Il risultato? Ancora il clima del 4 marzo, ma il M5S (come nel 2013) non rende bene alle comunali

Come è possibile sintetizzare il dato politico che emerge dalle elezioni comunali? Chi ha vinto e chi ha perso? E’ cambiato qualcosa nel clima politico del paese rispetto al 4 marzo?

Risposta secca: il clima politico non sembra cambiato dal 4 marzo. Rispetto alle comunali di cinque anni fa, i vincitori del 4 marzo si sono rafforzati, e i perdenti si sono indeboliti. Tuttavia, c’è una variabile fondamentale che ha prodotto il cattivo risultato del M5S e il discreto risultato del centrosinistra: si tratta della capacità dei vari schieramenti di trasformare in voti alle comunali i propri voti alle politiche. Pessima per il M5s, ottima per il Pd. Caratteristiche già viste cinque anni fa e che sono rimaste invariate, producendo il risultato di oggi.

Nelle prossime ore pubblicheremo analisi più dettagliate. Per adesso proponiamo una lettura sintetica del risultato.

Iniziamo dal dato più semplice, ovvero il confronto con le precedenti elezioni comunali. Per poter usare queste elezioni comunali come una valutazione dello stato complessivo dell’opinione pubblica nazionale, dobbiamo astrarre dalle situazioni locali. Quindi abbiamo calcolato, sui 90 comuni con popolazione superiori ai 15.000 abitanti (esclusa la Sicilia), degli indici medi per le performance delle varie coalizioni e partiti.

Il primo risultato è relativo al confronto tra le percentuali ottenute, in media, da ciascuna coalizione nel 2018 rispetto al 2013. Fatto 100 il caso in cui una coalizione abbia ottenuto nel 2018 la stessa percentuale del 2013, i valori per le varie coalizioni sono rispettivamente di 150 per il Movimento 5 Stelle, di 119 per il centrodestra e infine di 72 per il centrosinistra. In altre parole, nel confronto diretto tra amministrative 2013 e 2018, la media dei risultati di questi 90 comuni ci dice che il M5S ha oggi una volta e mezza i voti del 2013, il centrodestra è cresciuto del 20%, mentre il centrosinistra è calato del 28%.

Tuttavia questo risultato è ovvio, perché è semplicemente la proiezione dell’onda del 4 marzo, ovvero del fatto che M5S e Lega (che pesa sul risultato del centrodestra) si sono rafforzati notevolmente, come testimoniato dal risultato del 4 marzo. Di conseguenza appare interessante confrontare il risultato delle comunali non tanto con le comunali del 2013, ma con le aspettative costruite in base al risultato del 4 marzo. Per fare questa operazione è sufficiente confrontare i risultati di ciascuna tornata comunale con quello della tornata politica immediatamente precedente. Lo possiamo fare calcolando il rendimento elettorale alle comunali (brevemente: REC), ovvero la capacità di una coalizione (o partito) di trascinare anche sulle elezioni comunali il proprio risultato delle politiche. Per farlo calcoliamo, per ciascuno, il rapporto tra voti ottenuti alle comunali e voti ottenuti alle politiche. E qui è interessante confrontare i valori di REC per candidati e partiti nel 2013 e nel 2018:

Cattura

Il dato principale che emerge dalla tabella è la notevole stabilità nella capacità delle varie coalizioni e partiti di trasformare in voti alle amministrative quelli ottenuti alle politiche. Tuttavia una stabilità che mostra il mantenimento di alcune enormi differenze. In primis la grandissima difficoltà del M5S di tradurre le preferenze nazionali in voti alle amministrative: in questa tornata amministrativa come nella precedente, su 100 voti ottenuti dal M5S alle politiche, solo circa un terzo vengono confermati al suo candidato sindaco. Viceversa, appare confermata la capacità del centrosinistra di ottenere più voti alle comunali rispetto alle politiche: in media il candidato del centrosinistra ottiene 136 voti per ogni 100 voti di questa coalizione alle politiche. Per il centrodestra si confermano invece valori più bassi, con un rendimento stabilmente intorno all’85%. Riguardo ai singoli partiti, c’è ancora una situazione stabile, tranne che nel centrodestra: qui Fi scende di 9 punti (da un rendimento del 49% al 40%) a fronte della Lega che sale di 10 (dal 56 al 66%). Riguardo ai partiti, va notato che i rendimenti sono necessariamente più bassi rispetto a quelli dei candidati, perché alle comunali molti cittadini spesso votano solo il candidato e non il partito.

In sostanza, questi diversi rendimenti (che sono rimasti invariati dal 2013 al 2018) ci spiegano perché la grande crescita del M5S non gli ha permesso di diventare davvero competitivo alle comunali: a causa del fatto che ha ancora uno scarsissimo rendimento. Al tempo stesso ci dicono perché il disastro elettorale del centrosinistra alle politiche lo vede tuttavia ancora competitivo a livello locale: a causa del suo altissimo rendimento, per cui alle comunali prende addirittura più voti (e in termini assoluti!) che alle politiche. Un risultato notevole, soprattutto alla luce di un’affluenza alle comunali più bassa di circa 11 punti rispetto alle politiche.

Un’ultima considerazione va fatta infine riguardo al risultato delle comunali come barometro del clima di opinione nel paese, a due mesi dal risultato del 4 marzo. La stabilità complessiva dei rendimenti rispetto alla tornata precedente ci dice che, in sostanza, dal 4 marzo non è cambiato granché: i risultati di queste amministrative sono di fatto largamente in linea con una previsione basata sull’onda del 4 marzo. Con un’unica vistosa eccezione: Lega e Forza Italia. La prima è andata sensibilmente meglio delle aspettative, costruite proiettando sulle amministrative il risultato del 4 marzo; invece la seconda è andata sensibilmente peggio. Di conseguenza, la dinamica sembra suggerire un chiaro cambiamento nei rapporti di forza interni al centrodestra, con un rafforzamento significativo della Lega rispetto al risultato delle politiche di pochi mesi fa; mentre, rispetto a quel risultato, non si vedono cambiamenti significativi per M5S e Pd. Questo significa che il M5S non è riuscito a sfruttare la propria posizione di governo per aumentare la propria credibilità amministrativa tra chi l’ha votato alle politiche; e che il Pd sconfitto (e all’opposizione) invece l’ha mantenuta invariata.

Lorenzo De Sio è professore ordinario di Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli, e direttore del CISE - Centro Italiano di Studi Elettorali. Già Jean Monnet Fellow presso lo European University Institute, Visiting Research Fellow presso la University of California, Irvine, e Campbell National Fellow presso la Stanford University, è membro di ITANES (Italian National Election Studies), ha partecipato a vari progetti di ricerca internazionali, tra cui “The True European Voter”(ESF-COST Action IS0806), the “EU Profiler” (2009) e EUandI (2014), e di recente ha dato vita al progetto ICCP (Issue Competition Comparative Project). I suoi interessi di ricerca attuali vertono sull'analisi quantitativa dei comportamenti di voto e delle strategie di partito in prospettiva comparata, con particolare attenzione al ruolo delle issues. Tra le sue pubblicazioni, accanto a vari volumi in italiano e in inglese, ci sono articoli apparsi su American Political Science Review, Comparative Political Studies, Electoral Studies, Party Politics, West European Politics, South European Society and Politics, oltre che su numerose riviste scientifiche italiane. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.
Vincenzo Emanuele è ricercatore in Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli di Roma. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze con una tesi sul processo di nazionalizzazione del voto in Europa occidentale e le sue possibili determinanti. La sua tesi ha vinto il Premio 'Enrico Melchionda' conferita alle tesi di dottorato in Scienze Politiche discusse nel triennio 2012-2014 e il Premio 'Celso Ghini' come miglior tesi di dottorato in materia elettorale del biennio 2013-2014. È membro del CISE, di ITANES (Italian National Election Studies) e co-coordinatore del Research Network in Political Parties, Party Systems and Elections del CES (Council of European Studies). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulle elezioni e i sistemi di partito in prospettiva comparata, con particolare riferimento ai processi di nazionalizzazione e istituzionalizzazione. Ha pubblicato articoli su Comparative Political Studies, Party Politics, South European Society and Politics, Government and Opposition, Regional and Federal Studies, Journal of Contemporary European Research, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. La sua monografia Cleavages, institutions, and competition. Understanding vote nationalization in Western Europe (1965-2015) è edita da Rowman and Littlefield/ECPR Press (2018). Sulle elezioni italiane del 2018, ha curato la Special Issue di Italian Political Science ‘Who’s the winner? An analysis of the 2018 Italian general election’. Clicca qui per accedere sito internet personale. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.
Nicola Maggini è ricercatore in scienza politica presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano. È membro del laboratorio di ricerca spsTREND "Hans Schadee" e del CISE (Centro Italiano Studi Elettorali). In precedenza è stato Jean Monnet Fellow presso lo Schuman Centre for Advanced Studies dell’Istituto Universitario Europeo e ha partecipato a due progetti di ricerca europei Horizon 2020: Sirius-Skills and Integration of Migrants, Refugees and Asylum Applicants in European Labour Markets e TransSol-Transnational solidarity at times of crisis. Si è addottorato, con lode, in Scienza della Politica all’Istituto Italiano di Scienze Umane nel marzo 2012. Ha pubblicato articoli in diverse riviste scientifiche italiane e internazionali, tra cui Journal of Common Market Studies, West European Politics, American Behavioral Scientist, South European Society and Politics, RISP-Italian Political Science Review, Journal of Contemporary European Research, SocietàMutamentoPolitica-Rivista Italiana di Sociologia, Sociological Research Online, International Sociology e Quaderni di Scienza Politica. Ha pubblicato, per Palgrave MacMillan, il libro Young People’s Voting Behaviour in Europe. A Comparative Perspective (Palgrave Macmillan, 2016). È inoltre coautore di diversi capitoli in volumi collettanei e ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE. Infine, è autore di diverse note di ricerca pubblicate nella serie dei Dossier CISE. I suoi interessi di ricerca si concentrano sullo studio degli atteggiamenti e comportamenti socio-politici, dei sistemi elettorali, del comportamento di voto e della competizione partitica in prospettiva comparata.
Aldo Paparo è ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Firenze. È stato assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli. Dopo il conseguimento del dottorato è stato W. Glenn Campbell and Rita Ricardo-Campbell National Fellow presso la Hoover Institution alla Stanford University, dove ha condotto una ricerca sulla identificazione di partito in chiave comparata. Ha conseguito con lode il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze, con una tesi sugli effetti del ciclo politico nazionale sui risultati delle elezioni locali in Europa occidentale. Ha conseguito con lode la laurea magistrale presso Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze, discutendo una tesi sulle elezioni comunali nell’Italia meridionale. Le sue principali aree di interesse sono i sistemi elettorali, i sistemi politici e il comportamento elettorale, con particolare riferimento al livello locale. Ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE; e ha pubblicato articoli scientifici su South European Society and Politics, Italian Political Science, Quaderni dell’Osservatorio Elettorale, Contemporary Italian Politics e su Monkey Cage. È stato inoltre co-autore di un capitolo in Terremoto elettorale (Il Mulino 2014). È membro dell’APSA, della MPSA, della ESPA, della ECPR, della SISP e della SISE. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.