di Roberto D’Alimonte e Aldo Paparo
Pubblicato sul Sole 24 Ore il 9 febbraio 2014
Le simulazioni non servono a prevedere come andranno le prossime elezioni. Servono invece a capire come funzionano i sistemi elettorali. In questo caso l’Italicum. Prima di vedere i risultati della simulazione fatta dal Cise, è bene spiegare come è stata realizzata.
Partendo dai 475 collegi uninominali della Camera previsti dalla legge Mattarella il Cise ha ritagliato 148 collegi plurinominali. I collegi veri molto probabilmente saranno disegnati dal ministero dell’Interno visto che si parla di una delega al governo allo scopo. I collegi del Cise sono stati creati tenendo conto di alcuni vincoli. Hanno tutti tra 3 e 6 seggi, ma molti sono di 4. Sono contigui territorialmente e non superano i confini regionali. Il numero di abitanti è stato calcolato sulla base del censimento 2011 e si colloca mediamente intorno ai 400mila. Per la loro definizione non è stato utilizzato nessun criterio politico, storico o socio-economico. Il punto di partenza per l’analisi è rappresentato dall’esito delle elezioni dello scorso febbraio ricalcolato sui 148 collegi-Cise. Le percentuali di voto che i partiti e le coalizioni hanno ottenuto allora sono stati poi modificati sulla base della media dei sondaggi delle ultime due settimane (si veda la tabella). In gergo, il tasso di variazione tra il dato di febbraio e quello di oggi è denominato “swing”. Questo swing è stato applicato collegio per collegio. Questo modo di procedere, partendo dal risultato di febbraio, non altera la geografia elettorale. In altre parole restano costanti le aree di forza relativa dei vari partiti. I seggi sono stati assegnati ai partiti e alle coalizioni di centrosinistra e di centrodestra tenendo conto delle attuali regole dell’Italicum. Solo i partiti coalizzati con una percentuale di voti uguale o superiore al 4,5% sono stati ammessi alla distribuzione dei seggi. Alla Lega è stata applicata la clausola prevista per i partiti regionali. La composizione delle coalizioni è una ipotesi di chi scrive.
Alla luce delle recenti dichiarazioni di Casini i voti dell’Udc sono stati sommati a quelli del Ncd. Se l’Udc si presentasse da sola non otterrebbe seggi. In base alla media dei sondaggi più recenti nessuna coalizione arriverebbe al 37% dei voti, che è la soglia prevista dall’Italicum per far scattare il premio di maggioranza. Quindi si andrebbe al ballottaggio tra centrosinistra e centrodestra. Nel nostro esercizio abbiamo simulato la vittoria dell’uno e dell’altro. In entrambi i casi il vincente ottiene 327 seggi cui sono da aggiungere quelli del Trentino Alto Adige, della Valle d’Aosta e della circoscrizione estero in cui si vota con regole diverse. L’utilità di questa simulazione non sta nello stimare i seggi assegnati ai partiti ma nel far vedere come funzionano questi collegi plurinominali con questo sistema elettorale. Nel caso di vittoria del centrosinistra tutti i partiti perdenti, compresa quindi Forza Italia, eleggono al massimo un solo deputato per collegio. In 31 casi Forza Italia non ne ha alcuno. In questo scenario per chi non prende il premio i 148 collegi sono in pratica collegi uninominali. Quanto al Pd in 109 casi elegge i primi due nomi della lista, in 5 casi ne elegge 1 e in 2 casi ne elegge 4. Nell’ipotesi di vittoria del centrodestra invece il Pd ottiene solo un seggio in 118 collegi, due seggi in 27 e resta senza in 3 collegi. Forza Italia invece elegge 2 deputati per collegio in 70 casi e un solo deputato in 78. In nessun collegio resta senza seggi. Nella maggior parte dei casi, con questi dati, il secondo seggio scatta nei collegi del Sud.
Uno degli effetti peculiari di questo sistema elettorale è che non sempre il seggio va a chi ha preso più voti. Questo è un problema per i piccoli partiti. Data la complessa procedura di assegnazione dei seggi dal livello nazionale a quello locale succede che, in caso di vittoria del centrosinistra, in 17 collegi l’unico seggio del centrodestra venga conquistato dalla lista Ncd+Udc che pure in quei collegi è il partito della coalizione con meno voti. Ma quel che è più problematico è che i piccoli partiti non possono sapere in anticipo in quali collegi otterranno i seggi che gli spettano in base alla loro percentuale di voti nazionale. E questa è la vera ragione dietro alla richiesta di candidature plurime. Solo presentandosi in più collegi si può infatti ridurre il rischio di non essere eletto per aver scelto il collegio sbagliato.