La sinistra radicale cresce, ma solo nel Sud Europa

di Michail Schwartz

Le elezioni europee del 22 – 25 Maggio si preannunciavano come elezioni di rottura e di cambiamento, specialmente per quei partiti che all’interno della propria piattaforma programmatica criticavano profondamente l’idea di Europa portata avanti fino a questo momento dalle principali famiglie politiche europee.

 Il Partito della Sinistra Europea (GUE-NGL) era uno di questi. Capeggiato dal greco Alexis Tsipras, tuttavia la formazione più a sinistra all’interno dell’emiciclo di Strasburgo, a differenza delle formazioni euroscettiche, non rifiutava la moneta unica ed il progetto di integrazione europea, ma proponeva una visione completamente alternativa a quella neoliberale e predominante, accusata non solo di essere la causa della forte crisi economico-finanziaria che ha investito l’Unione, ma allo stesso tempo di costituire una risposta ad essa totalmente insufficiente. Sulla base di queste premesse in molti prevedevano un risultato positivo da parte del GUE-NGL, un risultato che avrebbe potuto invertire la tendenza decrescente che ormai investiva la sinistra radicale in Europa[1].

 Fig. 1 –  Percentuale di voto tra il 2009 ed il 2014.

Fonte: www.risultati-elezioni2014.eu/it

Da un primo sguardo al risultato aggregato (Figura 1) si può notare subito come questa inversione di tendenza si sia effettivamente avverata. GUE-NGL infatti è passato dal 4.6% del 2009 al 6% del 2014, un balzo in avanti di 1,4 punti. Un risultato questo che porta GUE-NGL certo non ai livelli delle prime elezioni europee, quando il gruppo della sinistra radicale era composto principalmente da partiti comunisti, ma comunque sempre più vicino al risultato ottenuto alle elezioni del 1999, quando la lista raggiunse il 6.7% dei consensi.

Fig. 2 – Numero di seggi ottenuti tra il 2009 ed il 2014.

Fonte: www.risultati-elezioni2014.eu/it

A questo risultato ha fatto seguito anche ad un incremento della presenza di GUE NGL all’interno del Parlamento Europeo (Figura 2), passando dai 35 seggi del 2009 ai 45 seggi del 2014, ovvero un incremento di 10 seggi.

Tab.1 – Risultato elettorale di GUE-NGL nel 2009 e 2014, scorporato per paese.

Paese

voti 2009

voti 2014

seggi 2009

seggi 2014

Austria

0.66

/

0

0

Belgio

/

/

0

0

Bulgaria

/

/

0

0

Cipro

34.8

26.9

2

2

Croazia

5.8*

/

0

/

Danimarca

7.0

8.0

1

1

Estonia

0.8

/

0

0

Finlandia

5.9

9.3

0

1

Francia

6.0

6.3

5

4

Germania

7.5

7.4

8

7

Grecia

13.0

32.6

3

8

Irlanda

2.8

17.0

1

3

Italia

7.0

4.3

0

3

Lettonia

19.6

/

1

0

Lituania

/

/

0

0

Lussemburgo

3.4

5.7

0

0

Malta

/

/

0

0

Paesi Bassi

7.1

9.6

2

2

Polonia

0.7

/

0

0

Portogallo

21.3

17.2

5

4

Regno Unito

0.6

0.6

1

1

Repubblica Ceca

14.2

11

4

3

Romania

/

/

0

0

Slovacchia

1.7

/

0

0

Slovenia

/

/

0

0

Spagna

3.8

10.0

1

5

Svezia

5.7

5.7

1

1

Ungheria

1.0

/

0

0

Totale

4.6

6.0

35

45

*Elezioni tenutesi il 14 Aprile 2013

Fonte: www.risultati-elezioni2014.eu/it

Osservando il risultato disaggregato per paese (tab.1), in primo luogo possiamo evidenziare come, rispetto alle elezioni del 2009, il numero di paesi nei quali GUE-NGL non ha ottenuto alcun risultato elettorale (o comunque così basso da risultare insignificante) sia aumentato di sei (Austria, Estonia, Lettonia, Polonia, Slovacchia e Ungheria) passando da 6 paesi a 12. Il caso (l’unico tuttavia) più significativo è quello lettone, dove la disgregazione della coalizione “Saskaņas Centrs”, che raggiunse il 19.6% guadagnando così un seggio, ha fatto si che nessun partito rappresentasse GUE-NGL in questa tornata elettorale. Questo segnale, seppur relativamente influente ai fini del risultato aggregato, mostra comunque una perdita di rappresentanza da parte del GUE-NGL all’interno dei paesi membri dell’Unione.

Tornando però immediatamente al punto centrale del risultato di GUE-NGL a queste elezioni, diviene fondamentale capire da dove proviene la suddetta inversione di tendenza. Per rispondere a questa domanda è necessario analizzare i risultati ottenuti dai partiti provenienti dai paesi mediterranei dell’Unione, con l’aggiunta di qualche paese nordico, nei quali le liste di sinistra radicale hanno notevolmente incrementato il proprio risultato rispetto alle elezioni passate (in particolare l’Irlanda, che si inserisce in ogni caso all’interno dei paesi che più di altri hanno subito l’intervento di Bruxelles nella propria economia interna).

I risultati maggiormente positivi GUE-NGL li ha ottenuti sicuramente nei tre paesi più colpiti dalla recente crisi economica, nonché maggiormente coinvolti dalle politiche di austerità imposte dalla troika composta da FMI, Commissione Europea e Banca Centrale Europea: Grecia, Italia e Spagna. A questi tre paesi vanno aggiunte altre due nazioni meridionali, come Portogallo e Cipro, dove, nonostante una flessione rispetto alle scorse elezioni, i partiti legati alla sinistra radicale hanno saputo mantenere un livello di consensi particolarmente elevato rispetto alla media degli stati dell’Unione (nel primo la  “Coligação Democrática Unitária” ha ottenuto il 17.2% e 4 seggi, uno in meno rispetto al 2009, mentre nel secondo il “Partito Progressista dei Lavoratori ha ottenuto il 26.9% e 2 seggi, numero invariato rispetto al 2009).

In Grecia, il risultato di GUE-NGL era sicuramente il più atteso. La nazionalità greca del leader Tsipras e le politiche di austerità particolarmente dure imposte alla popolazione avevano fatto crescere a dismisura il consenso verso quei partiti che fortemente si opponevano a questa linea, Syriza (partito affiliato a GUE-NGL) in testa. In terra ellenica l’aumento di consensi rispetto alle elezioni del 2009 per la sinistra radicale è stato notevole, di gran lunga il maggiore tra i paesi europei. Con un incremento dei consensi del 19.6% Syriza si è imposto come primo partito in Grecia, ottenendo più un voto su tre (il 32.6%) da parte degli elettori greci. Questo risultato ha incrementato conseguentemente il numero di europarlamentari all’interno della pattuglia greca a Strasburgo, passando dai 3 del 2009 agli 8 della nuova legislatura.

Anche in Spagna GUE-NGL, per la precisione la coalizione “Izquierda Plural” (al netto della lista  “Iniciativa per Catalunya Verds”, confluita nel gruppo dei Verdi) ha ottenuto un ottimo risultato, conquistando il 10% dei voti, il 6.23% in più rispetto al 3.77% del 2009. Questo ha fatto si che il numero di europarlamentari iberici affiliati a GUE-NGL sia cresciuto di ben quattro unità, passando da uno a cinque membri.

Caso particolare è stato quello dell’Italia, dove, nonostante il livello percentuale di consenso sia calato di ben tre punti percentuali, GUE-NGL ha guadagnato tre europarlamentari in più rispetto alle precedenti elezioni, in cui la sinistra radicale italiana non era riuscita ad eleggere nemmeno un rappresentante. La spiegazione sta nella presenza in Italia di una soglia di sbarramento abbastanza alta (4%). Questo ha fatto si che nel 2009, i due partiti afferenti a GUE-NGL (la lista comprendente, tra gli altri il Partito della Rifondazione Comunista e il Partito dei Comunisti Italiani e la lista “Sinistra e Libertà”) rimasero entrambi al di sotto della suddetta soglia (la prima fermandosi al 3.38% e la seconda al 3.12%) e non eleggendo dunque alcun europarlamentare. In questa tornata, la sinistra radicale si è coalizzata all’interno della lista “Un’altra Europa con Tsipras” riuscendo a raggiungere la soglia di sbarramento (arrivando al 4.3%) e dunque ad eleggere tre europarlamentari.

Un caso simile a quello italiano è quello della Croazia. Alle elezioni tenutesi il 14 Aprile 2013 infatti, le due liste legate a GUE-NGL raggiunsero rispettivamente il 3.5% ed il 2.4%, non riuscendo così a oltrepassare la soglia di sbarramento del 5% necessaria per accedere alla ripartizione dei seggi.

E’ utile notare anche la crescita che hanno fatto registrare i partiti legati a GUE-NGL in alcuni stati dell’Europa centro-settentrionale, come i Paesi Bassi, dove il “Socialistische Partij” ha ottenuto il 9.6% dei voti, il 2,5% in più rispetto al 2009, mantenendo tuttavia lo stesso numero di eurodeputati eletti. Un incremento è registrabile anche nel piccolo Lussemburgo, dove “Déi Lénk” arriva a 5.8% dei consensi, crescendo del 2.3%, senza però riuscire ad ottenere alcun seggio. Tuttavia, tra i paesi settentrionali che registrano un incremento, si distingue senza dubbio l’Irlanda, anch’essa duramente colpita dalla crisi economico-finanziaria e dalle misure della troika. Qui “Sinn Féin” raggiunge il 17% dei consensi, ben il 14.2% in più rispetto al 2009, ottenendo così tre eurodeputati, due in più rispetto alla precedente tornata elettorale. Inoltre anche in Danimarca ed in Finlandia i rispettivi partiti legati a GUE-NGL hanno registrato un aumento. In particolar modo nel secondo paese, dove l’ “Alleanza di Sinistra” ha incrementato il suo risultato del 3.4%.

Stabile infine è stata la performance dei partiti affiliati a GUE-NGL in Francia, Germania, mentre in Repubblica Ceca, similmente al Cipro e al Portogallo, vi è stato si un calo (di più di 4 punti percentuali), ma il consenso ed il numero di parlamentari conseguente è rimasto comunque alto (11% e 3 europarlamentari)

Cercando di dare un’interpretazione al risultato appena analizzato, si può senza dubbio affermare che GUE-NGL abbia nettamente beneficiato dal clima di forte protesta verso le politiche di austerità che hanno colpito diversi paesi dell’Unione. Non a caso i successi più evidenti in termini percentuali (e in diversi casi anche in termini di seggi) provengono dai paesi che più hanno sofferto i tagli imposti da Bruxelles (Grecia, Spagna e Irlanda su tutti, ma anche Portogallo e Italia). Tuttavia l’impressione è che la crescita dei partiti di estrema sinistra non sia stata generalizzata come per i partiti populisti ed euroscettici (solo otto paesi su ventotto hanno registrato un aumento della percentuale di consensi). Se a questo dato aggiungiamo quanto già detto inizialmente riguardo la perdurante scarsa rappresentanza di GUE-NGL in Europa (solo sedici paesi su ventotto hanno presentato una lista legata a GUE-NGL) ed il problema delle soglie di sbarramento (che a ben vedere è più un problema di dispersione del voto, come si è osservato per l’Italia nel 2009 e per la Croazia nel 2013) il risultato, comunque al di sotto di molte aspettative, comincia ad acquisire una logica compiuta.

In ogni caso è giusto sottolineare ancora l’importanza per GUE-NGL di un’inversione di tendenza rispetto alle ultime elezioni, inversione di tendenza che tuttavia dovrà nel corso di questa legislatura consolidarsi e strutturarsi attorno ad una piattaforma programmatica ben definita, in grado di dare al progetto delle solide basi da cui ripartire verso il 2019. Buona parte dell’incremento registrato infatti può essere identificato all’interno di quel sentimento di protesta verso lo status quo attuale dell’Unione su cui molti hanno lavorato per guadagnare consenso. Tra cinque anni potrebbe essere molto più difficile la riproposizione di determinate caratteristiche di contesto. Urge dunque un rafforzamento del partito a livello europeo e della sua rete di partiti nei vari paesi membri. Solo in questo modo sarà possibile dare un senso ed un futuro alla sinistra radicale in Europa.

 


[1] A questo proposito si veda l’articolo apparso su questo sito “Dal PCI a Tsipras, il cammino della sinistra radicale in Europa”.