Un ruolo chiave dell’astensione; il ritorno (ma se ne era mai andato?) del “muro di Arcore”, ovvero di una sostanziale impermeabilità tra centrosinistra e centrodestra: sono queste le due chiavi di lettura del cambiamento elettorale tra politiche 2022 e europee 2024, come emerge dai flussi elettorali stimati in base al nostro sondaggio preelettorale CAWI.
Vediamo più in dettaglio, partendo anzitutto dalle destinazioni del voto 2022. Fatti 100 i voti 2022 di ciascun partito, dove sono andati? I risultati sono nella tabella che segue; il modo più rapido di analizzarli è anzitutto confrontando, per ogni partito, due tassi: il tasso di fedeltà e quello di defezione verso l’astensione.
Riguardo al primo, ovvero la capacità di riportare al voto chi ti aveva votato nel 2022, emergono già differenze impressionanti. Al primo posto c’è chiaramente FdI, con il 66% di elettori fedeli, seguito dal Pd con il 60% e da Alleanza Verdi-Sinistra (AVS) con il 58%. I valori sono bassi rispetto a quelli di un confronto politiche su politiche (in cui in genere i tassi di fedeltà di chi vince possono arrivare al 75-80%), e questo ci dice quanto è difficile convincere chi ti ha votato alle politiche a tornare a votarti anche alle europee. Gli altri partiti sono su valori ancora più bassi: Fi al 54%, Lega al 51%, ma soprattutto Azione/Iv/+Europa con il 42%, e il M5s con il 35%. E proprio il dato del M5s ci conduce al secondo indicatore chiave: la defezione verso l’astensione. Qui il M5s è al primo posto, avendo perso verso l’astensione ben il 50% del proprio elettorato. E’ un valore altissimo, visto che gli altri partiti invece si attestano su valori di circa la metà: Pd, Azione/Iv/+Europa, Fi e Fdi sono tutti tra 23 e il 26%. Le eccezioni virtuose sono invece Avs (perde solo il 18% dei suoi voti verso l’astensione) e la Lega (addirittura solo il 6%).
Ultimo punto fondamentale, relativo alle perdite: in generale il grosso dei flussi si concentra all’interno della stessa area politica (oltre all’ovvia coalizione di governo, abbiamo evidenziato nella stessa area M5s, Avs e Pd), mentre i flussi diretti tra aree sono molto più scarsi. All’interno della stessa area si vede una notevole mobilità (anche se maggiore dentro il centrodestra), mentre le perdite verso l’area opposta sono più scarse. Fanno in parte eccezione il M5s, che perde il 5% dei suoi voti direttamente verso il centrodestra, e la Lega, che perde più di un elettore su dieci verso il Pd (forse un possibile effetto dell’ulteriore spostamento a destra del partito di Salvini, anche attraverso la candidatura di Vannacci).
Per studiare al meglio i guadagni, invece delle perdite, è utile guardare la tabella delle provenienze (vedi sotto): i voti alle europee dei vari partiti da dove provengono?
E qui vengono alcuni dati davvero interessanti. Anzitutto il successo di Fratelli d’Italia è prevalentemente alimentato dai propri alleati. Fatti 100 i voti attuali di FdI, 75 vengono da vecchi elettori di FdI, 8 dalla Lega e 4 da Fi. Appena 7 vengono dall’astensione (FdI – assieme a Fi al 3 – è il partito in cui ha pesato meno la rimobilitazione dall’astensione), e solo 3 direttamente dal centrosinistra. Anche la Lega pesca solo dal resto della coalizione, nonché dall’astensione, mentre Forza Italia prende voti rilevanti (oltre uno su dieci) dai centristi, e in parte anche da Pd e M5s.
Nel centrosinistra, il Pd pesca dai propri alleati, ma anche dai centristi e addirittura dalla Lega, e prende voti importanti (15 su 100) dall’astensione. Schema simile anche per Avs, che si è alimentata in modo importante con voti provenienti dal Pd (27% dei suoi attuali voti), mentre il M5s ha il tasso di attrazione più basso (su 100 voti, solo 17 vengono da altre provenienze). Infine, non va trascurato che i centristi, pur con una pessima performance, hanno preso qualche voto dal Pd: di fatto 15 su 100 dei loro attuali voti.
I dati complessivi sono anche presentati nel diagramma Sankey che segue. L’interpretazione complessiva si può ridurre essenzialmente alle due considerazioni iniziali. La prima è che le elezioni europee sono difficilissime sul piano della mobilitazione: chi non è riuscito a combatterla (il M5s) ha pagato un prezzo molto pesante. La seconda è che i flussi sembrano muoversi quasi esclusivamente all’interno delle classiche aree politiche di centrosinistra e centrodestra, a conferma del permanere di quello che Ilvo Diamanti chiamò il “muro di Arcore”, ovvero di una sostanziale bipolarizzazione delle scelte di voto dei cittadini italiani. Si tratta di un aspetto chiave che abbiamo sottolineato molte volte, e tenerne conto sarà imprescindibile per le strategie di coalizione (nelle future elezioni amministrative e politiche) dei partiti italiani.