L’Europa al voto, ma con quali regole?

Dal 23 al 26 maggio i cittadini dei 28 paesi membri dell’Unione Europea saranno chiamati al voto per rinnovare il Parlamento Europeo dopo cinque anni dall’ultima consultazione elettorale. Ad aprire le danze saranno i Paesi Bassi ed il Regno Unito, dove le votazioni si svolgeranno giovedì 23; seguirà l’Irlanda il 24, Lettonia, Malta e Slovacchia il 25 (con l’aggiunta della Repubblica Ceca, dove la tornata elettorale è spalmata su due giorni, il 24 ed il 25), per chiudere infine con i restanti 21 paesi (tra cui, ovviamente, l’Italia) dove le elezioni si terranno domenica 26 maggio. Si tratterà di un voto cruciale per l’Unione Europea, aspramente criticata da quei partiti challengers –fortemente in ascesa- che puntano ad una sostanziale revisione dell’intera architettura istituzionale dell’Unione. Se e come questo avverrà sarà il voto di poco più di 400 milioni di elettori a stabilirlo e sarà certamente un tema di discussione all’indomani delle elezioni. Per ora le nostre analisi possono limitarsi a disegnare i possibili scenari futuri del dopo voto e a fornire alcune indicazioni generali sui temi che molto probabilmente orienteranno le scelte di voto dei cittadini. Questo è quello che il Centro Italiano di Studi Elettorali ha fatto nei giorni scorsi, pubblicando le proprie analisi sulle intenzioni di voto alle Europee dei cittadini italiani (De Sio e Angelucci, 2019), tracciando una mappa dei temi principali potenzialmente in grado di orientare il voto (Maggini 2019) e valutando le strategie dei principali partiti in competizione (De Sio 2019).

Tuttavia, c’è ancora un tema che riteniamo utile discutere mentre ci avviciniamo rapidamente alla data del voto, vale a dire le modalità attraverso cui si svolgeranno le prossime elezioni sia in Italia, sia negli altri Stati membri. Si tratta in effetti di un processo complesso e non del tutto omogeneo tra i 28 Stati dell’Unione, i quali, pur all’interno di un quadro normativo comune stabilito a livello europeo, mantengono un certo margine di discrezionalità nel definire la legislazione che regola il processo di selezione dei rappresentanti nazionali nel Parlamento Europeo.

Partiamo innanzitutto dai numeri. Come nelle passate elezioni del 2014, anche quest’anno gli elettori Europei eleggeranno 751 rappresentanti a Bruxelles. Si tratta tuttavia di un numero provvisorio, che include i candidati che verranno eletti nel Regno Unito, dove il voto si svolgerà regolarmente, non essendo ancora concluso il faticoso processo di uscita dall’Unione Europea (la Brexit). Non appena il negoziato per la Brexit sarà concluso e l’uscita del Regno Unito dall’Unione diverrà effettiva, il numero di seggi all’interno del Parlamento Europeo scenderà ad un totale di 705. Inoltre, una volta che il Regno Unito sarà definitivamente uscito dall’UE, alcuni (ma non tutti) i seggi ottenuti da deputati britannici saranno ridistribuiti tra gli altri Stati membri.[1]

La Brexit avrà quindi un effetto significativo non solo sulla composizione complessiva dell’Europarlamento, ma anche sulla distribuzione dei seggi tra i 27 Stati membri rimanenti. Questi sono ripartiti sulla base di un criterio proporzionale digressivo rispetto alla popolazione dei singoli paesi: fermo restando il principio per cui Stati relativamente più popolosi eleggono un numero maggiore di Europarlamentari, il sistema garantisce che proprio tra questi stati ogni deputato rappresenterà un numero maggiore di elettori, consentendo quindi agli stati più piccoli di non essere eccessivamente penalizzati in termini di rappresentanza. Germania, Francia, Italia e Regno Unito sono i paesi europei cui spetta un maggior numero di seggi all’interno del PE (rispettivamente 96, 74 e 73 seggi per Italia e Regno Unito), mentre Cipro, Estonia, Lussemburgo e Malta sono gli stati con un numero di seggi relativamente più basso (i quattro Stati eleggeranno infatti soltanto 6 membri). In pratica, i tedeschi eleggono un rappresentano nell’Europarlamento ogni 850.000 abitanti; i maltesi uno ogni 75.000 abitanti.

Per effetto della Brexit, questa ripartizione subirà cambiamenti rilevanti, a beneficio in particolare di Francia e Spagna, cui spetterà un numero aggiuntivo di 5 seggi, e di Paesi Passi e Italia, cui spetteranno 3 seggi aggiuntivi.

Come già accennato, al di là delle differenze a livello nazionale -che verranno trattate più avanti-, la legge europea fornisce una cornice normativa generale a cui tutti gli stati devono uniformarsi. In modo particolare, i deputati devono essere eletti in tutti i paesi membri con un sistema di rappresentanza proporzionale, utilizzando il voto di lista ai partiti o il sistema di voto singolo trasferibile (single transferable vote, STV). Gli Stati membri possono decidere invece l’adozione di una soglia di sbarramento su base nazionale, purché non superiore al 5%. Gli Stati membri possono inoltre decidere se e come suddividere, ai fini dell’assegnazione dei seggi, il territorio nazionale in diverse circoscrizioni elettorali – sebbene ciò non può in generale incidere sulla natura proporzionale del sistema di voto.

Oltre al numero delle circoscrizioni elettorali e all’adozione di una soglia di sbarramento, gli Stati membri possono decidere l’età degli elettori e dei candidati ammissibili, la formula elettorale (vale a dire il meccanismo vero e proprio che trasforma i voti in seggi), il metodo di selezione dei singoli deputati e l’eventuale presenza di sanzioni per gli elettori che decidono di astenersi, nel caso in cui ovviamente sia previsto il voto obbligatorio (vedi anche Emanuele, 2014 e Chiaramonte, De Sio e Emanuele, 2017 sulle specificità dei singoli sistemi).

La Tabella 1 offre una panoramica completa delle principali caratteristiche del sistema elettorale per il PE nei 28 Stati membri. Il quadro generale che emerge è quello di un sistema proporzionale declinato in 28 diverse varianti nazionali. L’età minima per diventare elettori idonei è 18 in tutti i paesi ad eccezione di Austria e Grecia, dove l’età per votare è rispettivamente di 16 e 17 anni. Se vi è una sostanziale omogeneità per quanto riguarda i criteri di ammissione nell’elettorato attivo, una considerevole variabilità può essere osservata circa l’elettorato passivo. L’Italia, insieme alla Grecia, è il paese con la regola più restrittiva: 25 anni. Tutti gli altri paesi hanno fissato invece un’età inferiore per accedere all’elettorato passivo, consentendo ai cittadini la possibilità di candidarsi alle elezioni all’età di 23 anni (Romania), 21 (Belgio, Irlanda e la maggior parte dei paesi dell’Europa centrale e orientale), o addirittura 18 (15 paesi, tra cui vi sono Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Svezia). Inoltre, in cinque paesi (vale a dire Belgio, Bulgaria, Cipro, Grecia e Lussemburgo) il voto è obbligatorio, sebbene non sia applicata alcuna sanzione formale, eccezion fatta per il Lussemburgo, dove gli astenuti possono ricevere una sanzione pecuniaria che varia dai 100 ai 1.000 euro.

Tab. 1 – Caratteristiche dei sistemi elettorali per l’elezione del Parlamento Europeo nei 28 Stati membri dell’Unione Europea (clicca per ingrandire)

EP

Oltre ai diversi criteri di ammissibilità per elettori e candidati e alle norme sul voto obbligatorio, le differenze più interessanti dei sistemi di voto riguardano le caratteristiche del sistema elettorale, ovvero il numero di seggi disponibili, il numero di circoscrizioni elettorali, la formula elettorale e la presenza di eventuali soglie di sbarramento per l’accesso alla rappresentanza. Questi elementi infatti hanno un impatto notevole sulle strategie competitive degli attori politici, nonché sul comportamento stesso degli elettori (i cosiddetti “effetti psicologici”), oltre ad avere una chiara influenza sul meccanismo di trasformazione dei voti espressi dall’elettorato in seggi (i cosiddetti “effetti meccanici” del sistema).[2]

Nella stragrande maggioranza degli Stati membri dell’UE i rappresentanti sono eletti all’interno di un’unica circoscrizione nazionale. Le eccezioni sono rappresentate da alcuni grandi paesi come il Regno Unito e la Polonia, e da due paesi piccoli ma culturalmente eterogenei come il Belgio e l’Irlanda, dove i seggi vengono assegnati all’interno di varie circoscrizioni elettorali al fine di garantire la rappresentanza delle differenze locali. L’Italia è suddivisa in cinque circoscrizioni, ma tale suddivisione ha valore solo per la selezione dei deputati, mentre l’assegnazione dei seggi è calcolata esclusivamente sulla base dei risultati raccolti dalle diverse liste livello nazionale. In altre parole, il territorio nazionale costituisce di fatto un unico collegio, suddiviso in cinque circoscrizioni a cui è assegnato un certo numero di seggi. All’indomani delle elezioni, i seggi verranno dapprima ripartiti nell’unico collegio nazionale con metodo proporzionale, al fine di stabilire i il numero di seggi spettanti a ciascuna lista. In seconda battuta, i seggi verranno ripartiti nelle cinque circoscrizioni, rispettando sia i seggi totali attribuiti a ciascuna circoscrizione, che i seggi totali spettanti a ciascuna lista (sulla base della distribuzione nazionale) – con un meccanismo familiare per chi ricorda il Porcellum.

La tabella riporta inoltre la grandezza media delle circoscrizioni (Magnitudo, M) in ciascun paese. Questo valore è calcolato come rapporto tra il numero totale di seggi disponibili ed il numero di circoscrizioni elettorali (qui inteso come unità territoriali in cui si svolge l’assegnazione dei seggi). Il dato che appare chiaro ancora una volta è un grado piuttosto elevato di variabilità del valore M: la grandezza media delle circoscrizioni varia infatti tra 3,7, registrato in Irlanda (dove 11 seggi sono assegnati in tre circoscrizioni elettorali), e 96 in Germania. Con 73 deputati eletti in un collegio nazionale unico, l’Italia è il paese con la terza M più alta in Europa – dopo anche la Francia, che da quest’anno attribuisce i seggi anch’essa in una unica circoscrizione nazionale.

Un’ulteriore rilevante differenza può essere rilevata nelle formule elettorali. Il più diffuso meccanismo di trasformazione dei voti in seggi è il metodo delle medie più alte, utilizzato in 20 paesi su 28. In particolare, il metodo D’Hondt è utilizzato in ben 16 paesi su 28, mentre la variante più proporzionale del metodo Sainte-Laguë è adottata in tre ulteriori paesi (Germania, Lettonia e Svezia).

Per quanto riguarda l’Italia, il nostro paese appartiene alla piccola minoranza di Stati membri che adotta invece una formula a quoziente. In dettaglio, il meno disproporzionale di tutti: il metodo Hare (quozienti naturali) e dei più alti resti. Oltre all’Italia, il classico metodo Hare è adottato in Bulgaria, Cipro, Lituania e Paesi Bassi mentre sue varianti più distorsive di Hagenbach-Bischoff e Droop sono adottate in Slovacchia e Grecia.

Infine, l’Irlanda e Malta adottano il voto singolo trasferibile.

Per quanto riguarda invece le soglie di sbarramento, vale la pena notare come poco più che la metà degli Stati membri (15 su 28) abbia introdotto una soglia elettorale per le elezioni europee, generalmente fissata al 5% (in 10 casi in tutto) o al 4% (in 3 casi, vale a dire Austria, Italia e Svezia). Una soglia del 3% è invece fissata in Grecia, mentre uno sbarramento all’1,8% è previsto a Cipro. Occorre tuttavia precisare come l’impatto effettivo delle soglie legali di sbarramento sia limitato a pochi, medio-grandi paesi che distribuiscono i propri seggi nazionalmente: Italia e Francia, ma anche Romania, Ungheria e Repubblica Ceca. In tutti gli altri paesi, in realtà, la soglia implicita è più alta, a volte anche in maniera rilevante – come ad esempio in Belgio e, ancor di più, in Polonia.[3]

In merito, infine, alla selezione dei candidati, circa due terzi (19 su 28) dei paesi hanno introdotto un voto di preferenza nel loro sistema, pur seguendo diverse procedure specifiche (ad esempio, lista aperta in Italia, lista flessibile in Austria, o addirittura il panachage, o voto disgiunto, in Lussemburgo), mentre sette paesi votano con le liste bloccate, in cui l’ordine dei candidati eletti è quello deciso dai funzionari del partito al momento della compilazione delle liste. Come accennato, in Italia è previsto il voto di preferenza, per cui l’elettore potrà esprimere fino a un massimo di tre preferenze, purché, se se ne usa più di una, candidati di entrambi i sessi siano indicati con le preferenze, pena annullamento della seconda e della terza preferenza.

In conclusione, i 28 paesi dell’Unione Europea andranno al voto con sistemi elettorali che, benché strutturati su principi comuni generali, sono variamente differenziati. Si tratta di differenze non irrilevanti, che incidono in maniera significativa tanto sul meccanismo di traduzione dei voti in seggi (con sistemi che, a seconda della formula elettorale e del numero di circoscrizioni, possono essere più o meno disproporzionali), quanto sulle scelte di voto dei singoli elettori. Questa variabilità si innesta in un quadro di più generale incertezza che coinvolge sia la futura composizione del Parlamento Europeo (e, dunque, la sua connotazione politica), sia la sua futura organizzazione nel post-Brexit (considerando che seggi e allocazione dei seggi subiranno importanti modifiche). Gli effetti di almeno alcune di queste variabili saranno presto visibili, già a partire dalle 23 di domenica 26 maggio, quando le operazioni di voto saranno concluse in tutti i 28 e lo spoglio avrà inizio contemporaneamente in tutti i paesi dell’Unione.

Riferimenti bibliografici

Chiaramonte, Alessandro, De Sio, Lorenzo e Emanuele, Vincenzo (2017), ‘The Evolution of Italian Representation in the European Parliament: Electoral Laws, Systemic Effects and MPs’ Characteristics’, in The Italian Parliament in the European Union, Month 1, p. 67-84. London: Hart Publishing.

De Sio, Lorenzo (2019), ‘Salvini, perché? Il possibile passo falso del “Capitano”, e un illustre precedente’, Centro Italiano Studi elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/13/salvini-perche-il-possibile-passo-falso-del-capitano-e-un-illustre-precedente/

De Sio, Lorenzo, e Davide Angelucci (2019), ‘Sondaggio CISE: Lega primo partito, ma appena intorno al 30% – e il “sorpasso” PD si allontana’, Centro Italiano Studi elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/09/sondaggio-cise-lega-primo-partito-ma-appena-intorno-al-30-e-il-sorpasso-pd-si-allontana/

Duverger, Maurice (1954), Political Parties: Their Organization and Activity in the Modern State, New York, Wiley.

Emanuele, Vincenzo (2014) ‘Proporzionale a geometria variabile. Ecco come si vota nei 28 paesi membri’, in De Sio, L., Emanuele, V., e Maggini, N. (a cura di), Le Elezioni Europee 2014, Dossier CISE(6), Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 37-42.

Golder, Matt (2005), ‘Democratic electoral systems around the world, 1946–2000’, Electoral Studies, Vol. 24, No. 1, pp. 103–121.

Maggini, Nicola (2019), ‘Chi è credibile per realizzare gli obiettivi condivisi dagli italiani? La Lega primeggia, il M5S sull’eguaglianza economica, il PD sull’Europa’, Centro Italiano Studi elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/10/la-credibilita-dei-partiti-sui-temi-piu-condivisi-dagli-italiani-nel-super-sondaggio-cise-la-lega-primeggia-staccando-il-m5s-e-il-pd/

Taagepera, Rein (1998), ‘Effective Magnitude and Effective Threshold’, Electoral Studies, Vol. 17, No.4, pp. 393-404.

Tarli Barbieri, G. (2019), ‘Requiem per una defunta… C’era una volta la riserva di legge in materia elettorale’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/25/requiem-per-una-defunta-cera-una-volta-la-riserva-di-legge-in-materia-elettorale/


[1] In tutto, saranno 27 i seggi britannici a venire ridistribuiti fra gli altri Stati membri, mentre 46 non saranno riassegnati. Questo spiega la riduzione dei membri del PE di 46 unità, da 751 a 705. Tra l’altro, questo ha aperto la questione relativa alle modalità di elezione dei parlamentari europei aggiuntivi nei 14 Stati membri che si dividono questi 27 seggi. In Italia la questione è stata recentemente regolata dalla Corte di Cassazione: evento quantomeno inconsueto trattandosi, appunto, di materia elettorale (Tarli Barbieri 2019).

[2] Sui concetti di effetti meccanici e psicologici, si veda Duverger (1954). Circa gli effetti delle diverse formule elettorali, anche all’interno della famiglia dei sistemi proporzionali, si veda Golder (2005).

[3] Utilizziamo qui la formula di soglia effettiva proposta da Taagepera (1998): SogliaEff = 0,75/(M+1).