La sconfitta del centro-destra in Sardegna solleva una serie di questioni di portata nazionale. Siamo tornati in una fase di bipolarismo competitivo? È iniziato il calo della popolarità del governo Meloni? I prossimi mesi daranno indicazioni fondamentali per rispondere a questi interrogativi.
Intanto, il risultato sardo permette di mettere a fuoco un tema importante, che vale non solo per la Sardegna ma anche per gli scenari nazionali: la gestione della coalizione di centro-destra nel post-Berlusconi. L’analisi dei flussi elettorali a Sassari che abbiamo svolto ce lo rivela chiaramente.
La Figura 1 mostra in forma grafica le nostre stime dei flussi elettorali a Sassari fra politiche 2022 e regionali di domenica scorsa. A sinistra sono riportati i bacini elettorali delle politiche, a destra quelli delle regionali. Le diverse bande, colorate in base al bacino 2022 di provenienza, mostrano le transizioni dagli elettorati delle politiche alle regionali. L’altezza di ciascuna banda (così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra) è proporzionale al peso sul totale degli elettori.
Come mostrato dal diagramma, se gli elettori del Pd e quelli del M5s hanno votato in massa Todde, nel centro-destra non si riscontra una simile fedeltà. O meglio, non per tutti i partiti. Infatti, quanti avevano votato Fdi, e anche Fi, hanno scelto Truzzu con tassi molto alti, ma gli elettori della Lega sono stati molto meno fedeli. Appena poco più di un terzo ha votato Truzzu, la maggioranza assoluta (oltre il 60%) ha invece preferito Todde.
Fig. 1 – Flussi elettorali fra politiche 2022 (sinistra) e regionali 2024 (destra) nel comune di Sassari.
I voti della Lega a Sassari alle politiche 2022 sono stati 2.703. Le nostre analisi indicano che più di 1.500 fra questi hanno votato Todde. Alla luce del risicatissimo margine con cui questa si è imposta, non è neanche necessario ipotizzare che un simile comportamento degli elettori leghisti su scala regionale abbia compromesso la vittoria di Truzzu. Sono sufficienti i leghisti infedeli della sola Sassari.E torniamo quindi al punto di carattere nazionale: la gestione della coalizione di centro-destra senza Berlusconi. Il fondamentale ruolo di federatore del centro-destra svolto dal Cavaliere sin dagli albori della Seconda Repubblica poggiava su una serie di elementi cardine.
La certezza della sua leadership all’interno della coalizione, in un quadro di rapporti di forza ben definiti; la forza economica che era in grado di mettere in campo, che gli permetteva di tenere le redini della coalizione; la generosità che sapeva praticare nella spartizione delle cariche con gli alleati minori, che dipendeva dal controllare comunque la coalizione (vedi i due punti precedenti) e dalla possibilità di garantire (per sé e per le figure del suo partito) opportunità anche al di fuori delle liste elettorali. Ora, il punto cruciale è che per Meloni nulla di tutto questo è vero. Non è scontato che il suo partito resti a lungo il più votato della coalizione, non ha una forza economica autonoma, e non può quindi permettersi di essere generosa: correrebbe il rischio di non essere lei a guidare le danze.
Per Berlusconi una vittoria del centro-destra era una sua vittoria politica, a prescindere da chi fosse il candidato. Per Meloni no. Per questo si è imposta sul nome di Truzzu a danno di Solinas. Per questo non vuole sostenere Zaia per un nuovo mandato in Veneto. Ma naturalmente queste tensioni interne alla coalizione chiedono un prezzo sul piano elettorale. Da un lato hanno un impatto diretto sugli elettori che vedono la litigiosità. C’è poi anche un effetto indiretto, che passa attraverso le scelte di campagna degli alleati – che magari non si impegnano tanto quanto avrebbero fatto se il candidato fosse stato espresso da loro, e che hanno l’opportunità di indebolire la leader di coalizione in caso di mancata vittoria. Ecco, in Sardegna, come mostrano i nostri dati, il prezzo è stato il governo della regione. Non è detto che sia così dappertutto, e meno che mai su scala nazionale. Però, adesso, gli avversari trovano nella concreta possibilità di vittoria un motivo in più per stare insieme, mentre nel centro-destra i nodi al pettine sono sempre più intricati.
Riferimenti bibliografici
D’Alimonte, R., e De Sio, L. (2024), Prove di ritorno del bipolarismo, «Il Sole 24 Ore», 28 febbraio.
Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.
Schadee, H.M.A., e Corbetta, P.G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.
NOTA METODOLOGICA
I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 140 sezioni elettorali del comune di Sassari. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR è pari a 9,8.