Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 6 Febbraio
Non sono le intenzioni di voto la parte più interessante dell’ultimo sondaggio Winpoll. Da questo punto di vista il quadro non è cambiato significativamente dopo le recenti elezioni regionali. In Emilia Romagna la Lega è stata sconfitta e in Calabria non è andata particolarmente bene, ma a livello nazionale resta attestata intorno al 32%. Quanto agli altri partiti il Pd sembra aver recuperato in termini di voti la scissione di Italia Viva ed è tornato intorno al 22%, a spese del M5s. Il movimento di Grillo continua a perdere consensi, come Forza Italia. Italia Viva non decolla. Fratelli d’Italia invece consolida il trend positivo iniziato diversi mesi fa. Ed è qui che questo sondaggio diventa interessante.
L’ ‘effetto Meloni’ non ha ancora una spiegazione convincente, ma c’è. Ai soli intervistati intenzionati a votare per i partiti del centro-destra è stato chiesto di indicare chi dovrebbe essere il leader di questo schieramento (Figura 1). La maggioranza (il 52%) indica Salvini, ma fa impressione il 40% che preferisce la Meloni. Visto che la Lega sopravanza di gran lunga Fdi il dato è sorprendente. Da dove viene dunque questo 40% a favore della leadership della Meloni? Dagli elettori di Fdi, come prevedibile, ma non solo. Quello che colpisce di più è il 28% di elettori di Forza Italia e addirittura il 25% di quelli della Lega. Esiste una sola spiegazione razionale di questa ‘anomalia’. Tra coloro intenzionati a votare oggi Forza Italia e Lega è probabile che si nascondano potenziali elettori di Fdi domani. In realtà sappiamo già che la crescita del partito della Meloni dal 4% delle ultime politiche a oltre il 10% delle stime attuali è dovuto al passaggio di voti da Forza Italia e Lega (e qualcosa anche dal M5s). Quello che il dato del sondaggio Winpoll suggerisce è che questo flusso potrebbe continuare in futuro, alimentato dall’appeal della leader di Fdi.
Fig. 1 – “Chi dovrebbe essere il leader del centrodestra in Italia” (in % solo tra gli elettori del centrodestra). Fonte: Winpoll
Dinamiche in parte simili a quelle che abbiamo appena descritto all’interno del centro-destra si notano anche tra Pd e M5s. In questo caso la domanda rivolta ai soli elettori del campione intenzionati a votare M5s verteva sul tema del rapporto tra i due partiti (Figura 2). Alleanza strutturale o terza via? Per il 62% degli intervistati il Movimento dovrebbe rimanere indipendente. Solo il 26% vede con favore una confluenza in una coalizione di centrosinistra. Il divario è netto e si riflette anche nella posizione della classe dirigente del Movimento, divisa tra chi vorrebbe consolidare l’alleanza con il Pd già per le prossime regionali e chi invece preferisce mantenere libertà di azione. Il dato non depone a favore del rilancio del Movimento. La verità nuda e cruda è che una parte di quel 33% di elettori che lo avevano votato alle politiche del 2018 hanno già fatto una scelta di campo spostandosi verso Lega e Fdi da una parte e verso il Pd dall’altra. La maggioranza di quelli che sono rimasti vuole tornare al movimento delle origini. Resta quel 26% di elettori cui non dispiace l’alleanza strutturale con il Pd. Sono quelli che un giorno potrebbero trasferirsi direttamente nel partito di Zingaretti. Le prossime elezioni regionali ci diranno se questa ipotesi è fondata o meno.
Fig. 2 – Il futuro del M5S (in % solo tra gli elettori 5 Stelle). Fonte: Winpoll
Le leggi elettorali non interessano agli italiani. Sono cose complicate e difficili da spiegare. Ma visto che giace in Parlamento una proposta presentata dai partiti della maggioranza che punta al ritorno al proporzionale abbiamo provato a sondare cosa ne pensano gli elettori. Chiedere se preferissero un sistema proporzionale o un sistema maggioritario è inutile. La stragrande maggioranza non conosce la differenza. È un po’ più comprensibile la scelta tra un sistema in cui sono i cittadini a votare una coalizione pre-elettorale con un candidato-presidente e un sistema in cui si votano i partiti che poi decidono il governo (Figura 3).
Fig. 3 – Gli italiani e la legge elettorale. Fonte: Winpoll
Anche con questa formulazione il 35% degli intervistati non ha risposto. Ma tra quelli che invece lo hanno, il 76 % si è dichiarato a favore della prima opzione e solo il 24% ha scelto la seconda. Ammettiamo pure che una diversa formulazione della domanda avrebbe potuto dare un risultato diverso, ma non lo avrebbe cambiato radicalmente. Agli Italiani piace l’idea di avere direttamente una voce in capitolo nella scelta del governo, come avviene a livello comunale e regionale. In ogni caso è un ragionamento inutile. Su questa materia l’opinione del pubblico non conta, né conta l’interesse di lungo periodo del paese. Il referendum Segni del 1993 è stato un accidente della storia. Quello che conta sono le convenienze contingenti dei partiti e in particolare dei partiti al governo. E il proporzionale oggi va bene a tutti. Gli elettori se ne faranno una ragione.