Continuando la nostra indagine sui risultati del voto del 4 marzo nelle principali città italiane, analizziamo qui il risultato osservato a Genova. Il capoluogo ligure, seppur costantemente in calo per numero di abitanti dopo il picco di inizio anni ’70 (quando superava le 800.000 unità), ed estromessa da Palermo a partire dal censimento ’81 dal novero delle cinque città più popolose del paese, si mantiene comunque al sesto posto, ampiamente sopra il mezzo milione di abitanti. Inoltre è l’unico caso, oltre a quello torinese già analizzato, per cui abbiamo potuto reperire i dati a livello di sezione, necessari per stimare i flussi elettorali[1].
Rispetto al 2013, i risultati del 4 marzo a Genova confermano il M5S primo partito (Tab. 1), stabile anche nel risultato, come del resto nel Nord in genere. Il lieve calo costa però al Movimento la palma di prima coalizione del capoluogo, conquistata dal centrodestra (in crescita di 13 punti dal 2013), per una manciata di voti – circa 300. Nella coalizione vincente, esplode la Lega che moltiplica di 8 volte i propri voti assoluti, e, complice il calo di 4 punti della partecipazione, di 9 volte il proprio risultato percentuale.
Solo terzo il centrosinistra, che arretra di quasi 8 punti, fermandosi al 27,5%, a circa 4 punti dalle due forze principali. Si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana se guardiamo alla storia elettorale della Seconda Repubblica a Genova. A partire dal 1994, infatti, il centrosinistra aveva sempre raccolto più voti di tutti i rivali. Fino al 4 marzo.
Tab. 1 – Risultati elettorali a Genova, 2013 e 2018
Tuttavia, questo risultato appare in linea con la più recente storia elettorale del capoluogo ligure. Dopo le europee del 2014, quando il PD toccò il proprio massimo (raccogliendo il 44,6%), e le tre forze del centrodestra insieme non raggiungevano il 17% (peraltro in elezioni con affluenza bassa, e quindi con un totale di voti raccolti di poco superiore a 45.000), si è assistito a un progressivo smottamento dell’elettorato di centrosinistra, e a una parallela crescita delle forze di centrodestra. Già l’anno successivo, le elezioni regionali vinte da Toti su Paita, dopo la sconfitta di Cofferati alle primarie e la candidatura di Pastorino a sinistra della Paita, segnarono un primo, forte campanello d’allarme per la tenuta del consenso di Renzi, e il successo della sua strategia politica di conquista del centro nella convinzione che “lì si vincano le elezioni”. Nel capoluogo, il centrosinistra perdeva 15 punti rispetto alle europee, il centrodestra riusciva a più che raddoppiare i propri voti, conquistando oltre un terzo delle preferenze. Così, la Paita si ritrovava oltre 5 punti dietro Toti a Genova: addirittura terza, dietro anche al M5S, che si manteneva stabile rispetto alle Europee (attorno al 28%), qualche punto sotto il risultato delle politiche.
L’anno scorso, poi, a cadere è stato il comune di Genova stesso, che per tutta la Seconda Repubblica era stato governato da amministrazioni di centrosinistra. Il candidato del centrodestra, Bucci, con il 38,8%, era davanti di 4 punti sul rivale di centrosinistra già al primo turno, e aveva poi vinto con 10 punti di margine al ballottaggio. Insomma, il risultato del 2018 si inquadra perfettamente con quanto avvenuto nel corso della XVII legislatura, e non può essere, per quanto storico, considerato inatteso. Per capire meglio cosa sia avvenuto nell’elettorato nel corso di questi cinque anni, abbiamo stimato i flussi elettorali a Genova fra politiche 2013 e 2018.
Poco meno della metà degli elettori di Bersani nel ’13 hanno rivotato centrosinistra quest’anno (Tab. 2). Un ottavo ha scelto LeU: si tratta della più alta capacità di attrazione esercitata sull’elettorato bersaniano 2013 da LeU fra tutti i casi analizzati (esattamente pari a quello padovano): ogni 33 elettori genovesi ve ne è uno che ha votato LeU dopo avere votato centrosinistra nel 2013. La presenza di candidati uninominali particolarmente noti (quali Cofferati e Pastorino), così come la più antica nascita di una sinistra ex PD a sinistra del PD di Renzi (che, come detto, in Liguria ha ormai tre anni di età, essendo nata alle regionali 2015), possono avere influito su questo relativamente buon risultato di LeU. Tuttavia, si segnalano due flussi in uscita dal centrosinistra 2013 che sono numericamente più rilevanti: quello verso il non voto (13%) e, ancor di più, quello verso il M5S (17% dei voti 2013 di Bersani, il 4,3% dell’elettorato, ovvero un genovese su 23). Vi è poi una ulteriore fuoriuscita che risulta statisticamente significativa: quella verso la Lega, pari a un elettore ogni 77.
L’elettorato 2013 del M5S è stato molto più compatto: il 72% del totale ha confermato la propria scelta; il 18%, ha invece defezionato, preferendo la Lega. Questo flusso è esattamente tanto numeroso quanto quello da Bersani al Movimento: un elettore ogni 23. Un genovese su 80 si è invece astenuto nel ’18 dopo avere votato M5S nel ’13.
Il quadro del centrodestra è straordinariamente simile a quello osservato in altri casi che abbiamo analizzato. Appare sostanzialmente spaccato a metà fra Lega e Fi, ciascuna scelta dal 44% del totale; con poi i consueti flussi significativi verso il non voto, e quello sorprendente verso il centrosinistra 2018 (emerso in tutte le città analizzate fin qui). Quest’ultimo flusso vale un genovese su 98.
A Genova, infine, quasi il 60% dell’elettorato di Monti ha votato per le forze di centrosinistra il 4 marzo, mentre poco più di un terzo ha scelto i partiti del centrodestra. Ovvero, per ogni elettore montiano che ha votato a destra, ce n’è uno e mezzo che ha scelto il centrosinistra.
Tab. 2 – Flussi elettorali a Genova fra politiche 2013 e 2018, destinazioni (clicca per ingrandire)
Alla luce di questi spostamenti di elettori, come sono formati oggi gli elettorati dei diversi partiti? La risposta è mostrata nella Tabella 3. La composizione del centrosinistra 2018 appare di nuovo molto simile a quella evidenziata a Rimini, Padova e Torino: circa il 70% da Bersani ’13, tra un quarto e un quinto da Monti, e una piccola ma non irrilevante quota dal centrodestra 2013 (qui il 7%). Solo a Reggio Calabria e Prato gli ingressi da Monti pesano significativamente meno (un decimo circa), e gli elettori fedeli di più (attorno all’80%).
A Genova il M5S mostra un tasso di ricambio interno al proprio elettorato piuttosto basso se comparato con gli altri casi fin qui analizzati: oltre i tre quarti dei suoi elettori ’18 lo erano già nel ’13. Il resto erano elettori di Bersani. Solo a Rimini la quota di elettori fedeli era ancora più pesante sul totale (l’80%).
Meno dei due terzi dell’elettorato di Forza Italia aveva già votato Berlusconi cinque anni fa. Il resto, nonostante l’arretramento del partito guidato da Berlusconi, sono nuovi elettori. Vengono, in parti uguali, da Monti e dal non voto. Questa è l’unica rimobilitazione di astenuti 2013 statisticamente significativa in tutta Genova. Anche il bacino 2018 della Lega mette insieme elettori con tre diverse provenienze. Il 40% circa aveva votato Berlusconi nel’13, una quota identica aveva invece scelto il M5S, infine oltre un decimo erano elettori di Bersani. Di nuovo, si tratta di una composizione che abbiamo già visto: a Torino e Rimini, anche se in nel primo caso gli elettori moderati erano un po’ di più (il 50%), e nel secondo la quota di elettori bersaniani era più rilevante (un quinto).
Tab. 3 – Flussi elettorali a Genova fra politiche 2013 e 2018, provenienze (clicca per ingrandire)
Il diagramma di Sankey visibile sotto (Figura 1) mostra in forma grafica le nostre stime dei flussi elettorali a Genova. A sinistra sono riportati bacini elettorali del 2013, a sinistra quelli del 2018. Le diverse bande, colorate in base al bacino 2013 di provenienza, mostrano le transizioni dai bacini 2013 a quelli 2018. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori. (https://www.jonesaroundtheworld.com) La Figura 1 permette di mettere in evidenza quattro flussi che, curiosamente, sono esattamente di pari consistenza (ovvero un elettore su 23): i due rami blu in cui si divide il bacino 2013 di Berlusconi, la banda rossa da Bersani al M5S ’18, e quella gialla dal M5S ’13 alla Lega di Salvini.
Fig. 1 – Flussi elettorali a Genova fra politiche 2013 (sinistra) e 2018 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)
Riferimenti bibliografici
Carrieri, L. (2017), ‘Scosse telluriche a Genova: lo storico sorpasso del centrodestra sul centrosinistra. I risultati e i flussi elettorali’, in Paparo, A. (a cura di), La rinascita del centrodestra? Le elezioni comunali 2017, Dossier CISE(9), Roma, Centro Italiano di Studi Elettorali, pp. 141-148.
Carrieri, L. , e Paparo, A. (2017), ‘I flussi elettorali a Genova: Bucci vince grazie ai voti 2013 del M5s’, in Paparo, A. (a cura di), La rinascita del centrodestra? Le elezioni comunali 2017, Dossier CISE(9), Roma, Centro Italiano di Studi Elettorali, pp. 231-236.
De Sio, L. (2015), ‘Il Renzi che vince e il Renzi che “non vince”’, in Paparo, A., e Cataldi, M. (a cura di), Dopo la luna di miele: Le elezioni comunali e regionali fra autunno 2014 e primavera 2015, Dossier CISE(7), Roma, Centro Italiano di Studi Elettorali, pp. 309-312.
Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.
Marino, B. (2015), ‘Sorpresa Toti, la Liguria torna a destra dopo 10 anni’, in Paparo, A., e Cataldi, M. (a cura di), Dopo la luna di miele: Le elezioni comunali e regionali fra autunno 2014 e primavera 2015, Dossier CISE(7), Roma, Centro Italiano di Studi Elettorali, pp. 253-258.
Paparo, A., e Cataldi, M. (2015), ‘Conclusioni’, in Paparo, A., e Cataldi, M. (a cura di), Dopo la luna di miele: Le elezioni comunali e regionali fra autunno 2014 e primavera 2015, Dossier CISE(7), Roma, Centro Italiano di Studi Elettorali, pp. 313-316.
Schadee, H.M.A., e Corbetta, P.G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino
NOTA METODOLOGICA
I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman alle 653 sezioni elettorali del comune di Genova. Abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Si tratta di 19 unità in tutto. Abbiamo effettuato stime separate in ciascuno dei tre collegi uninominali della Camera in cui è diviso il comune di Genova, poi riaggregate nelle matrici cittadine presentate qui. Il valore medio dell’indice VR nelle tre analisi è pari a 13,3.
[1] Ringraziamo l’Ufficio Elettorale del comune di Genova per averci messo a disposizione i dati in questione.