(Traduzione in italiano di Cristiano Gatti)
La movimentata e non convenzionale campagna per le elezioni presidenziali francesi si è conclusa (per il primo tempo) domenica notte. Il candidato centrista Emmanuel Macron (24,0%) e la candidata della destra radicale del Front National Marine Le Pen (21,3%) si sono qualificati per il ballottaggio delle elezioni presidenziali. Anche se i sondaggi avevano predetto tale risultato nei mesi precedenti alle elezioni, si tratta comunque di una sorpresa. Il risultato è stato storicamente incerto e 4 candidati hanno raccolto intorno al 20% dei voti. Inoltre entrambi i partiti tradizionali sono stati eliminati. Dopo Macron e Le Pen, il candidato di destra François Fillon (20,0%) e quello della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon (19,6%) hanno fallito l’accesso al secondo turno. A sinistra, il 2017 segna il risultato storico per Mélenchon e, allo stesso tempo, uno dei risultati più bassi per Benoit Hamon, il candidato del Partito Socialista del presidente uscente François Hollande. La sua rinuncia a competere per la rielezione (a causa del suo bassissimo indice di fiducia) ha completamente aperto la corsa alla Presidenza, sebbene la campagna sia stata principalmente incentrata su scandali politici e finanziari.
Tab. 1 – I risultati complessivi del primo turno delle presidenziali 2017 in Francia
Il risultato di Macron è particolarmente impressionante poiché il candidato era praticamente sconosciuto fino a pochi anni fa, e si è candidato senza il sostegno di alcun partito politico tradizionale. È riuscito a raccogliere sostenitori sia di sinistra che di destra per formare il suo movimento centrista: En Marche. La stessa strategia ha funzionato con gli elettori. La campagna di Macron si è articolata intorno a due tipi di temi. Per prima cosa, ha incarnato l’idea del rinnovamento della politica – e soprattutto il rinnovamento della classe politica. Questo tema è stato al centro della sua campagna, e nonostante tutti i suoi oppositori avessero individuato in Macron “il candidato del sistema” e l’erede di François Hollande, questi sembra essere riuscito a catturare questo desiderio dell’opinione pubblica in virtù del fatto di essere relativamente sconosciuto prima della campagna e non schierato con i partiti politici tradizionali. In più, Macron ha fatto campagna soprattutto su temi imperativi (cioè, i temi che sono essenzialmente consensuali, quali il supportare la crescita economica e il migliorare l’educazione) come le sue più importanti priorità di campagna. È anche l’unico candidato apertamente pro-Europa in una campagna caratterizzata da candidati euroscettici (Le Pen, Mélenchon).
Il risultato di Marine Le Pen è al contempo un successo e una delusione. La candidata del Front National per la seconda volta nella storia di questo partito competerà al ballottaggio (dopo suo padre, Jean-Marie Le Pen nel 2002). Ha articolato la sua campagna su temi nei quali la sua posizione è più in contrasto con gli altri candidati: immigrazione ed euroscetticismo. In particolare, Marine Le Pen era l’unica candidata maggiore a sostenere l’abbandono dell’euro e ad appoggiare un referendum sulla partecipazione della Francia all’UE. Tuttavia, Le Pen è stata stimata oltre il 25% e in prima posizione per diversi mesi durante la campagna elettorale. Finire seconda con meno del 22% dei voti rappresenta certamente un duro scoglio per l’obiettivo di conquistare una maggioranza al secondo turno. In modo particolare, in considerazione del fatto che nessun candidato o partito – fino ad ora – si è esposto per sostenerla. Hanno piuttosto invocato il “Fronte Repubblicano” a sostegno di Macron per evitare che il FN prenda il potere.
François Fillon è il maggior perdente in questa elezione. Quando si impose alle primarie del centro e della destra nel 2016, apppariva come il più forte candidato all’Eliseo. Dopo il mandato estremamente impopolare di Hollande, il partito conservatore tradizionale, Les Républicains, considerava questa elezione “impossibile da perdere”. Eppure, la campagna di Fillon è stata completamente travolta da scandali politici e finanziari che lo hanno interessato. Fillon ha deciso di portare avanti la sua campagna, dipingendo se stesso come la vittima di una cospirazione politica, piuttosto che ritirarsi (come gli veniva consigliato da molti suoi colleghi di partito). Arrivare terzo significa avere probabilmente rilevanti conseguenze per il partito gaullista, dal monento che sostenitori ed elettori saranno divisi tra un’opzione centrista vicina a Macron, e una tendenza più radicale e conservatrice. Riconoscendo la sconfitta, Fillon ha invitato i suoi sostenitori a votare per Macron al secondo turno.
Il punteggio cumulato della Sinistra (Mélenchon e Hamon) supera il 25% dei voti, ma in un ordine completamente insolito. Mentre Mélenchon è riuscito a portare a casa quasi il 20% dei voti con una piattaforma di sinistra radicale che richiedeva una trasformazione delle istituzioni politiche francesi attraverso un’assemblea costituente incaricata di scrivere una nuova costituzione e rinegoziare tutti i trattati europei (supportando il ritiro della Francia in caso di fallimento), Benoit Hamon è solamente riuscito ad ottenere il 6,4% dei voti, il risultato più basso del Partito Socialista dal 1969.
Nessun altro candidato ha raggiunto il 5%, che è anche la soglia per ottenere il rimborso pubblico delle spese della campagna.
Complessivamente, la campagna per le elezioni presidenziali è stata incentrata principalmente sul rigetto dei partiti tradizionali e sul rinnovamento della classe politica. Infatti, i due partiti tradizionali sono entrambi rimasti fuori dal secondo turno per la prima volta nella storia della Francia moderna. Gli sfidanti del secondo turno saranno due outsider del sistema partitico tradizionale: Macron, che ha fondato un suo movimento, e Le Pen, che guida un partito “antisistema”. Gli elettori saranno chiamati a votare al secondo turno il 7 maggio, in una elezione che Macron sembra destinato a vincere (per simulare i diversi scenari clicca qui). Il vincitore dovrà poi ottenere una maggioranza nelle elezioni legislative di giugno (in un sistema simile a doppio turno di collegio). In quel caso, essere un outsider e non avere il supporto dei partiti tradizionali potrebbe rivelarsi essere assai meno vantaggioso rispetto all’elezione presidenziale.
Bibliografia
Sartori, Giovanni. (1976). Parties and Party Systems: A Framework for Analysis. New York: Cambridge University Press.