Una “frattura mediale” nel voto del 25 febbraio?

di Lorenzo De Sio

Il Movimento 5 Stelle è senza dubbio il principale vincitore delle elezioni del 24 e 25 febbraio, con un’affermazione che dal nulla ha riportato oltre otto milioni e mezzo di voti. E uno degli aspetti centrali dell’affermazione del M5S è la sua trasversalità: in termini geografici, lungo confini che tagliano trasversalmente le tradizionali zone geo-politiche d’Italia (vedi l’articolo di Matteo Cataldi e Vincenzo Emanuele); in termini politici, con la capacità di pescare in modo completamente trasversale dai tradizionali bacini di centrodestra e centrosinistra (vedi le varie analisi di flusso relative a Torino e Palermo, Monza, Pavia e Varese, Firenze e Roma); infine in termini socio-demografici, con la sua grande capacità di penetrazione interclassista (vedi le analisi di Luca Comodo su dati Ipsos su “Il Sole 24 Ore” del 10 marzo).

La conseguenza è un curioso paradosso: il M5S spicca quindi per il fatto che il suo elettorato non è particolarmente caratterizzato in nessun senso: né politico, né geografico, né socio-demografico, se si eccettua una forte sottorappresentazione tra i pensionati. Ma allora, qual è la principale caratteristica che identifica gli elettori di Grillo? Per rispondere a questa domanda è necessario ricorrere a dati di sondaggio: noi lo facciamo utilizzando i dati della terza ondata del Panel Elettorale CISE. Si tratta di interviste raccolte prima delle elezioni (la quarta ondata di interviste, postelettorale, è ancora in corso) e che tuttavia rivelano dinamiche significative e coerenti con il risultato del voto e con altre analisi. La prima ipotesi che abbiamo posto è che ovviamente potessero essere rilevanti le caratteristiche generazionali: una sorta di rivolta dei giovani, con un trionfo del M5S nelle prime fasce di età. In realtà quest’ipotesi è in sostanza confermata, ma con modalità leggermente diverse rispetto alle attese (vedi la Tabella 1).

Il confine tra “giovani” e “meno giovani” è infatti curioso: tra i primi rientrano tutti quelli fino ai 54 anni (con risultati anche di sette punti superiori al totale del campione), mentre il M5S va molto peggio nelle due fasce di età superiori. Ma soprattutto sono gli altri partiti a non risentire in maniera fortissima di effetti generazionali, visto che il Pd è sì sottorappresentato tra i più giovani, ma non di molto, e Sel è addirittura sovra rappresentata (casomai è il Pdl a soffrire di più tra i più giovani). Insomma, non sembra che siamo davvero di fronte a una frattura generazionale. E’ così che abbiamo avuto il sospetto che potesse esserci – prevedibilmente – qualcos’altro dietro il successo di Grillo. Abbiamo quindi preso in esame quella che ritenevamo una variabile chiave: la fonte prevalente da cui l’intervistato dichiara di ottenere informazioni sulla politica. L’ipotesi chiave era che chi si informa prevalentemente attraverso Internet avrebbe dovuto premiare in modo maggiore il M5S, presente in modo più sistematico, capillare e “nativo” sulla Rete.

Com’era prevedibile, non solo abbiamo avuto ragione ma abbiamo trovato effetti nettamente più potenti di ciò che ci si poteva attendere. La Tabella 2 mostra infatti che esiste una relazione molto forte tra il mezzo prevalente di informazione politica e il partito votato.

La relazione è talmente forte da essere visibile già in termini qualitativi: i tre principali partiti si suddividono infatti nettamente il ruolo di primo partito tra i tre diversi pubblici. Il Pd è nettissimamente il primo partito tra i lettori di giornali, con 12 punti di vantaggio sul Pdl e addirittura 17 sul M5S (curiosamente, percentuali simile a quelle più comuni nel dibattito pubblico sui giornali a ridosso delle elezioni). Tra i telespettatori il primo partito è invece il Pdl, con tre punti di vantaggio su Pd e M5S. Ma soprattutto è tra chi usa Internet come fonte di informazione prevalente che si registra la caratterizzazione più netta. Anzitutto il M5S è il primo partito; ma soprattutto lo è con una percentuale del 42,5: di 17 punti superiore al totale del campione, e addirittura di 21 punti superiore al secondo partito (il Pd col 21,7). E addirittura il Pdl riporta una percentuale inferiore al 10% (il 9,4%). E non si tratta di una piccola parte dell’elettorato: nel nostro campione, gli intervistati che si informano prevalentemente da Internet sono ormai circa un quinto.

Ed è chiaro che effetti così forti non possono essere frutto, ad esempio, di un semplice effetto spurio della generazione (ovvero: magari gli “internettiani” votano M5S perché in realtà sono tutti più giovani…). Infatti se si disaggrega il voto a Grillo per fonte di informazione e generazione, si vede chiaramente che l’effetto del canale di informazione rimane ed è ancora molto potente (vedi Tabella 3).

Come si osserva, anche all’interno di ciascuna classe di età esiste una differenza fortissima tra chi si informa prevalentemente tramite Internet e tutti gli altri: la differenza è sempre di almeno dieci punti in tutte le classi di età, e addirittura di quasi 25 punti tra i 45-54enni.

In sostanza, questi primi dati sembrano suggerire che siamo davvero di fronte a una sorta di “frattura mediale”: a differenziare l’elettorato dei vari partiti (e in particolare quello dell’M5S) sembrano ormai essere nettamente gli stili e i mezzi di informazione politica.  Si tratta di un’ipotesi da sottoporre ad analisi più approfondite, ma la nostra impressione è che il fatto di basarsi su diversi mezzi di comunicazione abbia di fatto significato, in particolare in questa campagna elettorale, aver assistito a campagne elettorali diverse. Ciascuna con una sua agenda, un suo discorso, e diversi temi salienti. In parte ciò è visibile da altri dati (qui non presentati) in cui emerge una sostanziale assenza di grosse differenze di atteggiamenti politici di base (interesse per la politica, posizioni ideologiche, posizioni su temi specifici) tra i tre “pubblici” analizzati, a cui corrisponde tuttavia una diversa percezione di credibilità dei partiti. Con il Pdl a livelli minimi in tutti e tre i pubblici, e il Pd che invece viene considerato credibile sui temi economici da tutti e tre i gruppi, ma sensibilmente meno credibile sulla riforma della politica tra gli utenti prevalenti di Internet. Per adesso si tratta di indizi, ma abbiamo il sospetto che si tratti di intuizioni da sviluppare.

Lorenzo De Sio è professore ordinario di Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli, e direttore del CISE - Centro Italiano di Studi Elettorali. Già Jean Monnet Fellow presso lo European University Institute, Visiting Research Fellow presso la University of California, Irvine, e Campbell National Fellow presso la Stanford University, è membro di ITANES (Italian National Election Studies), ha partecipato a vari progetti di ricerca internazionali, tra cui “The True European Voter”(ESF-COST Action IS0806), the “EU Profiler” (2009) e EUandI (2014), e di recente ha dato vita al progetto ICCP (Issue Competition Comparative Project). I suoi interessi di ricerca attuali vertono sull'analisi quantitativa dei comportamenti di voto e delle strategie di partito in prospettiva comparata, con particolare attenzione al ruolo delle issues. Tra le sue pubblicazioni, accanto a vari volumi in italiano e in inglese, ci sono articoli apparsi su American Political Science Review, Comparative Political Studies, Electoral Studies, Party Politics, West European Politics, South European Society and Politics, oltre che su numerose riviste scientifiche italiane. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.