di Vincenzo Emanuele
Domenica nel capoluogo siciliano si sono svolte le primarie per eleggere il candidato sindaco di centrosinistra alle amministrative del 6 e 7 maggio. A sfidarsi c’erano quattro candidati, che hanno dato vita, nel mese precedente alle elezioni, ad una campagna elettorale vibrante e senza esclusione di colpi bassi, polemiche e accuse reciproche, indice del fatto che si è trattato di una competizione vera e incerta fino all’ultimo, poi certificata dall’esiguo scarto finale tra i principali concorrenti in gara.
Il candidato principale era sicuramente Rita Borsellino, sorella dell’ex Pm ucciso nella strage di Via D’Amelio, eletta al Parlamento europeo nel 2009 come indipendente nelle fila del Pd e già candidata alla Presidenza della Regione nel 2006, quando fu sconfitta da Cuffaro. La Borsellino era sostenuta da tutto l’establishment partitico del centrosinistra siciliano, avendo ricevuto l’appoggio ufficiale della segreteria nazionale del Pd, nonché di Sel, Federazione della sinistra e Idv (con l’ex sindaco Orlando inizialmente intenzionato a scendere in campo e poi ritiratosi). A contenderle la nomination c’erano tre outsider. Il primo era Fabrizio Ferrandelli, il trentunenne enfant prodige della politica palermitana, consigliere comunale dell’Idv poi allontanato dal partito di Di Pietro e Orlando per non essersi adeguato alla linea di sostegno alla Borsellino imboccata dal partito. Ferrandelli era sostenuto da un cartello di associazioni della società civile palermitana e soprattutto da alcuni big sponsor appartenenti all’ala del Pd siciliano che appoggia il governo Lombardo alla regione: il capogruppo all’Ars Cracolici, il senatore Lumia e l’ex ministro Cardinale. Il secondo outsider era Davide Faraone, consigliere regionale del Pd in rotta con la segreteria Bersani, rottamatore amico di Renzi che in suo appoggio aveva spedito a Palermo Giorgio Gori, l’ex guru della Fininvest, per curare gli aspetti comunicativi della campagna elettorale. Infine il quarto candidato era Antonella Monastra, ginecologa ex Rifondazione impegnata nel sociale, eletta nel 2007 al consiglio comunale con la lista “Un’altra storia” facente capo proprio alla Borsellino.
La partecipazione al voto è stata alta, ben superiore alle previsioni: quasi 30.000 palermitani si sono recati nei 31 gazebo allestiti in città. Si tratta di una cifra largamente superiore a tutte le precedenti primarie, comprese quelle omologhe del 2007, in cui parteciparono poco più di 19.000 persone. Fra i votanti, preventivamente registrati nelle sede del Pd, si annoverano anche circa 800 immigrati extracomunitari e poco più di 100 under 18.
Dopo uno spoglio delle schede durato ore, l’equilibrio tra i tre candidati principali si è spezzato solo a notte fonda, con Ferrandelli che si è aggiudicato la vittoria con appena 153 preferenze (ma i dati non sono ancora definitivi perché è in corso il riconteggio delle schede in alcuni seggi) di scarto sulla Borsellino. Rinviamo però l’analisi del voto ad un altro articolo, preferendo concentrarci qui sulla partecipazione elettorale e le sue caratteristiche, attraverso un’analisi ecologica dell’affluenza nei 31 seggi cittadini e una comparazione con il voto alle politiche 2008.
I 31 seggi allestiti a Palermo hanno fatto registrare livelli molto diversi di partecipazione in termini assoluti: si va dai 2053 votanti di Piazza Politeama, il “salotto buono” di Palermo, ai soli 153 della periferica Piazza Molara. Eppure, un’analisi dell’affluenza che si basi su dati assoluti risulta profondamente distorsiva: bisogna infatti tenere conto del diverso numero di sezioni elettorali associate a ciascun gazebo (si poteva infatti votare solo nel seggio corrispondente alla propria sezione), oscillanti fra le 3 di Piazza Molara e le 45 della Zisa. Non solo, ma la variabilità nel numero di elettori associati ad ogni sezione è comunque notevole (a Palermo, per una media di 920 elettori per sezione, vi sono sezioni ospedaliere con poche decine di elettori e altre con circa 1.200 aventi diritto). Una soluzione per andare oltre alcune facili valutazioni impressionistiche sui livelli di affluenza nelle varie zone della città, dispensate in questi giorni dai quotidiani, e fornire un quadro completo e chiaro bisogna ricostruire il numero di elettori associati a ciascun gazebo. Per farlo, abbiamo utilizzato i dati di sezione delle politiche 2008, ossia le ultime elezioni che hanno fatto registrare un’alta partecipazione (71,9%). In tal modo scopriamo che i 31 seggi raggruppano una media di 17.806 elettori con un’ampia variabilità interna (coerentemente con il numero di sezioni a essi associate, si va dai 3432 elettori di Piazza Molara ai 42.263 della Zisa).
Eppure così ancora non centriamo appieno la giusta interpretazione dei dati: si trattava infatti di primarie del centrosinistra, non riguardanti l’intero corpo elettorale ma solo una sua parte. Per risolvere l’inconveniente, abbiamo quindi deciso di provare a quantificare l’area di “elettori potenziali” in ciascun gazebo, sommando il totale dei voti raccolti alle politiche del 2008 dai partiti di centrosinistra (Pd, Idv, Sinistra arcobaleno) nelle sezioni corrispondenti a ciascun seggio allestito. Dividendo poi il numero di votanti alle primarie in ciascun gazebo per il numero di “elettori potenziali” otteniamo un Indice di partecipazione molto utile ai fini dell’interpretazione dei risultati. Esso oscilla tra 0 (nessun elettore vota) a 100 (tutti gli elettori di centrosinistra di quel seggio votano), anche se in linea puramente teorica tale limite superiore potrebbe essere stato oltrepassato, qualora si fossero recati alle urne più elettori di quelli definiti come facenti parte dell’area di centrosinistra.
La Tabella 1 presenta l’elenco dei 31 seggi, con il rispettivo numero di sezioni, i votanti alle primarie, gli elettori e i voti validi ottenuti dal centrosinistra nel 2008 e, infine, l’Indice di partecipazione.
A Palermo hanno votato 29.531 cittadini, circa il 22% dell’area progressista della città, composta, secondo i dati del 2008, da circa 132.000 elettori. Si tratta, come abbiamo visto, di un eccezionale risultato in termini comparati rispetto alle precedenti primarie, ma rimane ancora solo un punto di partenza verso lo sfruttamento dell’enorme potenziale di questo strumento democratico: quasi 4 elettori di sinistra su 5 non sono infatti andati alle urne.
TAB.1 Indice di partecipazione alle primarie di Palermo nei 31 seggi.
Fonte: Elaborazione su dati ufficiali.
Come vediamo nella legenda in fondo alla Tabella 1, i coefficienti dell’Indice di partecipazione sono segnati con colori diversi: il rosso indica un’affluenza altissima, il giallo una partecipazione superiore alla media, il bianco un rapporto votanti-elettori progressisti nella media, l’azzurro una bassa affluenza e il blu una partecipazione molto scarsa. Osservando la tabella scopriamo come l’interpretazione frettolosa che è stata data dai giornali circa una più alta affluenza nei quartieri del centro città sia palesemente sconfessata dai numeri. Se è vero infatti che i gazebo della “Palermo bene” (Politeama, Don Bosco, Piazza Campolo, Piazza Europa) hanno fatto registrare grande affluenza in termini assoluti, è altresì vero che queste sono le zone della città dove il centrosinistra ottiene le migliori performance (tra il 43 e il 48% nel 2008) e, di conseguenza, nelle quali ci si attendeva un’alta partecipazione alle primarie. Invece accade che nessun gazebo del centro città figura tra quelli con la più alta affluenza. Al contrario, se Politeama e Don Bosco sono in media con il resto di Palermo, Piazza Campolo e Piazza Europa risultano due fra i seggi con la minore partecipazione: il rapporto tra votanti ed elettori progressisti è di circa uno a sei. La Tabella mette in chiaro un dato inequivocabile: le zone con la più alta affluenza sono in gran parte quartieri periferici, popolari, tradizionalmente di centrodestra. Sia la periferia a sud (Pagliarelli, Villagrazia, Montegrappa, Molara), sia quella a nord (Zen, Tommaso Natale, San Lorenzo, Pallavicino), sia alcune borgate marinare (Arenella, Mondello, Sferracavallo) votano più di quanto ci si sarebbe aspettati sulla base della forza della sinistra in quelle aree. L’affluenza più alta si registra però nel seggio di Piazza Bellini, nel cuore del vecchio centro storico, in cui vota più di un elettore di sinistra su due. In realtà si tratta di un quartiere ad alta immigrazione, soprattutto africana che (non si sa se spontaneamente o sotto più o meno lecite pressioni) si è recata in massa al seggio: molti degli 800 immigrati registrati nella sede del Pd hanno votato lì, facendo così schizzare il dato dell’Indice di partecipazione. Non in tutte le periferie c’è stata comunque un’alta affluenza. In particolare, la II circoscrizione ha disertato in massa i seggi: i gazebo di Messina Marine, Piazza Giulio Cesare, Ponte Ammiraglio, Viale Picciotti e dello Sperone risultano tutti inferiori alla media cittadina.
In generale comunque, risulta evidente che le primarie sono state vinte nelle periferie, divise, come vedremo meglio nell’articolo sul voto, tra il sostegno a Ferrandelli e quello a Faraone. Il centro cittadino, devoto a Rita Borsellino, è stato tagliato fuori, non riuscendo, a causa della modesta partecipazione, a risultare decisivo nella scelta del candidato sindaco. E così, mentre ci si interroga sulla possibile infiltrazione di militanti di centrodestra (si parla dell’Mpa e dell’Udc) nei gazebo dei quartieri popolari (il Presidente della Regione Lombardo ha dichiarato che circa 10.000 elettori non di sinistra avrebbero preso parte al voto) rimane una doppia perplessità, sia sulle regole che sullo strumento. Riguardo le regole, ci si chiede se sia opportuno mantenere la normativa vigente circa il diritto di voto per immigrati regolari e under 18, facendo così votare un corpo elettorale diverso da quello delle future elezioni comunali che rischia di avere effetti distorsivi sull’esito del voto (oltre 900 elettori a Palermo hanno scelto un candidato che poi non potranno votare, in una competizione decisa per appena 153 voti di scarto). La seconda è una più generale perplessità sulle primarie, straordinario mezzo di partecipazione democratica dei cittadini, ma che tuttavia rimangono uno strumento ancora troppo manipolabile da élite e minoranze organizzate. Nonostante l’alta partecipazione alla fine le primarie si vincono con meno di 10.000 voti (non molti di più di quelli che servono per vincere un seggio all’Assemblea regionale), mentre per diventare sindaco ne serviranno circa 200.000 (nel 2007 Cammarata vinse con 201 mila voti): troppo facile così per minoranze ben organizzate sul territorio (notabili e ras delle preferenze) determinare il risultato finale.