E così il centrodestra ha conquistato Prato. Poco più di un terzo dei voti è stato sufficiente ai suoi candidati nei collegi uninominali per risultare vincitori sia alla Camera che al Senato. Certo, i risultati elettorali osservati in questi anni avevano ormai lasciato pochi dubbi circa la scarsa tenuta del centrosinistra nelle regioni rosse, e che dunque nessun risultato apparisse scontato. In particolare, pensiamo alle sconfitte del centrosinistra a marchio PD nelle comunali di Sesto Fiorentino e Pistoia. Tuttavia, a Sesto a spuntarla era stato un candidato di sinistra, alternativo al partito di Renzi, mentre a Pistoia il centrodestra aveva festeggiato una vittoria storica, ma solo in virtù del ballottaggio, mentre al primo turno il centrosinistra era stata comunque la coalizione di maggioranza relativa, con 10 punti di vantaggio.
Eppure, al momento fatidico delle elezioni politiche, in cui inevitabilmente si precipitano i fenomeni, qui come in molti altri collegi della Zona Rossa (e come nel suo aggregato complessivo, del resto), il centrosinistra si ritrova dietro al centrodestra. La caduta di uno collegio così prossimo alla capitale del Renzismo non può non meritare un approfondimento specifico. È precisamente quanto facciamo in questo articolo.
Per comprendere il risultato del 4 marzo, è necessario collocarlo nella storia elettorale del comune di Prato. Le forze progressiste hanno sempre avuto almeno la maggioranza relativa dei voti, spesso quella assoluta. Il solo PCI si è mantenuto fra il 43 e il 52% dei voti dall’inaugurazione del centrosinistra (1963), fino al suo scioglimento alla Bolognina. E nella Seconda Repubblica, le coalizioni di centrosinistra hanno sempre raccolto la maggioranza assoluta dei voti, fino al 2013, quando Bersani si fermò al 40,8% (Tab. 1), comunque primo con un margine di 17 punti sulla seconda coalizione (il M5S), e oltre 22 su quella che lo avrebbe invece sconfitto cinque anni dopo – il centrodestra. Oggi, la coalizione di centrosinistra è scesa sotto un terzo dei voti validi totali, avendo raccolto il 33,2% (Tab. 1).
Solo nel 1992, l’allora PDS guidato da Occhetto ottenne un risultato simile a quello del centrosinistra quest’anno: il 31,7%, che comunque valeva per essere il primo partito, con oltre 10 punti di margine sul secondo. Inoltre, c’erano i voti di un partito indiscutibilmente amico, l’allora Rifondazione Comunista (7,5%).
La Tabella 1 mostra anche che il M5S si è mantenuto stabile come risultato percentuale sui voti validi (poco meno del 25%); mentre la Lega è letteralmente esplosa, passando da meno dell’1% a oltre un sesto dei voti validi, con una parallela, ma assai meno rilevante numericamente, contrazione per il partito di Berlusconi. Così, il centrodestra nel suo complesso avanza di oltre 13 punti, aumentando del 60% i voti raccolti in percentuale sui validi, ma anche del 54% sui voti assoluti.
Tab. 1 – Risultati elettorali a Prato, 2013 e 2018
Per comprendere che cosa sia avvenuto nell’elettorato pratese in questi cinque anni, e come si sia venuto determinando il risultato osservato il 4 marzo, abbiamo stimato i flussi elettorali fra politiche 2013 e quelle di quest’anno.
Cominciamo dal vedere che scelte abbiano effettuato quest’anno i diversi bacini del 2013. Il più numeroso, quello che aveva votato Bersani, ha confermato la propria scelta di centrosinistra in misura di 6 su 10. Quasi un quinto hanno invece scelto il M5S, cioè un elettore pratese su 17. Questo è il più grosso flusso non fedele di tutta la nostra analisi. Vi è poi una quota pari alla metà circa di quest’ultima che ha disertato le urne. Appena uno su 16 ha votato LeU: comunque si tratta di un flusso significativo, che vale un elettore pratese ogni 50.
Il M5S, che pure abbiamo visto stabile come risultato percentuale, conferma anche a Prato la propria natura camaleontica già evidenziata a Torino. Infatti, la nostra analisi evidenzia come appena la metà degli elettori 2013 del Movimento gli sia stato fedele cinque anni dopo. Un quarto ha defezionato in direzione della Lega di Salvini, ovvero un pratese ogni 21;mentre un ottavo ha preferito non votare. Nessuna altra fuoriuscita è statisticamente significativa.
La coalizione di centrodestra, comprensibilmente alla luce della sua avanzata, fa segnare tassi di fedeltà assai più alti degli altri due poli. Complessivamente, oltre il 90% degli elettori 2013 di Berlusconi hanno scelto uno dei quattro partiti del centrodestra di quest’anno. Guardando al derby interno fra FI e Lega, proprio come a Torino, gli elettori 2013 del centrodestra hanno subito il richiamo delle due sirene in misura eguale. Così, i partiti di Salvini e Berlusconi raccolgono ciascuno il 40% dei voti 2013 del centrodestra, con il 10% verso FDI, anch’esso in forte espansione. Se teniamo conto che a Prato nel 2013 l’85% dei voti di centrodestra erano voti del PDL, questa divisione a metà dell’elettorato moderato fra Lega e FI comporta un notevole travaso di voti dal partito di Berlusconi a quello di Salvini – che vale un elettore su 18. Interessante rilevare come si registri un flusso significativo, pari a un elettore pratese ogni 100, in uscita dal centrodestra 2013 verso il centrosinistra 2018.
Quanto a quel 7% di elettorato pratese che nel 2013 aveva scelto Monti, quest’anno hanno scelto centrodestra e centrosinistra in misura pari: poco più del 40% verso entrambi. Questa è una grossa differenza rispetto al caso torinese, in cui invece gli elettori centristi avevano preferito il centrosinistra in ragione di due e mezzo a uno.
Tab. 2 – Flussi elettorali a Prato fra politiche 2013 e 2018, destinazioni (clicca per ingrandire)
Guardando alla composizione in termini di elettorati 2013 delle diverse forze politiche in queste elezioni (Tab. 3), abbiamo una riprova della volatilità elettorale emersa a Prato. Che però non è stata omogenea per i diversi attori. I due partiti mainstream, PD e FI, ottengono infatti entrambi circa l’80% dei propri voti dai propri elettori 2013. Entrambi, poi, raccolgono attorno a un decimo dal bacino 2013 di Monti. Il PD fa infine registrare un ingresso significativo, ma tutt’altro che decisivo, dal centrodestra.
Ben più marcata la volatilità per il M5S, che ha cambiato pelle a Prato ancor più che a Torino. Lì, infatti, la quota di nuovi elettori sul totale dei voti 2018 al Movimento valeva circa un terzo. Qui cresce di un ulteriore 50%, arrivando alla metà dei voti complessivi. Identiche sono invece le provenienze: da Bersani, e in misura minore dall’astensione. A Prato, un elettore pentastellato di oggi su tre aveva votato Bersani nel 2013; uno su sei si era astenuto. Questa è l’unica rimobilitazione di astenuti del 2013 fatta segnare a Prato da tutti i partiti, e ha un peso rilevante – un elettore ogni 37.
La Lega ha moltiplicato per 20 i propri voti, quindi inevitabilmente ha oggi una base elettorale del tutto inedita. La Tabella 3 ci consente di comprendere come sia composta. Per una metà si tratta di elettori 2013 di Berlusconi, per il 40% di elettori 2013 del M5S. Si tratta di proporzioni straordinariamente simili a quelle osservate nell’analisi del caso torinese.
Tab. 3 – Flussi elettorali a Prato fra politiche 2013 e 2018, provenienze (clicca per ingrandire)
Il diagramma di Sankey visibile sotto (Figura 1) mostra in forma grafica le nostre stime dei flussi elettorali a Prato. A sinistra sono riportati bacini elettorali del 2013, a sinistra quelli del 2018. Le diverse bande, colorate in base al bacino 2013 di provenienza, mostrano le transizioni dai bacini 2013 a quelli 2018. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori. Guardando l’immagine, è possibile immediatamente apprezzare come la Lega di Salvini appaia gialla blu, ovvero formata da elettori 2013 di Berlusconi e Grillo; così come il forte ricambio della base elettorale del M5S, con gli ingressi da Bersani e astenuti.
Fig. 1 – Flussi elettorali a Prato fra politiche 2013 (sinistra) e 2018 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)
Anche a Prato, quindi, si osserva un forte flusso dal centrosinistra verso il M5S, che a sua volta cede in maniera rilevante a vantaggio della Lega. Anche qui, l’elettorato 2013 del centrodestra, quasi in toto berlusconiano allora, si è spaccato a metà fra Lega e FI. Da rilevare, infine, come anche l’elettorato di Monti si sia diviso in due parti uguali, verso centrodestra e centrosinistra.
Riferimenti bibliografici
Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.
Maggini, N., e Paparo, A. (2017), ‘I flussi elettorali a Pistoia: il candidato di centrodestra vince con i voti 2013 di Bersani’, in Paparo, A. (a cura di), La rinascita del centrodestra? Le elezioni comunali 2017, Dossier CISE(9), Roma, Centro Italiano di Studi Elettorali, pp. 243-247.
Schadee, H.M.A., e Corbetta, P.G. (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.
NOTA METODOLOGICA
I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman alle 179 sezioni elettorali del comune di Prato. Abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Si tratta di 4 unità in tutto. Il valore dell’indice VR è risultato pari a 15,3.