Tra le elezioni amministrative previste per il 10 giugno, quelle siciliane costituiscono un unicum. In quanto regione a statuto speciale, la legislazione elettorale dell’Isola non ricade sotto la potestà statale, in discordanza dal comma p dell’articolo 117 della Costituzione.
Per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale vige un sistema differente dal resto d’Italia, regolato dalla legge regionale n.17/2016. I motivi sottostanti l’approvazione risalgono alle storture provocate dalla precedente riforma del 2011, che aveva abolito l’architrave delle dinamiche politico-elettorali siciliane: l’effetto di trascinamento, per cui il voto attribuito esclusivamente a una lista – in assenza al contempo di un’esplicita preferenza per il sindaco – non si sarebbe più ripercorso sul candidato primo cittadino ad essa collegato. Ciò separava del tutto il comparto maggioritario per la carica monocratica da quella proporzionale per l’organo collegiale, annullando il potenziale espresso dalla pletora dei ‘Signori delle Preferenze’ (Emanuele e Marino 2016), disseminata in particolare nel blocco di centrodestra. Inoltre, tale previsione abbassava sensibilmente il numero di voti necessario per attestarsi oltre il 50% e vincere già al primo turno. Serva ad esempio quel che successe a Catania cinque anni fa: Enzo Bianco tornò a Palazzo degli Elefanti senza ballottaggio raggiungendo – di poco – la maggioranza assoluta con 44.537 voti, meno di un terzo di quanto raccolto dal totale delle liste (144.762). Chi riuscisse invece stavolta a venire eletto subito lo farà – a ragione – ricevendo molti più consensi, nonostante la più rilevante delle novità contemplate dalle legge elettorale regionale per i Comuni con oltre 15.000 abitanti: l’abbassamento della soglia al 40% per l’investitura diretta senza una seconda chiamata alle urne. Nell’ottica di taluni, riducendo il numero dei ballottaggi, questa decisione penalizzerebbe il Movimento Cinque Stelle. L’insidia maggiore per il M5S potrebbe annidarsi in verità nell’unico caso in cui la legge non contempla l’attribuzione del premio di maggioranza, pari al 60% dei seggi: qualora, al primo turno, il 40% del neo-eletto sindaco non faccia il paio con un’omonima percentuale della lista e/o coalizione in suo sostegno. Di regola, il trend del partito di Di Maio acclara – nelle consultazioni amministrative e regionali – un rendimento coalizionale positivo, per tradizione appannaggio del campo del centrosinistra, che in genere predilige la scelta del sindaco a quella del consigliere comunale, al contrario del centrodestra (Emanuele 2012).
Incombe il rischio che l’eventuale vittoria di sindaci Cinque Stelle si trovi sprovvista di un adeguato supporto in consiglio comunale. La Tabella 1 riassume i tre possibili esiti al 1° turno prefigurati dal sistema elettorale dell’Isola.
Tab. 1 – Elezioni comunali in Sicilia: Esiti possibili 1° turno elezioni (legge regionale n.17/2016)
L’offerta su cui s’esprimeranno i cittadini dei 19 Comuni siciliani con oltre 15.000 abitanti riflette l’atavica debolezza dei partiti nazionali nell’Isola, fornitori di credito politico per le imprese di autarchici imprenditori delle segreterie locali (Morisi 1993).
Spicca – a primo impatto – la quasi assenza di proposte alla sinistra del Partito Democratico. Un’area, questa, su cui in Sicilia fin dagli anni Novanta s’affibbia l’etichetta di “commensale che ci si può dimenticare d’invitare” (Riolo 1993), rinvigorita ora dal debolissimo radicamento territoriale nel prossimo turno di amministrative. Solo a Ragusa, tra i comuni capoluogo coinvolti (gli altri sono Catania, Messina, Siracusa e Trapani), può rintracciarsi un candidato sindaco (Massari) della sinistra riconducibile a LeU, in ossequio all’imprinting ideologico della città iblea. Difatti, qui risiede l’unica sub-cultura politica di sinistra dell’Isola, grazie a un individualismo dai tratti più moderni e a una dipendenza meno marcata dal meccanismo delle preferenze (D’Amico 1993). Non a caso Ragusa fu il primo, e finora unico, Comune Capoluogo conquistato dal M5S, forza che in origine manifestava un retaggio culturale chiaramente di sinistra. Ricalcando lo scenario nazionale, scompare dai radar il centro (Paparo e Vittori 2018), il cui rendimento in Sicilia si correlava in modo inversamente proporzionale al peso demografico delle città.
A recitare il ruolo di primattori permangono dunque il centrosinistra, a ranghi compatti nei Comuni Capoluogo, e il centrodestra, che sconta invece più di una divisione. Nelle realtà più importanti a 5 candidati sostenuti da FI (unitariamente, in alcuni casi, a Lega e FDI) ne seguono 4 appoggiati esclusivamente dai partiti di Salvini e/o Meloni.
La rilevante mole di aspiranti sindaci e liste civiche meriterà una valutazione dopo le elezioni, modulata dal grado di riconferme nei Comuni vinti la tornata precedente (4 su 19).
Tab. 2 – Elezioni comunali in Sicilia: Riepilogo dell’offerta elettorale, candidati e liste
Tab. 3 – Elezioni comunali in Sicilia: Coalizione vincente delle precedenti elezioni comunali
Nei Comuni Capoluogo due incumbent cercano di replicare i successi del 2013: Enzo Bianco a Catania, candidato del centrosinistra con l’omissis del simbolo PD, e Renato Accorinti a Messina, il civico d’estrazione ambientalista. Entrambi fronteggeranno il favorito della vigilia, ovvero il centrodestra, unito nelle sue tre componenti principali (FI, Lega e FDI) a fianco di Salvo Pogliese e Dino Bramanti. Questi conteranno, rispettivamente, sul sostegno di 9 e 10 liste. Alcune di queste potrebbero non oltrepassare lo sbarramento fissato al 5%, mancando l’accesso in consiglio comunale. Combinato alla suddivisione del premio di maggioranza, ciò sovra-rappresenterebbe le liste ammesse alla ripartizione dei seggi collegate al sindaco eletto, aumentando la disproporzionalità.
Nuovamente ricca l’offerta a Ragusa, in cui il M5S trionfò nel 2013 volgendo a proprio favore l’altissima frammentazione della competizione, che gli permise al primo turno di accedere al ballottaggio (poi vinto contro il candidato del centrosinistra) per appena 177 voti. L’uscente, Federico Piccitto, non sarà nuovamente in lizza, allo stesso modo del suo collega nella vicina Siracusa, Giancarlo Garozzo del Partito Democratico. Nella città aretusea il front-runner del centrodestra, Ezechia Paolo Reale, riceve l’appoggio di una coalizione composta, tra gli altri, da FI e FDI, contrapposta all’aspirante primo cittadino della Lega, Francesco Midolo, nonché a Fabio Granata, ex finiano sostenuto da Diventerà Bellissima, il movimento politico del presidente della Regione Nello Musumeci. In ultimo, d’interesse la tornata di Trapani – tra i pochi Comuni qui passati in rassegna della Sicilia Occidentale – dove le elezioni dell’anno scorso non elessero il sindaco a seguito delle vicende legate all’uscente Girolamo Fazio.
Tratti variegati compongono il quadro delle imminenti elezioni locali, che assumono sempre in qualche modo una portata nazionale (D’Alimonte 2017) anche se in Sicilia – come nel Sud – classi al governo “in-vulnerabili” coabitano insieme a proteste centrifughe non convenzionali (Raniolo 2008). Quale prevarrà, tra queste due forze separate e distinte che spingono in direzione opposta? Sullo stesso palco da un lato vanno in scena i gattopardi e la loro deferenza, avvalorata dal ritorno del centrodestra al governo regionale archiviata la presidenza Crocetta; dall’altro agisce il richiamo alla protesta, col M5S in grado nell’isola di superare il 48% alle elezioni politiche del 4 marzo, riunendo – una volta in più – anche “individui uniti non tanto da un’idea politica, quanto dall’immediato tornaconto, dal malcontento o dal desiderio di improbabili rivincite” (Nuvoli 1989).
Tab. 4 – Elezioni comunali in Sicilia: L’offerta elettorale nei comuni capoluogo (in grassetto i sindaci uscenti; in corsivo i candidati che non hanno in coalizione il simbolo ufficiale del partito)
Riferimenti bibliografici
D’Alimonte, R. (2017), ‘Test su divisioni a sinistra e tenuta M5s’, in Paparo A. (a cura di), La rinascita del centrodestra? Le elezioni comunali 2017, Dossier CISE(9), Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 37-42.
D’Amico, R. (1993), ‘La ‘cultura elettorale’ dei siciliani’, in Morisi M. (a cura di), Far politica in Sicilia. Deferenza, consenso e protesta, Milano, Feltrinelli, pp. 211-257.
Emanuele, V. (2013), ‘Tra dinamiche territoriali e voto personale: le elezioni comunali a Palermo nel 2012’, in Quaderni dell’osservatorio elettorale, 69, pp. 6-34.
Emanuele, V., e Marino, B. (2016), ‘Follow the candidates, not the parties? Personal vote in a regional de-istituzionalized party system’, Regional and Federal Studies, 26(4), pp. 531-554.
Morisi, M., e Feltrin, P. (1993), ‘La scelta elettorale: le apparenze e le questioni’, in Morisi M. (a cura di), Far politica in Sicilia. Deferenza, consenso e protesta, Milano ,Feltrinelli, pp. 15-83.
Nuvoli P. (1989), ‘Il dualismo elettorale nord-sud in Italia: persistenza o progressiva riduzione?’, Quaderni dell’osservatorio elettorale, 23, pp. 67-110.
Vittori, D. e Paparo, A. (2018), ‘Il quadro della vigilia delle comunali: le alleanze e le amministrazioni uscenti’, Centro Italiano Studi Elettorali. https://cise.luiss.it/cise/2018/06/07/il-quadro-della-vigilia-della-comunali-le-alleanze-e-le-amministrazioni-uscenti/.
Raniolo, F., (2010), ‘Tra dualismo e frammentazione. Il Sud nel ciclo elettorale 1994-2008’, in D’Alimonte R., Chiaramonte A. (a cura di), Proporzionale se vi pare. Le elezioni politiche del 2008, Bologna, Il Mulino, pp. 129-171.
Riolo, C. (1993), ‘Istituzioni e politica: il consociativismo siciliano nella vicenda del Pci e del Pds’, in Morisi M. (a cura di), Far politica in Sicilia. Deferenza, consenso e protesta, Milano, Feltrinelli, pp. 178-206.
NOTA:
Sinistra alternativa al PD riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra PAP, RC, PCI, PC, MDP, LEU, SI, Verdi, IDV, Radicali, ma non dal PD;
il Centrosinistra è formato da candidati nelle cui coalizioni a sostegno compaia il PD;
il Centro riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra NCI, UDC, CP, NCD, FLI, SC, PDF, DC, PRI, PLI;
il Centrodestra è formato da candidati nelle cui coalizioni a sostegno compaia FI (o il PDL);
la Destra riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra Lega, FDI, La Destra, MNS, FN, FT, CasaPound, DivBell ma non FI (o PDL).
Quindi, se un candidato è sostenuto dal PD o da FI (o PDL) è attribuito al centrosinistra e al centrodestra rispettivamente, a prescindere da quali altre liste facciano parte della coalizione a suo sostegno.