Autore: Irene Landini

  • Dalla destra nazionalista alla coalizione europeista? La possibile svolta delle elezioni in Austria

    Dalla destra nazionalista alla coalizione europeista? La possibile svolta delle elezioni in Austria

    Domenica 29 Settembre si sono svolte le elezioni politiche in Austria, a soli due anni di distanza dalle precedenti elezioni del 2017. In quelle elezioni era uscito vincitore il Partito Popolare Austriaco (ÖVP), guidato da Sebastian Kurz che aveva poi dato vita a un governo di coalizione insieme al partito di destra nazionalista Partito delle Libertà Austriaco FPÖ (parte del gruppo Identità e Democrazia nell’Europarlamento e alleato della Lega di Salvini), guidato dal vice cancelliere Heinz-Christian Strache. Il ritorno alle urne anticipato è stato decretato dall’ex cancelliere Kurz, in seguito allo scandalo ormai noto come Ibiza Gate, scoppiato lo scorso 17 Maggio. In quella data, il giornale tedesco Süddeutsche Zeitung e la rivista tedesca Der Spiegel hanno pubblicato un video in cui Strache e il suo vice Johann Gudenus discutevano di promesse di appalti pubblici a prezzi gonfiati alla presunta nipote di un oligarca russo, in realtà una giornalista, rivelando così la possibilità di finanziamenti illeciti a FPÖ. Il video è stato girato in assoluta segretezza poco prima delle elezioni nazionali del 2017 in una villa a Ibiza, da cui il nome dello scandalo.

    La legge elettorale e i candidati

    L’Austria ha un sistema proporzionale, in cui non è previsto un premio di maggioranza, e la soglia di sbarramento per poter accedere alla ripartizione dei seggi a livello federale è del 4%. Il paese viene diviso in 9 circoscrizioni plurinominali, corrispondenti agli Stati Federali, e in 39 sub-circoscrizioni. L’assenza di un premio di maggioranza fa si che sia molto difficile ottenere una maggioranza assoluta, anche per il partito che riceve il numero più alto di voti. Per questo motivo, nelle precedenti elezioni del 2017, era stata necessaria un’alleanza post-voto fra ÖVP e FPÖ per poter dare vita al nuovo governo.

    Il grande favorito di queste elezioni era il Partito Popolare Austriaco, guidato ancora dal giovanissimo Sebastian Kurz. Le altre forze in corsa sono state il Partito Socialdemocratico d’Austria (SPÖ), guidato da Pamela Rendi-Wagner, che già aveva ricoperto il ruolo di ministro della salute durante l’ultimo governo di centrosinistra nel 2017. Il partito FPÖ non ha potuto ovviamente riproporre come aspirante cancelliere l’ex vicecancelliere Heinz-Christian Strache, coinvolto nello scandalo, ed ha perciò presentato come candidato l’ex ministro all’innovazione Norbert Hofer. Gli altri principali partiti sono strati i Verdi, i liberali di NEOS e JETZT, altra forza politica di sinistra ed ecologista fondata da Peter Pilz, che nel 2017 aveva raggiunto un inaspettato 4,4%, ottenendo così 8 seggi.

    I risultati e i possibili scenari futuri

    Le elezioni hanno indubbiamente riconfermato la supremazia del Partito Popolare che ha ottenuto il 37,5% dei voti (Tab. 1), migliorando il già ottimo risultato ottenuto nel 2017 (dove aveva raggiunto il 31,5%). Pur essendo tale percentuale molto alta, il risultato non consente tuttavia al partito, in base alla legge elettorale in vigore, la possibilità di ottenere da solo una maggioranza nel Consiglio Nazionale. Infatti, per poter governare, un partito deve ottenere almeno 92 seggi su 183, mentre il partito di Kurz ne ha ottenuti 71, un numero insufficiente, benché in aumento di 9 seggi rispetto alla legislatura precedente. La formazione di una coalizione si rende perciò, di nuovo, necessaria.

    Tab. 1 – Risultati elettorali delle principali forze politiche austriache nelle elezioni di domenica 29 settembre. Fonte: Bundesministerium für Inneres

    Oltre ai Popolari, la forza politica che è uscita vincitrice da queste elezioni è stata quella dei Verdi che, a differenza di quanto avvenuto nel 2017 (3,8% dei voti), ha ottenuto il 13,8% ed entrarà ora nel parlamento austriaco con ben 26 deputati. Analogamente, NEOS guadagna 5 seggi in più rispetto al 2017, arrivando così all’8,1% di voti e a 15 deputati in parlamento. I grandi sconfitti sono, invece, la SPÖ e la FPÖ. I socialdemocratici, infatti, hanno ottenuto il 21,2% di voti, riducendo il loro numero di seggi in parlamento da 52 a 40 deputati rispetto al 2017. Per quanto riguarda la FPÖ, il partito si è fermato al 16,2%, perdendo ben 20 parlamentari rispetto alle elezioni del 2017; pertanto ora potrà appoggiarsi su 31 deputati. Infine, Jetzt si ferma solo all’ 1,9%, perdendo gli 8 seggi in parlamento che aveva guadagnato nel 2017.

    Cosa farà dunque Kurz (il cui ritorno al potere è ormai indiscusso), di fronte a questo scenario? Quali sono le possibili alleanze? Al momento risulta che i rapporti fra la ÖVP e il precedente alleato FPÖ si siano deteriorati, in seguito a quanto avvenuto, perciò un ritorno della precedente coalizione è altamente improbabile e la FPÖ tornerà quasi sicuramente all’opposizione. Dunque, il giovane ex (ed anche futuro) cancelliere ha davanti a sé due possibilità. Può scegliere di allearsi con i socialdemocratici, seguendo un modello alla tedesca, incentrato sulla Große Koalition e dando al paese una svolta verso posizioni più moderate, in contrapposizione alla svolta a destra avvenuta nel 2017 (Kritzinger, Oberluggauer e Plescia, 2017), per mano dello stesso Kurz. In alternativa, il giovane politico può scegliere di dare una svolta marcatamente europeista, formando un’alleanza con i Verdi e NEOS. La partita è ora aperta, i prossimi avvenimenti ci diranno quale direzione il nuovo governo deciderà di seguire.

    Riferimenti bilbiografici

    Kritzinger, S., Oberluggauer, P., Plescia, C. (2017), ‘Svolta a destra nelle elezioni 2017 in Austria, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2017/11/05/svolta-a-destra-nelle-elezioni-2017-in-austria/

  • Ballottaggi in Sardegna: il centrodestra continua ad avanzare

    Ballottaggi in Sardegna: il centrodestra continua ad avanzare

    Domenica 30 giugno si è tenuto il secondo turno delle elezioni comunali in Sardegna, nelle città di Sassari e Monserrato. Nei due comuni, infatti, nessuno dei candidati in corsa al primo turno (tenutosi 2 settimane fa, il 16 giugno) aveva superato la soglia fatidica del 50% più uno dei voti. Il risultato dei ballottaggi ha confermato la buona forma del centrodestra, già emersa al primo turno. Vediamo nello specifico i risultati nelle due città.

    Sassari

    Nel capoluogo, il comune era conteso fra Mariano Brianda (34,05% al primo turno), appoggiato dal PD e da 5 liste civiche, e Nanni Campus (30,5%), sostenuto da cinque liste civiche. Domenica Campus ha prevalso, ottenendo 24.674 voti, pari al 56,2% dei voti complessivi, superando così l’avversario che si è fermato a 19.211 voti (43,8%). È importante però sottolineare la percentuale alta di astensioni: solo il 41,09% dei cittadini si è recato alle urne, percentuale più bassa sia rispetto al primo turno che rispetto alle precedenti elezioni amministrative del 2014.

    Monserrato

    Da circa un anno, la città era in mano al commissario straordinario dal momento che le tensioni interne alla maggioranza (formata da una eterogenea coalizione di PSI, Riformatori Sardi e due liste civiche) avevano fatto cadere il sindaco Tomaso Locci, eletto nel 2016. Tuttavia, domenica 30 giugno, lo stesso Locci (48,8% al primo turno), sostenuto da 3 liste civiche, ha prevalso con 4.857 voti (67,5%) sulla candidata del centrosinistra Valentina Picciau (23,7% al primo turno) che ha ottenuto solo 2.337 voti, pari al 32,5%. Anche in questo caso, l’astensionismo è stato più alto sia rispetto al primo turno che rispetto alle precedenti elezioni amministrative del 2016: ha votato appena il 41,15% degli aventi diritto.

    Tab. 1 – Risultati elettorali dei ballottaggi 2019 nei comuni superiori sardi, confronto con il primo turnosardegna_ballottaggi

    Complessivamente, in Sardegna possiamo riscontrare la stessa dinamica già emersa durante le elezioni  amministrative recentemente tenutesi in molte città italiane: un sostanziale riequilibrio nei rapporti di forza fra centrodestra e centrosinistra (D’Alimonte e Emanuele 2019), accompagnato dal declino del M5S, chiaramente marginalizzato (Angelucci e Paparo 2019). Infatti, i ballottaggi del 30 giugno a Sassari e Monserrato, hanno segnato il passaggio del comune in mano al centrodestra  a Monserrato ed ad un candidato civico a Sassari, che ha sottratto la città al centrosinistra.

     

    Riferimenti bibliografici

    Angelucci, D. e Paparo, A. (2019), ‘Comunali: equilibrio, stabilità e il ritorno del bipolarismo’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/13/comunali-equilibrio-stabilita-e-il-ritorno-del-bipolarismo/

    D’Alimonte, R. e Emanuele, V. (2019), ‘Nei comuni oltre 15mila abitanti, centrodestra +33, centrosinistra -39’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/12/nei-comuni-oltre-15mila-abitanti-centrodestra-33-centrosinistra-39/

     

  • Comunali in Sardegna: il primo turno conferma la buona forma del centrodestra

    Comunali in Sardegna: il primo turno conferma la buona forma del centrodestra

    Si è concluso poche ora fa lo spoglio dei voti delle elezioni comunali in Sardegna. L’affluenza al voto è calata di circa 7 punti percentuali rispetto a cinque anni fa, in linea con il calo dell’affluenza  già registrata la scorsa settimana per i ballottaggi delle amministrative nel resto d’Italia. Ma vediamo meglio cosa è accaduto nei capoluoghi di provincia, Cagliari e Sassari, e nelle città della regione con più di 15mila abitanti chiamate al voto, Alghero, Sinnai e Monserrato.

    Cagliari

    Andata al voto con due anni di anticipo in seguito alle dimissioni del sindaco Massimo Zedda (che aveva vinto nel 2016, a capo di una coalizione di centrosinistra facente capo al PD), la città passa invece in mano al centrodestra del consigliere regionale Paolo Truzzu. Il candidato, supportato da Fratelli d’Italia, Lega, e Forza Italia e da altre 8 liste civiche di centrodestra, ottiene il 50,1% sconfiggendo la candidata del centrosinistra Francesca Ghirra la quale, invece, si ferma al 47,8%. ll grande assente, in queste elezioni, è stato il Movimento 5 Stelle, il cui candidato Alessandro Murenu si è ritirato in seguito al clamore suscitato da un suo post su Facebook, in cui esprimeva posizioni contrarie alle unioni civili e all’aborto. Complessivamente, il risultato rappresenta un momento critico per la sinistra, che cede all’avversario la città dopo 8 anni di amministrazione.

    Sassari

    Si va invece al ballottaggio a Sassari, domenica 30 giugno. In quella data, si confronteranno Mariano Brianda (34,05%), appoggiato dal PD e da 5 liste civiche, e Nanni Campus (30,5%), storico esponente locale del centrodestra, sostenuto da cinque liste civiche. I due candidati distaccano considerevolmente sia la coalizione di centrodestra (che si ferma al 16,3%) che il M5S (al 14,4%). Anche in questo caso, qualora Campus prevalesse, vi sarebbe una cessione del comune da parte della sinistra, che l’ha amministrato dal 2014, alla destra.

    Alghero

    Ancora una volta, osserviamo il passaggio del potere amministrativo da una giunta di centro, guidato da Mario Bruno (31,9%), che ha nuovamente partecipato ieri come candidato per il centrosinistra, alla coalizione di centrodestra (Lega, FDI, FI e liste civiche) che raggiunge il 53,1%. Il candidato era Mario Conoci. Rimane indietro, anche ad Alghero, il terzo candidato, Roberto Ferrara, del M5S, che si ferma al 15%.

    Sinnai

    Risultati diversi, invece, a Sinnai. Un passaggio di potere avviene anche qua, ma questa volta dalla sinistra (che aveva governato con Matteo Aledda, esponente di sinistra, non supportato dal PD) al centrosinistra, il cui candidato, Tarciso Annedda raggiunge il 50,4%, sostenuto dal PD e 5 liste civiche. Indietro il M5S, guidato dalla candidata Rita Matta,  che si ferma al 16,3%, contro il  33,35% della candidata di sinistra Katiuscia Concas, sostenuta da 5 liste civiche.

    Monserrato

    Si va al ballottaggio anche a Monserrato, dove si confronteranno Tomaso Locci (al 48,0%), ex sindaco di centrodestra dal 2016, ora sostenuto unicamente da 3 liste civiche, e Valentina Picciau (23,65%), candidata del centrosinistra, sostenuta dal PD e da due liste civiche. Se quest’ultima vincesse domenica 30, vi sarebbe, anche a Monserrato, un’alternanza di potere, questa volta da centrodestra al centrosinistra. Distaccati, invece, i candidati di centrodestra Caterina Argiolas, al 15,1%, e del M5S, Gianfranco Vacca, al 12,5%.

    Risultati complessivi rilevanti

    Complessivamente, due importanti dati emergono con chiarezza al riguardo delle 5 città principali della regione, analizzate nel paragrafo precedente.

    Prima di tutto, in linea con quanto riscontrato negli altri comuni italiani (D’Alimonte e Emanuele 2019), anche in Sardegna si può parlare di un sostanziale riequilibrio nei rapporti di forza fra centrodestra e centrosinistra: fino a ieri, 3 delle 5 città sarde principali erano amministrate dal centrosinistra (Cagliari e Sassari) e dalla sinistra (Sinnai). In seguito alle elezioni comunali di ieri (senza contare ancora Sassari e Monserrato che andranno al ballottaggio il 30 giugno), vi è stata un’alternanza dal centrosinistra al centrodestra a Cagliari e Alghero. Sinnai resta in mano alla sinistra, ma questa volta il centrosinistra, appoggiato dal Pd.

    In secondo luogo, notiamo che il M5S ha perso consenso in tutte le 5 città principali. Osservando la Tabella 1  (che riporta le percentuali di consenso ottenute alle comunali di ieri ,alle europee del 26 maggio e  alle politiche del 4 marzo 2018, dai partiti italiani principali nelle 5 città sarde), emerge che  la percentuale dei suoi consensi è andata progressivamente calando. A Sassari il Movimento è passato dal 42,6% (politiche 2018) al 26,5% (Europee 2019), al 14,4%(comunali 2019), a Sassari, dal 10% (2018), al 25,5% (Europee 2019) al 6,3% (comunali 2019), ad Alghero dal 43,7% (2018) al 25,8% (Europee 2019) fino al 15% (comunali 2019),a Sinnai dal 49,5% (2018) al 29,8% (Europee 2019) fino al 16,3% (comunali 2019), a Monserrato dal 42,2% (2018) al 26,9% (Europee 2019) fino al 12,5% (comunali 2019). Questo trend conferma quanto già riscontrato dall’analisi delle amministrative negli altri comuni italiani: un complessivo ritorno del bipolarismo a livello locale accompagnato dal declino del M5S, chiaramente marginalizzato (Angelucci e Paparo 2019).

    Infine, volendo fornire un’interpretazione politicamente più corretta dell’esito elettorale di queste elezioni, confrontiamo i risultati di queste ultime elezioni amministrative con quelli delle due tornate politiche immediatamente precedente (marzo 2018 e 26 maggio 2019). Questa operazione ci consente di misurare il rendimento elettorale alle elezioni amministrative, ovvero la capacità di un partito o di una coalizione di trascinare anche sulle elezioni amministrative il proprio risultato delle politiche e delle recenti elezioni Europee. Per farlo calcoliamo, per ciascuna coalizione in competizione, il rapporto tra voti ottenuti ieri e quelli ottenuti alle politiche (marzo 2018) e alle europee del maggio 2019. Quali sono i risultati principali che emergono da tale analisi?

    Vediamo che i rendimenti variano a seconda del partito in analisi. Risultati molto buoni per FDI (soprattutto ad Alghero e Cagliari) a mediamente buoni per Pd, Lega e FI. Al contrario, il rendimento del M5S risulta essere basso, sia rispetto alle Europee che alle politiche, in tutte le 5 città principali considerate. Già in passato, sono emerse le grandi difficoltà del Movimento nel tradurre le preferenze nazionali in voti alle elezioni subnazionali (Paparo 2018). Una possibile chiave di lettura di questo trend è lo stato di forma con cui, di volta in volta, le due principali coalizioni, il centrodestra e il centrosinistra, si presentano alle elezioni sub-nazionali. Dalle analisi del CISE (Paparo 2018), emerge infatti che, ogni qualvolta esse si presentano coese e rafforzate (ed è il caso, in questa circostanza, di entrambe le coalizioni), il Movimento ha difficoltà a andare oltre il ruolo di attore marginale, non riuscendo ad essere competitivo per la vittoria finale.

    Tab. 1 – Risultati e rendimenti elettorali per i principali partiti italiani nei 5 comuni superiori sardi al voto nel 2019sardegna pct

    Riferimenti bibliografici

    Angelucci, D. e Paparo, A. (2019), ‘Comunali: equilibrio, stabilità e il ritorno del bipolarismo’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/13/comunali-equilibrio-stabilita-e-il-ritorno-del-bipolarismo/

    D’Alimonte, R. e Emanuele, V. (2019), ‘Nei comuni oltre 15mila abitanti, centrodestra +33, centrosinistra -39’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/12/nei-comuni-oltre-15mila-abitanti-centrodestra-33-centrosinistra-39/

    Paparo, A. (2018), ‘Le fatiche del M5S nei comuni: l’avanzata che non arriva e i sindaci che se ne vanno’, in Paparo, A. (a cura di), Goodbye Zona Rossa. Il successo del centrodestra nelle comunali 2018, Dossier CISE (12), Roma, LUISS University Press, pp. 227-234.

  • Comunali in Sardegna: oggi l’ultimo scampolo di elezioni nella primavera 2019

    Comunali in Sardegna: oggi l’ultimo scampolo di elezioni nella primavera 2019

    Oggi, domenica 16 giugno, si svolge il primo turno delle amministrative per l’elezione dei sindaci e dei consigli comunali di 28 comuni della Sardegna. Al voto saranno chiamati in tutto 390.065 elettori, su una popolazione di 431.625 abitanti. Per domenica 30 giugno sono invece previsti gli eventuali ballottaggi.

    Osservando quanto è accaduto negli altri comuni italiani, dove si è votato domenica scorsa per i ballottaggi (il primo turno si era tenuto il 26 maggio), emerge un sostanziale riequilibrio nei rapporti di forza a livello locale fra centrodestra e centrosinistra (D’Alimonte e Emanuele 2019). Complessivamente il centrosinistra conquista 113 comuni, perdendone 39 rispetto alle amministrative precedenti, mentre il centrodestra ne vince 71, aumentando di 33 comuni il numero di quelli vinti (Angelucci e Paparo 2019). Dunque, si può parlare di un complessivo ritorno del bipolarismo a livello locale. Parallelamente, osserviamo il declino del Movimento 5 Stelle che è stato chiaramente marginalizzato, almeno nei comuni superiori al voto in questa tornata. Infatti, il Movimento ha vinto solamente un comune, contro i 4 che amministrava prima del 26 maggio (Angelucci e Paparo 2019).

    Alla luce di questo scenario, sarà interessante osservare i risultati di domenica 16 giugno in Sardegna. Nella regione, si sono già svolte le elezioni regionali, il 24 febbraio scorso, per eleggere la Giunta e il Consiglio Regionale (Vittori e Paparo 2019). Queste hanno visto la vittoria del centrodestra, guidato da Solinas, sia sul centrosinistra (che aveva amministrato per cinque anni guidata dal governatore Pigliaru) che sul M5S, grandi sconfitti del voto locale in Sardegna come in molte altre regioni italiane. Vedremo se nelle elezioni comunali si ripeterà la stessa concentrazione bipolare su centrodestra e centrosinistra e se il risultato complessivo confermerà il trend già recentemente riscontrato in altri comuni.

    Le sfide più attese sono quelle nei capoluoghi di provincia, Cagliari e Sassari, e ad Alghero. Oltre a queste città principali, gli altri comuni al voto con più di 15.000 abitanti sono Sinnai e Monserrato. Come possiamo osservare nella Tabella 1, i due capoluoghi erano entrambi amministrati da giunte di centrosinistra (con vittorie al primo turno); mentre il centrodestra non governava in nessun comune superiore. Inoltre, in due casi il sindaco uscente è nuovamente in corsa. Curiosamente, in entrambi i casi per una coalizione diversa da quella con cui aveva vinto la volta precedente. Vediamo dunque il quadro dettagliato dell’offerta elettorale in queste 5 città.

    Tab. 1 – Situazione di partenza nei 5 comuni superiori sardi al voto nel 2019sardegna

    Cagliari

    Il capoluogo di regione va al voto con due anni di anticipo in seguito alle dimissioni del sindaco Massimo Zedda che aveva vinto nel 2016, per una coalizione di centrosinistra facente capo al PD. Zedda ha perso, pochi mesi fa, la sfida per la guida della Regione contro il candidato del centrodestra Christian Solinas e ha scelto di dedicarsi all’attività di consigliere regionale, lasciando l’incarico da sindaco. In seguito alla sua scelta, il 5 aprile 2019, il governatore della Sardegna Christian Solinas ha nominato il funzionario pubblico Bruno Carcangiu commissario straordinario del comune di Cagliari in sostituzione di Zedda.

    ll grande assente, in queste elezioni, è il Movimento 5 Stelle, il cui candidato Alessandro Murenu si è ritirato in seguito al clamore suscitato da un suo post su Facebook, in cui esprimeva posizioni contrarie alle unioni civili e all’aborto. Il Movimento ha inoltre deciso di non far correre neppure l’altra lista che si era proposta allo staff del M5S.

    In corsa restano dunque in tre: per il centrosinistra l’assessore all’Urbanistica uscente, Francesca Ghirra, vincitrice delle primarie e sostenuta dal PD e da altre 6 liste (Donne Per Francesca Ghirra, Siam Cagliari, Sinistra Per Cagliari, Per Cagliari, Cagliari Città d’Europa, Campo Progressista Sardegna). Per quanto riguarda il centrodestra, vi è in corsa il consigliere regionale Paolo Truzzu di Fratelli d’Italia, partito al quale è spettata l’indicazione del candidato, sulla base di un patto tra Salvini, Berlusconi e Meloni. Oltre alla Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, il candidato è appoggiato da altre 8 liste (Sardegna Forte Per Cagliari, Popolari Per Caliari, Sardegna Venti Tunis, Cagliari Civica, Forza Paris, Riformatori Sardi, Partito Sardo d’Azione, Unione di Centro). Infine concorre anche l’ambientalista Angelo Cremone con la lista Verdes per Cagliari Pulita.

    Sassari

    Sassari è il caso che presenta la maggiore frammentazione: sono infatti 7 i candidati in corsa, sostenuti da un totale di 20 liste. ll centrosinistra, che ha amministrato la città dal 2014 con il sindaco Nicola Sanna, esponente del PD, prova a vincere di nuovo con Mariano Brianda, appoggiato da 5 liste (PD, Campo Progressista, Italia in Comune, Futuro in Comune, Sassari Città Europea). Il centrodestra scende in campo con Mariolino Andria (sostenuto da Lega, Partito Sardo d’Azione, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Sardegna Venti Tunis e Riformatori Sardi Fortza Paris). Il candidato del M5S è Maurilio Murru. In corsa anche Gian Vittorio (Nanni) Campus, ex senatore per FI nel 1994 e AN nel 1996, eletto consigliere regionale per il PDL nel 2009, già sindaco a Sassari fra il 2000 e il 2005. È appoggiato da 5 liste civiche, fra cui Sassari Progetto Comune, alleata di Forza Italia alle scorse comunali. Vi è poi un candidato sostenuto dalla sinistra alternativa al PD: Giuseppe Salvatore Doneddu, per il Partito Comunista. Infine, abbiamo due liste civiche, Alternativi Lino Mura Sindaco, che sostiene il candidato Lino Mura ed È Viva la Città, con la candidata Marilena Budroni.

    Alghero

    A partire dal 2014, la città è stata amministrata da una giunta di centro, guidato da Mario Bruno che ora partecipa nuovamente ma, questa volta, come candidato per il centrosinistra, sostenuto dal PD, Per Alghero e Sinistra in Comune. Oltre a lui, concorrono Roberto Ferrara per il M5S e Bruno Conoci per il centrodestra, appoggiato da Partito Sardo d’Azione, Forza Italia Alghero, Riformatori, Fratelli d’Italia, Lega, Noi con Alghero, UDC e Partito dei Sardi.

    Sinnai

    Le elezioni comunali avevano già avuto luogo nel 2016 ma, in seguito alla morte, avvenuta a dicembre, del sindaco Matteo Aledda (che aveva vinto con una coalizione di sinistra senza il PD) si tornerà al voto. A concorrere saranno 3 candidati: Tarcisio Anedda, per il centrosinistra, sostenuto dal PD e 4 liste civiche (Presente e Futuro, Centro Popolare Sinnai, Democrazia comune, Insieme per Sinnai); Katiuscia Concas (vicesindaco nel’amministrazione Aledda), per una coalizione di sinistra alternativa al PD, di cui fanno parte Sinnai in Comune (Pizzarotti) e altre 4 liste (Sinnai Progressista e Democratica, Impegno per Sinnai, Sinnai 360, Sinnai Propone); e Rita Matta per il M5S.

    Monserrato

    Da un anno il Municipio è in mano al commissario straordinario. Infatti, le tensioni interne alla maggioranza hanno fatto cadere il sindaco Tomaso Locci, eletto nel 2016 per una eterogenea coalizione di PSI, Riformatori Sardi (un partito regionale di centro, generalmente alleato del centrodestra, come alle ultime regionali), e due liste civiche. Al momento, il centrodestra è spaccato, fra l’ex sindaco Locci e Caterina Argiolas, ex assessore alle Politiche Sociali nella Giunta presieduta da Locci. Dunque, sono quattro i candidati sindaco a Monserrato: Tomaso Locci sostenuto unicamente da 3 liste civiche poiché Forza Italia, che inizialmente puntava su di lui, sostiene invece, pur senza il simbolo sulla scheda, Caterina Argiolas (Riformatori, Partito Sardo d’Azione, UDC e Monserrato Unita); Valentina Picciau (PD e due liste civiche, Pauli Monserrato e La Svolta) e Gianfranco Vacca (M5S).

     

    Riferimenti bibliografici

    Angelucci, D. e Paparo, A. (2019), ‘Comunali: equilibrio, stabilità e il ritorno del bipolarismo’, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/13/comunali-equilibrio-stabilita-e-il-ritorno-del-bipolarismo/

    D’Alimonte, R. e Emanuele, V. (2019), ‘Nei comuni oltre 15mila abitanti, centrodestra +33, centrosinistra -39’, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/12/nei-comuni-oltre-15mila-abitanti-centrodestra-33-centrosinistra-39/

    Vittori, D. e Paparo, A. (2019), ‘Regionali in Sardegna: verso una nuova Caporetto per il M5S?’, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/02/17/regionali-in-sardegna-verso-una-nuova-caporetto-per-il-m5s/

  • Flussi Rovigo: gli elettori del M5S decisivi per il successo del centrosinistra

    Flussi Rovigo: gli elettori del M5S decisivi per il successo del centrosinistra

    Domenica 10 giugno si è svolto il ballottaggio nel comune di Rovigo, dal momento che il 26 maggio, al primo turno delle elezioni amministrative, nessuno dei 7 candidati sindaco aveva superato il 50 per cento. I candidati in corsa al secondo turno sono stati Edoardo Gaffeo per il centrosinistra (7.070 voti e 25,4% dei consensi durante il primo turno), sostenuto dal Partito Democratico, da una lista civica personale ‘Perché cresca felice’ e dal Forum dei cittadini (che raccoglieva candidati di diversi partiti della sinistra) e Monica Gambardella per il centrodestra (10.616 voti e 38,2% al primo turno), sostenuta da Lega, civica Gambardella, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Forza Rovigo e Obiettivo Rovigo. L’affluenza finale al ballottaggio si è attesta al 50,3% degli aventi diritto contro il 68,4% del primo turno. I risultati hanno visto la sorprendente vittoria del candidato del centrosinistra, che ha ribaltato il forte svantaggio del primo turno raggiungendo 10.600 voti (il 50,9% dei consensi), e battendo il rivale di centrodestra (10.210 voti, 49,1%) di pochissimi punti.

    Se vogliamo comprendere meglio le dinamiche elettorali che hanno consentito questo risultato nelle elezioni comunali nella città veneta, possiamo guardare le tabelle riportate qua sotto che mostrano i flussi elettorali a Rovigo fra europee 2019 e ballottaggio delle comunali 2019 (tabelle 1 e 2), e fra politiche 2018 e ballottaggio delle comunali 2019 (tabelle 3 e 4). Osservando le tabelle, è anche possibile capire i tassi di fedeltà dei due candidati, cioè la percentuale degli elettori di partiti di centrodestra e centrosinistra (alle europee e alle politiche) che, al ballottaggio, hanno confermato il voto al candidato della rispettiva coalizione.

    Cominciamo analizzando i risultati del ballottaggio alla luce delle elezioni europee del 26 maggio 2019. Prima di tutto, possiamo osservare che il candidato di centrosinistra Gaffeo ha un tasso di fedeltà molto alto da parte degli elettori che alle europee hanno votato la sinistra e il centrosinistra (Tabella 1). Infatti, il 93% degli elettori del PD conferma il voto al candidato del centrosinistra, così come l’80% di coloro che avevano votato per la Sinistra.

    Invece, la candidata del centrodestra Gamberdella ha tassi di fedeltà molto inferiori. La percentuale di elettori fedeli appare ancora discreta per quanto riguarda gli elettori della Lega (57%), ma è davvero basso da parte di coloro che, il 26 maggio scorso, hanno votato FI (24%) e FDI (39%). Inoltre, tutti e tre questi bacini elettorali cedono qualcosa a Gaffeo.

    Infine, la Tabella 1 ci mostra come si siano comportati gli elettori del M5S. Oltre la metà si è astenuto (58%), ma oltre due su cinque hanno votato e lo hanno fatto per Gaffeo. Al contrario, nessuno ha votato per il candidato di centrodestra.

    Tab. 1 – Flussi elettorali a Rovigo fra europee 2019 e ballottaggio delle comunali 2019, destinazioni (clicca per ingrandire)

    dest19

    La Tabella 2 ci dice che i voti andati al centrosinistra il 10 giugno provengono principalmente dal bacino elettorale del PD (59%) e, in parte minore ma decisiva per la vittoria, dagli elettori del M5S. Da questi proviene il 12% dei voti al ballottaggio del candidato del centrosinistra. Inoltre, una quota analoga proviene dai passaggi diretti di elettori di centrodestra delle europee.

    Gambardella, invece, ha raccolto i suoi voti soprattutto dalla Lega (62%). Nel complesso, emerge l’incapacità di entrambi i candidati, rispetto alle elezioni europee, di catturare voti dai bacini elettorali delle coalizioni opposte. Nel caso della candidata di centrodestra, emerge anche la debole capacità di attrarre voti da parte di partiti del centrodestra stesso. Infatti, come abbiamo visto, la maggior parte dei suoi voti proviene dal bacino elettorale leghista e in parte molto esigua dagli altri partiti che compongono la coalizione di centrodestra: 5% dal bacino elettorale di FI e 9% da quello di FDI. È tuttavia significativa la capacità (ancora debole ma, in questo contesto, decisiva) del centrosinistra di catturare voti dal M5S, dal momento che uno dei principali limiti all’espansione del centrosinistra (nelle precedenti elezioni europee e comunali) è stata proprio, fino ad ora, la sua scarsa attrattività nei confronti degli elettori pentastellati (De Sio 2019).

    Tab. 2 – Flussi elettorali a comunali Rovigo fra europee 2019 e ballottaggio delle comunali 2019, provenienze (clicca per ingrandire)prov19

    Il diagramma di Sankey riportato di seguito (Fig. 1) riassume in forma grafica le nostre stime dei flussi elettorali fra europee e ballottaggio a Rovigo. A destra sono riportati i bacini elettorali del ballottaggio, a sinistra quelli delle europee. Le diverse bande, colorate in base al bacino di provenienza delle europee, mostrano le transizioni dai bacini delle europee a quelli delle comunali. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori. Guardando la Figura 1, possiamo immediatamente apprezzare la divisione degli elettori del M5S fra Gaffeo e astensione, così come la forte smobilitazione dell’elettorato della Lega. Questi due elementi sono risultati decisivi per il ribaltamento del risultato del primo turno a favore di Gaffeo.

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Rovigo fra europee 2019 (sinistra) e ballottaggio delle comunali 2019 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)sankey19

    Analizziamo ora i flussi elettorali fra questo ballottaggio e le elezioni politiche tenutesi il 4 marzo 2018. Ancora una volta, Gaffeo presenta tassi di fedeltà molto alti da parte degli elettori di sinistra e centrosinistra (Tabella 3). Il 98% degli elettori del PD del 4 marzo conferma il voto al candidato del centrosinistra, così come il 76% di coloro che avevano votato per Liberi e Uguali.

    La candidata del centrodestra Gamberdella, invece, ha tassi di fedeltà piuttosto bassi, simili a quelli relativi ai bacini elettorali di centrodestra delle europee, anche se non si registrano defezioni dirette verso il candidato rivale. Per gli elettori della Lega il tasso di fedeltà è pari al 59%, ancor più basso per quelli di FI (26%) e FDI (44%).

    Infine, anche l’elettorato 2018 del Movimento si dimostra più propenso a votare Gaffeo (21%) che Gambardella (16%), anche se con meno margine a vantaggio del neo-sindaco.

    Tab. 3 – Flussi elettorali a Rovigo fra politiche 2018 e ballottaggio delle comunali 2019, destinazioni (clicca per ingrandire)dest18

    Per comprendere le provenienze dei voti andati ai due rivali al ballottaggio, rispetto alle scorse politiche, osserviamo la Tabella 4. I voti al centrosinistra provengono da PD (54%), da LeU (9%) e dal bacino elettorale del M5S (15%). Quelli del centrodestra, invece, dalla Lega (44%), da FI (8%), FDI (6%) e dal M5S (12%).

    Anche in questo caso, possiamo notare che entrambi i candidati non riescono a catturare voti dai bacini elettorali delle coalizioni opposte e, per quanto riguarda il centrodestra, limitatamente anche da FI e FDI. Entrambi i candidati (ma quello di centrosinistra ancora di più) riescono, però, a catturare voti dal bacino elettorale del M5S. Ricordiamo, a questo proposito, che il Movimento è nato e ha catturato consensi (a livello sia nazionale che locale) in un momento di crisi dei partiti tradizionali. Dunque, ora che il centrosinistra e il centrodestra sono tornati ad essere competitivi i molti contesti locali, tra cui anche Rovigo, molti elettori di centrodestra e centrosinistra, che avevano precedentemente ceduto al fascino del M5S, stanno lentamente “tornando alla base”, lasciando in crisi il Movimento.

    Tab. 4 – Flussi elettorali a Rovigo fra politiche 2018 e ballottaggio delle comunali 2019, provenienze (clicca per ingrandire)prov18

    La Figura 2 mostra il diagramma di Sankey per i flussi fra politiche  2018 e ballottaggio 2019. Ancora una volta possiamo apprezzare il peso decisivo degli elettori pentastellati per il successo del candidato del centrosinistra, così come la notevole defezione di elettori leghisti verso il non voto.

    Fig. 2 – Flussi elettorali a Rovigo fra politiche 2018 (sinistra) e ballottaggio delle comunali 2019 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)sankey18

    Nel complesso, due sono i dati più interessanti che emergono dai dati che abbiamo appena analizzato in riferimento al caso di Rovigo. In primis, il contributo decisivo degli elettori del M5S per la vittoria del centrosinistra. In secondo luogo, possiamo dire che i risultati del ballottaggio nella città veneta, hanno confermato quanto già riscontrato dall’analisi delle amministrative in molti altri comuni italiani: un complessivo ritorno del bipolarismo a livello locale accompagnato dal declino del M5S (Angelucci e Paparo 2019) il quale, a Rovigo, ha raggiunto un numero limitato di consensi al primo turno (6,2%) e non è arrivato neanche vicino a centrare il ballottaggio.

     

    Riferimenti bibliografici

    Angelucci, D. e Paparo, A. (2019), ‘Comunali: equilibrio, stabilità e il ritorno del bipolarismo’, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/13/comunali-equilibrio-stabilita-e-il-ritorno-del-bipolarismo/

    De Sio, L (2019). Dentro i flussi elettorali: da Salvini e Zingaretti una tenaglia per il Movimento 5 Stelle?, https://cise.luiss.it/cise/2019/05/28/dentro-i-flussi-elettorali-da-salvini-e-zingaretti-una-tenaglia-per-il-movimento-5-stelle/

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Schadee, H. M. A., e Corbetta, P. G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 56 sezioni elettorali del comune di Rovigo. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR è pari a 7,2 per l’analisi dalle politiche; a 8,1 per quella dalle europee.

  • Italy: Complete overturn among government partners – the League doubles, the M5S is halved

    Italy: Complete overturn among government partners – the League doubles, the M5S is halved

    Italy was among the countries going to the polls on Sunday, 26 May. The electoral system provides for five constituencies, which however are not relevant for seat allocation among parties, as this is done merely on the basis of votes received nationwide. Furthermore, there is a 4% legal threshold.[1] In addition to the European Parliament (EP) elections, municipal elections were held just under half of 7,915 Italian municipalities – involving roughly a third of Italian voters.[2]

    Campaign and competitors

    In June 2018, after the non-decisive results of the general elections held in March 2018, the Five Star Movement (M5S) and the League formed a coalition government – the first mainstream-free cabinet of the whole EU history (Chiaramonte et al., 2018). In the months preceding the EP elections, numerous conflictual issues emerged between them. The tensions between the government allies and the survival prospect of the government itself were very prominent during the electoral campaign. Other relevant issues the electoral campaign for the EP elections were the future of the European Union (EU), migrants’ management, unemployment and redistribution.

    A total of 18 lists competed in the EP elections. The main contenders were the same of previous general elections, held in March 2018 (Paparo, 2018). Besides the government parties, three other parties expected to meet the 4% threshold – the Democratic Party (PD), Forza Italia, and Brothers of Italy (FDI). Of all other parties, only More Europe (+EU) was considered in contention for winning seats.

    The most salient issues during the electoral campaign were the future of the European Union (EU), migrants and asylum seekers’ management, unemployment, and redistribution. However, to put the EP into context, we should also mention that in June 2018, after the non-decisive results of the general elections, M5S and League formed a coalition government – the first mainstream-free cabinet of the whole EU history (Chiaramonte et al., 2018). In the months preceding the EP elections, numerous conflictual issues emerged. The tensions between the government allies and the survival prospect of the government itself were also very prominent during the electoral campaign.

    Focusing on the main parties, the League represents a particularly interesting case. Formerly an ethno-regionalist party of the North (Tronconi, 2009), in the past five years, under Salvini’s leadership, it has turned into a nationwide radical right-wing party (Passarelli and Tuorto, 2018). This turn proved successful in the 2018 general elections, when the party scored an historic 17.4%, and polls indicated that the positive trend was continuing. The League is now part of ENF group, and it shows the most critical position towards the EU among main Italian parties. During the campaign, it supported stronger sovereignty for nation States and a sort of pre-Maastricht cooperative model between EU member States –centered on mere economic cooperation. As in 2018, migrants’ repatriation, and stricter rules to secure EU external borders were salient issues in Salvini’ s campaign as well. Economically speaking, the League proposed overcoming the economic rigidity imposed by the Fiscal Compact and reducing taxation by means of a low-rate flax tax.

    The M5S (EFDD) also represents a peculiar case in comparative terms (Tronconi 2015; 2018). In 2019, it campaigned mainly on welfare issues, namely the implementation of an EU minimum wage system, stronger welfare provisions for European citizens in needs and a more accessible education system. While the party cannot be defined as completely pro-Europe, it advocated for giving stronger powers to the EP in order to bring the Union closer to the citizens.

    The PD (S&D) approached the EP elections with a newly appointed leader – Nicola Zingaretti. It is one of the most pro-European party in Italy, and it advocated for a stronger European political and economic leadership at the international level. Besides, the party supported increasing public investments to foster employment and welfare measures to help the disadvantaged groups – such as a European minimum wage. On immigration, the PD proposed to stress solidarity and burden-sharing among EU member states in hosting new arrivals.

    Forza Italia (EPP), once again with Silvio Berlusconi as its main candidate, shared some proposals with the PD – such as the desire of a stronger European leadership on the world stage and increased investments to foster employment. It also agreed with the League on reducing taxes and implementing the flat tax.

    Tax reduction was proposed by FDI (ECR) as well. The party also campaigned on abandoning austerity measures and for re-focusing Italian economic policies on supporting Made in Italy production. On immigration, FDI supported military controls of European external borders and a “Marshall Plan” for African countries.

    Finally, More Europe (ALDE) is the most pro-European party in Italy. In its manifesto, Europe was seen as a ‘bastion’ of civil and social rights. The platform also dealt with social issues, especially the proposal of a European system of unemployment subsidy, and the implementation of green economy measures.

    Results

    In contrast to what emerged in many EU countries, voter turnout in Italy decreased – from 58.7% of 2014 EP elections to 56.1%. This is a physiological drop, in line with the half-a-point-per-year decline observed since the mid-70s due to generational replacement. Still, this also represents the new historical low for turnout in an Italian nationwide election.

    The indisputable winner of the elections was the League. Salvini’s party reached 34.3% of the votes, nearly doubling the unprecedented result of the 2018 Italian general elections. Compared to the previous EP elections, the League has gained 28 percentage points and 23EP seats (Table 1).[3]

    On the contrary, its governmentally (M5S) has been downgraded from being the largest party in Italy (as in the 2018 general elections) to the third position, almost halving its result– from 32.7% to 17.1%. Moreover, the party also lost compared to the 2014 EP elections, losing 4 percentage points and 3 seats.

    The M5S’s decline is paired with the “comeback” of the PD (CISE, 2019). While in the 2018 general elections the party suffered a historical defeat (18.8%), it has now grown to achieving 22. (https://www.creditcadabra.com) 3%, thus becoming the second-largest party in Italy. Yet, it did not increase its vote total in absolute terms. Moreover, compared to the historical success obtained in the 2014 EP elections (Maggini, 2014), the PD has lost over 18 percentage points and 12 seats.

    Forza Italia continues its electoral decline. Berlusconi’s party is basically halved in comparison with the 2014 EP elections (from 16.8% to 8.8%), and it lost 7 seats. Already in 2018 FI was no longer the largest party within the center-right field, but (at 14%) it was close to the League (17.4%), which in turn now has virtually four times its votes.

    Conversely, a surprising result was achieved by FDI, managing to grow in spite of the rise of the League. FDI gained 2.8 percentage points compared to the previous EP elections, moving from 3.7% to 6.5%– therefore overcoming electoral threshold and obtaining 5EP seats. This result represents an increase also compared to the 2018 general elections, where it reached 4.4%.

    Table 1 – Results of the 2019 European Parliament elections – ITALY
    Party EP Group Votes (N) Votes (%) Seats Seats in case of Brexit Votes change from 2014 (%) Seats change from 2014 Seats change from 2014 in case of Brexit
    League (Lega) ENF 9,153,638 34.3 28 29 +28.2 +23 +24
    Democratic Party (PD) S&D 6,050,351 22.7 19 19 -18.1 -12 -12
    5 Star Movement (M5S) EFDD 4,552,527 17.1 14 14 -4.1 -3 -3
    Forza Italia (FI) EPP 2,344,465 8.8 6 7 -8.0 -7 -6
    Brothers of Italy (FDI) ECR 1,723,232 6.5 5 6 +2.8 +5 +6
    More Europe (+EU) ALDE 822,764 3.1 0 0 +2.4 +0 +0
    Green Europe (EV) G-EFA 609,678 2.3 0 0 +1.4 +0 +0
    The Left (SIN) GUE-NGL 465,092 1.7 0 0 -2.3 -3 -3
    South Tyrolean People’s Party (SVP) EPP 141,353 0.5 1 1 +0.0 +0 +0
    Others 799,862 3.0 0 0 -2.3 -3 -3
    Total 26,662,962 100 73 76 0 0 +3
    Turnout (%) 56.1
    Legal threshold for obtaining MEPs (%) 4

     

    The remaining 15 parties running in the elections, did not meet the electoral threshold. Among those, three deserve some attention. Although slightly gaining from 2018, with 3.1% More Europe only managed to be the largest party below the threshold. Green Europe can claim a marginal victory as well, having received 2.3% of the votes, more than twice the 2014 result. On the contrary, The Left (an electoral coalition of left-wing parties) got 1.7%, a disappointing result compared to the result of a similar cartel in 2014 (4% and 3 MEPs).

    Discussion

    Overall, the results of the 2019 EP elections confirm the turmoil characterizing the Italian party system. Compared to 2014, electoral volatility is at 37.3, marking the second extreme volatile EP elections in a row (Emanuele et al., 2019). As described above, electoral change is also remarkable in comparison with 2018 general elections.

    The most impressing outcome is the complete overturn, in electoral terms, among the two government partners. The change in the electoral geography is particularly noteworthy. While maintaining its strongholds in the North (where it is above 40%), the party is now above 20% in all Southern regions (De Sio, 2019a). These results represent the ultimate success of Salvini’s strategy to transform the Northern League into his League, namely a nationwide radical right-wing party.

    Paradoxically, the League is now more nationalized than its governmental ally. In fact, the M5S lost more (roughly 50%) in the Northern regions, where it was already weaker in 2018. Minor losses are registered in the South, where the party had about 45% in 2018 and lost approximately a third. What in 2013 was the most geographically uniform party of Italian history (Emanuele 2015), with almost invariant results in the different areas, now has just 10% in the North and is confined to the least productive areas of the country (Emanuele and Maggini, 2019). Historically, all Italian parties undergoing a similar process ended up experiencing a strong decline in the long run.

    Moreover, the League finally managed to find a synthesis between the two parts of the country emerged in the 2018 elections – the North, represented by the League; and the South, represented by the M5S. Now, Salvini’ s party has become the center of gravity at both governmental and territorial level. The challenge will now be to actually conciliate and satisfy the demands and needs of both the North and the South.

    Finally, the PD, has clearly improved its position within the Italian party system, although it is still weaker in the South – shortly below 20%. As the second-largest party in the country, it now represents the most viable option for those who do not want Salvini in office. Therefore, it may attempt to form a coalition with other parties in the center-left field – such as Green Europe and More Europe. Nevertheless, in light of the EP elections results, something else appears to be required in order for Salvini not to win the next general elections – either a coalition with the M5S, or the ability to conquer many M5S voters (De Sio 2019b).

    Conclusion

    The consequences of the 2019 EP elections will be relevant for the whole Italian party system. In short, Salvini achieved a “triple victory” (CISE, 2019). First, in mere numerical terms, today the League represents the center of gravity of the governmental coalition. Secondly, from a geographical perspective, it now presents a quite homogenous electoral support across the whole country. Finally, from a strategic point of view, Salvini now has multiple alternative options. He may consider bringing down the current government to pursue alternative government coalition – after new general elections. He can either pursue the classic center-right alliance with FI and FDI, or a smaller coalition with FDI only. The latter could win a majority of parliamentary seats as well, provided that the EP elections results were replicated. Hence, the leader of the League is now the arbiter of Italian politics. His strategic choices in the next few months, and how the other parties will react, will determine not just his fate, but the developments of the Italian party system as a whole.

    References

    Chiaramonte, A., Emanuele, V., Maggini, N., & Paparo, A. (2018). Populist Success in a Hung Parliament: The 2018 General Election in Italy. South European Society and Politics23(4), 479-501.

    CISE – Italian Center for Electoral Studies (2019). Salvini’s hattrick: numerical, geographical, strategic victory; the comeback of the PD; the decline of the 5 stars; and Meloni’s surprise, Centro Italiano Studi Elettorali. Available at: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/27/salvinis-hattrick-numerical-geographical-strategic-victory-the-comeback-of-the-pd-the-decline-of-the-5-stars-and-melonis-surprise/

    De Sio, L. (2019a). La nazionalizzazione della League di Salvini, Centro Italiano Studi Elettorali. Available at: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/27/la-nazionalizzazione-della-League-di-salvini/

    De Sio, L. (2019b). Simulazioni elettorali: cosa accadrebbe alle politiche con i risultati delle europee? Available at: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/29/simulazioni-elettorali-cosa-accadrebbe-alle-politiche-con-i-risultati-delle-europee/

    Emanuele, V. (2015). Vote (de-)nationalisation and party system change in Italy (1948–2013). Contemporary Italian Politics7(3), 251-272.

    Emanuele, V., & Maggini, N. (2019). Il M5S “resiste” solo nelle province a maggior richiesta di assistenzialismo. Available at: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/27/il-m5s-resiste-solo-nelle-province-a-maggior-richiesta-di-assistenzialismo/

    Emanuele, V., Angelucci, D., Marino, B., Puleo, L., & Vegetti, F. (2019). Dataset of Electoral Volatility in the European Parliament elections since 1979, Rome, Centro Italiano Studi Elettorali, https://dx.doi.org/10.7802/1881.

    Paparo, A. (2018). Challenger’s delight: The success of M5S and Lega in the 2018 Italian general election. ItalianPolitical Science13(1), 63-81.

    Passarelli, G., & Tuorto, D. (2018), La Lega di Salvini. Estrema destra di governo, Bologna, Il Mulino.

    Tronconi, F. (2009). I partiti etnoregionalisti: la politica dell’identità territoriale in Europa occidentale. Bologna: Il Mulino.

    Tronconi, F. (2018). The Italian Five Star Movement during the crisis: towards normalisation?. South European Society and Politics23(1), 163-180.

    Tronconi, F. (Ed.). (2015). Beppe Grillo’s Five Star Movement: Organisation, Communication and Ideology. Farnham, Ashgate Publishing, Ltd.


    [1] We must mention that the threshold does not apply to parties representing linguistic minorities, which is the case of the South Tyrolean People’s Party (SVP).

    [2] Moreover, regional elections were held in one of 20 Italian regions – Piedmont.

    [3] The additional seats will become 24 when Brexit will be effective. Italy is assigned 3 of the 27 overall Brexit seats. A total of 76 seats has been allocated according to the electoral results, but only 73 will be effective until the Brexit will be finalized. The League, FI, and FDI are the winners of the 3 Italian Brexit seats.

  • Flussi Genova: la Lega attrae elettori da tutti i partiti (PD, M5S, FI)

    Flussi Genova: la Lega attrae elettori da tutti i partiti (PD, M5S, FI)

    I risultati delle elezioni europee del 26 maggio 2019 a Genova seguono il trend generale già emerso in molte altre città italiane. Osserviamo dunque la Tabella 1 per avere un’immagine dettagliata dei voti in termini assoluti e percentuali ottenuti dai vari partiti nel capoluogo ligure, durante le elezioni europee del 2014, le politiche del 2018 e le europee dello scorso 26 maggio. Alcuni dati saltano subito all’occhio.

    Innanzitutto, emerge la crescita al 30% (77.044 elettori in valore assoluto) del Partito Democratico, in termini di consensi elettorali raggiunti, rispetto alle politiche del 2018 dove aveva raccolto 66.523 voti (il 22%), risultando essere il secondo partito nella città, dopo il M5S, all’epoca il più forte con il 31,2% (Paparo 2018). Attualmente, il PD diventa il primo partito nella città, davanti alla Lega e al M5S. Tuttavia, notiamo che, come in molte altre città italiane (De Sio 2019) il partito non è riuscito a replicare la stessa performance molto buona ottenuta nelle precedenti elezioni europee del 2014 (44,6%).

    In secondo luogo, riscontriamo l’avanzata della Lega. Va ricordato che, insieme a Forza Italia, Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale e altri partiti minori del centrodestra, la Lega ha composto la coalizione di centrodestra in corsa per le elezioni amministrative del il 27 giugno 2017, guidata da Marco Bucci, poi eletto sindaco della città (Carrieri 2017). Dal 1975, è la prima volta che Genova è governata da una giunta non di sinistra.

    In queste europee, il partito ha più che moltiplicato per sette i propri consensi rispetto alle precedenti elezioni europee del 2014, passando dal 3,8% al 27,6% e, in valori assoluti, da 10.480 a 70.663 votanti. Il partito ha aumentato i propri voti anche rispetto alle elezioni politiche del 2018, dove tuttavia aveva già ottenuto un numero alto di consensi (17,1% e 51.724 votanti), diventando il terzo partito nella città, dopo il PD e il M5S. In seguito al 26 maggio, invece, la Lega aumenta di una posizione e diventa il secondo partito, dopo il PD, con la percentuale più alta di consensi, il PD passa in prima posizione e il M5S in terza.

    Come già anticipato, all’avanzata della Lega si contrappone il declino elettorale dell’alleato di governo, il Movimento 5 Stelle, sia rispetto al 2014 (dove aveva ottenuto il 28,1% dei consensi e 76.751 voti assoluti) che al 2018 (31,2% e 94.145 voti). Il 26 maggio, invece, il partito è calato a 47.080 voti (18,4%), passando da essere il primo partito in città alla terza posizione, dopo la Lega e il PD. Oltre al M5S, un ulteriore partito in declino, a Genova, e in generale in tutto il Paese, è Forza Italia. A Genova, il partito di Berlusconi ha visto un notevole calo dei suoi consensi rispetto al 2018 (10,8%, 32.229 voti), dove aveva raggiunto risultati simili al 2014 (10,7%, 29.637 voti). Il 26 maggio, invece, FI si è fermato al 6,4% di consensi, dimezzando i propri voti rispetto all’anno precedente (16.292 voti).

    Un ulteriore dato interessante è il risultato ottenuto dal terzo partito del centrodestra, Fratelli d’Italia che ha vissuto, a Genova, il percorso opposto a FI, aumentando progressivamente i propri consensi, dal 2,2% e 6.041 voti (europee 2014) al 3,7% e 11.071 voti (politiche 2018) fino ad arrivare al 5,2% (13.259 voti) nel 2019.

    Tab. 1 – Risultati elettorali delle recenti elezioni nel comune di Genovagenova tab

    Inoltre, se confrontiamo (sempre guardando alla Tabella 1) i risultati di queste ultime elezioni europee con quelli della tornata politica immediatamente precedente (marzo 2018) possiamo misurare il rendimento elettorale alle europee, ovvero la capacità dei vari partiti di trascinare anche sulle elezioni europee il proprio risultato delle politiche. Per farlo calcoliamo, per ciascun partito in competizione, il rapporto tra voti ottenuti a queste europee e quelli ottenuti alle politiche (marzo 2018). Emerge che i partiti risultati “vincitori” a Genova raggiungono un livello alto di rendimento rispetto al 2018: 160% per la Lega, 136% per il PD, 141% per FDI. Questo dato sta ad indicare la buona capacità di radicamento sul territorio genovese di questi partiti. Rendimenti molto bassi, invece, per gli “sconfitti”: circa il 59% per FI e circa il 58% per il M5S, rendimento più basso fra tutti quelli dei vari partiti. Appaiono quindi evidenti le grandi difficoltà del Movimento nel tradurre le preferenze nazionali in voti alle europee.

    Se vogliamo comprendere meglio le dinamiche elettorali che hanno caratterizzato le elezioni europee nel capoluogo ligure, possiamo guardare all’analisi dei flussi elettorali, che mostra con chiarezza i tassi di fedeltà, le destinazioni e le provenienze dei voti ai vari partiti fra politiche 2018 ed europee 2019, a Genova. Col termine “tassi di fedeltà” ai vari partiti si fa riferimento alla percentuale degli elettori dei vari partiti nelle elezioni politiche 2018 che ha confermato il voto alle europee del 2019. Questo è un indicatore importante per comprendere lo stato di salute e attrattività di un partito (De Sio 2019).  Dobbiamo però ricordare che le elezioni europee vedono sempre una partecipazione più bassa rispetto alle politiche, rendendo dunque più difficile raggiungere valori alti di fedeltà.

    Nel caso specifico di Genova, come mostrato dalla Tabella 2, i partiti più “in salute” sono il PD e la Lega. Il PD presenta un tasso di fedeltà molto alto, al 76%, simile a quello raggiunto in altre città italiane. In maniera analoga, anche la Lega vanta un 68% di suoi precedenti elettori che riconfermano il voto fra 2018 e 2019. Risultati opposti sono ottenuti dal M5S e da FI. Il primo ha un tasso di fedeltà al 43% mentre il secondo al 24%.

    Tab. 2 – Flussi elettorali a Genova fra politiche 2018 ed europee 2019, destinazioni (clicca per ingrandire)dest

    Ma qual è la provenienza dei voti dei partiti vincitori? E dove sono andati quelli degli sconfitti? Per rispondere, dobbiamo guardare, oltre che alle Tabella 2, alla Tabella 3. Per quanto riguarda la Lega, un dato emerge con chiarezza: la sua capacità di catturare voti trasversalmente, dai bacini elettorali di vari partiti. Infatti, solo il 50% dei suoi elettori 2019 proviene dal bacino 2018 della Lega. Il 7% dei suoi voti proviene da elettori 2018 del PD, il 15% da elettori ex FI, il 22% dal M5S. Questi dati si possono interpretare alla luce di due dinamiche principali. In primo luogo, la capacità di Salvini di mobilitare gli elettori di centrodestra, a Genova e in molte altre città italiane, allontanandoli progressivamente da FI e assumendo la leadership del centrodestra italiano. Questa strategia di lungo termine del leader della Lega è resa possibile anche dalla sua presenza al governo, quale unico rappresentante del centrodestra a dover trattare con Di Maio, con Berlusconi rimasto all’opposizione. Inoltre, la crescita della Lega come nuovo attore forte del centrodestra italiano può spiegare anche  il significativo passaggio di elettori dal M5S alla Lega. Nato in un momento di crisi dei partiti tradizionali, il M5S risulta esso stesso essere in crisi di fronte al ritorno di un centrodestra competitivo che sta progressivamente riprendendosi gli elettori di centrodestra che avevano precedentemente ceduto al fascino del M5S.

    Al contrario, il PD non presenta la stessa capacità attrattiva trasversale della Lega. Infatti, i suoi voti vengono principalmente dal proprio bacino elettorale (68%) e da quelli di altri partiti di sinistra: il 16% dal bacino elettorale 2018 di LeU e il 10% da quello degli alleati 2018 del PD. Notiamo che, in linea con quanto verificatosi in altre città italiane, il PD ancora non riesce a catturare niente dal Movimento 5 stelle, al momento uno dei principali limiti alla sua espansione (De Sio 2019). In passato questo era dovuto all’antipatia di alcuni elettori di sinistra per Renzi; oggi, con l’arrivo del nuovo segretario del PD, Nicola Zingaretti, tali elettori potrebbero, in futuro orientarsi nuovamente verso il PD, anche a Genova.

    Infine, FDI attrae in maniera abbastanza trasversale, seppur con percentuali minori rispetto alla Lega, dato che non deve sorprenderci, essendo FDI un partito ancora relativamente piccolo. I numeri, tuttavia, ci sono: solo il 25% dei suoi voti 2019 provengono dal suo stesso bacino elettorale del 2018, il 7% da PD, un altro 7% da alleati del PD, il 17% da FI e il 32% dalla Lega.

    Soffermandoci sui partiti che hanno subito le maggiori perdite, vediamo che FI cede il 37% dei suoi elettori del 2018 alla Lega, in linea con il nuovo equilibrio che si sta sempre più venendo a creare nel centrodestra  e che vede il partito di Salvini come principale forza trainante, in grado di mobilitare e aggregare voti. Inoltre, il 7% dei suoi elettori nel 2018 vanno a FDI, mentre il 26% cede al partito degli astenuti. Solo il 24% degli elettori di FI nel 2018 riconferma il voto al partito anche nel 2019.

    Per quanto riguarda il M5S, gli elettori in uscita vanno alla Lega (14%) e al partito dell’astensione (39%). Il 43% dei suoi elettori nel 2018 invece riconferma il voto anche alle europee 2019. Come nella maggior parte dei casi analizzati, nessun elettore transita dal M5S al PD.

    Tab. 3 – Flussi elettorali a Genova fra politiche 2018 ed europee 2019, provenienze (clicca per ingrandire)prov

    Il diagramma di Sankey di sotto (Fig. 1) esprime in forma grafica le nostre stime dei flussi elettorali a Genova. A sinistra sono riportati i bacini elettorali del 2018, a destra quelli del 2019. Le diverse bande, colorate in base al bacino 2018 di provenienza, mostrano le transizioni dai bacini delle politiche a quelli delle europee. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori.

    La figura permette di visualizzare gli elettori in movimento. Si apprezzano immediatamente la capacità delle Lega di pescare voti da varie provenienze, e la smobilitazione del M5S che cede due elettori 2018 su cinque verso il non voto.

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Genova fra politiche 2018 (sinistra) ed europee 2019 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)sankey

    Questi dati non devono sorprenderci più di tanto, considerando che, negli anni scorsi, il M5S un po’ in tutte le città italiane, ha saputo pescare i propri consensi in modo ideologicamente trasversale sia da destra che da sinistra. Dunque, ora che Matteo Salvini sta costruendo un nuovo partito catalizzatore nel centrodestra, è probabile che  quella parte di elettori centrodestra che aveva sostenuto negli ultimi anni il M5S abbia scelto di tornare all’ovile orientandosi verso la Lega di Salvini.

    Riferimenti bibliografici

    Carrieri, L. (2017), ‘Scosse telluriche a Genova: lo storico sorpasso del centrodestra sul centrosinistra. I risultati e i flussi elettorali’, in A. Paparo (a cura di), La rinascita del centrodestra? Le elezioni comunali 2017, Dossier CISE (9), Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 141-146.

    De Sio, L. (2019), ‘Dentro i flussi elettorali: da Salvini e Zingaretti una tenaglia per il Movimento 5 Stelle?’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/28/dentro-i-flussi-elettorali-da-salvini-e-zingaretti-una-tenaglia-per-il-movimento-5-stelle/

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Ministero dell’Interno, “Europee, Regionali e Comunali del 26 Maggio 2019, Affluenza e Risultati”, https://elezioni.interno.gov.it/europee/scrutini/20190526/scrutiniEI2050540600

    Paparo, A. (2018), ‘A Genova storica vittoria del centrodestra con i passaggi dal M5S alla Lega’, in V. Emanuele e A. Paparo (a cura di), Gli sfidanti al governo. Disincanto, nuovi conflitti e diverse strategie dietro il voto del 4 marzo 2018, Dossier CISE (11), Roma, LUISS University Press, pp. 215-221.

    Schadee, H.M.A., e Corbetta, P.G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 653 sezioni elettorali del comune di Genova. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Abbiamo effettuato analisi separate in ciascuno dei due collegi uninominali della Camera, poi riaggregate nelle stime cittadine qui mostrate. Il valore medio dell’indice VR per le due analisi è pari a 9,5.

  • Flussi Padova: per gli elettori del M5S la riconferma del voto è la terza opzione (dopo astensione e Lega)

    Flussi Padova: per gli elettori del M5S la riconferma del voto è la terza opzione (dopo astensione e Lega)

    I risultati delle elezioni europee del 26 maggio 2019 a Padova hanno confermato (con poche eccezioni) i risultati ottenuti dai vari partiti a livello nazionale. Per avere un’immagine dettagliata, osserviamo la Tabella 1 che ci riporta i voti in termini assoluti e percentuali ottenuti dai vari partiti a Padova, durante le elezioni europee del 2014, le politiche del 4 marzo 2018 e le europee dello scorso 26 maggio.

    In primo luogo, emerge la crescita rispetto alle politiche del 2018 (in termini di consensi elettorali raggiunti) dal 24,5% al 31,9 % del Partito Democratico che, ricordiamo, è stato uno dei principali partiti che, alle elezioni amministrative italiane del 2017, ha sostenuto il sindaco attualmente in carica Giordani. Il partito scende tuttavia al secondo posto nella città, dopo la Lega, mentre nel 2018 era di poco primo. Anche in questo caso, la distanza fra i due partiti è limitata, circa un punto e mezzo. Se confrontato poi con i risultati ottenuti durante le precedenti elezioni europee del 2014 (41,4%), notiamo che il partito non è riuscito a replicare la stessa performance, calando di circa 10 punti.

    In secondo luogo, riscontriamo l’avanzata della Lega, divenuta primo partito nella città con il 33,2%, sia rispetto alle elezioni politiche del 2018, dove tuttavia aveva già ottenuto un numero alto di consensi (24,2%), sia, soprattutto, guardando i risultati ottenuti nel 2014, dove si era fermata all’8,8%.

    All’avanzata della Lega si contrappone il declino elettorale dell’alleato di governo, il Movimento 5 Stelle, sia rispetto al 2014 (dove aveva ottenuto il 17,2% dei consensi) che al 2018 (20,5%). Il 26 maggio, invece, il partito si è fermato all’8,8%, curiosamente, esattamente il risultato della Lega a Padova cinque anni fa. Oltre al M5S, un ulteriore partito in declino è Forza Italia che, a Padova, ha visto un progressivo calo dei suoi consensi a cominciare dal 2014, passando dal 14,8% al 10,3% delle politiche e, infine, al 6% il 26 maggio. Infine, il terzo partito di destra, Fratelli d’Italia (FDI), ha vissuto, a Padova, il percorso opposto, aumentando progressivamente i propri consensi, dal 4,1% (europee 2014) al 4,2% (politiche 2018) fino ad arrivare al 6,4% nel 2019.

    Tab. 1 – Risultati elettorali delle recenti elezioni nel comune di Padovapadova tab

    Se guardiamo al rendimento elettorale alle europee rispetto alle politiche, ovvero alla capacità dei vari partiti di trascinare anche sulle elezioni europee il proprio risultato delle politiche (De Sio e Paparo 2018), emerge che il partito con il più alto rendimento è Europa Verde, che ha quadriplicato i propri voti in valore assoluto rispetto alla lista Insieme alle poltiche. I partiti emersi come “vincitori” a Padova raggiungono anch’essi un buon livello di rendimento rispetto al 2018. FDI, PD e Lega hanno tutti aumentato i propri voti in valore assoluto, non solo il loro risultato percentuale. FDI fa segnare un +38%, la Lega +31%, il PD +18%. Rendimenti molto bassi, invece, per gli “sconfitti”: attorno al 40% per il M5S, poco sopra il 50% per FI. Appaiono quindi evidenti le grandi difficoltà del Movimento nel tradurre le preferenze nazionali in voti alle europee, trend già rilevato per il partito nella traduzione delle preferenze nazionali in voti alle regionali (Paparo 2018).

    Effettuando un’analisi più approfondita dei flussi elettorali a livello locale, è possibile mettere in luce quali sono stati i tassi di fedeltà ai vari partiti (percentuale dei propri elettori nelle elezioni politiche 2018 che conferma il voto alle europee del 2019). Questo è un indicatore importante per comprendere lo stato di salute e attrattività di un partito (De Sio 2019). Vediamo, dunque, cosa è successo nel caso specifico di Padova. Dobbiamo però ricordare che le elezioni europee vedono sempre una partecipazione più bassa rispetto alle politiche, rendendo dunque più difficile raggiungere valori alti di fedeltà.

    La Tabella 2 mostra con chiarezza i tassi di fedeltà degli elettori dei vari partiti fra politiche 2018 ed europee 2019, a Padova. Il PD presenta un tasso di fedeltà molto alto, all’ 82%, simile a quello raggiunto in altre città italiane.  In maniera analoga, anche la Lega, storicamente forte nella regione e fino alle elezioni amministrative del 2017 (Cataldi e Paparo 2017) nella città stessa, presenta uno stato di salute molto buono. Infatti, il 78% dei suoi elettori ha riconfermato il voto del 2018.

    Risultati opposti sono ottenuti dal M5S e da FI. Il primo presenta un tasso di fedeltà basso, al 30%, Per quanto riguarda FI, il partito risulta essere ancora più debole, con un tasso di fedeltà solo al 22%. In entrambi casi, questi dati non sono altro che un’ ulteriore conferma dello stato di crisi in cui versano attualmente entrambi i partiti, anche a livello nazionale. Infine, FDI, pur non raggiungendo a Padova gli stessi risultati sorprendenti raggiunti in altre città e a livello nazionale, presenta un tasso di fedeltà al 40%, dunque nettamente maggiore rispetto al M5S e a FI. Il dato interessante per questo partito, come vedremo fra poco, è un ricambio molto forte di elettori rispetto al 2018 e la capacità di attrarre elettori da partiti molti diversi fra loro.

    Tab. 2 – Flussi elettorali a Padova fra politiche 2018 ed europee 2019, destinazioni (clicca per ingrandire)destMa qual è la provenienza dei voti dei partiti vincitori? E dove sono andati quelli degli sconfitti? Per rispondere, dobbiamo guardare la Tabella 3. Per quanto riguarda i vincitori (PD e Lega) possiamo notare che, in linea con quanto verificatosi in altre città italiane (De Sio 2019), il PD ancora non riesce a catturare niente dal Movimento 5 Stelle ma, invece, attinge voti principalmente dal proprio bacino elettorale del 2018 (per il 71%), da Liberi e Uguali (LeU) per l’8% e da altri alleati del PD nel 2018 (14%). Questo sta a significare, ancora una volta, la reticenza degli elettori del M5S, anche provenienti dal centrosinistra, a votare per il PD. In passato questo era dovuto alla presenza di Renzi come segretario del partito a livello nazionale, oggi, con l’arrivo del nuovo segretario PD, Nicola Zingaretti, tali elettori potrebbero, in futuro orientarsi nuovamente verso il PD, anche a Padova. Ma al momento la nostra analisi mostra che così non è.

    Al contrario, la Lega dimostra una maggiore capacità attrattiva, attingendo il 25% dei propri voti da quelli che nel 2018 erano elettori del M5S. Oltre a ciò, il partito di Salvini trae l’8% dei suoi voti dal bacino di FI e il 61% dai propri elettori del 2018.

    Tab. 3 – Flussi elettorali a Padova fra politiche 2018 ed europee 2019, provenienze (clicca per ingrandire)prov

    Per visualizzare il quadro dei partiti che hanno subito le maggiori perdite, possiamo osservare la Figura 1. Il diagramma di Sankey mostra in forma grafica le nostre stime dei flussi elettorali a Padova. A sinistra sono riportati i bacini elettorali del 2018, a destra quelli del 2019. Le diverse bande, colorate in base al bacino 2018 di provenienza, mostrano le transizioni dai bacini delle politiche a quelli delle europee. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori.

    Possiamo notare i tre tronconi più o meno uguali in cui si divide l’elettorato 2018 del M5S: verso la Lega (34%), l’astensione (31%), mentre, come detto, solo il 30% dei suoi elettori 2018 ha riconfermato il voto alle europee. Questi dati non devono sorprenderci più di tanto, considerando che, negli anni scorsi, il M5S, un po’ in tutte le città italiane, ha saputo pescare i propri consensi in modo ideologicamente trasversale sia da destra che da sinistra.

    Anche per FI il flusso in riconferma è il terzo più grande, dopo quello in uscita verso l’astensione (26%) e quello verso la Lega (24%), in linea con il nuovo equilibrio che si sta sempre più venendo a creare nel centrodestra e che vede il partito di Salvini come principale forza trainante, in grado di mobilitare e aggregare voti. Inoltre, FI registra una fuoriuscita significativa anche verso FDI (13% dei suoi elettori 2018).

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Padova fra politiche 2018 (sinistra) ed europee 2019 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)sankey

    In conclusione, la nostra analisi dei flussi elettorali a Padova evidenzia la grande difficoltà del M5S al nord. Mantiene infatti meno di un terzo dei propri elettori, meno di quelli che si sono astenuti ma anche meno di quelli che hanno scelto la Lega, che di qui prende un quarto dei suoi voti di oggi.

    Insomma, sembra proprio che, ora che Matteo Salvini ha costruito una nuova forza catalizzatrice nel centrodestra, quella parte di elettori centrodestra che aveva votato il M5S abbia a questo punto scelto di tornare all’ovile verso la Lega di Salvini.

    Non così, almeno per il momento, per gli elettori M5S di centrosinistra: nonostante l’arretramento del Movimento e la crescita (anche nei voti assoluti) del PD, non si registra alcun flusso dal M5S 2018 al PD 2019.

     

    Riferimenti bibliografici

    Cataldi, M., e Paparo, A. (2017), ‘I flussi elettorali a Padova: Giordani ricompatta il centrosinistra e conquista il comune’, in Paparo, A. (a cura di), La rinascita del centrodestra? Le comunali 2017, Dossier CISE (9), Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 219-223.

    De Sio, L. (2019), ‘Dentro i flussi elettorali: da Salvini e Zingaretti una tenaglia per il Movimento 5 Stelle?’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/28/dentro-i-flussi-elettorali-da-salvini-e-zingaretti-una-tenaglia-per-il-movimento-5-stelle/

    De Sio, L. e Paparo, A. (2018), ‘Comunali: chi potrà dire di aver vinto?’, in Paparo, A. (a cura di), Goodbye Zona Rossa. Il successo del centrodestra nelle comunali 2018, Dossier CISE (12), Roma, LUISS University Press, pp. 19-25.

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Ministero dell’Interno, “Europee, Regionali e Comunali del 26 Maggio 2019, Affluenza e Risultati”, https://elezioni.interno.gov.it/europee/scrutini/20190526/scrutiniEI2050540600

    Paparo, A. (2018), ‘Le fatiche del M5S nei comuni: l’avanzata che non arriva e i sindaci che se ne vanno’, in Paparo, A. (a cura di), Goodbye Zona Rossa. Il successo del centrodestra nelle comunali 2018, Dossier CISE (12), Roma, LUISS University Press, pp. 227-234.

    Schadee, H.M.A., e Corbetta, P.G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 160 sezioni elettorali del comune di Padova. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR è pari a 9,3.

  • Europa e istituzioni: una (s)fiducia trasversale

    Europa e istituzioni: una (s)fiducia trasversale

    In quali soggetti e istituzioni hanno (s)fiducia gli italiani? Dopo aver presentato i dati del recente Osservatorio Politico CISE su intenzioni di voto, atteggiamenti verso le politiche europee e credibilità dei principali partiti su diversi temi, analizziamo ora i livelli di fiducia in diverse istituzioni italiane ed europee degli elettori italiani (Tabella 1).

    Tab. 1 – Fiducia nelle istituzioni italiane ed europee (% Molta/Abbastanza fiducia) [1]

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    Osservando i dati aggregati a livello nazionale, emerge che l’istituzione che gode di maggior fiducia da parte dei cittadini è il Presidente della Repubblica (51,2% degli italiani dichiarano la loro fiducia), mentre quella caratterizzata dal livello più basso di fiducia sono i partiti politici (13,7% dei cittadini). Il dato sui partiti non è sorprendente e rispecchia un clima generalizzato di sfiducia verso la classe politica italiana che si è manifestato soprattutto in termini di apatia elettorale durante le tornate elettorali locali degli ultimi anni (Maggini 2018; D’Alimonte 2015), anche se i valori registrati nel nostro sondaggio appaiono superiori a quelli compresi tra il 5 e il 10% degli ultimi anni.

    Per quanto riguarda la fiducia nel governo, notiamo che esiste una frattura fra forze di governo e forze di opposizione. In particolare, il 49,3% degli elettori leghisti e 68,7% dei pentastellati dichiarano di avere fiducia in questa istituzione. Fra gli elettori delle forze di opposizione, il picco più basso è raggiunto dagli elettori del PD, di cui solo l’8 % dichiara di avere fiducia nei confronti del governo. È interessante tuttavia notare come il livello di fiducia in questa istituzione sia relativamente contenuto anche tra gli elettori di almeno una delle forze di governo, la Lega. Basti pensare, da questo punto di vista, che a dicembre l’84% degli elettori leghisti approvava l’operato generale del governo Conte (Angelucci 2018). Vero è che i due dati non sono perfettamente comparabili: nel dato di maggio 2019 è stato chiesto agli intervistati del nostro sondaggio di esprimere il proprio livello di fiducia nei confronti del governo in quanto istituzione generale. Nel dato di dicembre 2018 si chiedeva invece di esprimere un giudizio specifico sul governo Conte. Ciononostante, il fatto che l’elettorato leghista esprima per lo più sfiducia nei confronti del governo, potrebbe essere sintomatico di una crescente insofferenza nella pancia dell’elettorato (dato che inoltre potrebbe aver influito sulla flessione della Lega nelle intenzioni di voto alle prossime europee, come già rilevato in un precedente contributo). Inoltre, questi dati ci illustrano anche un aumento della distanza fra le posizioni degli elettori dei due azionisti di maggioranza, con i pentastellati che esprimono una posizione decisamente più positiva sul governo.

    Analizzando i dati riguardanti la fiducia nel parlamento italiano, questo risulta godere di maggiore fiducia fra gli elettori pentastellati (circa il 50%), con percentuali più basse e abbastanza uniformi per gli elettori di tutte le altre forze politiche e un picco negativo per FDI: solo il 18,3% dei suoi elettori dichiarano di avere fiducia.

    Il contrario avviene per quanto riguarda il Presidente della Repubblica. In questo caso, si nota nuovamente una frattura fra forze di governo e forze di opposizione ma in senso contrario a quella notata per il Governo. Fra le forze di opposizione, il dato è più forte per i sostenitori di +Europa e PD. Nello specifico, il 92,3% dei sostenitori di +Europa e l’89,1% di quelli del PD hanno fiducia in questa istituzione. Percentuali di elettori più basse si riscontrano, invece, per Lega (circa il 36 %) e M5S (circa il 44%).

    Come già parzialmente anticipato, i partiti politici sono caratterizzati da percentuali molto basse di fiducia, che non seguono la frattura governo-opposizione ma sono trasversali agli elettori di tutti i partiti politici. Nello specifico, gli elettori che dichiarano di avere meno fiducia in assoluto sono quelli di + Europa (solo il 4,9% ha fiducia) e di FDI (solo l’8,9%).

    In generale, il livello di fiducia nelle istituzioni europee non si discosta molto da quello espresso per le istituzioni italiane (con le uniche eccezioni del Presidente della Repubblica, che gode di un’ampia fiducia, e dei partiti politici, rispetto ai quali gli elettori mostrano una sostanziale sfiducia).

    Il Parlamento Europeo gode di maggiore fiducia fra gli elettori dei partiti di centrosinistra: il 67,5% degli elettori del PD e il 92,5% degli elettori di +Europa dichiarano di avere fiducia. Al contrario la fiducia è più bassa fra gli elettori di centrodestra e destra, in particolare Lega (16,4%) e FDI (11,4%). In questo caso, dunque, possiamo dire che la principale linea di frattura non è fra forze di governo e di opposizione ma fra forze posizionate a sinistra e destra dello spazio politico.

    La frattura governo-opposizione riemerge invece nel caso della fiducia nella Commissione Europea. Infatti, solo il 17,5% degli elettori della Lega e il 23,9% dei pentastellati dichiarano di avere fiducia in questa istituzione. Il 65,7% degli elettori del PD e il 75,3% degli elettori di +Europa dichiara invece di aver fiducia nella Commissione.

    I risultati sono infine più variegati per quanto riguarda la fiducia nei confronti del Consiglio dei ministri e dei capi di Stato dell’Unione Europea. Ancora una volta, i picchi positivi riguardano gli elettori di PD (43,1% degli elettori) e +Europa (64,1%). Al contrario, il livello più basso è raggiunto dagli elettori di FDI: solo il 15% dichiara di aver fiducia. Per quanto riguarda gli elettori delle altre forze politiche, le percentuali di elettori che dichiarano di avere fiducia sono tutte intorno al 30%.

    Un dato appare chiaro: un generale clima di sfiducia istituzionale pervade l’elettorato italiano. A prescindere dalla natura delle istituzioni e con l’esclusione di casi particolari (il caso del Presidente della Repubblica, che gode di ampio consenso, ed il caso dei partiti politici che godono invece di una fiducia estremamente bassa), i cittadini italiani mostrano un atteggiamento sostanzialmente negativo sulla gran parte delle istituzioni italiane ed europee. Altrettanto evidente è la diversa distribuzione dei dati sulla fiducia tra gli elettori di diversi partiti: se Lega e M5S (e FDI) premiano infatti le istituzioni nazionali su quelle europee, speculare è il dato che emerge tra gli elettori del PD, FI, +Europa e La Sinistra, dove appare invece chiaro un maggior livello di fiducia per le istituzioni sovranazionali.

    Bibliografia

    Angelucci, D. (2018) ‘Il Governo Conte nel giudizio degli Italiani. ‘Honeymoon’ gialloverde e frammentazione delle opposizioni’, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2018/12/21/il-governo-conte-nel-giudizio-degli-italiani-honeymoon-gialloverde-e-frammentazione-delle-opposizioni/

    D’Alimonte, R. (2015) ‘Sui nodi italiani partiti poco credibili’, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2015/11/30/sui-nodi-italiani-partiti-poco-credibili/

    Maggini, N. (2018) ‘La vittoria del partito degli astenuti: l’affluenza tracolla ai ballottaggi’, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2018/06/26/la-vittoria-del-partito-degli-astenuti-laffluenza-tracolla-ai-ballottaggi/

    [1] NOTA METODOLOGICA: Sondaggio effettuato da Demetra nel periodo 24 aprile al 6 maggio. Il campione comprende 1.000 interviste con metodo CAWI ed è rappresentativo della popolazione elettorale italiana per genere, età, titolo di studio e zona geografica di residenza. Le stime qui riportate sono inoltre state ponderate in funzione del ricordo del voto alle scorse elezioni politiche. L’intervallo di confidenza al 95% per un campione di pari numerosità in riferimento alla popolazione elettorale italiana è ±3,1%.

  • Regionali in Basilicata: una svolta storica

    Regionali in Basilicata: una svolta storica

    Le elezioni di domenica in Basilicata (terza regione italiana ad andare alle elezioni nel 2019), hanno segnato una svolta storica per la regione: per la prima volta, a partire dalla Seconda Repubblica, la giunta passa nelle mani del centrodestra (D’Alimonte 2019). Tale coalizione, guidata dal candidato Vito Bardi, raggiunge infatti il 41,9% dei consensi, pur con differenze interne fra i vari partiti che la compongono (Tabella 1). In particolare, la Lega gioca il ruolo di forza trainante della coalizione, raggiungendo il 19,1% dei voti, seguita poi da Forza Italia (9,1%) e Fratelli d’ Italia (5,9%). Segue poi il centrosinistra con Carlo Trerotola al 33,3% (al suo interno, il PD ha raggiunto il 7,7%) e il M5S con Antonio Mattia, al 20,5%. Da sottolineare l’affluenza alle urne al 53,5%, in netto aumento rispetto alle regionali del novembre 2013 quando si era fermata al 47,6% (Emanuele 2013). Alle politiche del 4 marzo 2018 l’affluenza era stata invece del 71%.

    Tab. 1 – Risultati elettorali in Basilicata nelle recenti elezioni politiche e regionali[1] (Clicca per ingrandire)basilicata_c

    Così come le precedenti elezioni in Sardegna (Vittori e Paparo 2019) e in Abruzzo (Angelucci 2019), le elezioni regionali in Basilicata forniscono indicazioni utili sull’evoluzione degli equilibri di forza sia a livello regionale, sia alla luce delle dinamiche che caratterizzano la politica italiana attuale.

    Soffermandoci sul contesto regionale, queste elezioni hanno costituito un triplo banco di prova per i principali partiti e coalizioni in gioco. Innanzitutto il centrosinistra. La coalizione non ha saputo difendere e mantenere il controllo della Regione -probabilmente anche a causa delle divisioni interne emerse durante la campagna elettorale – ed ha incassato una nuova sconfitta, quasi dimezzando il voto ottenuto alle regionali del 2013. Vale la pena notare come all’interno della coalizione la lista “Avanti Basilicata” formata da Marcello Pittella (la cui candidatura alla presidenza era saltata per via delle recenti inchieste a suo carico) sia risultata la più votata. Segnale che i tentativi di ‘ripulire’ l’immagine della coalizione in seguito alle inchieste hanno prodotto alcun effetto. Per quanto riguarda il M55, pur non sapendo difendere e riconfermare l’exploit elettorale ottenuto lo scorso 4 marzo (dove aveva raggiunto il 44,4%), resta comunque il primo partito nella regione. Si tratta tuttavia di una magra consolazione, considerando il fatto che il suo alleato di governo sia arrivato ad un’incollatura dal partito guidato da Di Maio. Infine, il centrodestra a trazione leghista, vince per la sesta volta in un’elezione regionale dopo le elezioni del 4 marzo. La coalizione è stata in grado di affrontare al meglio il banco di prova elettorale strappando il controllo della giunta dalle mani del centrosinistra ed aumentando ulteriormente i propri consensi rispetto allo scorso 4 marzo, dove aveva raggiunto il 25,4% nella regione.

    Per quanto riguarda il contesto politico nazionale, osserviamo un’ulteriore conferma, su scala regionale, di alcune tendenze che contraddistinguono la politica italiana in questa fase. Ancora una volta, il dato elettorale conferma lo stato di grazia della Lega, oramai arrembante anche nel Sud Italia (D’Alimonte 2018). Il suo risultato è in linea con l’avanzata elettorale significativa che aveva già fatto registrare durante le politiche dello scorso 4 marzo, dove era riuscita ad ottenere il 6,4%, rispetto allo 0,1% delle politiche del 2013. All’ avanzata leghista su scala nazionale va contrapposto il ridimensionamento dell’alleato di governo in tutta la penisola, segno della chiara ristrutturazione dei rapporti di forza all’interno della coalizione di governo. Infine, il terzo trend ad essere confermato è l’inefficacia del PD nel mantenere proprio elettorato, nonostante i primi segnali positivi in seguito all’instaurarsi della nuova segreteria di Zingaretti (Angelucci 2019). Riportando un ulteriore calo rispetto alle politiche del 2018 (dove si era fermato al 16,4%), il partito ha infatti riportato la prima sconfitta dopo l’elezione del nuovo Segretario che ha chiuso la campagna elettorale proprio a Matera.

    Inoltre, osservando la Tabella 2, è interessante analizzare la diversa capacità delle forze politiche in campo di radicarsi nel territorio lucano, trasferendo il risultato nazionale a livello sub-nazionale. Volendo fornire un’interpretazione politicamente più corretta dell’esito elettorale di queste regionali, confrontiamo i risultati di queste ultime elezioni regionali con quelli della tornata politica immediatamente precedente (marzo 2018). Questa operazione ci consente di misurare il rendimento elettorale alle regionali (RER)(De Sio e Paparo 2018), ovvero la capacità di una coalizione di trascinare anche sulle elezioni regionali il proprio risultato delle politiche. Per farlo calcoliamo, per ciascuna coalizione in competizione, il rapporto tra voti ottenuti alle regionali (in questo caso avvenute domenica 24) e quelli ottenuti alle politiche (marzo 2018). Che cosa emerge da tale analisi?

    Tab. 2 – Rendimento elettorale alle regionali (RER) rispetto alle politiche precedenti [2](Clicca per ingrandire)rendimenti basilicata_b

    In primis, possiamo notare che la coalizione del centrosinistra mantiene una generale stabilità di rendimento. Se confrontato con le regionali del 2013, dove il rendimento rispetto alle politiche dello stesso anno era del 174%, nella tornata elettorale del 24 marzo il rendimento ha subìto solo un leggero calo, scendendo al 169%. Tale calo è quasi irrilevante, soprattutto se confrontato con i più significativi mutamenti di rendimento che hanno interessato i suoi due avversari principali. È da sottolineare, infatti, il risultato sorprendente dal centrodestra, sotto la spinta propulsiva della Lega. Nel 2013 il rendimento della coalizione rispetto alle politiche del 2013 era del 79%, mentre ora si attesta al 166%. Al contrario, il rendimento del M5S (al 54% nel 2013) è ora ulteriormente calato fino al 46%. Appaiono quindi evidenti le grandi difficoltà del Movimento nel tradurre le preferenze nazionali in voti alle regionali, trend già rilevato in altre occasioni (Paparo 2018). Una possibile chiave di lettura di questo trend è lo stato di forma con cui, di volta in volta, le due principali coalizioni, il centrodestra e il centrosinistra, si presentano alle elezioni sub-nazionali. Dalle analisi del CISE (Paparo 2018), emerge infatti che, ogni qualvolta esse si presentano coese e rafforzate (ed è il caso, in questa circostanza, della coalizione di centrodestra), il Movimento ha difficoltà a andare oltre il ruolo di attore marginale, non riuscendo ad essere competitivo per la vittoria finale.

    Analizzando i rendimenti di queste elezioni in Basilicata rispetto ai rendimenti delle medesime coalizioni nelle altre regioni italiane già andate al voto fra 2018 e 2019, il dato principale che emerge è la crescita del centrodestra. Tale coalizione, a partire dalle elezioni in Trentino il 21 ottobre 2018, è stata in grado di rafforza progressivamente il proprio rendimento. Ciò non è invece avvenuto per il M5S che, seppur con risultati alterni, è stato caratterizzato da un rendimento calante con l’andare del tempo, dopo il picco dell’86% in Molise, il 22 aprile 2018 (Plescia 2018). Allo stesso modo, il centrosinistra ha confermato, in tutte le regioni, la sua già attestata stabilità di rendimento e la capacità di ottenere risultati più alti alle regionali rispetto alle politiche (Angelucci 2019).

    Il voto lucano è stato dunque un importante test nazionale, l’ultimo prima delle elezioni europee del 26 maggio. Le prossime elezioni regionali saranno infatti quelle in Piemonte, proprio lo stesso giorno delle europee. Si tratterà allora di capire quanto le dinamiche emerse nelle ultime tornate regionali verranno confermate dal cruciale voto di maggio e, in questo caso, quali effetti il voto avrà sulla stabilità del governo nella sua attuale conformazione. Le indicazioni proveniente dal voto regionale in Basilicata sembrano dire che la crescita del centrodestra (e della Lega in particolare) non si è ancora fermata, che il calo del M5S non si è ancora arrestato, e che il PD non ha (ancora?) trovato giovamento dall’elezione del nuovo segretario.

    Riferimenti bibliografici

    Angelucci, D. (2019) ‘Regionali in Abruzzo: la Lega Nord alla conquista del Sud, cede il M5S’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/02/11/regionali-in-abruzzo-la-lega-alla-conquista-del-sud-cede-il-m5s/

    D’Alimonte, R. (2018), ‘Perché il Sud premia il M5S’, in Emanuele, V. e Paparo, A. (a cura di), Gli sfidanti al governo. Disincanto, nuovi conflitti e diverse strategie dietro il voto del 4 marzo 2018, Dossier CISE (11), Roma, LUISS University Press e Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 115-118.

    D’Alimonte, R. (2019), Regionali Basilicata: torna il centrodestra, ora Salvini è al bivio’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/03/26/regionali-basilicata-torna-il-centrodestra-ora-salvini-e-al-bivio/.

    De Sio, L. e Paparo, A. (2018), ‘Comunali: chi potrà dire di aver vinto?’, in Paparo, A. (a cura di), Goodbye Zona Rossa. Il successo del centrodestra nelle comunali 2018, Dossier CISE (12), Roma, LUISS University Press e Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 227-234.

    Emanuele, V. (2013), ‘Regionali in Basilicata, l’astensione è maggioranza assoluta. Il centrosinistra (ri)vince con il 60%’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2013/11/19/regionali-in-basilicata-lastensione-e-maggioranza-assoluta-il-centrosinistra-rivince-con-il-60/.

    Paparo, A. (2018), ‘Le fatiche del M5S nei comuni: l’avanzata che non arriva e i sindaci che se ne vanno’, in Paparo, A. (a cura di), Goodbye Zona Rossa. Il successo del centrodestra nelle comunali 2018, Dossier CISE (12), Roma, LUISS University Press e Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 227-234.

    Plescia, C. (2018), ‘Molise: Il centrodestra rimanda il primo governatore del M5S’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2018/04/24/molise-il-centrodestra-rimanda-il-primo-governatore-del-m5s/.

    Vittori, D., Paparo, A. (2019), Regionali in Sardegna: verso una nuova Caporetto per il M5S? ’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/02/17/regionali-in-sardegna-verso-una-nuova-caporetto-per-il-m5s/.


    [1] Nella parte superiore della tabella sono presentati i risultati al proporzionale (per le politiche 2018 sono riportati i voti espressamente assegnati ai partiti, prima dell’attribuzione dei voti al solo candidato di collegio sostenuto); nella parte inferiore si usano i risultati maggioritari.

    Nella parte superiore, ciascuna riga somma i risultati dei relativi partiti, a prescindere dalla coalizione della quale facessero parte. Nella categoria partiti di sinistra rientrano: PRC, PC, PCI, PAP, SEL, SI, MDP, LeU, RC, CampoProgr, Possibile, ProgettoCom. Nella categoria altri partiti di centrosinistra sono inseriti: Insieme, PSI, IDV, Radicali, +EU, Verdi, CD, DemA. Nella categoria partiti di centro rientrano: NCI, UDC, NCD, FLI, SC, CP, NCD, AP, DC, PDF, PLI, PRI, UDEUR, Idea, CPE. Nella categoria partiti di destra rientrano La Destra, MNS, FN, FT, CPI, DivB, ITagliIT.

    Nella parte inferiore, invece, si sommano i risultati dei candidati (uninominali), classificati in base ai criteri sotto riportati. Per le politiche 2013 e le regionali 2014 e 2019, abbiamo considerato quali voti raccolti dai candidati quelli delle coalizioni (che sostenevano un candidato, premier o governatore). Sinistra alternativa al PD riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra PAP, RC, PRC, PCI, PC, MDP, LeU, SI, SEL, Insieme, PSI, +EU, CD, DemA, Verdi, IDV, Radicali, Possibile, CampoProgr, ProgettoCom – ma non dal PD. Il Centrosinistra è formato da candidati nelle cui coalizioni a sostegno compaia il PD; il Centro riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra NCI, UDC, CP, NCD, FLI, SC, PDF, DC, PRI, PLI, CPE, Idea, UDEUR (ma né PD né FI/PDL). Il Centrodestra è formato da candidati nelle cui coalizioni a sostegno compaia FI (o il PDL). La Destra riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra Lega, FDI, La Destra, MNS, FN, FT, CasaPound, DivBell, ITagliIT – ma non FI (o il PDL).

    Quindi, se un candidato è sostenuto dal PD o da FI (o PDL) è attribuito al centrosinistra e al centrodestra rispettivamente, a prescindere da quali altre liste facciano parte della coalizione a suo sostegno.

    Se un candidato è sostenuto solo da liste civiche è un candidato civico (Altri). Se una coalizione è mista civiche-partiti, questi trascinano il candidato nel loro proprio polo se valgono almeno il 10% della coalizione, altrimenti il candidato resta civico. Se un candidato è sostenuto da partiti appartenenti a diverse aree (escludendo PD e FI/PDL che hanno la priorità), si valuta il relativo contributo dei diversi poli alla coalizione del candidato per determinarne l’assegnazione (al polo che pesa di più).

    [2] Le percentuali esprimono, fatti 100 i risultati percentuali ottenuti alle politiche, i risultati ottenuti alle regionali. Per il centrosinistra nella provincia di Trento, il numeratore è rappresentato dalla somma dei risultati di Tonini (sostenuto dal PD) e di Rossi (sostenuto dal PATT), dal momento che PD e PATT correvano insieme alla e politiche 2018.