Autore: Elisabetta Mannoni

  • I flussi elettorali tra politiche 2018 e 2022: Lega e M5S alimentano FdI

    I flussi elettorali tra politiche 2018 e 2022: Lega e M5S alimentano FdI

    Nota: sondaggio CISE realizzato in occasione delle elezioni politiche italiane del 2022, N=861.

    • FDI sottrae alla Lega quasi metà dei suoi voti, ma prende voti anche dal M5S e FI;
    • Il PD rimobilita buona parte del suo elettorato e sottrae voti al M5S. Perde però voti verso Azione/IV, +Europa e il non voto;
    • Il M5S cede una parte significativa del suo elettorato verso l’astensione, oltreché verso FDI e PD;
    • La Lega cede voti non solo verso FDI, ma perde anche verso l’astensione.
  • Cosa vogliono gli elettori?

    Cosa vogliono gli elettori?

    A poche settimane dalle elezioni del 25 settembre, la campagna elettorale è ormai giunta nel vivo. I partiti mettono a punto le ultime mosse nel tentativo di conquistare gli indecisi e consolidare il proprio elettorato, e lo fanno confrontandosi su temi e interventi di policy molto diversi tra loro. Ai consueti cavalli di battaglia, si sono aggiunte tematiche nuove, che in passato erano rimaste fuori dal dibattito politico o perché ritenute poco rilevanti (l’ambiente) o perché semplicemente si trattava di temi che non esistevano (la guerra in Ucraina, le relazioni con la Russia e con gli alleati storici dell’Italia). Il menu a disposizione è dunque ampio, ma qualsiasi scelta strategica da parte dei partiti dovrà necessariamente fare i conti con le priorità e le preferenze degli elettori italiani.

    I dati raccolti dal CISE in un recente sondaggio di opinione (CISE-ICCP, Agosto-Settembre 2022, N=861), rivelano in questo senso un quadro sfaccettato, con un’opinione pubblica che su diversi temi appare molto meno polarizzata di quanto non sia invece il sistema dei partiti. Questo, ad esempio, è quanto emerge se si guarda alle principali priorità degli elettori: su un totale di 35 temi specifici su cui gli intervistati sono stati chiamati ad esprimere le proprie preferenze, i primi 10 per priorità sono temi cosiddetti imperativi, vale a dire temi ed obiettivi politici che non creano divisioni e sui quali gli elettori sono idealmente tutti d’accordo. Ad esempio, l’obiettivo di policy che viene percepito come il più importante da realizzare è, non sorprendentemente, quello di garantire ad imprese e famiglie prezzi sostenibili di gas ed energia elettrica (il 92,2% del campione considera questo obiettivo una priorità per il paese) (Tabella 1). Si tratta evidentemente di un tema di per sé non divisivo, rispetto al quale la competizione tra partiti non si gioca evidentemente sulle posizioni (essere a favore o contro), quanto piuttosto sulla capacità dei partiti stessi di presentarsi come credibili agli occhi degli elettori per realizzare questo obiettivo. È ciò che la letteratura scientifica chiama valence politics.

    Tabella 1- Priorità assegnata ai temi imperativi (valence issues).

    Garantire a cittadini e imprese prezzi sostenibili di gas e luce 92%
    Combattere la disoccupazione 90%
    Combattere la violenza sulle donne e i femminicidi 89%
    Ridurre la povertà in Italia 87%
    Sostenere la crescita economica 86%
    Combattere l’inflazione 86%
    Ridurre le tasse sul lavoro 86%
    Combattere l’evasione fiscale 84%
    Combattere il riscaldamento globale 82%
    Realizzare le riforme previste dal PNRR, per non perdere i fondi eu 80%
    Far contare di più l’Italia in Europa 72%

    Il fatto che le principali priorità espresse dagli elettori siano relative a temi imperativi (non divisivi) suggerisce che esiste nel corpo degli elettori un’agenda politica tutto sommato condivisa ed altamente prioritaria. Si tratta di un’agenda in cui la prevalenza dei temi economici è netta. Accanto al tema del prezzo dell’energia, emergono i temi classici della lotta alla disoccupazione ed alla povertà, nonché il sostegno alla crescita economica. Parimenti rilevanti sono poi i temi della lotta all’inflazione, della riduzione del costo del lavoro e della lotta all’evasione fiscale, cui segue infine la realizzazione delle riforme previste dal PNRR. Se l’economia (ed una chiara domanda di sicurezza e stabilità economica) è evidentemente in testa alle preoccupazioni degli elettori, non manca lo spazio per temi non strettamente economici. In questo senso, spicca la rilevanza assegnata al tema della lotta alla violenza di genere (è l’89% del campione a ritenere questo tema una priorità del paese), nonché il tema ambientale della lotta al cambiamento climatico (in questo caso è l’82% del campione a considerare questo obiettivo una priorità).

    Se è vero che i temi imperativi sono considerati delle top-priorities dagli elettori, è altrettanto vero che la campagna elettorale si sta giocando (e si giocherà) anche su temi che invece divisivi lo sono e che in molti casi qualificano in modo specifico l’offerta politica di un partito. Questo è vero, ad esempio, per temi come il reddito di cittadinanza o la flat tax, temi di bandiera rispettivamente del Movimento 5 Stelle e della Lega (ma anche di Forza Italia e della coalizione di centrodestra in generale). Si tratta dei cosiddetti temi posizionali.

    Al fine di fornire un quadro di insieme di più facile lettura, la discussione sulla configurazione di preferenze degli elettori su queste issues è stata organizzata per aree tematiche. I dati discussi per ogni area tematica sono invece riassunti nella Tabella 2.     

    Tabella 2 – Percentuali di sostegno a ciascun obiettivo. La colonna di destra in grassetto indica la priorità complessiva del tema.

    Introdurre un salario minimo per legge 84% Non introdurre un salario minimo per legge 16% 79%
    Mantenere il reddito di cittadinanza 39% Abolire il reddito di cittadinanza 61% 76%
    Ridurre l’età pensionabile 79% Mantenere l’attuale normativa sull’aumento graduale dell’età pensionabile 21% 76%
    Sospendere le sanzioni economiche verso la Russia 43% Mantenere le sanzioni economiche verso la Russia 57% 75%
    Mantenere la progressività fiscale (chi guadagna di più paga percentuali più alte) 78% Introdurre la flat tax 22% 75%
    Mantenere il divieto di centrali nucleari in Italia 47% Riprendere la costruzione di centrali nucleari in Italia 53% 74%
    Dare la priorità alla protezione dell’ambiente, anche a costo della crescita 66% Dare priorità alla crescita economica, anche a costo della protezione dell’ambiente 34% 74%
    Continuare ad accogliere gli immigrati come adesso 32% Limitare l’accoglienza degli immigrati 68% 73%
    Interrompere la fornitura di armi all’Ucraina 59% Continuare a fornire armi all’Ucraina 41% 72%
    Rimanere nell’Unione Europea 72% Uscire dall’Unione Europea 28% 70%
    Legalizzare l’eutanasia nei casi di malattia incurabile 86% Mantenere sempre illegale l’eutanasia 14% 70%
    Ridurre le differenze di reddito tra chi ha redditi alti e redditi bassi 79% Non ridurre le differenze di reddito tra chi ha redditi alti e redditi bassi 21% 69%
    Garantire effettivamente la possibilità di abortire 82% Limitare la possibilità di abortire 18% 68%
    Continuare a riscuotere le vecchie cartelle esattoriali non pagate 51% Rottamare (cancellare) le vecchie cartelle esattoriali non pagate 49% 65%
    Rifiutare l’installazione di nuovi rigassificatori 24% Accettare l’installazione di nuovi rigassificatori 76% 65%
    Mantenere il superbonus 110% per l’efficientamento energetico delle case 69% Cancellare il superbonus 110% per l’efficientamento energetico delle case 31% 63%
    Rimanere nella NATO 73% Uscire dalla NATO 27% 63%
    Inasprire le pene per chi discrimina e commette reati contro omosessuali e transessuali 71% Mantenere le pene attuali per chi discrimina e commette reati contro omosessuali e transessuali 29% 61%
    Mantenere il Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento, con funzioni di garanzia 42% Introdurre il presidenzialismo 58% 58%
    Mantenere gli attuali poteri della magistratura in Italia 52% Ridurre i poteri della magistratura in Italia 48% 57%
    Mantenere l’attuale livello di accesso ai servizi sociali per gli immigrati 57% Ridurre l’accesso ai servizi sociali per gli immigrati 43% 56%
    Aumentare la tassa di successione sui patrimoni oltre i 5 milioni 67% Non aumentare la tassa di successione sui patrimoni oltre i 5 milioni 33% 53%
    Dare più facilmente la cittadinanza ai figli di immigrati regolari nati e cresciuti in Italia 57% Mantenere l’attuale legislazione sulla cittadinanza ai figli di immigrati 43% 52%
    Legalizzare le droghe leggere 56% Mantenere illegali le droghe leggere 44% 49%

    Economia

    Come abbiamo già osservato, è ampiamente diffusa la domanda di sicurezza e stabilità economica tra gli elettori italiani. Il dato è confermato anche quando vengono presi in considerazione temi tendenzialmente divisivi. Prima di tutto, temi come il salario minimo, l’età pensionabile, il reddito di cittadinanza e il fisco sono anche i quattro temi posizionali percepiti come più salienti dagli intervistati. Inoltre, la maggioranza degli elettori è schierata su posizioni economiche prevalentemente progressiste: l’84% degli elettori vorrebbe introdurre un salario minimo per legge, una quota non dissimile da quella già registrata nel 2018, quando era il 79% degli elettori a volere l’introduzione del salario minimo; allo stesso modo, il 79% si dichiara a favore della riduzione delle differenze di reddito tra ricchi e poveri. In maniera simile, il 79% si dichiara a favore della riduzione dell’età pensionabile: un obiettivo la cui qualifica di “progressista” può essere discutibile, ma che sicuramente è perseguito (anche) dal movimento sindacale da diversi anni. Un’ampia maggioranza (67%) si dichiara poi favorevole ad un aumento della tassa di successione sui patrimoni oltre i 5 milioni di euro.

    In linea con questi dati, viene sonoramente bocciata la flat-tax, cavallo di battaglia della Lega in primis e, più in generale, del centrodestra unito. Solo il 22% degli elettori si dice favorevole all’introduzione di una tassa piatta (nel 2018 era invece il 26%), mentre il 78% si esprime chiaramente a favore di un sistema di tassazione progressivo.

    Se è vero che gli elettori si esprimono in maggioranza per misure economiche a sostegno delle fasce sociali più svantaggiate, è altrettanto vero, però, che il reddito di cittadinanza viene bocciato dal 61% degli intervistati. Si tratta di un dato estremamente negativo (in particolare, ovviamente, per il Movimento 5 Stelle), soprattutto se si considera che nel 2018 il 72,5% degli elettori era favorevole all’introduzione del reddito di cittadinanza. Un dato che mostra in modo chiaro come l’implementazione del reddito di cittadinanza abbia generato scontento in ampi segmenti dell’elettorato italiano.  

    Più controverso, infine, il tema della rottamazione delle vecchie cartelle esattoriali (anche in questo caso tema caro alla Lega). L’opinione pubblica è divisa sostanzialmente a metà, con il 49% degli elettori che si dichiara a favore, contro il 51% che invece ritiene che sia necessario continuare a riscuotere le vecchie cartelle esattoriali non pagate.

    Diritti civili, libertà

    Un atteggiamento tendenzialmente progressista prevale non solo in ambito economico, ma anche in relazione ai diritti civili e alle libertà della persona. Una maggioranza assoluta che sfiora il 90% ritiene che dovrebbe essere legalizzata l’eutanasia in caso di malattia grave (86%); allo stesso modo, l’82% difende la libertà di abortire, esprimendosi a favore del rafforzamento di garanzie effettive della possibilità di praticare l’aborto. Meno ampio, ma comunque maggioritario, è poi il sostegno all’introduzione di pene più severe per chi discrimina omosessuali e transessuali, nonché il sostegno alla legalizzazione delle droghe leggere. È il 71% degli elettori a pensare che si dovrebbero inasprire le pene per chi discrimina e commette reati contro omosessuali e transessuali; mentre il 56% si dichiara favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere, un dato tra l’altro in crescita rispetto al 2018, quando ad essere favorevole era il 47% degli elettori. In termini di priorità, tra questi temi quello percepito come più saliente è la questione dell’eutanasia (il 70% la considera una tematica prioritaria), mentre la questione delle droghe leggere è il tema che in assoluto è considerato come il meno saliente tra tutti i temi posizionali testati dalla nostra indagine.

    Immigrazione

    Se orientamenti progressisti sembrano prevalere in ambito economico e in relazione ai diritti civili, diverso è il discorso per quanto riguarda l’immigrazione. Ormai tema caldo da decenni, l’immigrazione ha rappresentato una questione chiave per l’ascesa della Lega prima e di Fratelli d’Italia poi. Tuttavia, sebbene l’opinione pubblica mantenga una posizione critica nei confronti dell’immigrazione, il quadro sembra essere significativamente mutato rispetto al 2018. Nel 2018 il 79% degli elettori era per limitare il numero di immigrati in Italia; oggi, stando ai dati della nostra rilevazione, questa percentuale è passata al 68%. Sebbene si tratti pur sempre di una maggioranza assoluta a voler limitare il numero di immigrati, il calo di 11 punti percentuali rispetto a quattro anni fa è comunque degno di nota. Allo stesso modo, nel 2018 “solo” il 44% degli elettori si dichiarava a favore di un accesso alla cittadinanza più facile per i figli degli immigrati. Oggi questa percentuale è passata al 57%, con una maggioranza assoluta che dichiara dunque di voler garantire più facilmente la cittadinanza ai figli di immigrati regolari nati e cresciuti in Italia. Infine, nel 2018 il 60% degli elettori era favorevole ad una restrizione dell’accesso ai servizi di welfare per gli immigrati. Questa percentuale è passata ora al 43% (contro il 57% che vorrebbe invece che le cose restassero invariate).

    In altre parole, sebbene ancora oggi una maggioranza assoluta degli elettori italiani vorrebbe limitare l’arrivo di immigrati in Italia, gli atteggiamenti sulla cittadinanza e sull’accesso al welfare degli immigrati sembrano decisamente più moderati rispetto a quelli registrati quattro anni fa, in occasione delle elezioni politiche del 2018. Tuttavia, va anche notato che in termini di priorità percepita, il tema dell’immigrazione (e del suo controllo) è considerato come molto più prioritario rispetto alle tematiche relative ai diritti degli immigrati (e dei loro figli), che in generale sono tra i temi posizionali percepiti come meno salienti.

    Istituzioni

    Da un punto di vista del rapporto tra cittadini e istituzioni, il campione rivela una tendenza a preferire il mantenimento dello status quo, su vari fronti. La prospettiva di rimanere nell’Unione Europea e anche nella NATO è di gran lunga preferita all’obiettivo di uscirne – la percentuale di supporto si aggira, in entrambi i casi, attorno al 72%. A tal proposito, un confronto coi dati del 2018 suggerisce una tendenza europeista più diffusa oggi che quattro anni fa (65%), forse complice la maggiore interazione con l’Europa durante la pandemia e il governo Draghi. In questo senso, il ricevimento dei fondi legati al PNRR può aver giocato un ruolo a favore delle posizioni europeiste. Tra i due temi, quello relativo all’Unione Europea è percepito come più saliente rispetto a quello relativo alla Nato (70% la priorità complessiva del tema UE e 63% la priorità complessiva del tema Nato).

    Un altro tema sul quale la maggior parte degli intervistati si è detta a favore del mantenimento dell’assetto attuale, è la magistratura. Tuttavia, in questo caso, la differenza tra chi vorrebbe mantenere gli attuali poteri della magistratura e chi preferirebbe invece ridurli, corre una differenza di pochi punti percentuali (rispettivamente, 52% e 48%), confermando la natura fortemente divisiva del tema. Infine, l’unico tema rispetto al quale emerge dal campione una preferenza a cambiare le regole del gioco, è l’introduzione del presidenzialismo, ossia una delle proposte portate avanti in campagna elettorale da FdI: circa il 58% lo preferirebbe ad un Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento che agisce da garante della Costituzione. Va anche detto che questi obiettivi non sono tra quelli considerati come più prioritari.

    Ambiente

    Il tema ambientale è di fatto una delle novità di questa campagna elettorale. Toccando la questione con proposte e prospettive molto diverse tra loro, anche partiti che non erano soliti far riferimento alla questione climatica, ne hanno iniziato a fare menzione. Questo sembrerebbe riflettere la preoccupazione piuttosto diffusa nel paese per la tematica in generale emersa dai dati di questo sondaggio (come abbiamo visto sopra, più dell’80% del nostro campione concorda che lotta al cambiamento climatico sia oggi tra le priorità del nostro paese). È interessante però verificare come questa preoccupazione si declini poi in termini di supporto a politiche più specifiche.

    Di fronte alla scelta se anteporre la protezione dell’ambiente alla crescita economica o, viceversa, dare priorità all’economia anche a scapito dell’ambiente, quasi il 66% ritiene si debba proteggere il pianeta anche a costo di rallentare la crescita economica – una percentuale molto simile a quella a supporto del mantenimento del superbonus 110% per l’efficientamento energetico delle case, politica appoggiata da circa il 69% degli intervistati.

    Tuttavia, solo il 24% si dichiara contrario all’installazione di nuovi rigassificatori, e meno del 50% ritiene si debba mantenere il divieto di costruire centrali nucleari in Italia. Un dato, quest’ultimo in particolare, sorprendente se si pensa ai risultati ottenuti poco più di dieci anni fa nel referendum del 2011, quando con un’affluenza quasi al 55%, circa il 94% dei votanti aveva espresso la propria preferenza per abrogare le norme che avrebbero consentito la produzione di energia nucleare su territorio italiano.

    Guerra

    Infine, la campagna elettorale di quest’anno vede tra i temi più controversi un tema caldo di politica estera: la posizione assunta dall’Italia rispetto alla guerra tra Russia e Ucraina, in particolare per quel che riguarda le sanzioni economiche verso la Russia e l’invio di armi all’Ucraina. Pur essendo questioni prioritarie (per il 75% degli intervistati la prima e per il 72% la seconda), su questi temi non emerge una linea chiara, nettamente preferita dagli italiani. Il 57% si dichiara a favore di mantenere le sanzioni economiche verso la Russia, contro un 43% che ritiene sia più opportuno sospenderle; la situazione è ribaltata invece rispetto alla fornitura di armi all’Ucraina, supportata da circa il 41%, mentre quasi il 59% vorrebbe interromperla.

    Conclusione

    In conclusione, il quadro che emerge da questa indagine è quello di un’Italia chiaramente progressista sui diritti civili (aborto accessibile, condanna alle discriminazioni contro la comunità LGBTQ+, legalizzazione dell’eutanasia) e sull’economia (sì alla tassazione progressiva, alla riduzione di differenze di reddito, al salario minimo e alla patrimoniale), ma conservatrice in tema di controllo dell’immigrazione. Un’Italia europeista ed atlantista, preoccupata per la crisi climatica, ma forse di più per quella energetica, come dimostra il sostegno ai rigassificatori e alle centrali nucleari, e per la guerra in Ucraina, come dimostrano gli atteggiamenti ambivalenti circa le sanzioni economiche contro la Russia e l’invio di armi all’Ucraina. Un’Italia, dunque, che presenta una sorta di agenda condivisa, dettata per lo più dalle emergenze del momento, che pone al centro la sicurezza economica ed energetica, la protezione dai cambiamenti climatici, il controllo dell’immigrazione, ma anche sensibile alle libertà personali. Al contrario, i cavalli di battaglia della campagna elettorale dei diversi partiti, come la flat tax, la rottamazione delle cartelle esattoriali o il reddito di cittadinanza, sembrano non essere in realtà condivisi dalla maggioranza dell’elettorato.

    Questi dati sono ancor più significativi se letti alla luce di quanto già osservato sulle strategie dei partiti italiani (De Sio, Boldrini, Trastulli 2022): se, infatti, gli elettori esprimono maggiore urgenza su temi economici e ampiamente condivisi, i diversi partiti politici hanno i loro maggiori incentivi strategici su temi culturali, per lo più divisivi. Come spiegare, dunque, questa asincronia tra domanda ed offerta? Da un lato, alcuni dei temi maggiormente rilevanti per gli elettori potrebbero essere stati tralasciati dai partiti, che non vi hanno quindi costruito una reputazione di credibilità. E questo potrebbe essere dovuto al fatto che temi che sono trasversalmente supportati all’interno dell’opinione pubblica, potrebbero in realtà essere divisivi all’interno dei partiti (e dei loro elettorati storici). Si tratterebbe, in questo caso, di temi che rischiano di non essere elettoralmente convenienti per nessun partito e quindi di non ricevere una adeguata rappresentanza politica. E forse è proprio questo uno dei problemi chiave della democrazia italiana oggi: molti temi prioritari per gli elettori non vengono politicizzati adeguatamente dai partiti e non ottengono, di conseguenza, la necessaria rappresentanza politica.

    Nota metodologica

    Il sondaggio CISE-ICCP è stato somministrato con metodologia CAWI su un campione di 861 intervistati, da mercoledì 31 agosto fino a lunedì 5 settembre, dalla società Demetra di Mestre. Il campione è rappresentativo della popolazione italiana in età di voto per combinazione di sesso e classe di età, titolo di studio e zona geografica. Successivamente il campione è stato ponderato per sesso, combinazione di classe ed età, zona geografica e ricordo del voto (di coalizione) espresso nella precedente elezione del 2018. I non cittadini sono stati esclusi dal questionario.

  • Flussi Reggio Emilia: gli elettori del M5S non votano e l’uscente di centrosinistra rivince

    Flussi Reggio Emilia: gli elettori del M5S non votano e l’uscente di centrosinistra rivince

    In concomitanza col voto alle europee, i cittadini di Reggio Emilia hanno votato anche per le comunali e, a distanza di due settimane, il 9 giugno hanno espresso la loro preferenza per l’elezione del sindaco al ballottaggio, in cui concorrevano un candidato di centrosinistra (Luca Vecchi, uscente e rieletto) e un candidato di centrodestra (Roberto Salati).

    Il primo elemento rilevante che vale la pena mettere in luce fin da subito, è che la rielezione del sindaco uscente di centrosinistra del 2019 ha rappresentato al contempo un elemento di continuità rispetto al passato ed una novità nell’esperienza elettorale dei cittadini reggiani. Il continuum storico è dato dal fatto che anche i sindaci precedentemente eletti (Antonella Spaggiari e Graziano Delrio) erano espressione del centrosinistra ed erano stati entrambi riconfermati dopo il primo mandato. La grande novità, invece, sta nel fatto che per la prima volta nella storia del comune di Reggio Emilia, l’elettorato è stato chiamato alle urne a distanza di due settimane dal primo turno per votare al ballottaggio, dal momento che nessun candidato aveva superato la soglia del 50% al primo turno. Nel 1995 la Spaggiari era stata ampiamente scelta dai cittadini già al primo turno con il 65% dei voti, e riconfermata a distanza di cinque anni con il 62%, sempre al primo turno. Graziano Delrio, nel 2004, era stato eletto col 63% senza bisogno di un ballottaggio e riconfermato nel 2009, ancora al primo turno, ma stavolta con 10 punti percentuali in meno (aveva ottenuto meno del 53% dei consensi). L’attuale sindaco, cinque anni fa, era stato capace di riguadagnare un po’ di terreno perso da Delrio tra primo e secondo mandato, riuscendo a farsi eleggere al primo turno con più del 56% dei voti. Tuttavia, similmente a quanto già accaduto al suo predecessore, il secondo mandato è stato accolto con leggermente meno entusiasmo rispetto al primo: con il 49,1% dei consensi, avendo solo sfiorato la soglia necessaria per passare al primo turno, Luca Vecchi ha portato per la prima volta i reggiani alle urne per il decisivo turno di ballottaggio. Chi si è recato effettivamente a votare il 9 giugno e come ha votato? Per rispondere a questo interrogativo di ricerca, abbiamo stimato i flussi elettorali fra europee 2019 e ballottaggio, e anche fra politiche 2018 e ballottaggio delle comunali 2019.

    Come messo in luce dall’analisi dei flussi tra le politiche del 2018 e le europee del 2019 (Mannoni e Paparo 2019), nel comune di Reggio Emilia emergono tre dati rilevanti: l’alto tasso di fedeltà interno al PD, che ha garantito la vittoria del partito alle europee; il buono stato di salute della Lega, che si è dimostrata non solo competitiva ma anche capace di attrarre il consenso di elettori di altri partiti; e la dispersione dei voti del Movimento 5 Stelle, che ha perso la metà dei consensi ottenuti alle politiche, e che in occasione delle europee ha preferito astenersi o votare Lega piuttosto che confermare la scelta di voto del 2018 a favore del Movimento.

    Il primo di questi tre dati può dirsi confermato anche nel contesto delle comunali: il Partito Democratico è un partito che a Reggio Emilia gode di buona salute, e che è fortemente competitivo proprio in virtù della fedeltà dei suoi elettori. Il 95% di chi aveva votato PD nel 2018, ha sostenuto Vecchi al ballottaggio (Tab. 1), così come il 97% di chi ha votato PD alle europee (Tab. 2) – e il restante 3% non ha comunque sostenuto Salati: è semplicemente rimasto a casa.

    Tab. 1 – Flussi elettorali a Reggio Emilia fra europee 2019 e ballottaggio delle comunali 2019, destinazioni (clicca per ingrandire)dest19

    Tab. 2 – Flussi elettorali a Reggio Emilia fra politiche 2018 e ballottaggio delle comunali 2019, destinazioni (clicca per ingrandire)dest18

    I diagrammi di Sankey di seguito (Fig. 1 e Fig. 2) sintetizzano in forma grafica le nostre stime dei flussi elettorali del ballottaggio a Reggio Emilia. A destra sono riportati i bacini elettorali del ballottaggio, a sinistra quelli delle europee o delle politiche. Le diverse bande, colorate in base al bacino di provenienza, mostrano le transizioni dai bacini delle europee o delle politiche a quelli delle comunali. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori.

    In effetti, la banda rossa che procede solida da sinistra verso destra in entrambe le figure rende visivamente in modo chiaro ed inequivocabile l’idea di compattezza dell’elettorato PD che emerge anche dai dati numerici in Tabella. Anzi, in occasione del ballottaggio delle comunali, l’elettorato del Partito Democratico non solo non si disperde, ma si dimostra anche più solido e fedele che alle europee.

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Reggio Emilia fra europee 2019 (sinistra) e ballottaggio delle comunali 2019 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)sankey19

    Fig. 2 – Flussi elettorali a Reggio Emilia fra politiche 2018 (sinistra) e ballottaggio delle comunali 2019 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)sankey18

    Quanto alla Lega, nel sostenere il candidato di centrodestra non manifesta la stessa convinzione mostrata dal PD a sostegno del candidato di centrosinistra. Vale la pena fare una breve premessa storica anche in questo senso: Salati, sebbene non abbia vinto al ballottaggio, con il 28,2% dei voti è riuscito ad ottenere un risultato da record per il centrodestra a Reggio Emilia. Solo cinque anni fa, lo scenario era completamente diverso da quello attuale: a concorrere (e comunque solo al primo turno) alla posizione di sindaco insieme a Vecchi c’era Vaccari, candidato del M5S, che si era fermato al 17%, mentre la Prampolini, candidata del centrodestra, aveva ottenuto poco più del 13% (senza contare che la Lega aveva un proprio candidato, che non aveva raggiunto neanche la soglia del 4%).

    Oggi non possiamo parlare di eterogeneità o attrattività della Lega in sé, perché Salati era sostenuto non solo dalla Lega, ma anche da FDI e FI, quindi il convergere dei voti di questi ultimi due partiti non indicherebbe necessariamente una convergenza verso la Lega, ma potrebbe indicare semplicemente la volontà di supportare il candidato presentato dal partito già votato in precedenza. Tuttavia, occorre evidenziare come le tabelle 3 e 4, che riportano la composizione percentuale dei voti ai due sfidanti del ballottaggio in termini di bacini elettorali delle politiche e delle europee, mostrino che circa un decimo dei voti del candidato di centrodestra proviene da forze minori del centrosinistra (2018 e 2019), mentre una quota analoga arriva dal M5S 2018.

    Tab. 3 – Flussi elettorali a comunali Reggio Emilia fra europee 2019 e ballottaggio delle comunali 2019, provenienze (clicca per ingrandire)prov19

    Tab. 4 – Flussi elettorali a Reggio Emilia fra politiche 2018 e ballottaggio delle comunali 2019, provenienze (clicca per ingrandire)prov18

    Inoltre, anche qui l’elettorato della Lega manifesta una certa coerenza ideologica, come suggeriscono i dati percentuali nelle tabelle 1 e 2: il 69% di chi ha votato Lega nel 2018, e il 62% di chi l’ha sostenuta alle europee 2019, è andato a votare al ballottaggio e lo ha fatto per Salati. Il restante 31 e 38%, piuttosto che votare per Vecchi, ha scelto di astenersi. Coerentemente, quindi, e in misura più accentuata rispetto a quanto rilevato per le europee, a Reggio Emilia il partito della Lega è un partito ad oggi piuttosto compatto, anche se non quanto il PD.

    In ultimo, la tendenza di più della metà dell’elettorato del Movimento 5 Stelle ad astenersi o votare a destra (nel caso delle europee, il voto era diretto soprattutto alla Lega), si trasforma nel caso del ballottaggio delle comunali in un caso di acuto astensionismo: l’85% di chi aveva votato il Movimento nel 2018, si è astenuto al ballottaggio, così come l’83% di chi lo ha votato alle europee 2019. Interessante in questo caso è come quei pochi elettori del Movimento che si sono presentati alle urne il 9 giugno abbiano deciso di votare: rispetto al bacino elettorale del M5S delle politiche, quelli che sono andati alle urne si sono divisi grossomodo a metà tra sostenitori di Vecchi e sostenitori di Salati; mentre se usiamo come riferimento coloro che avevano votato il M5S alle europee, solo il 17% di loro è andato a votare al ballottaggio ed ha votato in massa per il centrosinistra, ad indicare verosimilmente che la percentuale di ex sostenitori del Movimento che ha votato per Salati, già due settimane prima in occasione delle europee avesse scelto di votare a destra. La maggior propensione dell’elettorato pentastellato 2019 rispetto a quello 2018 a votare per il centrosinistra costituisce peraltro di un trend comune a tutte le città con un ballottaggio bipolare analizzate (D’Alimonte e Emanuele 2019).

    Dato apparentemente inatteso è il sostegno massiccio di Europa Verde e Più Europa al candidato di centrodestra. Il 19% degli elettori di Europa Verde e il 40% di quelli di Più Europa hanno dato, infatti, il loro voto a Salati — dato che non sorprende affatto, se si pensa alla composizione dei bacini elettorali di entrambi i partiti che, come mostrato in Mannoni e Paparo (2019), includono una significativa fetta di ex sostenitori del partito di Salvini, che dal 2018 al 2019 hanno deciso di passare dal votare Lega al sostenere uno tra questi due partiti minori.

    Se le analisi dei risultati delle elezioni politiche del 2018  ci avevano portato a concludere che a Reggio Emilia il centrosinistra avesse perso metà dei consensi a favore dei più forti M5S e Lega (Mannoni e Paparo 2018), a distanza di un solo anno possiamo dire che la situazione sia decisamente cambiata. Principale artefice di questo cambiamento è stato il forte astensionismo degli elettori del M5S, contestualmente ad una mobilitazione convinta dell’elettorato del Partito Democratico. Questi due elementi, congiuntamente, hanno consentito a Reggio Emilia di non interrompere ex abrupto una tradizione consolidata, che la vuole governata da sindaci di centrosinistra, eletti con grandi maggioranze. Tuttavia, l’esperienza stessa del ballottaggio, unicum nella storia di questo comune, così come la percentuale di voti da record ottenuta dal candidato di centrodestra, sono entrambe sintomatiche di una crescita significativa della Lega, un partito che cinque anni fa si presentava da solo alle comunali  (e per ottenere una percentuale irrisoria di consensi), mentre oggi costituisce il centro nevralgico del polo di centrodestra per il comune emiliano (ma non solo), nonché il principale oppositore nella competizione con il Partito Democratico, per ora ancora vittorioso.

     

    Riferimenti bibliografici

    D’Alimonte, R., e Emanuele, V. (2019), ‘Nei comuni oltre 15.000 abitanti, centrodestra +33, centrosinistra -39’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/12/nei-comuni-oltre-15mila-abitanti-centrodestra-33-centrosinistra-39/.

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Mannoni, E., e Paparo, A. (2018), ‘A Reggio Emilia il centrosinistra conquista il centro ma cede voti in tutte le direzioni’, in Emanuele, V., e Paparo, A. (a cura di), Gli sfidanti al governo. Disincanto, nuovi conflitti e diverse strategie dietro il voto del 4 marzo 2018, Dossier CISE (11), Roma, LUISS University Press, pp. 235-239.

    Mannoni, E., e Paparo, A. (2019), ‘Flussi Reggio Emilia: l’elettorato del M5S si divide fra lealtà, astensione e Lega’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/27/flussi-reggio-emilia-lelettorato-del-m5s-si-divide-fra-lealta-astensione-e-lega.

    Schadee, H. M. A., e Corbetta, P. G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 160 sezioni elettorali del comune di Reggio Emilia. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR è pari a 6,1 per l’analisi dalle politiche; a 2,8 per quella dalle europee.

  • Flussi Reggio Emilia: l’elettorato del M5S si divide fra lealtà, astensione e Lega

    Flussi Reggio Emilia: l’elettorato del M5S si divide fra lealtà, astensione e Lega

    Il diagramma di Sankey (Fig. 1) riporta graficamente le stime dei flussi elettorali a Reggio Emilia emerse dall’analisi che abbiamo condotto. A sinistra sono riportati i bacini elettorali del 2018, a destra quelli del 2019. Le diverse bande, colorate in base al bacino 2018 di provenienza, mostrano le transizioni dai bacini delle politiche a quelli delle europee. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori.

    Dalla figura, emergono a colpo d’occhio alcuni dati significativi:

    1. un Movimento 5 Stelle tripartito;
    2. un Partito Democratico vincente e compatto;
    3. una Lega leggermente meno compatta del PD ma decisamente accresciuta e più eterogenea rispetto al 2018.

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Reggio Emilia fra politiche 2018 (sinistra) ed europee 2019 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)sankey

    In primis, la sostanziale tripartizione del Movimento 5 Stelle costituisce il dato più evidente, nonché quello più rilevante per il comune emiliano, in quanto contributo decisivo sia per la vittoria del PD (indirettamente) sia per il significativo accrescimento del bacino elettorale della Lega (direttamente). A distanza di neanche quindici mesi dalle elezioni politiche, l’elettorato del Movimento si è dipanato su tre fronti principali: un terzo abbondante (il 37%) ha continuato a sostenere il M5S; una percentuale simile (il 34%) ha preferito astenersi; i restanti hanno spostato la loro preferenza su altri fronti, alcuni dei quali hanno saputo attingere dal bacino elettorale pentastellato in misura decisamente più significativa rispetto ad altri – prima fra tutti la Lega, alla quale si è rivolto 1 elettore ogni 5 che avevano votato M5S nel 2018 (Tab. 1). In coda a questo 20% dell’elettorato del Movimento che ha votato per il partito di Salvini, si aggiungono solo piccole percentuali di ex elettori 5 Stelle che alle europee 2019 hanno preferito dare il loro voto ad altri partiti, tra cui Fratelli D’Italia (2%), il PD (2%) o a Europa Verde (1%).

    In secondo luogo, come anticipato sopra, la divisione del Movimento 5 Stelle, che nel comune di Reggio Emilia aveva rappresentato nel 2018 il principale competitor del PD, alle europee 2019 contribuisce ad una vittoria più evidente del Partito Democratico, che ottiene 37,3% dei consensi. Indubbio è che questo non sarebbe stato possibile se l’elettorato del PD del 2018 non avesse, a distanza di più di un anno, confermato in massa la propria scelta di voto. Infatti, l’85% di chi aveva votato PD il 4 marzo del 2018, lo ha fatto anche il 26 maggio 2019. Tuttavia, se è vero che solo il 15% ha spostato la propria preferenza su altri simboli, è interessante notare come più della metà di questi elettori abbia deciso di sostenere Salvini (il 9% degli elettori PD del 2018) e solo poco più di un terzo si sia di fatto rivolto ad alternative di sinistra: il 4% ha votato Più Europa, l’1% La Sinistra, un altro 1% Europa Verde.

    Tab. 1 – Flussi elettorali a Reggio Emilia fra politiche 2018 ed europee 2019, destinazioni (clicca per ingrandire)dest

    Infine, quanto detto finora su M5S e PD ci porta direttamente al risultato notevole ottenuto dalla Lega in occasione di queste elezioni a Reggio Emilia. Infatti, il Movimento ha ceduto il 20% dei suoi voti al partito di Salvini; il Partito Democratico il 9%. A questi si è aggiunta Forza Italia, che non abbiamo visto giocare alcun ruolo di rilievo né nella partita del PD né in quella del Movimento, ma che ha ceduto invece alla Lega ben il 27% dei propri voti. Dunque, il bacino elettorale della Lega che emerge dalle elezioni del Parlamento Europeo del 2019 è costituito solo per meno della metà da ex sostenitori della Lega, un quarto proviene dal M5S, un decimo sia dal PD che da Forza Italia, e l’ultimo da altri partiti, tra cui FDI (Tab. 2).

    Tab. 2 – Flussi elettorali a Reggio Emilia fra politiche 2018 ed europee 2019, provenienze (clicca per ingrandire)prov

    Similmente a quanto accaduto per gli elettori del PD, anche quelli della Lega del 2018 hanno grossomodo ribadito la loro scelta di voto, anche se in misura minore rispetto a quanto rilevato per il Partito Democratico (73% vs. 85%): circa 3 elettori su 4 hanno dunque confermato il voto alla Lega anche alle europee; il quarto ha, in alcuni casi, optato per partiti di centrodestra, come Forza Italia (7%) o Fratelli d’Italia (4%); mentre in altri si è allontanato di parecchio nello spazio politico, fino ad arrivare a sostenere anche partiti come Più Europa (6%), Europa Verde (6%) o il PD (3%).

    Ne emerge, innanzitutto, una Lega enormemente rinforzata a Reggio Emilia tra le politiche del 2018, quando aveva ottenuto meno del 15% dei consensi, e le europee 2019, in cui la percentuale è arrivata al 26% (Tab. 3). Se escludiamo Europa Verde, che come già accaduto in altri comuni (Landini e Paparo 2019) si è rivelato il partito con più alto rendimento, in questo caso triplicato la percentuale di voti ottenuti, la Lega è il partito che nel comune emiliano ha dimostrato di essere cresciuto di più nel giro di un anno, sostanzialmente aumentando del 75% rispetto al suo bacino delle politiche. In seconda istanza, l’altro dato importante che ricaviamo da questa analisi è quello di una Lega eterogenea, non tanto in termini assoluti quanto relativi, se confrontiamo cioè la sua composizione con quella degli altri partiti principali. Su 10 elettori del PD alle europee, 8 avevano già votato PD o alleati PD nel 2018, 1 aveva sostenuto Liberi e Uguali e solo 1 su 10 proviene da partiti più “lontani” o, più spesso, dal bacino degli astenuti. Se guardiamo al M5S la situazione non è di molto dissimile: anche qua 8 elettori su 10 avevano già sostenuto il Movimento, 1 nel 2018 si era astenuto, e il decimo elettore è di varia provenienza – più spesso Forza Italia, ma anche alcuni partiti di sinistra.

    Tab. 3 – Risultati elettorali delle recenti elezioni nel comune di Reggio Emiliareggio emilia_tab

    Altri aspetti meno evidenti ma non meno interessanti emergono da un’analisi più approfondita dei dati numerici riportati nelle tabelle 1 e 2. Innanzitutto, la mancata propensione di chi aveva già votato PD e Lega nel 2018 ad astenersi nel 2019. (Valium) Reggio Emilia rientra tra quei comuni in cui il 26 maggio del 2019 si è votato non solo per il Parlamento Europeo ma anche per il comune, e abbiamo già visto come la concomitanza dei due eventi elettorali abbia sortito un effetto innegabile sull’affluenza alle europee (Vittori e Paparo 2019), spesso considerate elezioni di second’ordine rispetto a quelle nazionali. Tuttavia, al netto di quest’effetto, i dati mostrano chiaramente come tutti i partiti abbiano perso una porzione dei loro elettori che in quest’occasione elettorale hanno optato per l’astensione, ad eccezione degli elettorati di sinistra (gli elettori di Liberi e Uguali, del PD e dei suoi alleati) e della Lega. Il caso più forte di perdita verso l’astensione lo si registra in Forza Italia, per cui quasi la metà dei sostenitori del 2018 (46%) ha deciso di non recarsi alle urne nel 2019 – dato ulteriormente aggravato se si guarda ai flussi tra le politiche del 2018 e il ballottaggio delle comunali del 2019 (Mannoni e Paparo 2019). Dopo il M5S, che conserva comunque ancora circa il 14% dei consensi a Reggio Emilia, quello di Berlusconi è il partito che più è crollato in termini percentuali (-45%), quasi sparendo dallo scenario politico reggiano, con solo il 5% dei consensi ottenuto.

    In secondo luogo, la relativa eterogeneità cui si accennava prima come carattere distintivo di questa Lega a Reggio Emilia rispetto agli altri partiti principali, sembra essere in realtà una peculiarità di alcuni partiti minori di questa tornata elettorale. Due casi interessanti sono Più Europa ed Europa Verde, che hanno ottenuto rispettivamente il 4,7% e il 3,4% dei consensi — ma da chi sono arrivati? Nel caso di Più Europa il 70% è in realtà costituito, com’era intuibile, da elettori di centrosinistra, ai quali però si aggiunge un interessante 10% proveniente da FDI e un 20% proveniente dalla Lega. In altri termini, ogni cinque sostenitori del partito della Bonino, uno è un ex sostenitore del partito di Salvini. Il caso di Europa Verde è ancora più eterogeneo: meno del 50% viene dal blocco di sinistra (l’11% solo da Liberi e Uguali), quasi il 30% dalla Lega, il 12% dal M5S, il 5% da FDI e percentuali minori da NCI ed altri partiti.

    In conclusione, i risultati delle europee 2019 a Reggio Emilia mettono in luce alcuni punti di forza e di debolezza soprattutto dei partiti principali. La Lega è stata capace di mantenere il proprio bacino e mobilitare porzioni di elettorato al di là di esso, dimostrandosi partito in salute, attrattiva e competitiva (De Sio 2019). Il Partito Democratico si è limitato a mantenere saldo il proprio bacino, interrompendo le perdite che l’anno scorso lo avevano visto ingrossare le fila del M5S e della Lega (Mannoni e Paparo 2018), e registrando il più alto tasso di fedeltà fra tutti i partiti, che gli ha garantito una certa competitività e nondimeno la vittoria in città. Il Movimento 5 Stelle, che esce invece sconfitto, non è stato capace di fare né l’una né l’altra cosa, perdendo la metà dei consensi ottenuti alle politiche, senza riuscire a compensare la perdita con la mobilitazione di elettori di altri partiti.

     

    Riferimenti bibliografici

    De Sio, L., (2019), ‘Dentro i flussi elettorali: da Salvini e Zingaretti una tenaglia per il Movimento 5 Stelle?’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/27/la-nazionalizzazione-della-lega-di-salvini/.

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Landini, I., e Paparo, A. (2019), ‘Flussi Padova: per gli elettori del M5S la riconferma del voto è la terza opzione (dopo astensione e Lega)’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/27/flussi-padova-per-gli-elettori-del-m5s-la-riconferma-del-voto-e-la-terza-opzione-dopo-astensione-e-lega.

    Mannoni, E., e Paparo, A. (2018), ‘A Reggio Emilia il centrosinistra conquista il centro ma cede voti in tutte le direzioni’, in Emanuele, V., e Paparo, A. (a cura di), Gli sfidanti al governo. Disincanto, nuovi conflitti e diverse strategie dietro il voto del 4 marzo 2018, Dossier CISE (11), Roma, LUISS University Press, pp. 235-239.

    Mannoni, E., e Paparo, A. (2019), ‘Flussi Reggio Emilia: gli elettori del M5S non votano e l’uscente di centrosinistra rivince’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/10/flussi-reggio-emilia-gli-elettori-del-m5s-non-votano-e-luscente-di-centrosinistra-rivince/.

    Schadee, H. M. A., e Corbetta, P. G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.

    Vittori, D., e Paparo, A., (2019), ‘La partecipazione elettorale alle comunali – e il suo dirompente effetto su quella delle europee’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile presso: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/07/la-partecipazione-elettorale-alle-comunali-e-il-suo-dirompente-effetto-su-quella-delle-europee/.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 160 sezioni elettorali del comune di Reggio Emilia. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR è pari a 13,3.

  • Italia paese di destra? Quella del 2018, sì

    Italia paese di destra? Quella del 2018, sì

    Tra le domande presenti nell’ultima rilevazione dell’Osservatorio Politico CISE[1] si chiedeva ai rispondenti di collocarsi sull’asse sinistra-destra. Incrociando queste informazioni con le intenzioni di voto, possiamo indagare la relazione fra dimensione ideologica e voto nell’Italia di oggi.

    Il cleavage ideologico (Lipset e Rokkan 1967) ha rappresentato una dimensione fondamentale del conflitto politico in Italia nel corso della Prima Repubblica (Sani e Sartori 1978), e, seppur con rilevanti cambiamenti (Baldassari 2007), tale è rimasto anche nel corso della Seconda (Biorcio 2010). Per questo, è interessante analizzare come gli elettori italiani stiano percependo lo spazio ideologico in questi tempi di straordinari cambiamenti e volatilità.

    Iniziamo quindi dalla Figura 1, che mostra le intenzioni di voto ai principali partiti in base all’autocollocazione ideologica dei risponenti. Dei cittadini collocatisi a sinistra, la maggior parte esprime un’intenzione di voto che andrebbe a favore del Partito Democratico (quasi il 45% del totale degli schierati a sinistra); una buona porzione, tuttavia, sosterrebbe alle elezioni il Movimento 5 Stelle (circa il 20%); gli altri due partiti principali, Lega e Forza Italia, non ottengono invece nemmeno il 10% dei consensi dell’attuale elettorato di sinistra, anche se è interessante notare come la Lega riesca ad ottenere una percentuale di supporto superiore a quella di Forza Italia (rispettivamente circa 7 e 3%).

    Quanto all’elettorato di destra, la situazione è ribaltata e più chiaramente definita. La metà degli elettori che si collocano a destra dello spazio politico dichiara di sostenere la Lega. Segue un 20% (più abbondante di quello osservato per gli elettori di sinistra) a favore del Movimento 5 Stelle. Un ulteriore 13% dei rispondenti di destra, lo raccoglie Forza Italia – la presenza di FI nell’elettorato di destra è in proporzione comunque minore rispetto a quella del Movimento 5 stelle. Infine, tra elettori che si collocano destra dello spettro politico, solo una minima parte (circa il 2%) voterebbe per il Partito Democratico.

    Spostandoci infine al centro, troviamo un elettorato fortemente orientato a favore dei due partiti attualmente al governo: quasi la metà di questa porzione di italiani voterebbe ora a favore del M5S, ed un terzo sosterebbe la Lega di Salvini – mentre solo il 10% e il 6% si schiererebbero rispettivamente a favore del PD e di Forza Italia. Il quadro complessivo che se ne ricava è tale per cui:

    1. l’elettorato di sinistra sostiene innanzitutto il PD e in misura minore ma ancora significativa il M5S;
    2. l’elettorato di destra sostiene in primis la Lega e in secondo luogo il M5S;
    3. l’elettorato di centro sostiene massicciamente il M5S e in buona parte anche la Lega.

    Fig. 1 – Intenzioni di voto nel sondaggio CISE OP del dicembre 2018 in base all’aucollocazione ideologicafig1Se provassimo a incrociare ancora una volta le intenzioni di voto e l’auto-collocazione sull’asse destra sinistra, ma stavolta rovesciando ascisse e ordinare, potremmo ottenere ulteriori informazioni interessante, in particolare in merito alle percentuali di elettori che, nei principali quattro partiti, voterebbero per così dire in controtendenza (Fig. 2). Abbiamo visto sopra come l’elettorato di sinistra tenda a sostenere il Partito Democratico. In che misura, però, i sostenitori del Partito Democratico tendono a collocarsi a sinistra piuttosto che al centro destra? L’elettore mediano del PD si trova nel centrosinistra. Infatti l’80% di chi voterebbe per il Partito Democratico si colloca a sinistra; contro un 15% circa al centro, e solo il 5% di destra. Tra tutti e quattro i partiti principali il caso del PD è quello in cui si riscontra una più netta differenza in termini di posizionamento nello spazio politico. I sostenitori del PD sono, in altre parole, più nettamente appartenenti ad una specifica area dell’asse destra sinistra rispetto a coloro che sosterrebbero gli altri tre partiti.

    Un caso analogo, ma con distacchi percentuali già meno drastici, è rappresentato da Forza Italia, il cui elettore mediano è sì a destra, ma molto più vicino al centro di quanto non fosse quello del PD. Infatti, tra gli elettori del partito di Berlusconi, seppur il 70% si collochi a destra, un buon 18% si definisce centrista, e più del 10% si colloca a sinistra.

    Nel caso della Lega, la percentuale di elettori che si collocano a destra è pressoché identica a quella di Forza Italia, ma cresce la percentuale di elettori centristi e diminuisce quella di elettori di sinistra. Così, l’elettore mediano della Lega è più a destra di quello di FI, ma ancora meno distante dal centro rispetto a quello del PD.

    Infine, gli elettori del Movimento 5 Stelle sono quelli più distribuiti sullo spettro. Si osserva una preponderanza della destra sulla sinistra (36% contro 22%), ma emerge ancor di più la prevalenza  dell’area del centro. Esattamente al centro dello spazio ideologico cade infatti l’elettore mediano del M5S, dove si colloca oltre il 40% dei sostenitori del Movimento.

    Fig. 2 – Distribuzione di frequenza dell’autocollocazione ideologica degli elettori dei principali partiti italianitab1_fig

    Dunque, se Partito Democratico e Forza Italia sembrano raccogliere consensi quasi esclusivamente dalla sinistra (il primo) e dalla destra (il secondo), la Lega ha la capacità di raccogliere consensi massicciamente dalla destra ma in modo considerevole anche dal centro; ed il Movimento riesce ad attingere, anche se non in egual misura, dai bacini elettorali di tutto lo spazio politico, dal centrosinistra al centrodestra, ottenendo consensi soprattutto dal centro. Se a questo aggiungiamo quanto emerge dai dati in merito alla percentuale di elettori di sinistra, centro e destra sulla totalità dell’elettorato in Italia, il successo del Movimento 5 Stelle e della Lega risulta coerente con queste premesse: ad oggi, gli italiani di sinistra non arrivano al 30%; mentre quelli di centro superano il 30%, e la fetta più considerevole è proprio quella che si colloca a destra, che raggiunge quasi il 40% degli elettori e che costituisce il gruppo di maggioranza relativa fra gli elettori italiani in questo momento storico.

    Quest’ultimo dato è interessante soprattutto in un’ottica di comparazione con le tornate precedenti (Fig. 3)[2]. L’area di destra dello spettro ideologico non è sempre stata così densamente popolata. Nel 2013 la sinistra aveva infatti scavalcato la destra. Il 40% circa degli italiani si dichiaravano di sinistra per tutto il 2015, mentre la destra era scesa fino a poco sopra al 30% in concomitanza con la più profonda crisi della coalizione, e alla vigilia della conquista di Salvini della segreteria della Lega. Da allora l’area di destra è in costante ascesa; mentre quella di sinistra ha subito un drastico calo in parallelo a quello della popolarità di Renzi e del suo governo, culminato con il referendum costituzionale del dicembre 2016, e che ancora non sembra essersi arrestato. La dinamica legata al centro è forse meno lineare, tuttavia viaggia anch’essa, almeno in parte, di pari passo con i cambiamenti del sistema dei partiti, e in particolare con la costante crescita del Movimento 5 Stelle.

    Fig. 3 – Andamento dell’autocollocazione ideologica nei sondaggi CISEfig_storico

    L’evoluzione delle autocollocazioni ideologiche visibili nella Figura 3 ci permette anche di osservare come nel periodo 2011-2018 gli elettori italiani sembrino avere reagito ai cambiamenti avvenuti a livello di sistema partitico. Infatti, nella primavera del 2011 (quando ancora a Palazzo Chigi c’era Berlusconi, il centrosinistra faceva l’opposizione, il governo Monti non esisteva, e il quadro era ancora bipolare), quasi 3 elettori su 4 si dichiaravano di destra o di sinistra. Oggi questa porzione è scesa di quasi 10 punti, attestandosi attorno ai due terzi  con il centro attorno al 33%, livelli vicini a quelli della dalla Prima Repubblica (Biorcio 2010, 194, Baldassarri 2007, 113).

    L’impatto dell’offerta sulle autocollocazioni ideologiche non è un fenomeno nuovo nella storia italiana (Baldassarri e Schadee 2004), pur segnata da una grande stabilità delle appartenenza ideologiche (Bartolini e Mair 1990). In questo senso, i profondi mutamenti nell’offerta elettorale degli ultimi anni, con il passaggio da una competizione bipolare a una tripolare (Chiaramonte e Emanuele 2014, 2018), sembrano avere avuto un effetto simile a quello osservato con il passaggio da pluralismo polarizzato (Sartori 1976) a bipolarismo frammentato (Chiaramonte 2007, D’Alimonte 2006) fra Prima e Seconda Repubblica – che allora si concretizzò in una drastica riduzione della disponibilità degli elettori a collocarsi al centro e inducendo molti elettori a collocarsi a destra (Biorcio 2010, 211).

    Quello che possiamo concludere da tutto questo è che, se da una parte si può associare ad ognuno dei principali quattro partiti una zona più o meno definita dello spazio ideologico, è anche vero che i bacini di questi partiti tendono a sovrapporsi in alcune aree. Soprattutto nell’area di centro e centrodestra, e soprattutto in riferimento ai bacini dei due partner di governo, Lega e M5S (come peraltro osservato, in un’analisi non basata sulla dimensione ideologica, anche da Emanuele e Paparo 2018). Collocazione a sinistra non significa necessariamente sostegno al Partito Democratico (anche se il sostegno al Partito Democratico nasconde quasi sempre una collocazione a sinistra). Gli elettori di destra non votano solo Lega e Forza Italia, quelli di centro non sostengono solo il Movimento – e infatti il voto alla Lega non arriva solo da destra, così come quello al Movimento non arriva solo dal centro.

    Come si può vedere nella Figura 4, sull’asse che va da sinistra a destra, i quattro principali partiti occupano ciascuno il posto che ci si poteva aspettare. L’elettore medio del M5S è esattamente al centro della dimensione ideologica. Il PD si colloca al metà strada fra sinistra e destra, con Più Europa subito più al centro, e una rilevante competizione subito alla sua sinistra. La Lega è mediamente leggermente più vicina al centro che non alla destra, ancor di più lo è l’elettore medio di Forza Italia, mentre quello di FDI è esattamente a metà strada fra destra e centro. Alla luce di quanto mostrato sopra in merito alla distribuzione odierna degli elettori italiani lungo l’asse sinistra, la posizione di alcuni risulta essere forse più strategica di quella di altri. Infatti, essere collocati a sinistra quando il grosso dell’elettorato è piazzato tra il centro e la destra, rende più complesso il raggiungimento di tutta una fetta significativa degli elettori di destra. Al contrario, essere a destra, ma più in prossimità del centro consente di arrivare, anche solo minimamente, a parte nello spazio di sinistra.

    Fig. 4 – Collocazione media degli elettori dei diversi partiti italiani sull’asse sinistra-destrafig_spazio

    Riferimenti bilbiografici

    Baldassari, D. (2007), ‘Sinistra e destra: la dimensione ideologica tra Prima e Seconda repubblica’, in Maraffi, M. (a cura di) Gli italiani e la politica, Bologna, Il Mulino, pp. 105-130.

    Baldassari, D., e Schadee H.M.A. (2004), ‘Il fascino della coalizione. Come e perché le alleanze elettorali influenzano il modo in cui gli elettori interpretano la politica’, Italian Political Science Review/Rivista Italiana Di Scienza Politica, 34(2), pp. 249–276.

    Bartolini, S., e Mair, P. (1990), Identity, Competition, and Electoral Availability: The Stability of European Electorates, 1885-1985, Cambridge, Cambrdge University Press.

    Biorcio, R. (2010), ‘Gli antecedenti politici della scelta di voto: L’identificazione di partito e l’autocollocazione sinistra-destra’, in Bellucci, P., e Segatti, P., (a cura di) Votare in Italia:1968-2008. Dall’appartenenza alla scelta, Bologna, Il Mulino, pp. 187-211.

    Chiaramonte, A. (2007), ‘Il nuovo sistema partitico italiano tra bipolarismo e frammentazione’, in D’Alimonte, R., e Chiaramonte, A. (a cura di) Proporzionale ma non solo. Le elezioni politiche del 2006, Bologna, Il Mulino, pp. 369-406.

    Chiaramonte, A., e Emanuele, V. (2014), ‘Bipolarismo addio? Il sistema partitico tra cambiamento e de-istituzionalizzazione’, in Chiaramonte, A., e De Sio, L. (a cura di) Terremoto elettorale. Le elezioni politiche del 2013, Bologna, Il Mulino, pp. 233-262.

    Chiaramonte, A., e Emanuele, V. (2018), ‘L’onda sismica non si arresta. (bricks4kidz.com) Il mutamento del sistema partitico italiano dopo le elezioni 2018’, in Emanuele, V., e Paparo, A. (a cura di) Gli sfidanti al governo. Disincanto, nuovi conflitti e diverse strategie dietro il voto del 4 marzo, Roma, LUISS University Press e Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 143-152.

    D’Alimonte, R.(2005), ‘Italy: a case of fragmented bipolarism’, in Gallagher, M., e Mitchell, P. (a cura di) The politics of electoral systems, Oxford, Oxford University Press, pp. 253-276.

    Emanuele, V., e Paparo, A. (2018), ‘Centralità della Lega e isolamento del PD: il nuovo spazio politico italiano’. https://cise.luiss.it/cise/2018/12/21/centralita-della-lega-e-isolamento-del-pd-il-nuovo-spazio-politico-italiano-2/

    Lipset, S.M., e Rokkan, S. (1967), ‘Cleavage Structures, Party Systems and Voter Alignments: An Introduction’, in Lipset, S.M., e Rokkan, S. (a cura di) Party Systems and Voter Alignments, New York, Free Press. pp. 1-64.

    Sani, G., e Sartori, G. (1978), ‘Frammentazione, Polarizzazione e Cleavages: Democrazie Facili e Difficili’, Italian Political Science Review/Rivista Italiana Di Scienza Politica, 8(3), pp. 339–361.

    Sartori, G. (1976), Parties and party systems, Cambridge, Cambrdge University Press.


    [1] Il sondaggio è stato realizzato con metodo CAWI (Computer-Assisted Web Interviewing) da Demetra opinioni.net S.r.l. nel periodo 10-19 dicembre. Il campione ha una numerosità di 1.113 rispondenti ed è rappresentativo della popolazione elettorale italiana per genere, classe di età, titolo di studio, zona geografica di residenza, e classe demografica del comune di residenza. Le stime qui riportate sono inoltre state ponderate in funzione del ricordo del voto alle politiche e di alcune variabili socio-demografiche. L’intervallo di confidenza al 95% per un campione probabilistico di pari numerosità in riferimento alla popolazione elettorale italiana è ±2,9%.

    [2] Occorre precisare che nei campioni CATI (Computer-Assisted Telephon Interviewing) e CAMI (Computer-Assisted Mobile Interviewing), arrivati a questa domanda, l’opzione “Non collocato” veniva letta esplicitamente all’intervistato. Invece nei sondaggi realizzati con metodo CAWI (Computer-Assisted Web Interviewing), non vi è una menzione esplicita dell’opzione “Non collocato”. Per rendere confrontabili i dati di diversi sondaggi, rilevati con diverse tecniche, abbiamo ricalcolato le percentuali riportate sul totale dei rispondenti che si sono collocati.

  • A Brindisi la diaspora del M5S porta al ballottaggio centrosinistra e centrodestra

    A Brindisi la diaspora del M5S porta al ballottaggio centrosinistra e centrodestra

    Con un calo di più di 7 punti percentuali rispetto alle elezioni comunali di due anni fa, e in generale un’affluenza ridotta rispetto alle ultime tre tornate elettorali (politiche del 2013, comunali del 2016 e politiche del 2018), circa il 60% degli aventi diritto al voto nel comune di Brindisi si è recato alle urne domenica 10 giugno per eleggere il nuovo sindaco. In attesa del nuovo ballottaggio che avrà luogo domenica 24 giugno, è interessante analizzare come l’elettorato si è mosso rispetto al passato, quali elettori hanno sostenuto i vari candidati, facendo sì che la sfida di domenica prossima veda protagonisti il candidato di centrodestra e quello di centrosinistra.

    Tab. 1 – Risultati elettorali per liste e coalizioni a Brindisi nelle elezioni politiche e comunali, 2013-2018[1] (clicca per ingrandire)BR_tab

    Innanzitutto, come si sono mossi gli elettori rispetto alle elezioni di marzo?

    L’elettorato di sinistra è rimasto piuttosto compatto. Di coloro che alle politiche avevano sostenuto Liberi e Uguali, il 65% ha deciso di votare per il candidato di centrosinistra (Rossi); il 18% ha preferito il candidato di destra (Ciullo), il 10% si è astenuto e solo il 3% ha votato Serra, il candidato Cinque Stelle – meno di quanti abbiano sostenuto Di Noi, che ha ottenuto il consenso del 4% degli ex elettori di Liberi e Uguali. Per quanto riguarda l’elettorato della coalizione di centrosinistra alle politiche di marzo, anche qui il i due terzi decidono di sostenere il centrosinistra votando Rossi, mentre i restanti optano massivamente per l’astensione (ad eccezione di un 1% che sostiene Di Noi).

    L’elettorato della coalizione di centrodestra si sparge leggermente di più tra i candidati, supportando principalmente il candidato di centrodestra Roberto Cavalera (46%), ma anche il candidato di destra Ciullo (13%) e il candidato del M5S Serra (7%) raccolgono una fetta dell’elettorato di centrodestra, che comunque, per oltre un terzo, non si è recato a votare (35%).

    Tuttavia, l’elettorato con il più alto livello di dispersione è certamente quello del M5S. Il 21% di chi a marzo aveva sostenuto Di Maio alle politiche, a Brindisi si è schierato a favore del candidato di centrosinistra; il 20% a favore di quello di destra; il 17% a favore di quello di centrodestra. Anche qui Di Noi ottiene solo un 2% dei voti, anche se il dato più rilevante è che il Movimento riesce a mantenere il consenso di meno di un terzo dei suoi sostenitori (32%). Anche il dato sull’astensione sembra interessante: con il 9%, l’elettorato del M5S è quello che meno preferisce l’idea di rinunciare ad andare a votare.

    Tra quelli che avevano sostenuto altre coalizioni o altri partiti rispetto a quelli menzionati finora, un po’ di più della metà si è astenuta (56%), mentre il restante 44% si è diviso tra Serra del Cinque Stelle (23%), Rossi del centrosinistra (12%) e Ciullo della destra (10%). Degli ex astenuti, la quasi totalità è rimasta dello stesso avviso (75%), mentre quasi il 20% ha pensato valesse la pena andare a votare per sostenere Cavalera del centrodestra, il 4% Ciullo di destra e 1% Di Noi.

    Tab. 2 – Flussi elettorali a Brindisi fra politiche e comunali del 2018, destinazioni (clicca per ingrandire)[2]br_dest

    Quindi, a questo punto, da chi esattamente è composto l’elettorato dei vari candidati (e in particolare dei due che si sfideranno domenica al ballottaggio)?

    Al successo di Cavalera – che ha ottenuto il 34,7% dei voti validi – hanno contribuito più o meno omogeneamente gli elettori di centrodestra (39%), quelli del M5S (27%) e gli astenuti di marzo (34%). Il successo di Rossi, invece – scelto dal 23,5% dei votanti – è stato determinato per la maggior parte dal sostegno dell’elettorato dei Cinque Stelle, che ha apportato il ben 50% dei voti ottenuti candidato di centrosinistra. Nel restante 50% c’è una quantità significativa di voti provenienti da chi aveva votato per la coalizione di centrosinistra (39% del totale), mentre quote marginali provengono da Liberi e Uguali (8%) o partiti minori (3%).

    Per quanto riguarda i candidati che non parteciperanno al secondo turno, procedendo in ordine di voti ottenuti, Gianluca Serra del Cinque Stelle ha raccolto consensi principalmente all’interno del Movimento (84%) e pescando, poco, da chi aveva sostenuto partiti minori alle elezioni di marzo (6%) e dall’elettorato di centrodestra (9%). Massimo Ciullo, il candidato di Lega e FDI, ha persuaso in proporzione più elettori del M5S, che gli hanno garantito più della metà dei voti ottenuti (61%), che elettori di centrodestra (20%). A questi si aggiungano ex astenuti (13%), sostenitori di Liberi e Uguali (3%) e di partiti minori (3%). Infine, anche il candidato che ha ottenuto il minor numero di consensi, non arrivando a raggiungere nemmeno il 3% dei voti, li ha comunque raccolti principalmente nel bacino elettorale del Movimento 5 Stelle (54%), convincendo qualche astenuto (34%) e qualche ex sostenitore del centrosinistra o sinistra (rispettivamente 5 e 6%).

    Per quanto riguarda gli astenuti, come spesso accade, la maggior parte proviene da pregresse esperienze di astensione (in questo caso parliamo del 66%). Un’altra fetta, in questo caso considerevole, invece, proviene da elettori, forse delusi o disillusi, di centrodestra (15%), del centrosinistra (7%), del M5S (7%), o di altri partiti (4%).

    Tab. 3 – Flussi elettorali a Brindisi fra politiche e comunali del 2018, provenienze (clicca per ingrandire)br_prov

    Il diagramma di Sankey (Fig.1) riassume in un’immagine quanto descritto in termini di percentuali. (chronofhorse.com) Le varie bande che fluiscono da sinistra a destra indicano i flussi di elettori di Brindisi, dalle elezioni politiche di marzo (a sinistra) a questa tornata di comunali (a destra). Come già notato da Riggio e Paparo (2018) su Siracusa, l’elettorato del M5S si è frantumato, ed è fluito nei vari bacini elettorali di altri partiti, contribuendo in modo cruciale al successo del candidato di centrosinistra, e lasciando che fosse lui e non quello proposto dal Movimento stesso, a passare al secondo turno.

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Brindisi fra politiche (sinistra) e comunali (destra) del 2018, percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)BR_sankey

    Riferimenti bibliografici

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Riggio, A., e Paparo, A. (2018), ‘A Siracusa il M5S cede 40 punti e si disperde in tutte le direzioni’,  https://cise.luiss.it/cise/2018/06/20/a-siracusa-il-m5s-cede-40-punti-e-si-disperde-in-tutte-le-direzioni/

    Schadee, H.M.A., e Corbetta, P., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 80 sezioni elettorali del comune di Brindisi. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Si tratta di 6 unità in tutto. Il valore dell’indice VR è pari a 10,7.


    [1]Nella parte superiore della tabella sono presentati i risultati al proporzionale; nella parte inferiore si usano i risultati maggioritari. Nella parte superiore, ciascuna riga somma i risultati dei relativi partiti, a prescindere dalla coalizione della quale facessero parte. Nella parte inferiore, invece, si sommano i risultati dei candidati (sindaco o di collegio), classificati in base ai criteri sotto riportati. Per le politiche 2013, abbiamo considerato quali i voti raccolti ai candidati quelle delle coalizioni (che sostenevano un candidato premier).

    Criteri per l’assegnazione di un candidato a un polo: se un candidato è sostenuto dal PD o da FI (o il PDL) è attribuito al centro-sinistra e al centro-destra rispettivamente, a prescindere da quali altre liste facciano parte della coalizione a suo sostegno. Se un candidato è sostenuto solo da liste civiche è un candidato civico (Altri). Se una coalizione è mista civiche-partiti, questi trascinano il candidato nel loro proprio polo se valgono almeno il 10% della coalizione, altrimenti il candidato resta civico. Se un candidato è sostenuto da partiti appartenenti a diverse aree (escludendo PD e FI/PDL che hanno la priorità), si valuta il relativo contributo dei diversi poli alla coalizione del candidato per determinarne l’assegnazione (al polo che pesa di più).

    Nella categoria partiti di sinistra rientrano: RifCom, PC, PCI, PAP, FDS, SEL, SI, MDP, LEU, RivCiv. Nella categoria altri partiti di centro-sinistra sono inseriti: Insieme, PSI, IDV, Radicali, +EU, Verdi, CD, DemA.

    L’insieme dei candidati sostenuti da almeno una di queste liste, ma non dal PD, costituisce il polo di sinistra alternativa al PD della parte inferiore della tabella. Il polo di centro-sinistra somma, invece, i candidati nella cui coalizione compare (anche) il PD.

    Nella categoria partiti di centro rientrano: NCI, UDC, NCD, FLI, SC, CivP, NCD, AP, DC, PDF, PLI, PRI, UDEUR, Idea. Il polo di centro è formato da candidati sostenuti da almeno uno di questi.

    Nella categoria partiti di destra rientrano La Destra, MNS, FN, FT, CPI, DivB, ITagliIT. Il polo di destra somma i candidati sostenuti da almeno uno di questi o da Lega o FDI, ma non da FI/PDL. Il polo di centro-destra, invece, è la somma dei candidati nella cui coalizione compare (anche) FI (o il PDL).

    [2] Ringraziamo il servizio CED del comune di Brindisi per averci messo a disposizione i dati delle politiche 2018 per sezione.

  • I flussi elettorali a Verona: gli elettori di centrosinistra preferiscono l’astensione a Bisinella

    I flussi elettorali a Verona: gli elettori di centrosinistra preferiscono l’astensione a Bisinella

    A Verona, il ballottaggio tra Patrizia Bisinella e Federico Sboarina si è concluso con la chiara vittoria di quest’ultimo, che ha quasi raggiunto il 60% dei voti. Ma andiamo a vedere quali voti i due candidati sono riusciti ad ottenere rispetto al primo turno e in quali percentuali.

    I voti di Sboarina derivano dal suo stesso elettorato per il 68.4%, e poi principalmente dagli elettori di Gennari, il candidato del Cinque Stelle (8.8%), e della candidata PD Salemi (8.5%). A questi si aggiunge un 5.8% derivante dall’elettorato di Croce, un 2.6% derivante dagli elettori del candidato avversario Bisinella, solo uno 0.2% da Bertuccio e un 5.7% derivante da altre liste.

    Fig. 1 – Flussi elettorali fra primo e secondo turno (percentuali sull’intero elettorato, clicca per ingrandire)flussi VR dal primo turno

    Dall’altro lato, la Bisinella prende voti, oltre che dal suo stesso elettorato (61.6%), in primis dai sostenitori della candidata di centrosinistra Orietta Salemi – da cui le arriva un quarto dei voti ricevuti domenica scorsa. Un’altra percentuale relativamente importante è quel 4.3% di voti che arriva direttamente da chi aveva votato due settimane prima per il candidato rivale, e volendo il 2.1% derivante da chi al primo turno si era astenuto. Quanto ai sostenitori delle altre liste, nessuno contribuisce in percentuali maggiori al 2%.

    Tab. 1 – Matrice dei flussi elettorali fra primo e secondo turno, provenienzeflussi VR dal primo turno prov

    Quindi, per tirare le somme sul comportamento di voto dei sostenitori dei vari candidati, possiamo dire che chi aveva votato per Michele Bertuccio (candidato di sinistra), si è tendenzialmente astenuto (88.3%), salvo andare a votare per Bisinella (10%). Quasi lo stesso si potrebbe dire per chi aveva appoggiato la Salemi, anche se qui la situazione è meno radicale, e gli astenuti al secondo turno sono circa la metà del totale, i sostenitori di Bisinella un 33% e il restante 15% ha votato in favore di Sboarina. Molti elettori di Croce hanno votato Sboarina (47.8%), molti si sono astenuti (40.8%), qualcuno ha sostenuto Bisinella (11.4%). Una situazione simile, ma stavolta più radicale, è quella dell’elettorato del candidato 5S Gennari: quasi il 60% si è astenuto al secondo turno, mentre circa il 40% ha votato per Sboarina e pochissimi per l’avversaria Bisinella. Una situazione analoga si ripete anche nell’elettorato di candidati minori.

    Invece, quanto all’elettorato dei due candidati al ballottaggio, in entrambi i casi qualcuno ha cambiato rotta, andando a votare per il candidato avversario (in entrambi i casi questa percentuale si aggira attorno al 4.5%), ma la vera differenza sta nella quantità di astenuti, che, se nel caso di Sboarina è nulla, per Bisinella raggiunge quasi il 20% – un dato tutt’altro che trascurabile.

    Tab. 2 – Matrice dei flussi elettorali fra primo e secondo turno, destinazioniflussi VR dal primo turno dest

    Se ampliamo la nostra analisi fino a coinvolgere le elezioni politiche del 2013, possiamo farci un’idea più chiara della composizione dell’elettorato di entrambi i candidati, per capire effettivamente quali siano stati gli elettori catturati dall’uno piuttosto che dall’altra.

    Guardando l’immagine dei flussi, quello che emerge in modo chiaro è che il grosso dei voti portati a Sboarina arriva dai sostenitori di Berlusconi (50.8%) e da quelli del Movimento 5 Stelle (33.8%). In misura minore, ma ancora rilevante, dai sostenitori di Monti (8.7%).

    Quanto a Bisinella, l’hanno sostenuta un po’ tutti, anche se con percentuali piuttosto diverse, la più alta delle quali è quella che di chi aveva voluto sostenere Bersani (44.3%); seguono il Movimento 5 Stelle (25.8%), Berlusconi (16.7%) e Monti (10.6%).

    Tab. 3 – Matrice dei flussi elettorali fra politiche 2013 e ballottaggio, destinazioniflussi VR dal 2013 prov

    In buona sostanza, i quasi 2/3 dell’elettorato bersaniano si sono astenuti, mentre il restante terzo ha votato Bisinella. Anche i 2/3 dell’elettorato montiano si sono astenuti, ma il restante 35% si è diviso più o meno equamente tra i due candidati, con una leggera preferenza per Sboarina. I berlusconiani hanno perlopiù votato Sboarina (50%), anche se molti si sono comunque astenuti (38%). Gli elettori del M5S hanno supportato Sboarina per il 44.7%; il 30.8% si è astenuto e il 24.5% ha votato in favore di Bisinella.

    Tab. 4 – Matrice dei flussi elettorali fra politiche 2013 e ballottaggio, destinazioniflussi VR dal 2013 destTirando le somme, quello che emerge a colpo d’occhio da entrambe le rappresentazioni dei flussi, è una propensione all’astensionismo da parte dell’elettorato di sinistra, forse in risposta ad una scelta che non offriva, in nessuno dei due casi, un candidato che valesse lo sforzo di andare a votare.

     

    Fig. 2 –Flussi elettorali fra politiche 2013 e ballottaggio 2017 (percentuali sull’intero elettorato, clicca per ingrandire) flussi VR dal 2013

    Riferimenti bibliografici:

    Corbetta, P.G., A. Parisi e H.M.A. Schadee [1988], Elezioni in Italia: struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, Il Mulino.

    Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi riportati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman alle 268 sezioni elettorali del comune di Verona. In entrambe le analisi abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in una delle due elezioni prese in esame), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 20% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione).  Il valore dell’indice VR è pari a 0,9 per i flussi fra primo e secondo turno; 3,2 per i flussi dal 2013.

  • I flussi elettorali a L’Aquila: gli elettori 2013 del M5s consegnano la vittoria al centrodestra

    I flussi elettorali a L’Aquila: gli elettori 2013 del M5s consegnano la vittoria al centrodestra

    Ci eravamo lasciati due settimane fa con una vittoria al primo turno mancata per un pelo dal candidato di centrosinistra Di Benedetto, e ci ritroviamo oggi con una situazione ribaltata, che vede uscire vittorioso il candidato di centrodestra Biondi, salito, rispetto al primo turno, di quasi 20 punti percentuali – mentre Di Benedetto ne ha perso qualcuno.

    Come è stato possibile? Chi è che ha cambiato rotta, e in che direzione si è mosso?

    Guardando i flussi possiamo dire senza troppi indugi che Di Benedetto è stato meno abile di Biondi nell’accaparrarsi voti altrui ed eventualmente mobilitare gli astenuti.

    Fig. 1 – Flussi elettorali fra primo e secondo turno (percentuali sull’intero elettorato, clicca per ingrandire)flussi AQ 2 dal primo turnoI voti di Di Benedetto al secondo turno sono infatti composti per la quasi totalità (88.9%) dagli elettori che già lo avevano sostenuto al primo turno, per il 9.8% da ex sostenitori della Cimoroni (che ricordiamo essere la candidata di sinistra), e per un mero 1.2% da elettori di candidati minori. Astenuti, elettori di Biondi ed elettori di Righetti (il candidato Cinque Stelle) hanno deciso di non dare il proprio voto a Di Benedetto neanche stavolta.

    Se guardiamo la composizione dei voti ottenuti da Biondi, è tutta un’altra storia. Per il 68% si tratta, chiaramente, di elettori che già lo avevano sostenuto. Ma a questi si deve aggiungere una fetta significativa di altri elettori aquilani: l’11.7% degli elettori di Biondi al secondo turno è composto da elettori che si erano astenuti al primo, il 7.4% da votanti di Righetti, il 5.8% da votanti di candidati minori e – dato fondamentale – il 7.1% da ex sostenitori dell’avversario Di Benedetto, per i quali nelle ultime due settimane di campagna elettorale deve essere emerso qualcosa di fortemente determinante ai fini della scelta di voto.

    Quanto agli astenuti, oltre a quelli che già avevano deciso di restare a casa l’11 giugno scorso, si aggiungono elettori un po’ da tutte le parti, con una presenza significativa, anche qui, di elettori di Di Benedetto, il 16.1% dei quali ha preferito restare a casa anziché andare a supportarlo alle urne domenica scorsa.

    Tab. 1 – Matrice dei flussi elettorali fra primo e secondo turno, provenienzeflussi AQ 2 dal primo turno prov

    In altre parole, se guardiamo ai flussi da un’altra prospettiva, possiamo dire che chi aveva votato la Cimoroni (sinistra) al primo turno, al secondo o ha votato per Di Benedetto (64.4%) o non ha votato affatto (35.6%). Chi aveva votato per Righetti (M5S) ha sostenuto principalmente Biondi (71.9%) oppure si è astenuto – stesso dicasi per chi aveva votato candidati minori, anche se per loro la percentuale di astenuti sale, e c’è spazio anche per una (bassa) percentuale di sostegno a Di Benedetto.

    Chi aveva votato Biondi fin dall’inizio, ha continuato sulla stessa linea (88.6%) o è rimasto a casa (11.4%); mentre chi aveva votato in favore di Di Benedetto, ha confermato la propria decisione (anche se in misura minore rispetto al candidato avversario: 76.8%), oppure si è spostato sul candidato di centrodestra (7.1%), oppure ancora ha deciso di astenersi (16.1%). Infine, chi si era già astenuto in principio, è rimasto a casa anche stavolta (92.3%), salvo uscire per andare a votare in favore di Biondi (7.7%).

    Tab. 2 – Matrice dei flussi elettorali fra primo e secondo turno, destinazioniflussi AQ 2 dal primo turno dest

    In una prospettiva più ampia e guardando anche al quadro elettorale delle elezioni del 2013, Di Benedetto prende i voti di 2/3 degli elettori di Bersani (il restante 1/3 preferisce astenersi), insieme ad un abbondante 20% dei sostenitori di Berlusconi, ad un quasi 3% dei sostenitori del Movimento 5 Stelle e la totalità dei sostenitori di partiti meno competitivi. Biondi invece raccoglie un po’ meno dei 2/3 dei voti di chi si era schierato a sostegno di Berlusconi e più dei 2/3 di chi aveva sostenuto il M5S, oltre alla metà degli elettori di Monti. Ad astenersi, l’altra metà montiana, circa il 30% degli elettori del M5S, più del 30% degli elettori di Bersani e il 16.5% dei berlusconiani – oltre alla totalità di quelli che già si erano astenuti 4 anni fa.

    Tab. 3 – Matrice dei flussi fra politiche 2013 e ballottaggio 2017, provenienzeflussi AQ dal 2013 prov

    Tab. 4 – Matrice dei flussi fra politiche 2013 e ballottaggio 2017, destinazioniflussi AQ dal 2013 destDopo dieci anni di amministrazione Cialente, la fascia di sindaco passa quindi ad un candidato di centrodestra, che non solo è stato capace di riportare molti dei suoi elettori alle urne, ma che ha convinto anche elettori di altri candidati (compresi quelli del suo stesso avversario), nonché una percentuale di astenuti, ad andare a votare – e votare in suo favore.

    Fig. 2 – Flussi elettorali fra politiche 2013 e ballottaggio 2017 (percentuali sull’intero elettorato, clicca per ingrandire)flussi AQ 2 dal 2013

     

    Riferimenti bibliografici:

    Corbetta, P.G., A. Parisi e H.M.A. Schadee [1988], Elezioni in Italia: struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, Il Mulino.

    Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.

    Mannoni, E. (2017). A L’Aquila il centrosinistra supera il 50% ma il suo candidato no: i risultati e i flussi elettorali /cise/2017/06/13/a-laquila-il-centrosinistra-supera-il-50-ma-il-suo-candidato-no/


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi riportati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman alle 81 sezioni elettorali del comune di L’Aquila. In entrambe le analisi abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in una delle due elezioni prese in esame), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 20% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione).  Il valore dell’indice VR è pari a 2,8 per i flussi fra primo e secondo turno; 11 per i flussi dal 2013.

  • A L’Aquila il centrosinistra supera il 50% ma il suo candidato no: i risultati e i flussi elettorali

    A L’Aquila il centrosinistra supera il 50% ma il suo candidato no: i risultati e i flussi elettorali

    Di Benedetto manca di poco la vittoria al primo turno, malgrado le liste a suo sostegno superino il 50%. Segue Biondi (35.9%): al ballottaggio nuova sfida centrodestra vs. centrosinistra.
    PD lista più votata. Seconde Forza Italia e la lista civica Il Passo Possibile.
    Il Movimento 5 Stelle non supera neanche il 5%.

     

    Dopo l’amministrazione decennale del sindaco uscente Massimo Cialente (2007-2017) le liste a sostegno del candidato di centrosinistra alla successione, Americo Di Benedetto, superano di un punto abbondante il 50%. Tuttavia, per effetto del voto disgiunto, il candidato non ottiene la vittoria al primo turno, raccogliendo “solo” il 47% dei voti degli aquilani recatisi alle urne domenica: solamente 3 sono i punti di scarto che impongono la necessità di un secondo turno. Il 49enne ex sindaco di Acciano (1999-2010) è infatti sostenuto da due delle tre liste più votate: il Partito Democratico e la civica Il Passo Possibile. Si aggiungono Democratici e Progressisti, Democratici e Socialisti, Socialisti e Popolari e altre quattro liste civiche.

    Dall’altro lato troviamo il candidato 42enne di centrodestra Pierluigi Biondi (35.9%). L’ex sindaco di Villa Sant’Angelo (2004-2015) è sostenuto da Forza Italia, Noi con Salvini, Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, due liste civiche, UDC e Rivoluzione Cristiana.

    Quanto agli altri candidati, la candidata di sinistra, Carla Cimoroni è la terza più votata (6.2%), seguita dal candidato del Movimento 5 Stelle, Fabrizio Righetti (4.8%), i candidati civici Nicola Trifuoggi (2.8%) e Giancarlo Silveri (2%), e Claudia Pagliariccio per Casapound (1.2%). Nessuno di loro si avvicina al 10%, confermando una sfida chiara tra centrodestra e centrosinistra, diversamente da quanto accaduto nelle precedenti elezioni comunali, cinque anni fa. Allora, il candidato uscente Cialente andava al ballottaggio (col 40% dei voti) contro un candidato non di centrodestra, bensì di centro: Giorgio De Matteis, che aveva raccolto quasi il 30% dei voti al primo turno, per poi perdere al secondo contro il 59% ottenuto da Cialente. Cinque anni fa il centrodestra non era competitivo sul territorio aquilano, superando di poco l’8%. A distanza di cinque anni, presentandosi in modo più compatto (e inglobando l’UDC), si guadagna l’occasione di competere al secondo turno.

    Come già anticipato, il Partito Democratico si rivela essere la lista più votata, con oltre il 17%, seguita da: Forza Italia (9.9%), la civica Il Passo Possibile (8.6%), Noi con Salvini (6.9%) e Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale (5.9%).

    Quanto al Movimento 5 Stelle, se il candidato sfiorava il 5%, la lista non raggiunge nemmeno la soglia del 4%. Niente di sorprendente rispetto alle comunali di cinque anni fa, quando la lista aveva ottenuto circa l’1.3% e il candidato poco di più (1.7%). Rispetto alle elezioni politiche del 2013 o alle europee tenutesi nel 2014, invece, la situazione è differente. In entrambi i casi, infatti, le percentuali di voto al M5S per il comune di L’Aquila superavano il 20%. Le ipotesi sono due: o i candidati alle comunali del M5S sono infinitamente meno credibili rispetto a quelli presentati dalle altre liste, creando una distinzione netta tra elezioni su scala nazionale e elezioni amministrative, oppure il trend di supporto al 5 Stelle è stato interrotto, forse complice l’amministrazione dei sindaci eletti lo scorso anno in altri grandi comuni italiani.

    Tab. 1 – Risultati elettorali a l’Aquila nelle recenti elezioni [1]aquila_tableu

    Proprio rispetto alle elezioni politiche del 2013, possiamo vedere come gli elettori aquilani abbiano deciso di muoversi domenica scorsa, relazionando le due scelte di voto e analizzandone i flussi. Quello che notiamo subito è che chi ha votato massicciamente Di Benedetto è la maggior parte (60.3%) di quelli che avevano già votato per il Partito Democratico di Bersani quattro anni fa, e quasi la metà (48.9%) di quelli che avevano votato per il partito di Berlusconi; più un buon 20.8% dell’elettorato del Movimento 5 Stelle, e la stragrande maggioranza (81.5) di quelli che avevano votato per partiti diversi da quelli appena citati – a esclusione degli elettori che si erano schierati a favore di Monti: questi ultimi, infatti, hanno preferito sostenere Biondi nel 67.1% dei casi, o la Cimoroni (3.3%), oppure di votare altri (13.2%) o di non andare proprio a votare (16.4%). Il candidato di centrodestra Biondi prende voti anche dall’altra metà dell’allora elettorato di Berlusconi (46%), nonché dalla maggior parte degli elettori del Movimento 5 Stelle; ecco, dunque, dove è andato a collocarsi il sostegno degli elettori del Movimento: nel 57.8% dei casi, a sostegno del candidato di centrodestra, anziché del candidato 5 stelle, che solo prende il 15.6% di quel bacino di elettori; il 3.7% di loro ha scelto invece di restare a casa. Quanto agli aquilani che già avevano preso questa decisione nel 2013 e non erano andati a votare, il 97.2% conferma lo stesso atteggiamento, mentre un 2.8% ha deciso di muoversi e scendere in campo per sostenere la Carla Cimoroni, candidata di sinistra, che oltre al loro voto ha ottenuto quello del 12.3% degli elettori del PD di Bersani, degli sostenitori di Monti (vedi sopra) e del 9.1% di quelli che avevano votato per altri partiti.

    Tab. 2 – I flussi elettorali a L’Aquila tra Politiche 2013 e Comunali 2017, destinazionilaquila_destIn altre parole, i voti di Di Benedetto provengono principalmente dall’area bersaniana e berlusconiana dell’elettorato aquilano. Quelli di Biondi dai sostenitori di Berlusconi e di Monti. Righetti attinge dal Movimento 5 Stelle e ancora una volta da Berlusconi. La Cimoroni per lo più da chi nel 2013 votava Bersani o si asteneva.

    Tab. 3 – I flussi elettorali a L’Aquila tra Politiche 2013 e Comunali 2017, destinazionilaquila_prov

     

    Fig. 1 – I flussi elettorali a L’Aquila tra Politiche 2013 e Comunali 2017(percentuali sull’intero elettorato, clicca per ingrandire)laquila_flussi_fig

    Riferimenti bibliografici:

    Corbetta, P.G., A. Parisi e H.M.A. Schadee [1988], Elezioni in Italia: struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, Il Mulino.

    Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi riportati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman alle 81 sezioni elettorali del comune di L’Aquila. Abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (oggi o nel 2013), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 20% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione).  Il valore dell’indice VR è pari a 20,8.


    [1] Nella parte superiore di ciascuna tabella sono presentati i risultati al proporzionale; nella parte inferiore si usano i risultati maggioritari (per le comunali).

    Sinistra è la somma dei risultati ottenuti da candidati (comunali) o partiti (politiche ed europee) di sinistra ma non in coalizione con il Pd;

    il Centro-sinistra somma candidati (comunali) del Pd o le coalizioni (politiche ed europee) con il Pd;

    Il Centro è formato da candidati (comunali) o coalizioni (politiche ed europee) sostenuti o contenenti almeno uno fra Udc, Ncd, Fli, Sc, Dc, Adc, Api, Udeur;

    il Centro-destra somma candidati (comunali) sostenuti da Fi (o Pdl) o coalizioni (politiche ed europee) contenenti Fi (o Pdl) o Direzione Italia, Gs, Mpa;

    la Destra è la somma di candidati (comunali) sostenuti da  Lega, Fdi o La Destra o coalizioni (politiche ed europee) contenenti almeno uno di questi.

    Criteri per l’assegnazione di un candidati a un polo: se un candidato è sostenuto dal Pd o dal Pdl (o Fi) è attribuito al centro-sinistra e al centro-destra rispettivamente, a prescindere da quali altre liste facciano parte della coalizione a suo sostegno. Se un candidato è sostenuto solo da liste civiche è un candidato civico. Se una coalizione è mista civiche-partiti, questi trascinano il candidato nel loro proprio polo se valgono almeno il 10% della coalizione, altrimenti il candidato resta civico. Se un candidato è sostenuto da partiti appartenenti a diverse aree (escludendo Pd e Pdl che hanno la priorità), si valuta il relativo contributo dei diversi poli alla coalizione del candidato per determinarne l’assegnazione (al polo che pesa di più).