di Roberto D’Alimonte e Nicola Maggini
pubblicato su Il Sole 24 Ore del 28 febbraio 2013
Uno dei dati più rilevanti che emerge dalle elezioni politiche del 2013 è stato senza dubbio l’arretramento elettorale delle due coalizioni di centrosinistra e di centrodestra rispetto alle precedenti elezioni del 2008. Le due principali coalizioni, infatti, hanno perso complessivamente quasi 11 milioni di voti. In particolare il centrodestra ha perso poco più di 7 milioni di voti, ossia il 42% dei suoi consensi del 2008, mentre il centrosinistra ha perso più di tre milioni e mezzo di voti, vale a dire il 27% dei suoi consensi nel 2008. In altre parole quasi la metà degli elettori del centrodestra ha deciso di non rivotare più per lo schieramento di Berlusconi, mentre il centrosinistra è stato abbandonato da un quarto circa dei suoi elettori. Si tratta quindi di un’emorragia elettorale che ha riguardato entrambe le coalizioni, anche se è il centrodestra lo schieramento che ha registrato le perdite maggiori, passando dal 46,8% del 2008 al 29,2% del 2013. Inoltre nel 2008 le due coalizioni considerate insieme rappresentavano ben l’84,4% dei voti validi, mentre nel 2013 rappresentano “solo” il 58,7%. Tutto ciò è indubbiamente un indicatore di come il nostro sistema partitico sia entrato in una fase di destrutturazione con un aumento della volatilità elettorale.
Il centrodestra perde voti in tutte le regioni, ma in particolare in Liguria (-51%), Sicilia (-49%), Sardegna e Trentino Alto-Adige (-48%), Marche (-46%), Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia (-45%). Al di sotto della media nazionale sono invece le perdite registrate nella maggior parte delle regioni meridionali e in Umbria. In maniera simile, il calo del centrosinistra avviene in tutte le regioni del paese (con l’eccezione del Trentino-Alto Adige). Le perdite maggiori, al di sopra della media nazionale, si registrano nelle regioni meridionali, e in particolare in Molise (-40%), dove sicuramente si è scontato il fatto che Di Pietro non fa più parte della coalizione, in Abruzzo (-38%), in Sicilia (-34%), in Sardegna, Puglia, Campania e Calabria (-31%) e, infine, in Liguria (-32%) e nelle Marche (-36%). Attorno alla media o al di sotto di essa sono invece le perdite registrate nella maggior parte delle regioni della ex zona rossa e del Nord.
Questa emorragia di voti delle due principali coalizioni politiche del Paese si verifica in concomitanza con alcuni fenomeni che ne possono essere una possibile causa. In primo luogo la partecipazione elettorale è diminuita di circa cinque punti percentuali, pari a poco più di due milioni e seicentomila votanti in meno, ossia più del calo fisiologico della partecipazione dovuto all’avvicendamento generazionale (stimabile attorno a 2 punti percentuali di flessione). Pertanto è ipotizzabile che una parte dei voti dati nel 2008 alle due principali coalizioni sia finito nell’astensione. Inoltre alle recenti elezioni politiche si è registrato il boom elettorale del Movimento 5 Stelle, che alla Camera ha ottenuto poco più di 8 milioni e mezzo di voti divenendo il primo partito con una percentuale pari al 25,6%. Sicuramente molti voti in uscita dalle coalizioni di centrosinistra e di centrodestra sono stati intercettati da Grillo, il quale mostra una capacità di raccogliere consensi che è abbastanza omogenea a livello nazionale, registrando dei picchi in Sicilia (33,5%), nelle Marche e in Liguria (32,1%). A tal proposito è da sottolineare come la Liguria e la Sicilia siano anche le regioni dove il centrodestra perde più voti rispetto al 2008 (praticamente la metà) e allo stesso tempo sono due regioni dove il centrosinistra (sempre rispetto al 2008) subisce delle perdite superiori alla media nazionale. Inoltre, per quel che riguarda il centrosinistra, è da notare il fatto come la perdita minore si registri in Lombardia (-18%), una regione dove il Movimento 5 Stelle raccoglie il 19,6%, ossia la percentuale peggiore ottenuta dal movimento di Grillo escludendo il Trentino Alto-Adige (dove prende il 14,6%). L’unica regione della ex zona rossa dove le perdite per il centrosinistra sono superiori alla media nazionale, come abbiamo visto in precedenza, sono le Marche. E le Marche sono anche una delle regioni dove il Movimento 5 Stelle ottiene una delle sue migliori percentuali elettorali.
Infine, la coalizione di Monti, rispetto al solo Udc del 2008, ha aumentato in tutte le regioni i propri voti in termini assoluti, con l’eccezione della Sicilia dove ha perso circa 50.000 voti rispetto all’Udc del 2008 (-19%). Ed è proprio la Sicilia la regione dove al Senato la lista Monti è andata peggio in termini percentuali, prendendo il 5,9% e quindi nessun eletto. A livello nazionale la coalizione centrista guidata da Monti ha ottenuto circa tre milioni e mezzo di voti, mentre l’Udc da solo nel 2008 aveva ottenuto poco più di due milioni di voti. Nel confronto diacronico il dato più importante che emerge è che la coalizione di Monti ha una distribuzione territoriale molto differente rispetto all’Udc nel 2008. Le regioni in cui cresce di più sono infatti il Trentino-Alto Adige (+229%), la Lombardia (+164%), la Liguria (+145%), il Piemonte (+119%), l’Emilia-Romagna (+108%), il Veneto (+104%) e il Friuli-Venezia Giulia (+102%): la crescita maggiore si registra cioè nelle regioni settentrionali. A tal proposito è significativo il fatto che le regioni dove al Senato la lista Monti non raggiunge la soglia dell’8% siano tutte regioni centro-meridionali: Lazio, Sardegna, Abruzzo, Calabria e, come detto in precedenza, Sicilia.
In conclusione, queste elezioni hanno segnato un evidente arretramento elettorale per le due coalizioni principali di centrosinistra e di centrodestra, incapaci di trattenere un quota significativa dei propri elettori. Questa accresciuta volatilità elettorale può essere spiegata da un lato con la crescente disaffezione nei confronti della politica e con il conseguente significativo aumento dell’astensione e dall’altro con la differente dinamica competitiva: non più bipolare come nel 2008, ma quadripolare. In particolare, un nuovo attore politico, ossia il Movimento 5 Stelle, ha dimostrato di essere altamente competitivo, risultando appetibile in termini elettorali per molti elettori che nel 2008 avevano votato per il centrodestra o per il centrosinistra.
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