Dal momento della sua prima manifestazione di piazza a Bologna, a novembre 2019, il movimento delle Sardine è riuscito immediatamente ad imporsi all’attenzione politica e mediatica del paese e a costruirsi un ruolo rilevante nel contesto della campagna elettorale per le elezioni in Emilia-Romagna. Per molti, a sinistra, il movimento ha rappresentato una vera e propria boccata d’ossigeno: nella cavalcata di Salvini (che sembrava essere trionfale) verso la conquista della più rossa tra le regioni d’Italia, le Sardine hanno risvegliato l’anima movimentista e valoriale di un elettorato che sembrava intorpidito. In questo spinto anche dai sondaggi dell’epoca che sembravano predire un esito elettorale chiaramente a favore della candidata del centrodestra Lucia Borgonzoni.
Mentre le Sardine spingevano in piazza un elettorato progressista in funzione anti-Salvini, Bonaccini al contrario rivendicava la buona amministrazione della regione negli ultimi cinque anni, forte anche di indicatori economici e sociali tra i più positivi d’Italia. Non è un caso quindi che il candidato del centrosinistra abbia deciso di puntare sul suo buon governo durante la campagna elettorale. Ed il buon governo ha senz’altro pagato, come sembra chiaro dal trend dei dati relativi al voto al solo presidente e al voto disgiunto che nel complesso hanno premiato il candidato di centrosinistra: in altre parole un effetto-Bonaccini sembra esserci stato.
Tuttavia, in una campagna fortemente politicizzata e nazionalizzata da Matteo Salvini, la contro-risposta sul piano nazionale e valoriale è arrivata con il movimento delle Sardine. Questo, difatti, al contrario del candidato di centrosinistra si è speso per spostare il conflitto su un piano diverso: conflittuale e valoriale, catalizzato dalle scelte del leader della Lega. Non è un caso che subito dopo l’Emilia-Romagna le manifestazioni del movimento si siano succedute in altre parti d’Italia.
Questa contrapposizione tra il movimento delle Sardine e la “bestia” leghista ha pagato elettoralmente, nel senso di mobilitare l’elettorato di centrosinistra. Questo è quello che mostra la Figura 1 che sintetizza i dati provenienti dall’esclusiva indagine condotta dal CISE pochi giorni prima del voto tra gli elettori emiliano-romagnoli (CATI-CAMI, N=1004). A parità di istruzione, genere e orientamento ideologico, difatti, tra chi dà un giudizio positivo nei confronti delle Sardine la probabilità di votare per il candidato del centrosinistra è significativamente più alta, mentre il trend è esattamente opposto (e significativo) per chi ha un giudizio negativo, ovvero sia la probabilità di votare la candidata del centrodestra è significativamente più alta. E’ importante sottolineare che l’orientamento ideologico è gia compreso tra le variabili di controllo del modello: in altre parole, gli effetti mostrati non possono essere imputati all’ideologia degli intervistati, ma si sommano a questa.
Fig. 1 – Probabilità stimata di voto per i due candidati per giudizio sulle Sardine a parità di istruzione, genere e orientamento ideologico. Nota: I risultati sono stimati su un campione CATI-CAMI (N=1004) con binomial logistic regression
Questi dati mostrano, quindi, come accanto all’accento sul regionalismo della tornata elettorale su cui Bonaccini ha improntato il suo messaggio elettorale, la competizione in Emilia-Romagna si è giocata anche ad un livello che potremmo definire “valoriale”, di contrapposizione ideologica tra un messaggio più legato ai valori tradizionali della sinistra -incarnato dalle Sardine-, e quello conservatore e securitario, chiaramente di destra, di Matteo Salvini (e Lucia Borgonzoni).
Un risultato questo che sembra essere in linea con una spiegazione multi-fattoriale e composita della vittoria di Bonaccini: per un verso, si è trattato di una vittoria spinta dalla buona amministrazione; per un altro verso, invece, fondamentale è stato l’apporto derivante dalla mobilitazione di piazza dei valori cari a una parte dell’elettorato di sinistra.