Sui nodi italiani partiti poco credibili

di Roberto D’Alimonte

Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore del 29 novembre 2015

Il Pd continua a stare sopra il 30% delle intenzioni di voto. Per Renzi è la buona notizia che emerge dal sondaggio Cise-Sole24Ore. Il 35.6% stimato in questo sondaggio è il valore più alto registrato dopo le Europee dello scorso anno.  E’ certamente un risultato notevole. Nelle politiche del 2013 il Pd guidato da Bersani si è fermato al 25,4% (Camera).  Visto però in un quadro più ampio non è un risultato che può lasciare del tutto tranquillo l’attuale presidente del consiglio, nonché probabile candidato alla stessa carica alle prossime elezioni. Dopo quasi due anni di governo, Renzi non è ancora riuscito a costruire intorno a sé un blocco elettorale tale da garantirgli la vittoria alle prossime politiche. E’ certamente il candidato in pole position, ma l’esito non è scontato. Oggi- ripetiamo oggi-  il suo problema principale si chiama M5s. E lo è perchè, nonostante le stime di voto attuali, il premier ha alcuni punti di debolezza che emergono chiaramente in questo sondaggio e che rendono il quadro più incerto.

          Pochi all’indomani delle elezioni politiche del 2013 pensavano che il movimento di Grillo avrebbe conservato il livello di consensi raggiunto allora arrivando al 25, 6%, che ne ha fatto il partito più votato alla Camera. L’opinione più comune era che quello straordinario risultato fosse dovuto a un voto di protesta destinato a ridimensionarsi in un tempo relativamente breve. Dopo un anno e più di un governo tecnico, davanti a una offerta elettorale che riproponeva di nuovo opzioni vecchie, con Bersani da una parte e Berlusconi dall’altra, molti elettori si sono ribellati votando un partito ‘diverso’. Tanti giovani, ma anche operai, commercianti, imprenditori, disoccupati. Ma la protesta tende a essere una base fragile per creare qualcosa di duraturo. Questa era la tesi prevalente. Soprattutto dopo i conflitti e le defezioni che all’indomani del voto hanno rivelato la fragilità interna del movimento di Grillo e le sue tante contraddizioni.

          E invece no. A quasi due anni da quel voto il M5s non solo è ancora lì, ma è addirittura cresciuto. Lasciamo perdere le percentuali precise. Il 30,8%  di questo sondaggio è una stima approssimativa.  Altri sondaggi fatti in queste settimane danno percentuali diverse, sotto il 30%. Si sa, anche se non lo si ripete mai abbastanza: i sondaggi sono strumenti molto imprecisi. Ma non sono inutili. Servono non a indovinare esiti, ma a rilevare tendenze. Il punto da sottolineare è che- sopra o sotto il 30%- il M5s è il secondo partito italiano. E senza Matteo Renzi a guidare il Pd e il governo molto probabilmente sarebbe ancora il primo. Come nel 2013.

          Anche da questo sondaggio emerge che, se si votasse oggi,  le elezioni si deciderebbero al ballottaggio. E i due sfidanti sarebbero il candidato del Pd e quello del M5s. L’Italicum, così come è strutturato e cioè con il premio alla lista e non alla coalizione, penalizza il centro-destra che non ha al suo interno un partito delle dimensioni di Pd e di M5s.  Ha invece due partiti che si dividono i voti tra loro. Nel nostro sondaggio Forza Italia è leggermente davanti alla Lega ma potrebbe essere il contrario. In ogni caso cambierebbe poco. Questa altalena di sorpassi continuerà. Il punto è che oggi la somma dei due- anche con l’aggiunta di Fratelli d’Italia- rischia di non essere sufficiente per  arrivare al ballottaggio. E questa per Renzi non è una buona notizia.

          Come si vede dai nostri dati al premier conviene sfidare il candidato di una lista unitaria del centro-destra. Questa sfida avrebbe un esito scontato. Nel nostro sondaggio finirebbe 58 a 42 a favore di  Renzi. Il motivo è che al secondo turno gli elettori del M5s o non tornerebbero a votare (la grande maggioranza) o voterebbero per Renzi (relativamente pochi).  Ma pochissimi voterebbero per il candidato del centro-destra. Invece l’esito sarebbe molto meno scontato se al ballottaggio andassero Pd e M5s. In questo sondaggio -ma non è il solo- il candidato del M5s risulta davanti a Renzi:  51 a 49.  Un vantaggio statisticamente insignificante ma politicamente significativo. Il bipolarismo italiano è sempre più imperniato tra un partito che fa politica stando al governo e uno che fa anti-politica stando all’opposizione. Oggi il voto tende a concentrarsi sempre di più su questi due attori. Gli altri sembrano essere dei comprimari.

           Ma è veramente possibile che il M5s possa vincere le prossime elezioni?  Nessuno può dirlo oggi. Quello che si può ragionevolmente affermare è che questo esito non può essere escluso a priori. Dipenderà da molti fattori. In questo momento la rabbia degli italiani, la loro voglia di cambiamento- la stessa che ha portato il Renzi rottamatore al successo-  è ancora così forte che fanno del M5s un avversario temibile. La parte più interessante di questo sondaggio è quella relativa alla capacità che gli elettori attribuiscono ai vari partiti di risolvere i problemi che li angustiano oggi. Quali sono i partiti ritenuti più capaci di far valere gli interessi dell’Italia in Europa, di ridurre i costi della politica, far ripartite l’economia, combattere la corruzione e la criminalità, controllare l’immigrazione ?  E’ nella risposta a queste domande che si trova gran parte della spiegazione della popolarità persistente del M5s. Su quasi tutti questi temi la maggioranza relativa degli intervistati pensa che non ci sia nessun partito in grado di trovare soluzioni. Gli scettici e i delusi dominano la scena. La sfiducia continua ad essere la caratteristica distintiva di questa fase della politica italiana. Un sentimento diffuso che tocca tutti i ceti e tutte le zone del paese. In questo quadro spicca il fatto che il M5s sia considerato credibile quanto il Pd. E su alcuni temi più del Pd. Anzi, complessivamente è ritenuto più credibile del Pd.

          Si guardi il dato sui costi della politica e sulla corruzione. Rispetto al M5s il gap di credibilità del Pd renziano su questi temi è netto. Solo sulla capacità di far valere gli interessi dell’Italia in Europa il Pd è nettamente più credibile. E questo è un risultato positivo per Renzi e non scontato. Ma anche in questo caso a vincere è il partito degli scettici. Costi della politica, corruzione, criminalità, immigrazione sono chiaramente i punti deboli del premier. Temi spinosi su cui i partiti di opposizione- M5s per un verso e Lega Nord per l’altro- hanno il vantaggio di non dover render conto a un elettorato arrabbiato e ansioso. E’ il vantaggio di stare alla opposizione. Quanto peserà sul voto questo difetto di credibilità del premier non è facile da stimare. Sta di fatto che la sua vulnerabilità  su questo terreno contribuisce ad alimentare l’incertezza sull’esito di un eventuale ballottaggio tra lui e il candidato del M5s.

           Dalla sua Renzi ha il vantaggio di continuare a godere di una maggiore credibilità su Europa e economia. E sarà molto probabilmente proprio su queste questioni, e soprattutto sull’economia, che si giocherà l’esito delle prossime elezioni. Se la ripresa economica continuerà sarebbe veramente sorprendente la sconfitta di Renzi al ballottaggio. Anzi, se le cose si mettessero veramente bene e cambiasse drasticamente l’umore nel paese, forse potrebbe anche non esserci un ballottaggio. A Renzi basterebbe il 40% dei voti per vincere. Nell’attesa il premier si può rallegrare per un altro dato di questo sondaggio. Agli italiani la riforma costituzionale tutto sommato piace e andranno in massa a votare per il sì al prossimo referendum. Così pare.

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Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.