di Aldo Paparo
In 12 dei 26 comuni capoluogo di provincia al voto gli scorsi 6 e 7 maggio gli elettori erano chiamati a confermare o meno il sindaco uscente. Un terzo degli incumbents (4) è riuscito a vincere già al primo turno: si tratta di Tosi (Lega) a Verona, Perrone e Romoli per il Pdl a Lecce e Gorizia e Federici (centrosinistra) a La Spezia. Se consideriamo il gruppo degli altri 14 capoluoghi in cui non era presente il sindaco uscente, appena due non vanno al ballottaggio (14%). Solo dopo il secondo turno sarà possibile verificare se la presenza di incumbents si rivelerà un fattore importante per la tenuta del sistema politico, almeno a livello locale, attraverso l’analisi differenziata dei due gruppi con e senza uscenti in campo ad esempio sotto il profilo del cambio di colore politico dell’amministrazione. Comunque questo primo elemento, una probabilità di vittoria al primo turno più che doppia, certamente depone in senso affermativo.
Dei restanti otto incumbents, tre hanno fallito l’appuntamento con il ballottaggio arrivando terzi nella competizione maggioritaria. Tutti e tre erano stati eletti nel 2007 sostenuti dal centrodestra formato Fi-An-Udc-Lega ed hanno oggi pagato la rottura del fronte moderato. Essi sono Prade a Belluno (che con il 23,4% si è fermato ad appena 200 voti dal secondo posto ed è stato superato da due candidati di sinistra), Favilla a Lucca (ha preso il 14,7% contro il 15,7% del candidato del terzo polo Fazzi, a sua volta ex sindaco della città, che se la vedrà con l’alfiere del centrosinistra Tambellini, in netto vantaggio dopo il 46,8% del primo turno) e Mariani della Lega a Monza (si è fermato all’11,2%, ad oltre ottomila voti dal secondo classificato, il pidiellino Mandelli che partirà molto indietro rispetto a Scanagatti, del centrosinistra, accreditato del 38,3% al primo turno).
Per cinque sindaci uscenti, invece, la corsa è ancora aperta e si concluderà solo il ballottaggio. Tre vi arrivano in pole position: a Stefano (centrosinistra) a Taranto sono mancati a meno di 500 voti per la vittoria al primo turno; Cialente (centrosinistra) a L’Aquila partirà dal 40,7% contro 29,7% dello sfidante del terzo polo; Zambuto (Udc) ad Agrigento, con il suo 39,7% del primo turno, ha oltre 17 punti di margine sullo sfidante Pennica (Pdl).
A Frosinone ed Asti, Marini (Pd e Udc) e Galvagno (Pdl) dovranno invece rincorrere, dopo essere arrivati secondi al primo turno. Ad Asti il ritardo dell’incumebent è di circa 7 punti (29,5% contro il 37,7% del candidato di centrosinistra). Non è facile ipotizzare come andrà a finire, vista la dispersione del consenso nel primo turno: si sono registrati buoni risultati per diversi candidati civici, la Lega è al 4%, l’Udc al 6%, la Fds al 5%, il Mov. 5 stelle all’8. La partita si preannuncia dunque aperta: fra tutti i 19 ballottaggi nei capoluoghi, questo è l’unico che il Pdl ha concrete possibilità di vincere, a parte i tre in cui il suo candidato si presenta in testa. A Frosinone Marini ha dovuto fronteggiare una dura competizione alla sua sinistra avendo scelto di allearsi con l’Udc. Avrebbe forse addirittura fallito il ballottaggio se i due candidati, uno del Psi e dell’Idv, l’altro di Sel e Prc, non avessero disperso il voto di sinistra a lui alternativo. Adesso si trova a inseguire il rivale del Pdl Ottaviani con oltre 20 punti percentuali di distacco, ma potrebbe farcela se domenica e lunedì lo voteranno tutti gli elettori di sinistra.
Appare comunque interessante rilevare come, pur in presenza di scenari di competizione assai variegati nei diversi capoluoghi, l’ordine dei candidati per risultato percentuale al maggioritario e quello per piazzamento coincidano. Nessun incumbent che abbia ottenuto almeno il 24% dei voti manca il ballottaggio, così come nessuno di quelli che hanno preso meno di tale soglia lo centra. Si presentano al secondo turno in testa tutti che si avvicinano a quota 40% o la superano, vi arrivano in ritardo quanti si fermano lontani da tale risultato.
Alla luce dei dati presentati appare dunque probabile che un ulteriore terzo di incumbents possa conquistarsi al ballottaggio il secondo mandato, portando così al 66% la percentuale di capoluoghi in cui il colore politico dell’amministrazione non cambia dopo le amministrative 2012, nel gruppo dei comuni dove si ripresentava l’uscente. Negli altri 14 capoluogo sono stati assegnati al primo turno solo Catanzaro e Brindisi, e in quest’ultimo caso c’è stato un cambio di colore dell’amministrazione. Inoltre a anche a Parma e Palermo il centrodestra perderà il comune, visto che non è presente al ballottaggio. Vedremo quale sarà il risultato finale ma si profila una notevole maggiore continuità politica dell’amministrazione nei comuni con incumbent rispetto a quelli senza.
La tabella riporta anche, per ciascun candidato, la differenza fra la percentuale di voti maggioritari da lui conseguita nel primo turno delle comunali e la somma dei risultati proporzionali alle ultime regionali delle liste che oggi lo sostengono. Possiamo così valutare la capacità di mantenere i voti delle proprie liste o addirittura di andare oltre tale bacino. Dai dati si apprezzano gli straordinari risultati di Zambuto e Tosi che, grazie anche al successo della proprie liste personali, riescono ad andare molto oltre i voti rispettivamente dell’Udc e della Lega. In generale gli incumbent si dimostrano alquanto capaci di conservare il consenso della propria parte politica, pur in un contesto di debipolarizzazione delle scelte di voto. Non è così per tutti: Favilla ha smarrito più della metà dei voti delle proprie liste al 2010 e Mariani il 45%.