Telescope
-
Alleanze, legge elettorale e riforme costituzionali: intervista al Prof. D’Alimonte
Professor D’Alimonte, ha suscitato clamore l’intervista a Repubblica di Dario Franceschini. Secondo l’ex ministro, per battere la destra alle prossime elezioni politiche i partiti di opposizione dovranno presentarsi da soli. “È sufficiente” – ha spiegato – “stringere un accordo sul terzo dei seggi che si assegnano con i collegi uninominali per battere i candidati della destra”. Col Rosatellum, l’attuale legge elettorale, è tecnicamente fattibile? E lo è politicamente? Il punto di partenza del ragionamento di Franceschini è che a sinistra l’unità prima del voto è una chimera. Quindi tanto vale rinunciarci invece di perdere tempo in estenuanti mediazioni su programma, leader, ecc. Meglio dunque presentarsi alle elezioni divisi, ognuno per conto proprio. Dopo il voto, se la somma dei seggi ottenuti da tutti i partiti del centro-sinistra fosse la maggioranza assoluta, si vedrà che fare. Allora ci si siederà attorno a un tavolo e si cercherà di trovare la quadra su programma, presidente del consiglio, ecc. Ma visto che ci sono i collegi uninominali una qualche forma di accordo prima del voto va trovata per non ripetere la brutta esperienza del 2022, quando grazie alle divisioni del centrosinistra il centrodestra ha vinto l’80% dei collegi. Quindi, secondo Franceschini, nella arena maggioritaria gli attuali partiti di opposizione dovrebbero presentare dei candidati comuni spartendosi i collegi, come si faceva ai tempi della Mattarella. Ma allora c’era L’Ulivo che proiettava l’idea di una coalizione unita destinata a governare in caso di vittoria. Adesso l’accordo sarebbe solo tecnico, non politico. Nella sostanza la proposta di Franceschini servirebbe a ‘proporzionalizzare’ del tutto l’attuale sistema elettorale. Ci farebbe fare un passo indietro sulla strada della governabilità. Come si può pensare che gli stessi partiti che non riescono a mettersi d’accordo prima del voto su un programma e una leadership comuni possano farlo dopo garantendo una efficace azione di governo? L’attuale governo può piacere o meno, ma il Paese oggi ha trovato una stabilità che tanti in Europa ci invidiano. Questo è un valore da consolidare. Fig. 1 - Confronto tra la percentuale di voti e la percentuale di seggi uninominali ottenuta dalle coalizioni alla Camera nel 2022 Se il Rosatellum prevedesse allora, com’era col Mattarellum, schede elettorali diverse per il voto ai partiti nel proporzionale e per quello ai candidati nel maggioritario, se ne avvantaggerebbe il centrosinistra, proprio come ai tempi dell’Ulivo? Ai tempi del Mattarellum la possibilità di esprimere due voti su due schede diverse nella elezione della Camera (ma non quella del Senato) ha penalizzato la coalizione di centrodestra. Questo dicono i dati. Le coalizioni di Berlusconi sia nel 1996 che nel 2001 hanno preso più voti nella parte proporzionale rispetto alla parte maggioritaria, circa un milione e mezzo. Tra l’altro questo è il motivo principale della riforma elettorale del 2005 voluta fortemente da Berlusconi, che ha eliminato i collegi introducendo il proporzionale con premio di maggioranza. Allora il fenomeno era dovuto alla scarsa coesione dei partiti del centrodestra e al relativamente basso tasso di fedeltà dei loro elettori. Oggi le cose sono cambiate ma a livello di elezioni regionali si vede ancora una tendenza per cui i candidati presidenti del centrodestra a volte prendono meno voti delle liste che li sostengono, ma tutto sommato si tratta di un fenomeno più limitato. I giornali parlano del piano del governo di cambiare la legge elettorale. L’ipotesi di partenza è il Tatarellum, il sistema in vigore in molte Regioni: proporzionale con turno unico e premio di maggioranza che dà il 55% dei seggi alla coalizione vincente che supera il 40%. Vada per la Camera, ma come potrebbe applicarsi un premio assegnato su base nazionale al Senato, che da Costituzione è eletto invece su base regionale? Questa sembra essere effettivamente l’idea verso cui si sta orientando la maggioranza di governo, anche se è tutto ancora avvolto nella nebbia. Diciamo subito che il sistema non può ricalcare in toto quello delle elezioni regionali perché la sentenza della Corte sulla riforma Calderoli ha stabilito che non si può assegnare un premio di maggioranza senza una soglia minima di voti per ottenerlo. La Corte non ha fissato una soglia ma si presume che il 40 % sia compatibile con la sua sentenza. Cosa succede però se nessuno arriva a questa soglia? Le soluzioni sono due. Una è il ballottaggio tra le due liste o le due coalizioni con più voti. La seconda è la assegnazione del 100% dei seggi con formula proporzionale. È presumibile che la maggioranza di governo si orienti sulla prima soluzione. Quanto al problema del Senato mi pare di capire che ormai la maggior parte dei giuristi si sia rassegnata al fatto che si possa introdurre un premio nazionale, così come è già stata introdotta una soglia di sbarramento nazionale, a patto che ci siano altri elementi che soddisfino il requisito della regionalizzazione del sistema. Si parla di soglia al 40 %, ma ci sembra di ricordare che la sua idea è diversa. È così. Io penso che la soglia corretta sia il 50 %. Solo con questa soglia si può essere ragionevolmente certi che il vincente sia la vera preferenza della maggioranza degli elettori. Inoltre con questa soglia è praticamente certo che ci sarebbe un ballottaggio. E con il ballottaggio si farebbe il premierato. Infatti, in questo modo gli elettori sarebbero messi di fronte a una scelta netta e facilmente comprensibile tra due sole alternative e sarebbero in grado di scegliere il premier e la sua maggioranza. Si realizzerebbe una sorta di elezione ‘diretta’, appunto il premierato, senza modificare la Costituzione e quindi la forma di governo parlamentare, e senza toccare i poteri del capo dello Stato. Il candidato pur eletto ‘direttamente’ dai cittadini potrebbe essere comunque rimosso con un voto di sfiducia delle camere. Tra l’altro con il ballottaggio si valorizzano le seconde preferenze degli elettori. Perché il centrodestra avrebbe interesse ad accantonare il Rosatellum, di cui ha fortemente beneficiato nel 2022? Viene da pensare soprattutto a Lega e Forza Italia: entrambi sono sovra rappresentati in Parlamento grazie ai molti seggi ottenuti in collegi uninominali blindati per il centrodestra. Un risultato figlio del maggior peso politico dei due partiti all’interno della coalizione prima delle elezioni 2022, che oggi non esiste più. Forse che, allora, possano trarre vantaggi dalla possibile riforma? I seggi in più che avrebbero nel nuovo sistema col premio di maggioranza potrebbero "pareggiare” quelli ottenuti col Rosatellum nei collegi uninominali? Credo che le ragioni siano altre. Il Rosatellum è un sistema complicato che costringe i partiti a faticosi accordi di spartizione dei collegi. Il proporzionale con premio semplificato tutto. Ma c’è dell’altro. Il Rosatellum non può garantire che dalle urne esca una maggioranza assoluta di seggi. È successo nel 2022 per la ragione di cui abbiamo parlato sopra, e cioè le divisioni del centrosinistra. Ma se nel 2027 il centrosinistra si presentasse unito, o nella versione Ulivo 2.0 (coalizione vera) o nella versione franceschiniana (coalizione fittizia), non è detto che accada o comunque potrebbe essere una maggioranza fragile. Con il proporzionale a premio questo non succederebbe. Una riforma del sistema elettorale potrebbe convenire anche al centrosinistra, visto che il Rosatellum non è conveniente per un’alleanza asimmetrica come quella tra Pd e M5s? Per certi aspetti potrebbe convenire per le stesse ragioni discusse prima. Per altre no. Un proporzionale con premio di maggioranza elimina la possibilità di coalizioni fittizie del tipo proposto da Franceschini. Ogni partito si presenterebbe con la sua lista e con il suo simbolo. Ma per puntare al premio e quindi a vincere i partiti coalizzati devono dare l’idea di essere una coalizione vera, con un programma e una leadership condivisi. Questo è il nodo che il centrosinistra deve sciogliere. La riforma elettorale sarebbe una spinta in questa direzione. Se non lo facessero in maniera credibile il centrodestra ne sarebbe fortemente avvantaggiato. Capitolo candidati: l’ipotesi caldeggiata da Antonio Tajani è che vengano eletti con le preferenze, eccetto il capolista. A quali partiti converrebbe di più? Dipende. Per i piccoli partiti che hanno pochi seggi non cambierebbe niente. Quasi tutti i loro candidati eletti sarebbero i capilista scelti dalle segreterie di partito. Per i partiti più grandi si creerebbero due categorie di candidati: i privilegiati, che essendo capilista avrebbero il seggio garantito, e i peones, che dovrebbero conquistarsi il seggio raccogliendo preferenze. In sintesi la riforma ridurrebbe l’attuale potere assoluto dei segretari ma in misura diversa per i diversi partiti. In generale cosa pensa del progetto di riforme istituzionali del governo Meloni? È un progetto disorganico. Premierato, autonomia differenziata, legge elettorale sono questioni che andrebbero affrontate in maniera sistematica. A mio avviso sono tre le riforme su cui si dovrebbe puntare: superamento del bicameralismo paritario, voto degli italiani all’estero e sistema elettorale. Sono riforme collegate tra loro. La trasformazione del Senato in Camera delle Regioni servirebbe a razionalizzare il rapporto Stato-Regioni, semplificare il processo legislativo e facilitare l’adozione di un sistema a premio di maggioranza. Il voto degli italiani all’estero eliminerebbe il rischio che l’elezione del premier dipenda dal voto di elettori che risiedono stabilmente all’estero e con labili legami con il Paese. La riforma elettorale servirebbe a favorire la stabilità dell’esecutivo. Aggiungo che sarebbe molto importante che questo pacchetto di interventi fosse concordato con l’opposizione. Solo riforme condivise sono riforme destinate a durare. Lei parla di riformare il Senato ma quale sarebbe la reazione degli attuali senatori? Non pensa che sia una riforma difficile da far digerire? Gli attuali 200 posti di senatore vanno spostati alla Camera che da 400 deputati dovrebbe passare a 600, in linea con la composizione delle camere basse in altre grandi democrazie europee. Tra l’altro questa modifica, oltre che facilitare l’approvazione della riforma, servirebbe a migliorare anche il lavoro delle commissioni parlamentari della Camera distribuendo meglio le responsabilità tra un maggior numero di deputati.-
Redazione CISE Mar 10, 2025
-
-
Evento – Elezioni in Germania: il risultato e le prospettive future
Le ultime elezioni tedesche sono state elezioni da record: l’affluenza più alta di sempre dalla Riunificazione (82,5%), un partito di estrema destra (l’AfD) che supera il 20%, il peggior risultato da fine Ottocento nella storia ultrasecolare della Spd. Com’è potuto succedere? Quali scenari politici si delineano con Merz cancelliere e il probabile ritorno della Grosse Koalition? Cosa cambia in Europa? Ne parleremo giovedì 6 marzo alle 11:30 in un nuovo evento organizzato alla Luiss, presso il Campus di Viale Romania 32. Qui il link per la registrazione: elezioni_germania_risultato_prospettive_future-
Redazione CISE Feb 27, 2025
-
-
Evento – Political Trust and Distrust in France and Italy
Qual è lo stato della fiducia nella politica dell’opinione pubblica in Italia e Francia? Esistono differenze significative tra i due Paesi? Cos’è cambiato nell’ultimo anno rispetto a trend visibili già da tempo? Per rispondere a queste e ad altre domande, il dipartimento di Scienze Politiche della Luiss, il CISE, e il BNP-BNL Paribas Chair in French and Italian Relations in Europe hanno deciso di organizzare una tavola rotonda. Nell’evento verrà presentata e discussa l’edizione 2025 del Barometro sulla fiducia politica, un’indagine annuale giunta alla sua 16° edizione pubblicata del CEVIPOF di Sciences Po e realizzata da Opinionway grazie alla partnership tra CEVIPOF, CESE, Intériale Mutuelle, CMA-France, EDF, l’Institut de l’entreprise e la Luiss. L’evento, in lingua inglese, si terrà a Roma mercoledì 26 febbraio alle 15:00, presso il Luiss Campus di Viale Romania 32. Qui il link per la registrazione: political_trust_distrust_in_france_italy-
Redazione CISE Feb 26, 2025
-
-
Chi voterà chi? Gruppi sociali e propensione di voto ai partiti
In che modo è misurabile l’attrattività dei partiti? Quale dato, più delle intenzioni di voto, può farci capire meglio il potenziale elettorale delle forze politiche tra i diversi gruppi sociali? Nella nuova puntata di Telescope, la seconda realizzata con i dati del nostro recente sondaggio, abbiamo individuato da chi e dove i partiti hanno più possibilità di ricevere futuri consensi. Gli indicatori in questione sono le propensioni, espresse in una scala da 1 a 10, a votare un domani per uno dei cinque principali partiti italiani (FdI, Pd, M5s, Fi e Lega). Abbiamo analizzato, con un modello di regressione multivariata, l’effetto per i diversi partiti delle seguenti variabili: il sesso, la classe d’età, il livello d’istruzione, la zona geografica, il benessere economico (facilità o difficoltà ad arrivare a fine mese) e l’autocollocazione politica sull’asse sinistra-destra. Ne sono uscite conferme rispetto a caratteristiche già note degli elettorati di ciascun partito, ma anche delle sorprese, che potrebbero forse materializzarsi in termini di voto effettivo in qualche prossima elezione. Maschi o femmine? Conta di più l’età Nessun partito ha un’attrattività sensibilmente maggiore nell’elettorato maschile o in quello femminile, con valori per ciascuno racchiusi al massimo in 0,14 punti. Trend chiari appaiono invece nelle classi d’età, a partire dal Movimento Cinque Stelle, la cui attrattività diminuisce progressivamente dai più giovani (punteggio stimato di 3,67 tra i 18-29enni) ai più anziani (2,24 over 65). Al partito di Conte converrebbe quindi, almeno sulla carta, rivolgersi di più a chi ha meno di 44 anni, in particolare alla classe 18-29 anni, quella dove alle ultime europee aveva preso meno voti (8%). Un andamento anagrafico simile lo ha il Pd, attrattivo tra i giovani ma meno nelle fasce 45-54 e 55-64. Eppure, a differenza del M5s, riprende quota tra gli over 65, la classe dove non a caso ottiene di regola più voti (29% alle europee). Guardando al centrodestra, Fratelli d’Italia e Forza Italia mostrano valori più omogenei passando tra le diverse categorie. Il partito di Meloni ha una più alta attrattività tra i 30-40 e 45-54enni. Non sorprende che proprio in quest’ultimo gruppo Fdi abbia ottenuto il suo risultato migliore alle europee (ben il 37%). Pure la Lega si dimostra attrattiva negli stessi segmenti, in particolare nella fascia 30-40. Per l'opposizione spazi al Sud, nelle Isole e tra le persone più in difficoltà È interessante vedere come per i due principali partiti di opposizione la maggiore attrattività è al Centro e, ancor di più, nel Sud e nelle Isole, bacino elettorale di riferimento del M5s e tradizionale tallone d’Achille del Pd (almeno nelle elezioni politiche più recenti). I dati variano di meno nei tre partiti di centrodestra, in particolare per FdI (con punteggi previsti contenuti in una forbice di 0,15 punti). Anche tra chi afferma di avere più difficoltà di arrivare alla fine del mese i partiti di opposizione hanno maggiore attrattività, specie il M5s. Nella coalizione di governo non si riscontrano invece, effetti rilevanti in Fratelli d’Italia e Forza Italia, che quindi hanno un profilo trasversale rispetto al benessere economico; la Lega che risulta più attrattiva, nelle due categorie che stanno un po’ meglio, dichiarando comunque di avere una o più difficoltà ad arrivare alla fine del mese. L’istruzione e l’auto-collocazione politica: Pd-FdI a specchio Sul livello di istruzione il M5s non presenta picchi specifici, mentre il Pd, un po’ a sorpresa, non registra più una differenza di attrattività tra diplomati e laureati (le due categorie in cui è più attrattivo). I tre partiti di centrodestra, al contrario, sono tutti più attrattivi tra chi ha un titolo di scuola media inferiore, trend perfettamente in linea con i risultati elettorali: sempre alle europee, in questo gruppo, Fdi prese il 32%, la Lega il 13% e Fi l’11%, tutti dati superiori al loro risultato elettorale nazionale. Infine, veniamo all’autocollocazione politica sinistra-destra, dove “vincono” il Pd a sinistra (6,51) e Fratelli d’Italia a destra (7,24). Si tratta di punteggi rilevanti e fortemente caratterizzanti, perché vicini o superiori al doppio della propensione al voto media di entrambi (pari al 3,28 per il Pd e al 3,64 per FdI). Se pure di poco, la propensione a votare Pd per chi si colloca al centro è superiore a quella di FdI (3,46 contro 3,07 punti). Il M5s, impegnato ancora a chiarire la propria collocazione politica di “progressisti indipendenti”, si dimostra comunque chiaramente caratterizzato a sinistra (4,24) rispetto alla destra (1,82).-
Redazione CISE Gen 17, 2025
-
-
“Stanchi delle guerre, contro l’immigrazione e non troppo convinti del clima che cambia: ecco gli italiani, nel nostro sondaggio”
Come la pensano gli italiani su guerre, immigrazione, magistratura ed altre questioni di stretta attualità? È cambiato qualcosa rispetto a maggio, quando eravamo nel pieno della campagna elettorale per le elezioni europee? Nella nuova puntata di Telescope pubblichiamo la prima parte dell’analisi del nostro nuovo sondaggio, realizzato con metodo CAWI su un campione di 1.200 italiani maggiorenni. Dopo una panoramica sugli orientamenti generali dell’opinione pubblica, abbiamo scelto di approfondire le opinioni su un argomento specifico: il cambiamento climatico. Se ne parla dal secolo scorso, ma da meno di un decennio in modo diffuso, specie quando accadono eventi catastrofici. In questo caso ci ha spinto un tema d’attualità: l’ennesima alluvione in Emilia-Romagna, che peraltro segue la siccità in Sicilia, dove almeno due milioni di abitanti hanno l’acqua razionata una volta a settimana. Queste calamità hanno inciso sulla più ampia percezione del fenomeno? Si crede che si tratti di variazioni naturali, oppure di un cambiamento climatico dovuto alle attività umane? Il governo, nell'affrontare tutto ciò, è stato giudicato all’altezza? Ecco cosa dicono i dati della rilevazione.Gli italiani, sei mesi dopo: cresce la polarizzazione
L’opinione pubblica italiana, oggi più che a maggio, rigetta le endless wars, i conflitti che si prolungano per anni senza una fine apparente. Ciò è chiaro per gli scenari internazionali più importanti e attenzionati dai media: l’Ucraina e Gaza. Sulla prima, due terzi del campione vorrebbero che si arrivasse a una trattativa di pace con la Russia, al costo di riconoscere i territori annessi da Putin. In Medio Oriente, una fetta ancora maggiore - pari all’81%, ben 4 punti in più che in primavera - si dice contraria alla prosecuzione dell’intervento militare israeliano. Nel mezzo di queste posizioni, non sorprende che la variazione più significativa sia stata sulla creazione di un esercito comune europeo, il cui consenso perde 7 punti, scendendo sotto la soglia del 50% (49%). Ad essere contrari sono soprattutto i Millennials (52%), cioè chi ha tra 28 e 43 anni, e i Gen X (55%) ricompresi nella fascia d’età 44-59, mentre a favore restano i gruppi più anziani over 60 e, rispetto all’auto-collocazione politica, chi si definisce di sinistra (57%). Riguardo poi a vari altri temi, rispetto alla primavera varie opinioni che già erano maggioritarie hanno acquisito ulteriore forza. Due esempi su tutti: il negare l’ingresso ai movimenti anti-abortisti nei consultori, che ora raccoglie oltre il 70% delle preferenze (era il 66,4% in primavera), e il limitare l’accoglienza degli immigrati (67,7%, era il 62,9%). Quest’ultimo tema è, da almeno 15 anni, tra i più sentiti dalle opinioni pubbliche occidentali, dimostrandosi determinante in diverse elezioni. Giusto per citarne una, quella americana del mese scorso con la vittoria di Trump. L’evidenza ormai è tale per cui alcuni partiti di sinistra, o più largamente definibili “progressisti”, stanno rivedendo le proprie posizioni in merito all’argomento. Lo ha fatto, se pure tardivamente e con scarso profitto, Kamala Harris, candidata presidente del partito democratico negli Stati Uniti. Prima di lei, e con risultati fino ad ora migliori, era successo in Danimarca, ed è successo più di recente in Germania con Sahra Wagenknecht, leader del partito BSW, che ha scalzato la Linke a riferimento della sinistra radicale tedesca. Accadrà lo stesso in Italia? Completiamo la nostra panoramica con una delle questioni più divisive: i poteri della magistratura. Le opinioni su questo tema sono difficili da scalfire, perché ormai appare chiara una polarizzazione su linee partitiche. L’orientamento sul dare ai giudici più o meno poteri è rimasto pressoché invariato (appena mezzo punto in più rispetto a maggio), nonostante il dibattito politico con relative tensioni sul ddl Nordio approvato in estate, che ha eliminato l’abuso d’ufficio.Il cambiamento climatico? C'è un segmento non trascurabile di negazionisti
C’è una questione però, visibile sopra nelle tabelle, su cui la maggioranza degli intervistati si dice d’accordo (56,3%, era il 57,8% in primavera): dare la priorità alla protezione dell’ambiente, anche a costo della crescita economica. È un tema che si ricollega al più generale tema dell’ambiente, che abbiamo voluto in particolare approfondire con una domanda chiave: di fronte all’intensificarsi di eventi meteorologici estremi degli ultimi anni, gli intervistati tracciano una connessione col cambiamento climatico oppure no? La risposta è essenzialmente “sì”, ma non unanime, e con alcune interessanti specificazioni. Intanto, abbiamo rilevato questa connessione con due domande diverse: una generica, che non faceva riferimento specificamente agli eventi di quest’anno, collocata dopo domande su altri temi; e poi una molto più specifica, alla fine di varie domande sul cambiamento climatico, e che faceva invece esplicito riferimento ai fenomeni estremi di quest’anno (alluvioni in Emilia-Romagna, siccità al Sud, ecc.). Ebbene, nel primo caso il 76% degli intervistati attribuisce gli eventi estremi degli ultimi anni a un processo di cambiamento climatico (invece che normali oscillazioni climatiche); nel secondo, l’81% degli intervistati imputa gli eventi di quest’anno in Italia al cambiamento climatico prodotto dall’uomo. Tuttavia i due dati indicano una tendenza coerente: a fronte di una stragrande maggioranza che lega i due fenomeni (in linea con il consenso unanime tra gli scienziati), esiste comunque un’area tra il 20 e il 25% degli intervistati che invece nega questo collegamento. Diventa quindi di grande interesse vedere in quali gruppi è più diffuso questo atteggiamento “negazionista”. Prendendo a parametro la domanda generale, ci sono molte conferme e qualche sorpresa. La parziale sorpresa viene da un dato generazionale: percentuali di negazionisti sopra la media si trovano tra i Millennials (28-43 anni, 34%) e nei più anziani Silent Gen (gli over 79, 25%), mentre i giovani della Gen Z (17-27 anni) sono i meno negazionisti con il 16%. Gli altri gruppi sociali mostrano invece sostanziali conferme: sono più negazionisti gli uomini delle donne (30 contro 18%), i meno istruiti (30% tra elementari e nessun titolo, 24% in tutti gli altri), i più agiati economicamente (56 e 60% nelle due categorie più agiate, rispetto a valori tra il 19 e il 27% in tutte le altre categorie); quest’ultima sovrapposizione di caratteristiche (agiatezza economica, ma minore istruzione) ricorda il profilo tipico degli elettori di centro-destra: e infatti l’auto-collocazione politica ha un effetto molto forte: la percentuale di negazionisti è solo del 7% tra chi si colloca a sinistra, mentre sale al 43% tra chi si colloca a destra. È peraltro verosimile che queste domande siano anche influenzate dalla posizione del proprio partito. Quando infatti chiediamo una questione più ampia e neutrale, ovvero se il cambiamento climatico abbia contribuito a cambiare il modo di vedere il futuro dell’intervistato, risponde di sì addirittura l’83% (rispetto al 69 di maggio): segno che alcuni che si dichiarano negazionisti forse poi alla fine credono al cambiamento climatico. E non a caso, essere colpiti da eventi climatici estremi ha un effetto sulle opinioni. Chi li ha vissuti sulla propria pelle nell’ultimo anno crede infatti molto di più al cambiamento climatico rispetto a chi invece non li ha affrontati (86 contro 70%). Inoltre, gli abitanti di una zona colpita credono maggiormente che questi fenomeni siano colpa delle attività umane (68%), rispetto a chi risiede altrove (59%). E peraltro, nella batteria di domande consultabile qui sotto, si vede che il 51,2% degli intervistati dichiara di avere fatto esperienza di alluvioni, siccità, ondate di calore. È una percentuale molto alta, che ci dà l’idea della rilevanza del fenomeno. Sui rimedi adottati, infine, il parere invece è netto, e boccia l’azione del governo Meloni: per l’81% i giudizi sono negativi o molto negativi. Quale conclusione possiamo trarre da tutto ciò? Per molti anni la protezione dell’ambiente è stato un tema politicizzato da una sola direzione, dal lato ambientalista. Negli ultimi anni, tuttavia, di fronte a provvedimenti con un rilevante impatto economico sui settori legati ai combustibili fossili, si è mobilitato un fronte contrario (con successo soprattutto tra gli elettori di destra). Il tema è quindi oggi più controverso e politicizzato, e i nostri dati ormai lo mostrano chiaramente. È una dinamica tipica della politicizzazione di questo conflitto, che a questo punto non riguarda più, ad esempio, solo gli Stati Uniti, ma sembra chiaramente presente anche in Italia. Nota metodologica Il sondaggio Cise-Telescope è stato somministrato con metodologia CAWI su un campione di 1.206 intervistati, tra il 20 e il 26 novembre 2024, dalla società Demetra. Il campione è rappresentativo della popolazione italiana in età di voto per combinazione di sesso e classe di età, titolo di studio e zona geografica. Successivamente il campione è stato ponderato per sesso, combinazione di classe ed età, zona geografica e ricordo del voto espresso nella precedente elezione del 2022. Il tasso di risposta in rapporto agli inviti è stato del 40%. Il margine di errore (al livello di fiducia del 95%) per un campione probabilistico di pari numerosità è di ± 2,8 punti percentuali.-
Redazione CISE Dic 9, 2024
-
Ricerca
-
Left Governmental Power and the Reduction of Inequalities in Western Europe (1871–2020)
To cite the article: Emanuele, Vincenzo, and Federico Trastulli. 2024. “Left Governmental Power and the Reduction of Inequalities in Western Europe (1871–2020).” Perspectives on Politics: 1–20. doi: 10.1017/S1537592724000628. The article is open access and can be accessed here. Abstract Despite considerable attention in the literature, existing studies analyzing the effect of left governmental power on inequalities suffer from three main limitations: a privileged focus on economic forms of inequality at the expense of political and social ones, inaccurate measurements of left governmental power, and the analyses’ narrow time spans. This article addresses such concerns through a comparative longitudinal analysis where the impact of left governmental power on different measures of political, social, and economic inequalities is investigated in 20 Western European countries across the last 150 years. Data show that, consistent with previous literature, the Left in government has significantly reduced most forms of inequalities. However, the equalizing effect of the Left in government has decreased over time and has become not significant since the 1980s. The Left is today incapable of accomplishing its historical mission of reducing inequalities. The article discusses the rationale and implications of these findings.-
Vincenzo Emanuele Ago 20, 2024
-
-
The ‘mainstream’ in contemporary Europe: a bi-dimensional and operationalisable conceptualisation
To cite the article:
Crulli, M., & Albertazzi, D. (2024). The ‘mainstream’ in contemporary Europe: a bi-dimensional and operationalisable conceptualisation. West European Politics, 1–30. https://doi.org/10.1080/01402382.2024.2359841
The article is open access and can be accessed here.
Abstract
The aim of this article is twofold. Firstly, it offers a new definition of ‘mainstream’. Moving beyond understandings of the concept that focus exclusively on parties’ alternation in power, or their ideology/message, the article’s conceptualisation considers both supply and demand sides of politics. Hence, an attitudinal component to functional definitions is added. This implies that, to be called ‘mainstream’, certain attitudes must be shared by a majority of the public, and there must be no significant differences in their endorsement across political groups. Secondly, consideration is given to whether liberal-, social-democratic, and populist radical right (PRR) parties and attitudes meet this new reconceptualisation. While liberal- and, to a lesser extent, social-democratic parties and attitudes are indeed shown to be ‘mainstream’, the PRR is found to fall outside of the proposed definition, despite being ‘established’ on the supply side. The article concludes by underlining its wider theoretical implications.
-
Mirko Crulli Lug 3, 2024
-
-
Un polo solo Le elezioni politiche del 2022
A. Chiaramonte, L. De Sio (a cura di)
Un polo solo. Le elezioni politiche del 2022
Bologna, Il Mulino, 2024 pp. 380
ISBN 978-88-15-38818-6
È disponibile in libreria "Un polo solo", l' ottavo volume della serie, dedicata alle elezioni politiche, iniziata dai ricercatori CISE a partire dall'elezione del 1994.
Un approfondito studio delle elezioni politiche del settembre 2022, ricco di dati e analisi originali, di un gruppo di ricercatori riunito su iniziativa del Centro Italiano di Studi Elettorali (CISE). Dopo un'introduzione sul contesto pre-elettorale - la costruzione dell'offerta politica; le domande espresse dall'opinione pubblica; lo sviluppo della campagna elettorale - segue una dettagliata analisi dei risultati, con focus sulla partecipazione al voto, sui flussi e sui temi decisivi, sul rapporto tra territorio e voto, sul partito vincitore - Fratelli d'Italia. Una serie di contributi inquadra l'elezione in una prospettiva di lungo termine, analizzando gli effetti del sistema elettorale, la selezione della classe parlamentare e l'evoluzione del sistema partitico italiano. È sulla scorta di questa grande messe di dati e di analisi che si costruisce un'interpretazione complessiva che vede il «cambiamento» ancora protagonista, ma anche il ritorno in primo piano di una caratteristica del vecchio bipolarismo, per cui a fare la differenza nella competizione elettorale è stata la capacità dei partiti di «farsi polo». Ma è un polo solo che ha risposto a questo appello, decidendo così il risultato.
Indice
Premessa
I. Partiti, coalizioni e alleanze: il ritorno del primato dell’offerta, di Matteo Boldrini, Marco Improta e Aldo Paparo
II. Al cuore della rappresentanza. I temi in discussione, tra domanda dell’elettorato e offerta dei partiti, di Lorenzo De Sio, Nicola Maggini ed Elisabetta Mannoni
III. Divergenti ma non troppo? Le priorità dei cittadini e le strategie dei partiti durante la campagna elettorale, di Luca Carrieri e Cristian Vaccari
IV. Cronaca di una morte annunciata. La partecipazione elettorale in Italia, 2022, di Davide Angelucci, Federico Trastulli e Dario Tuorto
V. Un polo solo, al comando: i risultati elettorali e i flussi di voto, di Davide Angelucci, Lorenzo De Sio e Aldo Paparo
VI. Territorio e voto in Italia alle elezioni politiche del 2022, di Matteo Cataldi, Vincenzo Emanuele e Nicola Maggini
VII. Fratelli d’Italia. Radici e dinamiche di un successo annunciato, di Davide Angelucci, Gianfranco Baldini e Sorina Soare
VIII. Maggioritario di risulta. Gli effetti del nuovo sistema elettorale alla sua seconda prova, di Alessandro Chiaramonte, Roberto D’Alimonte e Aldo Paparo
IX. La rivincita della politica? Il ceto parlamentare alla prova della riduzione dei seggi, di Bruno Marino, Filippo Tronconi e Luca Verzichelli
X. Un sistema partitico deistituzionalizzato, di Alessandro Chiaramonte, Vincenzo Emanuele e Elisa Volpi
Conclusioni: un polo solo, e poi?, di Alessandro Chiaramonte e Lorenzo De Sio
Riferimenti bibliografici
-
Redazione CISE Apr 29, 2024
-
-
Open selection for a 2-year post-doc position at CISE on social media analysis (deadline Apr 10)
The selection is still open (until Apr 10). The figure we are looking for (details in the call for applications-see PDF below) will deal with quantitative social media analysis, also through computational methods, so that familiarity with Python and/or R (possibly including API access) is an important plus.
The call for applications is for a two-year post-doctoral position at Luiss Rome within the CISE-run, nationally funded (PRIN) POSTGEN project - Generational gap and post-ideological politics in Italy. The position also offers interesting teaching opportunities; moreover, due to the geographically distributed nature of the project (the Luiss unit, headed by PI Lorenzo De Sio, coordinates three more units in Milan, Bologna and Pavia), applications by non-resident young scholars will be also very seriously considered.
The project is highly innovative on several aspects, from theoretical framework to data collection and analysis, combining qualitative ethnographic interviews, questionnaire-based surveys, and social media analysis using algorithms and GenAI (see description below, or directly https://postgen.org/ ).
Position description (from the call)
The selected postdoctoral researcher will be in charge for specific tasks related to the project work package dedicated to social media, in terms of both data collection and quantitative analysis.
The ideal candidate has:
• a background in empirical social research with a quantitative approach;
• familiarity with manual and automated collection of social media data (including access to social media APIs);
• familiarity with quantitative analysis of social media data, both with human coding and with algorithmic (supervised and unsupervised) approaches;
• familiarity with common data analysis software/programming languages (Stata, R, Python);
• some record of scientific publications;
• some previous participation to international research projects.The selected researcher will actively cooperate with the project team, and will be offered the possibility of a fully-fledged research experience within the POSTGEN project, including full participation to research activities and to the dissemination of the project, ranging from participation to international conferences to significant opportunities for scientific publications on international journals.
Useful links
Call for applications
(legal document in Italian; includes English position description at the end)Application form
(deadline: 14.00 CEST of April 10, 2024)POSTGEN in a nutshell:
Background
Recent, disruptive political change in the Western world (Brexit; Trump; challenger parties across Europe; the birth in 2018 Italy of the first “populist” government in Western Europe) has deeply challenged theories of voting behavior and party competition, leading most scholars to broad explanations based on populism and irrational publics.
Recent comparative research (see the ICCP project; see De Sio/Lachat 2020) has shown more specific mechanisms: challenger parties thrive on an ability to mobilize conflict by leveraging issue opportunities across ideological boundaries. This reveals a de-ideologized context, where voters, relying less on traditional ideological alignments, reward innovative post-ideological platforms.
Still, ICCP research only scratched the surface of a possible de-ideologization process, lacking processual focus (and missed the impact of the Covid crisis, potentially leading to further change).
The POSTGEN Project
POSTGEN fills this gap by offering – on the Italian case, lying at the forefront of disruptive political change – an in-depth analysis of the mechanisms and dynamics of possible de-ideologization. It adopts a generation-aware perspective (needed for understanding change) with emphasis on younger generations, and with innovative focus on:
- time: tracing the (memory and) dynamics of the formation of political attitudes (at the individual, generational, and collective level) and their impact on political behavior;
- meanings associated to different political issues, and the (lack of) overarching ideological organization thereof;
- non-political actors and influencers, and their increasing influence in an age of crisis of epistemic authorities.
-
Redazione CISE Mar 27, 2024
Volumi di ricerca
-
Un polo solo Le elezioni politiche del 2022
-
The Deinstitutionalization of Western European Party Systems
-
Conflict Mobilisation or Problem-Solving? Issue Competition in Western Europe
-
“La politica cambia, i valori restano” ripubblicato in Open Access
-
Il voto del cambiamento: le elezioni politiche del 2018
-
Cleavages, Institutions and Competition
-
Young People’s Voting Behaviour in Europe. A Comparative Perspective
-
Terremoto elettorale. Le elezioni politiche del 2013
-
Competizione e spazio politico. Le elezioni si vincono davvero al centro?
-
La politica cambia, i valori restano? Una ricerca sulla cultura politica dei cittadini toscani
Dossier CISE
-
Online il Dossier CISE “Le elezioni amministrative del 2019”
-
The European Parliament Elections of 2019 – individual chapters in PDF
-
The European Parliament Elections of 2019 – the e-book
-
“Goodbye Zona Rossa”: Online il Dossier CISE sulle elezioni comunali 2018
-
Dossier CISE “Goodbye Zona Rossa”: Scarica i singoli articoli in PDF
-
“Gli sfidanti al governo”: Online il Dossier CISE sulle elezioni del 4 marzo
-
Dossier CISE “Gli sfidanti al governo”: Scarica i singoli articoli in PDF
-
The year of challengers? The CISE e-book on issues, public opinion, and elections in 2017
-
The year of challengers? Individual PDF chapters from the CISE e-book
-
“Dall’Europa alla Sicilia”: Online il Dossier CISE su elezioni e opinione pubblica nel 2017