionali e la forza del Pdl nel Mezzogiorno. Nel corso dell’ultimo anno solare si sono tuttavia messe in luce alcune dinamiche piuttosto interessanti che hanno visto tra l’altro il partito di Bersani rafforzarsi nelle aree centrosettentrionali e al tempo stesso perdere terreno in quelle meridionali, nelle quali ottiene sette punti percentuali in meno della media nazionale (aprile 2012). Il Pdl nello stesso periodo di tempo precipita nelle intenzioni di voto degli italiani passando dal 30% dell’aprile 2011 al 21,8% dell’aprile di quest’anno. Ma come si può vedere in tabella, il declino del “partito del predellino” è tutt’altro che omogeneo nel Bel Paese: Ad un forte ridimensionamento in tutto il centro nord, dove si attesta al di sotto del 20%, fa da contro altare una discesa meno brusca al Sud dove si mantiene oltre il 30%.
E’interessante notare come nel nord-est del paese che in questo caso comprende Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, al crollo verticale del carroccio (dal 23% dell’aprile 2011 al 6% dell’aprile di quest’anno) si sia opposta l’esplosione del Movimento cinque stelle che proprio in questa zona d’Italia raccoglie il massimo dei suoi consensi (20%).
E’ bene ricordare che l’ultima indagine risale ai giorni precedenti le elezioni comunali della scorsa primavera e che l’esito di queste è probabile abbia contribuito all’ulteriore riposizionamento delle preferenze politiche degli italiani.
Una seconda variabile molto importante nello studio del legame tra territorio e voto in Italia è storicamente quella legata alla dimensione demografica del comune di residenza. In letteratura è ben nota la relazione positiva tra il voto al Pci e successivamente ai partiti eredi della tradizione comunista e la grandezza del comune di residenza. In altre parole mano a mano che aumenta l’ampiezza demografica del comune crescono anche i consensi attribuiti a questi partiti. Il Partito democratico segue esattamente questo andamento come tutte e tre le indagini cross-sectional dimostrano. Una relazione altrettanto forte tra la classe demografica del comune e il voto raccolto ha per oggettola Leganord anche se in questo caso il segno si inverte e il bacino di voti del carroccio è massimo nei centri più piccoli, quelli con meno di 5.000 abitanti. Quila Lega(aprile 2012) ottiene una percentuale di voto doppia rispetto alla media complessiva.
Tabella 3. Geografia e intenzioni di voto
[1] chi dichiara di volersi astenere o chi è incerto se andare a votare o ancora chi probabilmente voterà ma non sa per quale partito