Immagine: “Uomo con una zappa” di Jean-François Millet. Nel racconto “Le tre domande”, Lev Tolstoj narra di un imperatore che ottiene da un uomo con una zappa la risposta a tre domande esistenziali.
E’ ormai imminente (domenica 3 e lunedì 4 ottobre) l’inizio di un’importante tornata di elezioni amministrative. 1192 comuni al voto, di cui 119 con popolazione superiore ai 15 mila abitanti (oltre alle elezioni regionali in Calabria, e alle elezioni comunali in altre regioni nelle settimane successive), per un totale di oltre 12 milioni di cittadini interessati dal voto.
Il significato più importante di ciascuna di queste elezioni è ovviamente locale; tuttavia, come sempre, è e sarà inevitabile leggere queste elezioni anche come test politico, cercando un possibile denominatore comune tra i risultati che emergeranno nelle varie città. Da questo punto di vista, la rilevanza di questo test è particolare almeno per due motivi.
Perché sono elezioni importanti
Il primo è che si tratta delle prime elezioni amministrative dopo la nascita del governo Draghi, che ha introdotto un’insieme di tensioni all’interno del sistema partitico: da un lato costringendo a collaborare al governo partiti di orientamenti politici nettamente diversi tra loro; dall’altro, evocando disegni di ristrutturazione del sistema attraverso la formazione di un possibile soggetto politico centrista (un ipotetico “partito per Draghi”, di cui molto si parla ma in cui il diretto interessato ovviamente non ha alcun coinvolgimento) destinato secondo i suoi promotori a un ruolo pivotale in un sistema partitico non più bipolare.
Il secondo motivo è che si tratta di elezioni che cadono ormai a ridosso dell’elezione (all’inizio del nuovo anno) del Presidente della Repubblica. Un buon risultato di alcuni partiti alle amministrative (Fratelli d’Italia in primis, ma non solo) potrebbe spingerli a puntare con forza verso elezioni anticipate per capitalizzare il clima di opinione favorevole (considerando peraltro che l’attuale Parlamento è stato eletto in un’epoca in cui il M5S aveva il 33%, Forza Italia il 14, FdI appena il 5, e in cui i parlamentari del Pd furono scelti dall’allora segretario Matteo Renzi). E la prospettiva di puntare al voto anticipato avrà un’influenza decisiva sulle scelte di voto per il Capo dello Stato.
Tre domande
Di qui dunque la rilevanza di queste elezioni. Ma come valutare il risultato? In termini generali appaiono rilevanti tre domande principali. (Per dati specifici e un’analisi completa dell’offerta politica, vedi l’analisi che pubblicheremo qui sul sito Cise tra poche ore).
1. Quanto influirà il cambiamento di strategia del centrosinistra?
Premesso che il confronto più rigoroso che andrà effettuato è quello con le precedenti amministrative negli stessi comuni, ovvero quelle del 2016, va osservato che in quella tornata Il Pd si trovava in una stagione politica totalmente diversa. Sotto la leadership di Matteo Renzi, dopo le europee del 2014 il Pd aveva adottato una strategia chiaramente centrista: con provvedimenti come il Jobs Act e la Buona Scuola, e scegliendo di correre alle amministrative senza la sinistra e con candidati che puntavano al centro. Scelta che portò però a una grave difficoltà del centrosinistra, con un netto peggioramento rispetto alla tornata del 2011. La situazione di oggi è nettamente diversa. Le leadership di Zingaretti e Letta hanno segnato una discontinuità in questo senso: da un lato ritornando a costruire candidature locali con profili che puntano più chiaramente a un bacino elettorale di centrosinistra; dall’altro, puntando anche a cercare di includere lo stesso Movimento 5 stelle, che – dopo aver perso dopo il 2018 (nei sondaggi) circa metà dei suoi voti, soprattutto verso Lega e FdI – si trova oggi con una base elettorale più caratterizzata verso centrosinistra. In alcuni casi questo ha portato addirittura a candidati comuni; in altri casi andrà visto se e quanto gli elettori M5s convergeranno sui candidati di centrosinistra (al primo o al secondo turno). Ecco quindi la prima domanda. Questo cambiamento di strategia (a fronte invece di un centrodestra quasi sempre unito, come in passato) produrrà una maggiore competitività del centrosinistra rispetto al 2016?
2. I candidati delle due coalizioni principali che performance avranno?
Un secondo aspetto importante è relativo alla capacità delle coalizioni di presentare candidati di qualità e di prestigio, in grado di intercettare anche un voto di opinione esterno ai loro partiti. In questo senso, centrosinistra e centrodestra appaiono oggi in una posizione leggermente diversa. Il centrosinistra (nella sua accezione allargata, ovvero includendo il M5s o comunque puntando anche agli elettori di quel partito) presenta non solo una componente “popolare”, ma anche un partito come il Pd che vanta una buona capacità di relazionarsi con le classi dirigenti (casomai è stato proprio accusato di essere un “partito delle élite”); di qui l’attesa che il profilo dei candidati di centrosinistra (alcuni esempi sono l’ex manager – e sindaco – Sala a Milano, ma anche l’ex ministro Gualtieri a Roma o l’ex rettore Manfredi a Napoli) potrebbe essere in grado di catturare il voto di opinione meno legato ai partiti. Al contrario, il centrodestra si trova in una fase molto delicata: la progressiva eclissi della leadership di Berlusconi e di Forza Italia (con un ruolo chiave nel coinvolgere la società civile) ha fatto sì che ormai le forze trainanti nel centrodestra siano la Lega e Fratelli d’Italia. Partiti con tratti di radicalismo: ben capaci di mobilitare un consenso di massa, ma con più problemi a relazionarsi con le classi dirigenti (locali e nazionali: si tratta di un aspetto stigmatizzato ad esempio dalle recenti prese di posizione di Giancarlo Giorgetti nella Lega), quindi con più difficoltà nell’attrarre candidature di prestigio e appeal trasversale. Questo aspetto emergerà nei risultati del voto?
3. Tornerà un bipolarismo centrodestra-centrosinistra nelle elezioni locali?
L’ultima questione è relativa alla struttura della competizione. Come è noto, la legge elettorale per i comuni è maggioritaria a due turni: produce quindi un esito bipolare, ma questo non impedisce che nelle diverse città siano diversi poli ad affermarsi. In passato il Movimento 5 stelle riuscì senza difficoltà ad arrivare ai ballottaggi, e addirittura ad eleggere importanti sindaci. In questa tornata, i sondaggi nelle città più importanti (nonché la minore forza del M5s, passato dal 33% del voto del 2018 – primo partito – a circa la metà nei sondaggi più recenti) hanno indicato che difficilmente i candidati del M5s potranno anche solo arrivare al ballottaggio, salvo ovviamente sorprese. Questa previsione sarà confermata? (Lorazepam) In questo caso sarà importante capire se – a partire dal voto locale – si confermerà un ritorno di una struttura di competizione bipolare, in cui il grande terzo polo di questi anni – il M5s – viene ricondotto a prendere posizione (come peraltro emerso chiaramente nella strategia di Giuseppe Conte) all’interno di una dinamica nuovamente bipolare tra centrodestra e centrosinistra.
Tre domande, quindi, cui avremo prime risposte tra pochi giorni, e che ci daranno indicazioni importanti sull’evoluzione del nostro sistema politico.
Riferimenti bibliografici
De Sio, L., 2016. «I voti che non arrivano e il dilemma di Renzi». In Cosa succede in città? Le elezioni comunali 2016, Roma: Centro Italiano Studi Elettorali, 173–77.
Emanuele V., Maggini N. e Paparo A. (a cura di), 2016, Cosa succede in città? Le elezioni comunali 2016, Roma, CISE. http://cise.luiss.it/cise/2016/07/08/cosa-succede-in-citta-disponibile-il-dossier-cise-sulle-comunali-2016