La lunga battaglia: chi può ancora sperare di convincere gli indecisi?

Gli esiti del sondaggio pubblicati da Il Sole 24 Ore tratteggiano una situazione molto incerta.

Scarse appaino, difatti, le possibilità che vi sia una maggioranza politica nel prossimo Parlamento: il centro-destra – la coalizione più vicina alla maggioranza assoluta dei seggi – sembra rimanere ancora distante dalla agognata quota 316. Tuttavia, se da un lato la sempre maggiore volatilità del voto – fenomeno non legato solo al caso italiano – dovrebbe portare ad un supplemento di cautela nel leggere i dati, dall’altro è possibile trarre ulteriori considerazioni dai dati emersi dal sondaggio, focalizzandosi in particolare sulla cosiddetta area grigia. In parole povere, l’area grigia è quella parte del campione che a) pur essendo sicuro di recarsi alle urne, non ha ancora deciso chi votare o che b) è incerto sulla propria partecipazione al voto e, se dovesse decidere di esprimere una preferenza, ancora non ha ancora a chi accordarla.
Per rendere l’idea stiamo parlando di un 25% del campione: quello che, sostanzialmente, potrebbe decidere l’esito della tornata elettorale di marzo.

Chi fa parte dell’“area grigia”?

Per ciò che concerne la distribuzione geografica degli indecisi, la radiografia del sondaggio non mostra scostamenti rilevanti: la distribuzione tra Nord (39,0), Zona Rossa (15,3%) e Sud (45,7%) degli indecisi ricalca quella del campione (rispettivamente 39,2%, 16,9%, 43,9%) con una lieve sovra-rappresentazione del Sud tra gli indecisi.

Come si è distribuito il voto dell’area grigia nel 2013?

La questione nodale per i partiti riguarda il precedente posizionamento degli indecisi. Come era lecito attendersi, la maggioranza relativa degli appartenenti all’area grigia non aveva votato nel 2013 (42,8%). Gli astenuti del 2013 nel campione totale sono solamente il 27%, segno che chi era indeciso cinque anni fa, non sembra essersi fatto le idee più chiare in questa turbolenta legislatura. La sovra-rappresentazione degli astenuti del 2013 tra gli indecisi, si registra con percentuali simili, anche quando si analizzano i dati sul referendum: mentre il 33,8% del campione dichiara di non aver votato, tra gli indecisi questa percentuale tocca il 45,7%. Questo dato può indurre ad una prima (sommaria) conclusione: di coloro che non hanno sciolto le riverse sul voto, una buona parte negli non si è recata alle urne in due cruciali appuntamenti; se ciò dovesse accadere nuovamente, si restringe considerevolmente il bacino di indecisi da cui i partiti potrebbero attingere ulteriori voti. Molto più rilevante è il fatto che solo il 7,8% degli indecisi ha dichiarato di aver votato il Movimento 5 Stelle nel 2013 (16,9% nel campione), mentre una discrasia minore si registra tra il campione (19%) e gli indecisi (13,5%) che hanno votato per partiti afferenti al centrodestra. Parimenti interessante è il fatto che nell’area grigia si trovi un discreto numero di elettori “centristi” (8,8% contro il 6,2% del campione), ossia coloro che avevano votato per il prof. Mario Monti. Questi elettori, se decideranno di recarsi alle urne, potrebbero risultare decisivi nei collegi uninominali dove le due coalizioni – centrosinistra e centrodestra – e il Movimento 5 Stelle sono appaiati.  Infine, se si guarda al referendum tanto il fronte del Sì (23,8%) quanto quello del No (30,5%) tra gli indecisi è inferiore rispetto al campione (rispettivamente 28,2% e 38,1%).

Tabella 1 – Confronto fra gli indecisi e il totale del campione (clicca per ingrandire)area grigia

Conclusioni

I dati del sondaggio sembrano indicare che nessuna compagine possa aspirare ad una maggioranza assoluta dei seggi. Tuttavia, le prossime tre settimane di campagna elettorale vedranno schierati tutti i principali esponenti politici per la caccia agli ultimi voti disponibili sul mercato elettorale. Ebbene, il territorio di caccia sarà proprio l’area grigia rappresentata dagli indecisi. Questa consistente porzione di elettorato con il proprio voto potrebbe far pendere la decisiva bilancia dei collegi uninominali (e ovviamente quella del proporzionale) verso l’una o l’altra forza. I risultati del sondaggio mostrano che, qualora il trend non si inverta, circa il 40% degli indecisi sia destinato a non andare alle urne (come accaduto nel 2013 e per il referendum). La quota di indecisi potenzialmente attivabili potrebbe dunque restringersi ulteriormente. Il dato significativo è che la quota di indecisi che aveva accordato la propria preferenza al Movimento 5 Stelle è alquanto ridotta. Questo non vuol dire che il movimento guidato da Di Maio sia arrivato ad un punto di saturazione; piuttosto significa che, volendo indirizzare il proprio appello agli indecisi, Di Maio stesso dovrà guardare a chi ha votato nel 2013 al centrodestra e al centrosinistra. Per queste due coalizioni, invece, attivare i propri elettori indecisi ad accordare nuovamente la fiducia alle rispettive forze politiche potrebbe risultare cruciale per ottenere un buon esito elettorale.


NOTA METODOLOGICA

Il sondaggio è stato condotto da Demetra nel periodo dal 5 al 14 febbraio 2018. Sono state realizzate 3.889 interviste con metodo CATI (telefonia fissa) e CAMI (telefonia mobile), e 2.107 interviste con metodo CAWI (via internet), per un totale di 6.006 interviste. Il campione, rappresentativo della popolazione elettorale in ciascuna delle tre zone geografiche, è stato stratificato per genere, età e collegio uninominale di residenza. Il margine di errore (a livello fiduciario del 95%) per un campione probabilistico di pari numerosità in riferimento alla popolazione elettorale italiana è di +/- 1,17 punti percentuali. Il campione è stato ponderato per alcune variabili socio-demografiche.

Davide Vittori è post-doc fellow presso la LUISS-Guido Carli. Ha pubblicato di recente per LUISS University Press "Il Valore di Uno. Il Movimento 5 Stelle e l’esperimento della democrazia diretta". È stato visting PhD presso lo European University Institute e visiting student presso la University of Nijmegen e la Johns Hopkins University. I suoi interessi di ricerca spaziano dall'analisi delle organizzazioni partitiche al comportamento elettorale e i sistemi partitici europei. Ha pubblicato contributi per la Rivista Italiana di Scienza Politica, Comparative European Politics, Swiss Political Science Review e altre riviste. È co-curatore di una special issue su Digital Activism e Digital Democracy per l'International Journal of Communication. Ha collaborato alla stesura di alcuni degli ultimi rapporti CISE.