Requiem per una defunta… C’era una volta la riserva di legge in materia elettorale

Articolo pubblicato su laCostituzione.info. Ripubblicato qui con il consenso dell’autore.

Nel Rapporto finale della missione di valutazione elettorale dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights) sulle elezioni politiche italiane del marzo 2018 si afferma che «il quadro normativo costituisce una base adeguata per lo svolgimento di elezioni democratiche, ma è frammentato e molti aspetti del processo elettorale non sono disciplinati dalla legge», e che «il quadro normativo che disciplina le elezioni dovrebbe essere riesaminato per colmare le lacune ancora esistenti, rilevate nel presente rapporto e in quelli precedenti dell’ODIHR. Sarebbe opportuno prendere in considerazione la possibilità di integrare i regolamenti nella legislazione elettorale, in modo da garantire la certezza e la coerenza del diritto» (p. 5).

Chissà cosa potrebbe dire l’ODIHR a proposito della vicenda dell’assegnazione dei c.d. “seggi supplementari” al Parlamento Europeo che potrebbero essere proclamati a seguito delle elezioni del 26 maggio 2019.

Come è noto, la decisione del Consiglio Europeo 2018/937 del 28 giugno 2018, in attuazione dell’art. 14, par. 2, del Trattato sull’Unione Europea (TUE), ha ripartito tra gli Stati membri i numero dei parlamentari da eleggere, assegnandone 76 all’Italia (art. 3, par. 1). Sulla base di questa previsione, il D.P.R. 22 marzo 2019 ha provveduto ad assegnare i seggi alle cinque circoscrizioni del territorio nazionale.

Tuttavia, la stessa decisione ha previsto che «nel caso in cui il Regno Unito sia ancora uno Stato membro dell’Unione all’inizio della legislatura 2019-2024, il numero dei rappresentanti al Parlamento Europeo eletti per ciascuno Stato membro che si insedieranno sarà quello previsto all’articolo 3 della decisione 2013/312/UE del Consiglio europeo, fino a quando il recesso del Regno Unito dall’Unione non sarà divenuto giuridicamente efficace» (art. 3, par. 2, primo periodo).

Dunque, in questa seconda ipotesi, che è quella concretamente verificatasi dopo la proroga del recesso del Regno Unito al 31 ottobre 2019 (Decisione del Consiglio Europeo 2019/584 dell’11 aprile 2019), all’Italia spettano 73 parlamentari, come nelle elezioni europee del 2014. Tuttavia, come specificato nello stesso art. 3, comma 2, «una volta che il recesso del Regno Unito dall’Unione sarà divenuto giuridicamente efficace, il numero dei rappresentanti al Parlamento Europeo eletti in ciascuno Stato membro sarà quello stabilito al paragrafo 1 del presente articolo».

È quindi previsto che, a seguito della Brexit, a fronte dell’uscita dei 73 parlamentari europei eletti nel Regno Unito, subentreranno 27 nuovi eletti, tre dei quali spettanti all’Italia.

Come saranno eletti questi “seggi supplementari”?

La legge elettorale (l. 18/1979) non prevede alcunché al riguardo e il Parlamento italiano si è ben guardato dal disciplinare questa materia, nonostante la decisione del Consiglio Europeo sopra riportata sia stata adottata quasi un anno fa. Cosicché, il silenzio della legge è stato “surrogato” dalla Corte di Cassazione, la quale in un comunicato stampa in data 21 maggio 2019 ha indicato a quali principi si atterrà nell’individuazione dei tre seggi aggiuntivi.

In particolare, in esso si afferma che, in forza della richiamata decisione del Consiglio Europeo, i seggi spettanti all’Italia sono 76, solo 73 dei quali si insedieranno subito, poiché i restanti tre potranno farlo solo a Brexit avvenuta.

Quanto al riparto dei seggi vengono individuati i seguenti criteri:

«a) individuazione delle tre liste che a livello nazionale hanno ottenuto seggi con i minori resti utilizzati o, in mancanza, con i minori resti non utilizzati;

b) sottrazione ad ognuna di dette tre liste di un seggio, individuato nell’ambito delle tre circoscrizioni cui è stato assegnato un seggio supplementare per effetto dell’aumento dei parlamentari da 73 a 76.

A tal fine, qualora le tre liste abbiano ottenuto seggi in ognuna delle tre circoscrizioni così individuate, si sottrarrà un seggio per circoscrizione cominciando da quella in cui lo stesso è stato ottenuto, da una qualsiasi delle tre liste, con il decimale più basso o, in mancanza, con la minore parte decimale del quoziente di attribuzione non utilizzato.

Ove una o più liste non abbiano ottenuto seggi in tutte e tre le circoscrizioni, si comincerà dalla lista o dalle liste che ne hanno avuti in una sola o in due delle tre circoscrizioni interessate dall’aumento dei seggi.

Nel caso in cui a seguito dell’applicazione dei criteri di cui sopra, rimanessero ancora dei seggi da individuare, essi saranno ricercati nelle circoscrizioni in cui le liste interessate abbiano comunque ottenuto seggi».

È da rimarcare che questi criteri sono stati stabiliti «in assenza di ulteriori disposizioni normative regolatrici della fattispecie».

Pur trovandoci in una stagione politico-istituzionale in cui le disinvolture in materia di produzione normativa si susseguono, la vicenda in esame appare davvero clamorosa e si potrebbe perfino ironizzare su un comunicato stampa della Cassazione “in luogo” di una legge.

Ma non è il caso di farlo, posto che questa vicenda sul piano del rispetto di principi costituzionali fondamentali, e segnatamente del rispetto della riserva di legge in materia elettorale, appare quantomeno problematica.

Che in materia elettorale sussista una riserva di legge non appare dubbio vista la «obiettiva rilevanza istituzionale» della legislazione elettorale, per cui sono riservate al Parlamento non solo «le scelte di fondo relative al sistema elettorale, ma tutte le determinazioni che abbiano un rilievo nella disciplina della materia elettorale» (Cervati 1985), data anche l’esigenza del più ampio confronto tra le forze politiche e di un’affermazione forte di trasparenza degli intenti del legislatore e degli effetti dei suoi atti (Passaglia 2006). Non a caso, l’art. 72, comma 4, Cost., pone una “riserva di assemblea” per l’approvazione delle leggi in materia elettorale, precludendo che le stesse siano approvate direttamente dalle Commissioni parlamentari.

Tuttavia, nella vicenda in questione il Parlamento non è intervenuto, né il Governo si è arrogato poteri normativi (primari o secondari) di sorta.

L’inerzia del legislatore appare grave: come insegna la dottrina, la riserva di legge, oltre a limite per il potere esecutivo, si atteggia come «limite allo stesso legislatore, vincolato a porre direttamente e compiutamente la disciplina della materia riservata» (Carlassare 1990).

Così, in presenza di un vuoto normativo, forse a fini di trasparenza, prima dell’esito elettorale, la Cassazione ha “predeterminato” i criteri di assegnazione dei seggi supplementari, che peraltro potrebbero rimanere del tutto “potenziali” qualora la Brexit non dovesse concretizzarsi. E, si noti, nel farlo ha seguito criteri plausibili ma certo non univocamente desumibili dalla legge elettorale vigente. In effetti, poiché altre soluzioni erano possibili (e forse altrettanto plausibili), è del tutto probabile che, in caso di Brexit, sorgano contestazioni o recriminazioni.

Un ultimo punto: non è la prima volta che per il Parlamento Europeo si pone il problema di “seggi supplementari”.

Infatti, in attuazione delle modifiche al Protocollo sulle disposizioni transitorie, allegato al Trattato di Lisbona, in forza del quale, in relazione alla legislatura 2009-2014, il Parlamento Europeo è stato integrato con 18 nuovi componenti (tra cui uno spettante all’Italia), fu approvata dal Parlamento una apposita legge (l. 2/2011).

Si tratta di un precedente ancora una volta fortemente discutibile, poiché la l. 2/2011 aveva efficacia retroattiva, laddove poneva le regole per l’assegnazione di un seggio alla stregua dei risultati di elezioni già svolte (e, si noti, regole parzialmente diverse da quelle fatte proprie dalla Cassazione). Peraltro, tale legge era in qualche modo più “guidata” dalla normativa europea  che indicava, per l’individuazione del seggio, tre possibili opzioni (elezioni ad hoc; designazione sulla base dei risultati delle ultime elezioni per il Parlamento Europeo; nomina da parte dei rispettivi Parlamenti nazionali al proprio interno, ferma restando l’incompatibilità tra le due cariche).

Proprio questo precedente avrebbe dovuto suggerire al legislatore di approvare una normativa di carattere generale sui “seggi supplementari”, anche perché i Trattati europei non prevedono un numero fisso di componenti del Parlamento Europeo; forse però solo immaginare una prospettiva del genere, al cospetto del caos imperante nella produzione normativa italiana, è semplicemente ingenuo e illusorio.

Riferimenti bibliografici

Carlassare, L. (1990), ‘Legge (riserva di)’, in Enc. giur. it., vol. XXI, Roma, Enc. giur. it., p. 2.

Cervati, A.A., (1985), ‘Art. 72’, in Comm. cost., Bologna-Roma, Zanichelli-Il foro italiano, p. 163.

Consiglio Europeo (2018), ‘Decisione (UE) 2018/937 del Consiglio Europeo del 28 giugno 2018 che stabilisce la composizione del Parlamento europeo’, disponibile presso: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018D0937&from=EN

Corte Suprema di Cassazione (2019), ‘Elezioni europee: numero dei componenti del Parlamento europeo spettanti all’Italia. Conseguenze della Brexit‘, Comunicato Stampa, disponibile presso: http://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/Comunicato_elezioni_europee.pdf 

Decreto del Presidente della Repubblica (2019), ‘Assegnazione del numero dei seggi alle circoscrizioni per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia’, disponibile presso: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/03/25/19A02051/sg

ODHIR – Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti dell’Uomo (2019), ‘Rapporto finale della missione di valutazione elettorale dell’ODIHR’, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), disponibile presso: https://www.osce.org/it/odihr/elections/386118?download=true

Passaglia, P. (2006), ‘Art. 72’, in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, vol. II, Torino, UTET, pp. 1397-1398.

Giovanni Tarli Barbieri è professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università di Firenze.