Autore: Nicola Maggini

  • Netto calo dell’affluenza nei comuni superiori al voto

    Netto calo dell’affluenza nei comuni superiori al voto

    Il primo dato di cui tenere conto per analizzare l’esito di queste elezioni amministrative è, come sempre, quello relativo alla partecipazione elettorale. Osservando i 149 comuni superiori ai 15.000 abitanti al voto[1], l’affluenza è stata del 58,5%, con un netto calo di 7,5 punti rispetto alle precedenti comunali (vedi Tabella 1). Se il termine di raffronto sono le politiche del 2013, in questo insieme di comuni il calo è stato di ben 14,1 punti. Al contrario, rispetto alle europee del 2014 l’affluenza è aumentata di 5,1 punti. Da questo punto di vista quindi queste elezioni sono state un evento più “sentito” delle elezioni per il Parlamento Europeo. In ogni modo il calo rispetto alle precedenti comunali è stato considerevole e questo dato potrebbe riflettere la sempre maggiore disaffezione degli elettori nei confronti della politica, già ampiamente documentata anche dalle analisi dell’Osservatorio politico del CISE. Un tale crollo della partecipazione è un dato tanto più allarmante se pensiamo che si è trattato non di elezioni politiche bensì amministrative: la competizione per la scelta del sindaco e la corposa presenza, un po’ in tutti i comuni, di liste e candidati consiglieri, avrebbe potuto tenere il tasso di affluenza ad un livello non molto inferiore al passato, ma non è stato così. Anche le elezioni comunali scontano il clima di antipolitica dilagante nel paese.

                Disaggregando questo dato tra le diverse zone geopolitiche[2], notiamo una partecipazione più alta al Sud (62,2%), rispetto alla Zona Rossa (56,2%) e al Nord (54,5%). Questa maggiore affluenza al Sud non è un dato sorprendente, ma in linea con la tradizione delle elezioni comunali, come mostrato anche dall’analisi della tornata amministrativa del 2016 (Emanuele e Maggini, 2016).  Si conferma cioè come il Sud, che alle politiche tende a partecipare meno del resto del paese (-11,2 punti rispetto alle altre due zone nel 2013), alle amministrative sia l’area con la maggiore affluenza. Tuttavia, rispetto alle precedenti comunali, il calo è generalizzato, senza grandi differenze tra le tre aree del paese. Interessante notare il fatto che, rispetto alle elezioni europee, c’è stata una diminuzione dei votanti soprattutto al Nord (-6,3 punti), mentre nella Zona Rossa è stata più contenuta (-2,9 punti). Al contrario, si è registrato un netto incremento al Sud (+16,1 punti), trainando così il dato nazionale complessivo (+5,1 punti). Questo dato dimostra in modo lampante la peculiarità delle elezioni comunali, dove il voto personale (espresso tramite lo strumento del voto di preferenza e del voto al candidato sindaco) è molto importante, soprattutto nel contesto meridionale, in contrasto invece con il voto delle elezioni europee dove pesano di più il voto di opinione e le logiche politiche nazionali. A conferma dell’importanza percepita delle elezioni comunali al Sud e della loro peculiarità rispetto al resto del paese, si noti come rispetto alle elezioni politiche il calo è stato solo di 4,6 punti, mentre nelle altre due zone si è assistito a un crollo di oltre 20 punti percentuali. Si conferma quindi come nelle regioni meridionali l’affluenza alle comunali sia simile a quella di un’elezione politica, anche se in calo rispetto al passato. A tal proposito, basti pensare che nelle precedenti comunali la partecipazione elettorale al Sud era stata del 69,7%, ossia più alta dell’affluenza alle politiche del 2013 (66,8%).

                In linea con le precedenti comunali, la disaggregazione per dimensione demografica[3] dei comuni rivela che la partecipazione è inversamente proporzionale alla grandezza delle città. Nei comuni compresi tra 15 e 50.000 abitanti ha votato in media il 61,5% degli elettori, contro appena il 51,9% delle tre maggiori città (Genova, Palermo, Verona) e il 58,4% dei comuni tra 50.001 e 250.000 abitanti. Al contrario, analizzando il dato per le ultime elezioni politiche ed europee, la dimensione demografica non aveva una forte influenza sulla partecipazione elettorale. Infatti nei comuni piccoli e medi la partecipazione al voto era praticamente identica, mentre nelle tre grandi città era inferiore di pochi punti rispetto ai comuni piccoli (al contrario in queste elezioni comunali tale differenza è di quasi 10 punti). Questo dimostra il fatto che le comunali sono molto sentite nei comuni più piccoli, soprattutto al Sud. In ogni modo, come visto a proposito delle zone geopolitiche, rispetto alle precedenti comunali il calo dell’affluenza è generalizzato, senza grandi differenze tra i comuni piccoli e quelli medio-grandi. Rispetto alle politiche, invece, il calo nei piccoli comuni, seppur molto consistente (-12,2 punti), è meno marcato rispetto alla media delle altre due classi demografiche. Inoltre, se il termine di confronto sono le europee, l’incremento di partecipazione è molto più marcato e superiore alla media nei piccoli comuni (+7,7 punti).

    Tab. 1 – Riepilogo dell’affluenza nei 149 comuni superiori al voto e confronto con le elezioni precedenti

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    Disaggregando il dato nei 25 comuni capoluogo al voto (vedi Tabella 2), l’affluenza è stata inferiore rispetto al dato complessivo dei comuni non capoluogo (55,8%), ma con un calo identico a quello riscontrato nell’aggregato complessivo (-7,5 punti rispetto alle comunali precedenti). Spicca il dato di alcuni comuni del Sud, con partecipazione superiore al 70%: Rieti, Frosinone, Catanzaro e Lecce. Nettamente superiore alla media (58,7%), è stata anche l’affluenza a L’Aquila (67,8%). Al contrario la partecipazione è stata molto bassa a Parma (53,7%), Palermo (52,6%), Monza (51,9%), Belluno (50,3%), Lucca (49,4%), Como (49,1%) e Genova (48,4%). Di più di due punti sotto la media è stata anche la partecipazione a Piacenza e Pistoia. Como, Palermo, Parma e Verona sono anche i comuni dove l’affluenza cala di più rispetto alle comunali precedenti, andando dai -11,2 punti percentuali di Como ai -10,6 di Palermo. Un’altra città dove il calo è molto marcato è Cuneo che passa dal 68,8% al 58,7% (-10,1 punti percentuali). Gli unici comuni capoluogo dove l’affluenza rimane pressoché identica sono La Spezia e Catanzaro (-0,6 e -0,7, rispettivamente). Molto contenuta (-1,9) è anche la flessione a Pistoia, dove l’affluenza come già detto non è però particolarmente alta (55,6%). Le altre città dove il calo è stato più contenuto, ossia inferiore ai 4 punti percentuali, sono Gorizia, Frosinone, Lecce, Lodi, Rieti, Taranto. Si tratta cioè per la maggior parte di città del Sud dove in generale si è votato di più.

                In generale, comunque, quello registrato alle recenti comunali non è stato un crollo inatteso dell’affluenza, ma un calo in linea con i trend generali degli ultimi anni, simile ad esempio a quello registrato nella tornata amministrativa del giugno 2016 (Emanuele e Maggini, 2016). Da questi dati sull’affluenza emergono quindi due elementi importanti, uno in linea con i trend degli ultimi anni e l’altro in forte continuità con il passato: il primo è quello del netto e generalizzato calo dell’affluenza (indipendentemente dalla zona geopolitica o dalla dimensione demografica considerata), con la tendenza (già in parte emersa alle regionali 2010) sempre più marcata della Zona Rossa ad avvicinarsi al resto del Nord perdendo il proprio tratto distintivo di alta partecipazione. L’elemento di continuità con la storia elettorale del paese è invece rappresentato dalle regioni meridionali che rispondono più volentieri alla chiamata alle urne rispetto al resto d’Italia quando si tratta di attribuire un voto che è molto più “personale” (al sindaco e al consigliere) che “politico”.

    Tab. 2 – Affluenza nei 25 comuni capoluogo al voto e confronto con le precedenti comunali.

    Tab2

    Riferimenti bibliografici

    Chiaramonte, A. e De Sio, L. (a cura di) (2014), Terremoto elettorale. Le elezioni politiche del 2013, Bologna, Il Mulino.

    Corbetta, P., Parisi, A. e Schadee, H. (1988), Elezioni in Italia. Struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, Il Mulino.

    Diamanti, I. (2009), Mappe dall’Italia politica. Bianco, rosso, verde, azzurro… e tricolore, Bologna, Il Mulino.

    Emanuele, V. (2011), ‘Riscoprire il territorio: dimensione demografica dei comuni e comportamento elettorale in Italia’, in Meridiana– Rivista di Storia e Scienze Sociali, 70, pp. 115-148.

    Emanuele, V. (2013), ‘Il voto ai partiti nei comuni: La Lega è rintanata nei piccoli centri, nelle grandi città vince il PD’, in L. De Sio, M. Cataldi e F. De Lucia (a cura di), Le Elezioni Politiche 2013, Dossier CISE (4), Rome, Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 83-88.

    Emanuele, V. e Maggini, N. (2016), ‘Calo dell’affluenza, frammentazione e incertezza nei comuni superiori al voto’, in V. Emanuele, N. Maggini e A. Paparo (a cura di), Cosa succede in città? Le elezioni comunali 2016, Dossier CISE (8), Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 49-56.

    [1] Sono esclusi 11 comuni che nelle precedenti comunali risultavano ancora inferiori ai 15.000 abitanti, e i cui risultati non sono pertanto comparabili (si votata in un turno unico e con un sistema elettorale diverso). In ogni modo, anche nel totale dei 160 comuni superiori al voto, l’affluenza è stata del 58,5%.

    [2] Sul concetto di zone geopolitiche e le diverse classificazioni proposte, vedi Corbetta, Parisi e Schadee (1988), Diamanti (2009), Chiaramonte e De Sio (2014).

    [3] Per un’analisi del rapporto tra dimensione demografica dei comuni e comportamento elettorale in Italia vedi Emanuele (2011; 2013), Emanuele e Maggini (2016).

     

  • La struttura delle issue opportunities per i partiti del Regno Unito: agenda economica di sinistra vs sciovinismo britannico

    La struttura delle issue opportunities per i partiti del Regno Unito: agenda economica di sinistra vs sciovinismo britannico

    (Traduzione in italiano di Elisabetta Mannoni)

    Partendo dagli strumenti forniti dalla issue yield theory (De Sio and Weber 2014), l’analisi si basa sui dati raccolti dal CISE tramite un’inchiesta CAWI lanciata poche settimane prima delle elezioni generali nel Regno Unito. Analogamente a quanto già fatto prima delle elezioni parlamentari in Olanda lo scorso marzo e delle presidenziali francesi lo scorso aprile, ci basiamo su un metodo innovativo di misurazione delle tematiche posizionali, che fornisce un indice cosiddetto di issue yield comune per questa tipologia di tematiche. Le tematiche posizionali sono generalmente definite in riferimento a due obiettivi opposti (ad esempio, moralità progressista vs tradizionalista): la misura di issue yield permette di valutare la presenza di eventuali opportunità strategiche legate ad una certa tematica, per i singoli partiti.

    Le due dimensioni chiave sviluppate inizialmente nel modello di issue yield per i temi posizionali sono il consenso (quanto una determinata policy è supportata dall’opinione pubblica) e il consenso nel partito (quanto è supportata all’interno del partito) [1]. Le due dimensioni corrispondono all’obiettivo ideale di ogni partito: l’abilità nel mantenere la propria base elettorale intatta, con la possibilità di raggiungere un elettorato potenzialmente più ampio. Questo obiettivo viene idealmente raggiunto enfatizzando le tematiche su cui il partito è internamente unito, e su cui magari anche molti elettori fuori del partito sarebbero d’accordo.

    Per quanto riguarda le prossime elezioni in Gran Bretagna, l’indice di issue yield permette di rispondere ad una domanda fondamentale: qual è, in termini elettorali, l’agenda ideale per ciascun partito? Quale selezione di temi fornirebbe il migliore esito elettorale per ogni partito? La configurazione delle tematiche è la cosa più importante, in quanto mostra la migliore opportunità strategica e il minor rischio per ciascun partito; possiamo poi confrontarla con la scelta effettiva dei temi che i partiti hanno enfatizzato nel corso della campagna elettorale, e quindi valutare quanto strategica sia stata la loro campagna. Ora faremo questo confronto in termini aneddotici, mentre nel giro di qualche settimana saremo in grado di porre la questione in termini quantitativi, dopo aver codificato la comunicazione dei partiti su Twitter.

    La issue yield applicata a tutti i partiti può spiegare perché alcuni partiti abbiano (potenzialmente) più successo di altri. Ai fini di questa analisi, ci siamo concentrati sui sette partiti principali, stando ai sondaggi di opinione: Conservative Party, Labour Party, Liberal Democrats, United Kingdom Independence Party (UKIP), Scottish National Party (SNP), Greens, Plaid Cymru.

    Le tabelle che seguono mostrano le tematiche (e i relativi partiti) in base all’indice di issue yield, dal valore più alto al più basso. I risultati mostrano come i partiti possano trarre vantaggio dalla competizione su alcuni temi specifici.

    La Tabella 1 mostra i risultati delle issue yields per i partiti di destra: UKIP e Conservatori. In primis, l’UKIP ha dei punteggi molto alti (intorno al 90%)  per ciò che concerne il consenso all’interno del suo elettorato su due temi legati all’immigrazione: “ridurre l’accesso al welfare per gli immigrati” e “proibire il velo islamico negli spazi pubblici”. Inoltre, la tematica legata alla xenofobia culturale (“richiedere agli stranieri in Gran Bretagna di adattarsi completamente alla cultura britannica”) mostra di avere una percentuale di consenso interna al partito pari all’84%, analogamente alle tematiche anti-UE quali “lasciare l’Unione Europea” e “porre fine alla libertà di movimento delle persone dall’UE in Gran Bretagna” (85%). Tutte queste tematiche mostrano una issue yield molto alta, tra 0.90 e 0.84. Un secondo elemento della struttura delle opportunità strategiche per l’UKIP è che può far leva su un originale pacchetto di tematiche con buoni ritorni elettorali: ostilità verso i migranti e posizioni antieuropee, ma anche redistribuzione economica (sulla riduzione delle differenze di reddito e sull’abolizione dei “contratti a zero ore” per i lavoratori, il punteggio è rispettivamente di 0.84 e 0.83).

    Questo risultato è in realtà molto simile a quanto emerso già dai sondaggi in Olanda e Francia. Anche in questi due paesi il PVV di Wilders e Marine Le Pen si sono trovati di fronte ad una configurazione di tematiche che poteva giovare, tramite una strategia basata sul “cherry-picking” anziché sulle ideologie tradizionali di destra e di sinistra.

    Da un lato, l’UKIP è molto competitivo sulle tematiche “demarcazioniste” (Kriesi at al., 2006), legate all’immigrazione e soprattutto all’Unione Europea; dall’altro, è anche competitivo in una certa misura su tematiche economiche tradizionalmente di sinistra, legate alla difesa della protezione sociale.

    Infine, sul mantenimento delle armi nucleari britanniche (il “Trident”) mostra di avere una buona issue yield (0.77).

    Quanto ai Conservatori, come l’UKIP, un buon ritorno elettorale (0.82) è garantito da un tema anti immigrazione (“restringere l’accesso al welfare per gli immigrati”), ma questo si trova solo al terzo posto e con un punteggio inferiore a quello ottenuto dall’UKIP sullo stesso tema.

    Dobbiamo sottolineare che la issue yield per un partito non è un valore assoluto, ma deve essere considerata in relazione alla issue yield di altri partiti. Ovvero, dobbiamo guardare alla graduatoria delle issue yield. A tal proposito, le altre tematiche anti-UE e anti-immigrazione mostrano alti livelli di consenso nel partito (tra 75% e 80%) e buone issue yields tra 0.61 e 0.69, ma queste ultime si posizionano dopo rispetto al punteggio ottenuto dall’UKIP. Stesso dicasi per quanto riguarda il mantenimento delle armi nucleari britanniche. Tutto ciò significa che l’UKIP su queste tematiche sembra essere posizionato meglio rispetto ai Conservatori da un punto di vista strategico. Ciononostante, anche la dimensione del partito dovrebbe esser presa in considerazione: i Conservatori possono ancora essere considerati competitivi per via del sistema elettorale FPTP, che fa sì che elettori con sentimenti antieuropei e anti-immigrazione possano decidere alla fine di votare per loro anziché per l’UKIP per ragioni strategiche. Infine, vale la pena notare che nessun tema economico tradizionalmente liberale garantisce un buon ritorno elettorale ai Conservatori. Al contrario – e inaspettatamente – un tema come “aumentare le tasse e spendere di più su salute e servizi” mostra un consenso nel partito del 74% (ed una issue yield dello 0.60).

    Tabella 1 – Ideologia tradizionale o cherry-picking? I pacchetti di temi che caratterizzano l’elettorato di ogni partito (Conservatori, UKIP) e il potenziale elettorale di questi pacchetti.

    Tab1NicLa Tabella 2 presenta gli indici di issue yield per Liberal Democratici, Laburisti, Plaid Cymru, SNP, Verdi e nello specifico mostra quali temi possono garantire il miglior ritorno elettorale ai partiti che competono nella zona dello spettro politico che va da sinistra (SNP, Labour, Plaid Cymru) al centro liberal-democratico.

    Innanzitutto, tutti questi partiti condividono un’area di competizione simile: per essere precisi, le tematiche economiche tradizionalmente di sinistra (ridurre le disuguaglianze di reddito, abolire o ridurre i costi delle tasse universitarie, eliminare i “contratti a zero ore” per i lavoratori, investire più denaro pubblico per costruire case accessibili, aumentare le tasse e spendere di più su salute e servizi, nazionalizzare le ferrovie, ed aumentare il salario minimo) sono tutti temi che potrebbero dare un ottimo ritorno elettorale, dal momento che hanno una issue yield molto alta (mai inferiore a 0.67). Dall’altro lato, Verdi, Liberal Democratici e SNP sono compatti sulle posizioni relative all’Europa: per i Lib-Dem, temi come restare in UE e nel Mercato Singolo Europeo hanno issue yield alte: rispettivamente 0.76 e 0.79, posizionandosi come primo e secondo tema.

    Su questi temi, il Labour mostra invece un punteggio molto più basso. Quindi è ragionevole da un punto di vista strategico che il Labour decida di non enfatizzare temi legati alla Brexit, e che si concentri più su temi tradizionali di sinistra su cui sa di avere un buon ritorno elettorale. Malgrado tutto, come abbiamo visto, sulle tematiche economiche di sinistra si trova a fronteggiare una forte competizione con altri partiti (soprattutto SNP e Plaid Cymru) che si posizionano meglio del Labour in termini di issue yield. Ancora un volta, anche il Labour potrebbe superare queste difficoltà appellandosi al voto strategico, dato il sistema elettorale britannico.

    Quanto al “welfare chauvinism”, Plaid Cymru e Lib-Dem hanno punteggi alti, somigliando in questo più a partiti di destra che a partiti di centro-sinistra.

    Quanto alle tematiche sociali libertarie, “mantenere i matrimoni gay” presenta un alto punteggio in termini di issue yield solo per l’SNP (0.83, al primo posto), i Verdi (0.75, al secondo) e i Lib-Dem (0.68, al sesto posto).

    Infine, come era prevedibile, l’SNP e i Verdi presentano alti punteggi sui loro temi “fondanti”, vale a dire: per l’SNP “consentire un altro referendum per l’indipendenza scozzese” (0.79, al primo posto); per i Verdi “proibire l’uso del fracking per produrre più gas e petrolio” (0.67, al secondo posto). Vale la pena notare che su questo tema ambientalista l’SNP è posizionato meglio dei Verdi, con un punteggio di 0.69.

    In sintesi, l’analisi della struttura delle opportunità strategiche offerte dalle tematiche mostra che il Labour è competitivo solo sui temi economici tradizionalmente di sinistra, che sono però tutte tematiche che potrebbero garantire un buon ritorno elettorale a svariati altri partiti, mentre la stessa cosa non capita per quanto riguarda i temi economici di destra. In questo senso, i nostri dati confermano i risultati di un articolo precedente: nel Regno Unito, possiamo individuare un prevalente orientamento economico di sinistra, con la sola eccezione rilevante di uno sciovinismo nell’accesso al welfare largamente supportato dall’elettorato. Sui temi antieuropei e anti-immigrazione, i Conservatori possono ottenere un buon riscontro elettorale, competendo sulle stesse tematiche con l’UKIP. Questi ultimi, però, hanno una dimensione molto inferiore secondo i sondaggi; dunque, i Conservatori possono essere strategicamente premiati dagli elettori con sentimenti antieuropei e anti-immigrazione, per via del funzionamento del sistema elettorale FPTP.

    A questo punto, emerge chiaramente il risultato più interessante: i due tradizionali partiti britannici della sinistra e della destra (Labour e Conservatives) non mostrano una struttura delle issue opportunities basata sulla stessa dimensione di competizione. Anzi, il Labour può essere competitivo sulla dimensione economica sinistra-destra, mentre i Conservatori sulla dimensione integrazione/demarcazione. In altre parole, Labour e Conservatori devono giocarsela su piani di gioco diversi. Il risultato elettorale dipenderà dalla capacità del Labour di sfruttare questa opportunità di un’agenda economica di sinistra o dalla capacità dei Conservatori di spostare il focus dell’opinione pubblica sui temi “demarcazionisti”.

    Infine, SNP è molto ben posizionato strategicamente: è competitivo su temi progressivi legati alla dimensione economica di sinistra, su temi sociali libertari e su temi ambientali, su posizioni pro-europee e sul suo tema base legato all’indipendenza scozzese. L’ultimo punto è, d’altronde, anche il suo tallone d’Achille, essendo il partito radicato solo in Scozia.

    Tabella 2 – Ideologia tradizionale o cherry picking? I pacchetti di tematiche che caratterizzano l’elettorato di ogni partito (Labour, Liberal Democrats, SNP, Greens, Plaid Cymru) e il potenziale elettorale di questi pacchetti.

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    References:

    De Sio, Lorenzo, and Till Weber. 2014. “Issue Yield: A Model of Party Strategy in Multidimensional Space.” American Political Science Review 108 (4): 870–885.

    Kriesi, H., Grande, E., Lachat, R., Dolezal, M., Bornschier, S., and Frey, T. (2006), ‘Globalization and the transformation of the national political space: Six European countries compared’, European Journal of Political Research, 45(6), 921-56.

    [1] Nel sondaggio, agli intervistati è stato chiesto di esprimere il loro supporto su 15 temi posizionali. Per i temi posizionali, una prima parte prevedeva la selezione di uno dei due obiettivi opposti (scala a 6 punti). Una volta che l’obiettivo veniva selezionato (ad esempio, difendere la moralità tradizionale), agli intervistati veniva chiesto di menzionare (risposta multipla) i partiti che ritenessero credibili per il raggiungimento di quell’obiettivo.

  • The issue opportunity structure for UK parties: leftist economic agenda vs. British chauvinism

    The issue opportunity structure for UK parties: leftist economic agenda vs. British chauvinism

    Building on the tools provided by issue yield theory (De Sio and Weber 2014), this analysis looks at the data collected by CISE through a CAWI survey launched a few weeks before the British general election. Similarly to what we have recently done before the Dutch parliamentary election last March and the French Presidential election last April, we rely on an innovative measurement of positional issues, which provides a common issue yield index for this type of issues. Positional issues are in general, defined by reference to two rival goals (e.g. progressive vs. traditional morality): the issue yield measure assesses the presence of related strategic issue opportunities for a party. The core dimensions originally developed (for positional issues) in the issue yield model are support (how much a policy is supported in the general public) and within-party agreement (how much it is supported within the party)[1]. The two dimensions correspond to the ideal goal of any party: the ability to keep their existing voter base intact, but with the possibility of reaching out to a much larger potential electorate. This goal is ideally achieved through an emphasis on the issues where the party is internally united, and perhaps many voters outside the party also agree.

    Therefore, as regards the next British election, the issue yield index allows then us to answer the core question: what is – in electoral terms – the ideal agenda of each party? What selection of issues would provide the best electoral outcome to each party? The issue configuration is the most relevant, it shows the best opportunity (and the lowest risk) for each party; we can then compare it with the actual choice of issues that parties emphasized in their campaign, and thus evaluate how strategic was their campaign (which relates to our initial research question). This comparison will first be made in anecdotal terms, while we will address the question in quantitative terms (through the coding of candidate’s Twitter communication) in a few weeks.

    The issue yield for all parties can explain why certain parties are (potentially) more successful than others. For the purposes of this analysis, we have focused on the seven main parties according to the opinion polls: Conservative Party, Labour Party, Liberal Democrats, United Kingdom Independence Party (UKIP), Scottish National Party (SNP), Greens, Plaid Cymru.

    The following tables show issues (and related parties) according to the issue yield index, moving from highest to lowest values. Results show how parties could take advantage by competing on specific issues.

    Table 1 shows the results of issue yields for parties on the right: UKIP and Conservatives. First, UKIP scores very high in agreement within its electorate, around 90%, on two migrant-related issues: “restricting access to welfare benefits for immigrants” and “banning the Islamic veil in public spaces”. In addition, the issue related to cultural xenophobia (“requiring foreigners in Britain to fully adapt to British culture”) shows a within-party agreement of 84%, similarly to anti-UE issues as “leaving the European Union” and “ending freedom of movement of people from the EU into Britain” (85%). All these issues show a very high issue yield between 0.90 and 0.84. A second element of the strategic issue opportunities of UKIP is that it can build an original package of issues with good electoral returns: hostility towards migrant and anti-Europe stances, but also economic redistribution (on the reduction of income differences and on the ban of zero hours contracts for worker its issue yield is 0.84 and 0.83, respectively).  This result is indeed very similar to what emerged also from the Dutch and the French surveys. Also in these two countries, PVV of Geert Wilders and Marine Le Pen faced a peculiar cross-cutting issue configuration that can be rewarding through an electoral strategy based on “cherry-picking” rather than on traditional left-right ideologies. On the one hand, UKIP is very competitive on ‘demarcationist’ issues (Kriesi at al., 2006) related to immigration and especially to the European Union; on the other, it is also competitive – to some extent – on traditional economic ‘leftist’ issues related to defence of social protection.

    Finally, the maintenance of Britain’s nuclear weapons (Trident) shows a good issue yield (0.77) for UKIP.

    Regarding the Conservatives, similarly to UKIP, an anti-immigration issue (“restricting access to welfare benefits for immigrants”) provides a very high electoral return (0.82), but it ranks third and it is lower than the issue yield for UKIP on the same issue. Indeed, we have to stress that the issue yield for a party is not just an absolute value, but it should also be considered in relation to the issue yield of other parties. That is, we must look at the issue yield rank. In this regard, the other aforementioned anti-UE and anti-migration issues show high levels of within-party agreement (between 75% and 80%) and good issue yields (between 0.61 and 0.69), but the latter rank after UKIP’s issue yields. The same applies to the maintenance of Britain’s nuclear weapons (Trident). All this means that UKIP on such issues seems to be better positioned than Conservatives from a strategic standpoint. Nevertheless, party size should be taken into account, too: Conservatives can be still competitive because of the first-past-the-post electoral system, that is, voters with anti-immigrants and anti-UE attitudes might decide at the end to vote for them rather than for UKIP for strategic reasons. Finally, it is worth noting that no traditional economic liberal issue provides a good electoral return for Conservatives. Conversely (and surprisingly), an issue like “raising taxes and spending more on health and social services” shows an agreement within the party of  74% (and an issue yield of 0.60).

    Table 1 – Traditional ideology or “cherry-picking”? The issue packages that characterize the electorate of each party (Conservatives, UKIP), and the electoral potential of these packages.

    Tab1NicTable 2 presents issue yield indices for Liberal Democrats, Labour, Plaid Cymru, SNP, Greens and specifically which issues may provide the best electoral returns for parties competing on the political space from the left (SNP, Labour, Plaid Cymru) to the liberal-democratic centre.

    First, all these parties clearly share a similar issue area of competition: indeed, traditional left-wing economic issues (reducing income inequalities, scrapping or reducing the cost of university tuition fees, banning zero hours contracts for workers, investing more public money to build affordable homes, raising taxes and spending more on health and social services, nationalizing Britain’s railways, increasing minimum wage) are all  issues that could provide a very good electoral return, having high issue yields (>=0.67). On the other hand, Greens, Liberal Democrats and SNP are united by stances towards Europe: for Lib-Dem issues like staying in the EU and in the European Single Market provide high issue yields: 0.76 and 0.79, respectively (ranking first and second). Similarly, for Greens staying in the EU and in the European Single Market provide issue yields of 0. (veroinn.com) 70 (ranking second and third, respectively). Finally, for SNP staying in the EU and in the European Single Market provide issue yields of 0.66 and 0.79 (ranking first and third, respectively).

    On such issues, Labour Party shows a much lower issue yield. Hence, it is reasonable from a strategic standpoint that Labour does not emphasize Brexit-related issues, focusing more on traditional left-wing issues on which it can have a good electoral return. Nevertheless, as we have seen, on left-wing economic issues it has to face a strong competition, with other parties (especially SNP and Plaid Cymru) ranking better than Labour in terms of issue yield. Again, Labour could overcome these difficulties appealing to a strategic vote because of the first-past-the-post electoral system.

    Regarding welfare chauvinism, Plaid Cymru and Lib-Dem show high issue yields, being more similar to right-wing parties than to centre-left parties in this regard.

    As far as libertarian social issues are concerned, “keeping gay marriage” shows a high issue yield only for SNP (0.83, ranking first), Greens (0.75, ranking second) and Liberal-Democrats (0.68, ranking sixth).

    Finally, as predictable, SNP and Greens shows high issue yields on their core issues, that is, for SNP “allowing another Referendum for Scotland’s independence” (0.79, ranking first) and for Greens “prohibiting the use of fracking to produce more oil and gas” (0.67, ranking second). It is worth noting that on this environmental issue the SNP is better positioned than the Greens, with an issue yield of 0.69.

    To sum up, the analysis of the strategic issue opportunity structure shows that Labour is competitive only on traditional economic left-wing issues, which are all issues that can provide a good electoral return to several parties, whereas the same pattern does not occur as regards right-wing economic issues.  In this regard, our data confirm the results of a previous article: in the United Kingdom, an economic left-wing orientation can be detected, with the only relevant exception of a largely supported welfare chauvinist goal. On anti-migration and anti-UE issues, Conservatives can get a good electoral return, competing on the same issues with the UKIP. The latter, nevertheless, has a much smaller size according to the polls; hence, Conservatives can be strategically rewarded by voters with anti-immigrants and anti-UE attitudes because of the first-past-the-post electoral system.

    At this point, it emerges clearly the most interesting result: the two mainstream British parties of the left and of the right (i.e. Labour and Conservatives) do not show a strategic issue opportunity structure based on the same dimension of competition. Indeed, Labour can be competitive on the economic left-right dimension, whereas Conservatives can be competitive on the integration/demarcation dimension. In other words, Labour and Conservatives have to play in different playing fields. The electoral outcome depends on whether the Labour party will be able to exploit this favorable window of opportunity for an economic leftist agenda, or whether, instead, the Conservatives will be able to shift the public attention to “demarcationist” issues.

    Finally, the SNP is very well positioned from a strategic point of view: it is competitive on progressive issues related to the economic left-right dimension, on social libertarian and environmental issues, on pro-Europe stances and on its core issue related to the Scotland’s independence. The latter point is, of course, also its weakness, being SNP rooted only in Scotland.

    Table 2 – Traditional ideology or “cherry-picking”? The issue packages that characterize the electorate of each party (Labour, Liberal Democrats, SNP, Greens, Plaid Cymru) and the electoral potential of these packages.

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    References:

    De Sio, Lorenzo, and Till Weber. 2014. “Issue Yield: A Model of Party Strategy in Multidimensional Space.” American Political Science Review 108 (4): 870–885.

    Kriesi, H., Grande, E., Lachat, R., Dolezal, M., Bornschier, S., and Frey, T. (2006), ‘Globalization and the transformation of the national political space: Six European countries compared’, European Journal of Political Research, 45(6), 921-56.

    [1] In the survey, respondents were asked to express their support on 15 positional issues. For positional issues, a first item requires respondents to choose over the two rival goals (it is a 6-point item, thus also allowing all techniques for classic positional items). Once the goal is selected (e.g. defending traditional morality), respondents are asked to mention (multiple choice) which parties they consider credible to achieve that goal.

  • Ideology or ‘cherry-picking’? The issue opportunity structure for candidates in France

    Ideology or ‘cherry-picking’? The issue opportunity structure for candidates in France

    Building on the tools provided by issue yield theory (De Sio and Weber 2014), this analysis looks at the data collected by CISE through a CAWI survey launched a few weeks before the first round of the French presidential election. We rely here on an innovative measurement of positional issues, which provides a common issue yield index for this type of issues. Positional issues are, in general, defined by reference to two rival goals (e.g. progressive vs. traditional morality): the issue yield measure assesses the presence of related strategic issue opportunities for a party or a candidate. The core dimensions originally developed (for positional issues) in the issue yield model are support (how much a policy is supported in the general public) and within-party agreement (how much it is supported within the party)[1]. The two dimensions correspond to the ideal goal of any party/candidate: the ability to keep their existing voter base intact, but with the possibility of reaching out to a much larger potential electorate. This goal is ideally achieved through an emphasis on the issues where the party is internally united, and perhaps many voters outside the party also agree.

        Therefore, as regards the next French presidential election, the issue yield index allows to address the core question of presidential campaigns: what is the ideal agenda – in electoral terms – for each presidential candidate? What selection of issues would provide the best electoral outcome to each candidate? The issue configuration is the most relevant, it shows the best opportunity (and the lowest risk) for each candidate; we can then compare it with the actual choice of issues that candidates stressed in their campaign, and thus determine how strategic was their campaign (which relates to our initial research question). This comparison will first be made in anecdotal terms, while we will address the question in quantitative terms (through the coding of candidate’s Twitter communication) in a few weeks.

         The French political system has been marked by the record low of decreasing rating approval for President Hollande over the last years, and consequently decreasing support for the Socialist Party. Conversely, the right-wing populist party Front National of Marine Le Pen has been consistently leading the polls. Hollande is the first incumbent president of the Fifth Republic not to run for a second term. This is also the first French presidential election in which nominees of both the main centre-left and centre-right parties were selected through open primaries. Benoit Hamon won the Socialist Party’s primaries and François Fillon won the Republicans primaries. Additionally, this election is marked by the dramatic emergence of Emmanuel Macron, the youngest candidate in the race and a former economy minister who has never run for elected office. He decided to abandon the Socialist government and to found his new political movement ‘En marche!’. Finally, on the left-wing side, Jean-Luc Mélenchon, former candidate of Left Front in 2012, launched his own movement ‘Unsubmissive France’. These five candidates make up for between 80 and 90% of vote intentions in polls, yet six other candidates are also running in the first round of the election.

          The issue yield for all presidential candidates may help to explain why certain candidates are (potentially) more successful than others. For the purposes of this analysis, we have focused on the five main presidential candidates according to the opinion polls: Marine Le Pen for the Front National, François Fillon for the Republicans, Emmanuel Macron for his new political movement ‘En marche!’, Benoit Hamon for the Socialist Party and  Jean-Luc Mélenchon for ‘Unsubmissive France’.

          The following tables show issues (and related candidates) according to the issue yield index, moving from highest to lowest values. It shows which candidates could take advantage by competing on specific issues. Table 1 presents issue yield indices for Macron, Hamon and Mélenchonand specifically which issues may provide the best electoral returns for candidates competing on the political space from the far left (Mélenchon) to the liberal-democratic centre (Macron). Our results show similarities and differences of potential in the available conflict issues between the three candidates. First, Hamon and Mélenchon clearly share a similar issue area of competition: indeed, some libertarian social issues (keeping gay marriage and access to abortion, legalizing euthanasia) and some traditional left-wing economic issues (reducing income inequalities, lowering pension age) are all  issues that could provide a very good electoral return, having high issue yields (>=0.69). On the other hand, Hamon and Mélenchon are divided by stances towards Europe: for Hamon issues like staying in the EU and in the Eurozone provide very high issue yields – 0.87 and 0.85, respectively (they are the second and the third issue with highest issue yield for Hamon, immediately after abortion at 0.88). Conversely,  for Mélenchon, pro-Europe issues show a much lower issue yield, whereas the issue yield of anti-globalization stances (‘limiting economic globalization’) is good (0.67).

          That said, we have to stress that the issue yield for a candidate is not just an absolute value, but it should also be considered in relation to the issue yield of other candidates. That is, we must look at the issue yield rank. Indeed, an issue can have a very high yield for a candidate, but other candidates may have an even higher return on the same issue. Consequently, it can be difficult for that candidate to compete on that issue, because other candidates might be better positioned. For example, Hamon is well positioned as regards pro-Europe and pro-gay marriage issues, ranking second in terms of issue yield, whereas on the same issues Mélenchon ranks sixth and eighth. Conversely, Mélenchon is better positioned in terms of issue yield as concerns euthanasia (ranking third, whereas Hamon on the same issue ranks seventh) and the traditional left-wing economic issue on the reduction of income differences (ranking second, whereas Hamon ranks third).

           In fact, data tell us that Hamon is not in a favourable position. Indeed, he is facing a strong competitor on the left (Mélenchon) and at the same time, he faces a good competitor at the centre (Macron). Indeed, Hamon and Macron have very similar issue yields on pro-Europe issues and on social issues (abortion, gay, euthanasia). In particular, Macron has a better return on pro-abortion and especially on pro-euthanasia issue, whereas Hamon has a better return on pro-Europe issues. Nevertheless, these candidates show clear different patterns as concerns the economic policy: 15 points of difference in terms of issue yield as regards the goal of reducing income differences – with Hamon ranking third and Macron ninth. Differences are even larger if we look at the pension policies and, above all, at the labor market policies. As an example, for Hamon the goal ‘keeping current regulation in the job market’ has an issue yield of 0.64, whereas for Macron the opposite goal of deregulating the job market has an issue yield of 0.46.

          Obviously, Macron plays a lot on valence issues, and certainly not on ideology.

    Table 1 – Ideology or “cherry-picking”? The issue packages that characterize the electorate of each candidate (Mélenchon, Hamon, Macron) and the electoral potential of these packages.

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    Table 2 shows the results of issue yields for candidates on the right: Marine Le Pen and François Fillon. First, Le Pen scores very high in agreement within her electorate, greater than 90% on some issues. This congruence applies mostly to anti-immigration issues, on which Le Pen enjoys a higher issue yield than any of the other main candidates. Compared to results from a recent similar analysis on Dutch general elections, the level of agreement within candidates’ voters seems much higher in France: candidates reach 90% of internal consensus on various issues, whereas in the Dutch case, only the PVV of Geert Wilders achieved this level. In general, the agreement on positional issues in France is larger than in the Netherlands. For instance, the Islamic veil ban in public offices does not seem to be such a controversial issue, and its yield is higher than 0.6 for all the candidates (even for Hamon is 0.62 and for Mélenchon is 0.67).

             A second element of the strategic issue opportunities of Le Pen is that she can build an original package of issues with good electoral returns: hostility towards migrant, anti-Europe and anti-globalization stances, but also economic redistribution (on the reduction of income differences and of the pension age, her issue yield is higher than Macron’s). Furthermore, on some social issues (abortion and euthanasia, but not gay marriage), the level of her voters’ agreement is similar to that of the whole population.

          Regarding Fillon, similarly to Le Pen, anti-immigration issues provide very high electoral returns, but he shows different patterns for other issues: pro-Europe stances, economic liberalism and support for nuclear energy. In this regard, Fillon is a classic conservative candidate. Yet, similarly to Hamon, he is not well positioned from a strategic point of view. Indeed, as regards his first four issues (in terms of yield) related to migration, he ranks always after the National Front’s leader who is also more credible on such issues (see previous article). At the same time, the issue yield of pro-Europe goals is lower in comparison to Macron and Hamon’s issue yield.

        To sum up, the analysis of the strategic issue opportunity structure shows that an anti-establishment right-wing candidate, like Marine Le Pen, faces a peculiar cross-cutting issue configuration that can be rewarding through an electoral strategy based on “cherry-picking” rather than on traditional left-right ideologies. On the one hand, Le Pen is very competitive on ‘demarcationist’ issues related to immigration and especially to the European Union; on the other, she is also competitive – to some extent – on both traditional economic ‘leftist’ issues related to defence of social protection. (www.secolarievoo.com)

          Furthermore, Macron’s campaign based on a strong defence of Europe seem to be well suited from a strategic point of view, as well as his emphasis on valence issues.

          Conversely, Fillon and Hamon are not in a favourable position, facing strong competitors on each issue area. In particular, the left turn of the Socialist Party’ candidate seem to have found a significant obstacle: Jean-Luc Mélenchon.

     

    Table 2 – Ideology or “cherry-picking”? The issue packages that characterize the electorate of each candidate (Le Pen, Fillon) and the electoral potential of these packages.

    Tab2Nicola

    References:

    De Sio, Lorenzo, and Till Weber. 2014. “Issue Yield: A Model of Party Strategy in Multidimensional Space.” American Political Science Review 108 (4): 870–885.

    [1]  In the survey, respondents were asked to express their support on 15 positional issues. For positional issues, a first item requires respondents to choose over the two rival goals (it is a 6-point item, thus also allowing all techniques for classic positional items). Once the goal is selected (e.g. defending traditional morality), respondents are asked to mention (multiple choice) which parties they consider credible to achieve that goal.

  • Menù ideologico o à la carte? La struttura delle issue opportunities per i candidati in Francia

    Menù ideologico o à la carte? La struttura delle issue opportunities per i candidati in Francia

    (Traduzione in italiano di Cristiano Gatti)

    Basandoci sugli strumenti forniti dalla teoria della issue yield (De Sio e Weber 2014), questa analisi utilizza i dati raccolti dal CISE attraverso un’intervista CAWI lanciata poche settimane prima del primo turno delle elezioni presidenziali francesi. In questa sede ricorriamo ad un’innovativa misurazione dei temi posizionali che fornisce un indice comune di rendimento per questo tipo di tematiche. I temi posizionali sono definiti, in generale, con riferimento a due obiettivi rivali (per esempio morale progressista vs tradizionalismo): la misura di issue yield consente di stimare la presenza di relative opportunità di temi strategici per un partito o un candidato. Le dimensioni chiave originariamente sviluppate (per i temi posizionali) nel modello di issue yield sono: supporto (quanto una politica è supportata nell’opinione pubblica) e consenso all’interno del partito (quanto è supportata all’interno del partito)[1]. Le due dimensioni corrispondono all’obiettivo ideale di ogni partito/candidato: l’abilità nel mantenere intatta la propria base elettorale, ma con la possibilità di raggiungere un elettorato potenziale molto più amplio. Questo obiettivo è idealmente raggiunto attraverso un’enfasi sui temi sui quali il partito è internamente coeso e sui quali probabilmente molti elettori all’esterno del partito sono d’accordo.

    Quindi, per quanto riguarda le prossime elezioni presidenziali francesi, l’indice di issue yield consente di affrontare la questione principale delle campagne presidenziali: qual è l’agenda ideale – in termini elettorali – per ogni candidato alla presidenza? Quale selezione di temi fornirebbe il migliore esito elettorale per ogni candidato? La configurazione dei temi è molto rilevante, mostra la migliore opportunità strategica (e il rischio più basso) per ogni candidato; possiamo poi compararla con l’effettiva scelta dei temi su cui i candidati insistono nelle loro campagne e quindi determinare quanto strategica sia la loro campagna (per rispondere alla nostra domanda iniziale di ricerca). Questo confronto sarà inizialmente effettuato in termini aneddotici, mentre affronteremo la questione in termini quantitativi (attraverso la codifica della comunicazione Twitter dei candidati) tra qualche settimana.

    Il sistema politico francese negli ultimi anni è stato contrassegnato dal raggiungimento del minimo storico nell’indice di gradimento del Presidente Hollande e conseguentemente dal declino del consenso per il Partito Socialista. Al contrario, il partito populista di destra Front National di Marine Le Pen è stato costantemente in testa ai sondaggi. Hollande è il primo presidente uscente della Quinta Repubblica che non corre per un secondo mandato. Questa è anche la prima elezione presidenziale francese nella quale i candidati di entrambi i maggiori partiti di centrosinistra e centrodestra sono stati selezionati attraverso delle primarie aperte. Benoit Hamon ha vinto le primarie del Partito Socialista e François Fillon quelle dei Repubblicani. In più, questa elezione è contrassegnata dalla plateale entrata in scena di Emmanuel Macron, il più giovane candidato in gara ed ex ministro dell’economia che non ha mai corso per una carica elettiva. Macron aveva deciso di abbandonare il governo socialista e di fondare il suo nuovo movimento politico “En marche!”. Infine, a sinistra, Jean-Luc Mélenchon, ex candidato del Fronte della Sinistra nel 2012, ha lanciato il suo movimento “La Francia Ribelle”. Questi cinque candidati rappresentano tra l’80 e il 90% delle intenzioni di voto nei sondaggi, eppure altri sei candidati stanno correndo nel primo turno delle presidenziali.

    La issue yield per tutti i candidati presidenti potrebbe aiutare a spiegare perché certi candidati hanno (potenzialmente) più successo degli altri. Ai fini di questa analisi, ci siamo focalizzati sui cinque maggiori candidati presidente secondo i sondaggi d’opinione: Marine Le Pen per il Front National, François Fillon per i Repubblicani, Emmanuel Macron per il suo nuovo movimento politico ‘En marche!’, Benoit Hamon per il Partito Socialista and Jean-Luc Mélenchon per ‘La Francia Ribelle’.

    Le tabelle seguenti mostrano i temi (e i relativi candidati) secondo l’indice di issue yield, a partire dal valore più alto fino al più basso, che mostra quali candidati potrebbero avvantaggiarsi dalla competizione su temi specifici. La Tabella 1 presenta gli indici di issue yield per Macron, Hamon e Mélenchon e specificatamente mostra quali temi potrebbero fornire i migliori rendimenti elettorali per i candidati che competono nello spazio politico compreso tra l’estrema sinistra (Mélenchon) e il centro liberal-democratico (Macron). I risultati mostrano similitudini e differenze nel potenziale rendimento dei temi controversi che sono a disposizione dei tre candidati. Per prima cosa, Hamon e Mélenchon chiaramente competono su una simile area tematica: infatti, alcuni obiettivi sociali libertari (mantenere i matrimoni gay e l’accesso all’aborto, legalizzare l’eutanasia) e alcuni obiettivi economici tradizionalmente di sinistra (ridurre le differenze di reddito, abbassare l’età per la pensione) sono tutti temi che potrebbero fornire un rendimento elettorale molto buono, dal momento che hanno una issue yield alta (>=0.69). D’altro canto, Hamon e Mélenchon sono divisi dalle posizioni sull’Europa: per Hamon temi quali rimanere in Europa e nell’Eurozona forniscono una issue yield molto alta – 0.87 e 0.85, rispettivamente (sono il secondo e il terzo tema con la più alta issue yield per Hamon, immediatamente dietro l’aborto con 0.88). Al contrario, per Mélenchon, i temi pro Europa mostrano una issue yield molto più bassa, considerando anche che la issue yield delle posizioni anti globalizzazione (“limitare la globalizzazione economica”) è buona (0.67).

    Detto questo, dobbiamo sottolineare che la issue yield per un candidato non è interpretabile guardando solo al suo valore assoluto, ma dovrebbe anche essere considerata in relazione con le issue yield per gli altri candidati. In altre parole, dobbiamo guardare alla graduatoria delle issue yield. Infatti, un tema può avere un rendimento molto alto per un candidato, ma altri candidati potrebbero avere un rendimento ancora maggiore sullo stesso tema. Di conseguenza, può essere complicato per quel candidato competere su quel tema, poiché gli altri candidati potrebbero essere meglio posizionati. Per esempio, Hamon è meglio posizionato per quanto riguarda i temi pro Europa e pro gay, piazzandosi secondo in termini di issue yield, mentre sugli stessi temi Mélenchon si classifica sesto e ottavo. Al contrario, Mélenchon è meglio posizionato in termini di issue yield per quanto concerne l’eutanasia (posizionandosi terzo, considerando che Hamon sullo stesso tema è settimo) e il tema economico tradizionalmente di sinistra relativo alla riduzione delle differenze di reddito (posizionandosi secondo, mentre Hamon è terzo).

    In definitiva, i dati ci dicono che Hamon non è in una posizione favorevole: sta subendo una forte competizione a sinistra (Mélenchon) e allo stesso tempo sta affrontando un buon competitor al centro (Macron). Infatti, Hamon e Macron hanno una issue yield molto simile sui temi europeisti e sui temi sociali (aborto, gay ed eutanasia). In particolare, Macron ha un migliore ritorno sui temi pro-aborto e in particolare pro-eutanasia, mentre Hamon ha un migliore rendimento sui temi pro Europa. Tuttavia, questi candidati mostrano un andamento chiaramente diverso riguardo alle politiche economiche: 15 punti di differenza in termini di issue yield con riguardo all’obiettivo di ridurre le differenze di reddito – con Hamon che si piazza terzo e Macron nono. Le differenze sono anche maggiori se guardiamo alle politiche pensionistiche e, soprattutto, alle politiche del mercato del lavoro. Per esempio, per Hamon l’obiettivo “mantenere la regolazione attuale del mercato del lavoro” ha una issue yield di 0.64, mentre per Macron l’obiettivo opposto di deregolamentare il mercato del lavoro ha una issue yield di 0.46.

    Ovviamente Macron gioca molto sulle valence issues, e certamente non sull’ideologia.

    Tabella 1. Ideologia o “cherry-picking”? I pacchetti di temi che caratterizzano l’elettorato di ogni candidato (Mélenchon, Hamon e Macron) e il potenziale elettorale di questi pacchetti

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    La Tabella 2 mostra i risultati della issue yield per i candidati di destra: Marine Le Pen e François Fillon. Per prima cosa, Le Pen ha un punteggio molto alto per ciò che concerne il consenso all’interno del suo elettorato su alcuni temi (più alto del 90%). Questa coesione interna riguarda soprattutto i temi anti immigrazione, sui quali Le Pen gode di una issue yield più alta di qualsiasi tema di ogni altro candidato principale. Rispetto ai risultati di una recente e simile analisi sulle elezioni generali olandesi, il livello di consenso all’interno degli elettorati dei candidati sembra molto più alto in Francia: i candidati raggiungono il 90% del consenso interno su svariati temi, mentre nel caso olandese, solo il PVV di Geert Wilders raggiunse questo livello. In generale, il consenso sui temi posizionali in Francia è più ampio che in Olanda. Ad esempio, il divieto del velo islamico negli uffici pubblici non sembra essere un tema così controverso e il suo rendimento è superiore allo 0.6 per tutti i candidati principali (perfino per Hamon è lo 0.62 e per Mélenchon è lo 0.67).

    Un secondo elemento della struttura delle opportunità strategiche di Le Pen è che quest’ultima può far leva su un originale pacchetto di temi con un buon rendimento elettorale: ostilità verso i migranti, posizioni anti Europa e anti globalizzazione, ma anche redistribuzione economica (sulla riduzione delle differenze di reddito e dell’età pensionabile, la sua issue yield è più alta di quella di Macron). Inoltre, su alcuni temi sociali (aborto, eutanasia, ma non i matrimoni gay), il livello del consenso dei suoi elettori è simile a quello dell’intera popolazione.

    Per quanto riguarda Fillon, i temi anti immigrazione, in modo simile a Le Pen, forniscono un rendimento elettorale molto elevato, ma Fillon mostra un diverso andamento su altri temi: posizioni pro Europa, liberalismo economico e supporto all’energia nucleare. A tal proposito, Fillon è il classico candidato conservatore. Tuttavia, in modo simile ad Hamon, non è ben posizionato da un punto di vista strategico. Infatti, per quanto riguarda i suoi primi quattro temi (in termini di rendimento) correlati all’immigrazione, si classifica sempre dopo la leader del Front National che è anche più credibile su tali temi (vedi un precedente articolo). Allo stesso tempo, la issue yield degli obiettivi europeisti è minore rispetto alla issue yield di Macron e Hamon.

    In conclusione, l’analisi della struttura strategica delle issue opportunity mostra che un candidato anti establishment di destra come Marine Le Pen può far leva su una peculiare e trasversale configurazione dei temi che può essere premiante dal punto di vista elettorale attraverso una strategia basata sul “cherry-picking” piuttosto che sulle ideologie tradizionali di destra e sinistra. Da un lato, Le Pen è molto competitiva sulle tematiche “demarcazioniste” connesse all’immigrazione e specialmente all’Unione Europea; dall’altro lato, è anche competitiva – per certi versi – sui tradizionali temi economici di sinistra connessi alla difesa della protezione sociale.

    D’altro canto, anche la campagna di Macron basata sulla energica difesa dell’Europa sembra essere adatta da un punto di vista strategico, così come la sua enfasi sulle valence issues.

    Al contrario, Fillon e Hamon non sono in una posizione favorevole, poiché affrontano competitors su ogni area tematica. In particolare, la svolta a sinistra del candidato del Partito Socialista sembra aver trovato un ostacolo significativo: Jean-Luc Mélenchon.

    Tabella 2. Ideologia o “cherry-picking”? I pacchetti di temi che caratterizzano l’elettorato di ogni candidato (Le Pen, Fillon) e il potenziale elettorale di questi pacchetti

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    Bibliografia

    De Sio, Lorenzo, and Till Weber. 2014. “Issue Yield: A Model of Party Strategy in Multidimensional Space.” American Political Science Review 108 (4): 870–885.

    [1] Nell’indagine, agli intervistati è stato chiesto di esprimere il loro livello di accordo su 15 temi posizionali. Per ciascun tema, una prima domanda richiedeva agli intervistati di scegliere tra due obiettivi rivali (su una scala di 6 punti, che consente quindi di usare tutte le tecniche per i classici item posizionali). Una volta selezionato l’obiettivo (per esempio difendere la morale tradizionale), agli intervistati è stato chiesto di menzionare (domanda a scelta multipla) quale candidato considerassero credibile nel raggiungere quell’obiettivo

  • Verso le elezioni in Olanda: la struttura delle issue opportunities per i partiti

    Verso le elezioni in Olanda: la struttura delle issue opportunities per i partiti

    Nicola Maggini, Lorenzo De Sio e Mathilde van Ditmars

    (Traduzione in italiano di Elisabetta Mannoni)

    Seguendo gli strumenti forniti dalla teoria della issue yield (De Sio e Weber 2014), questa analisi si basa su un’innovativa modalità di misura dei cosiddetti temi posizionali (positional issues), che consente di creare un indice di issue yield comune per questo tipo di tematiche. I temi posizionali sono generalmente definiti dalla presenza di due obiettivi opposti (ad esempio, moralità progressista vs. tradizionale): la misura di issue yield ci consente di stimare la presenza di issue opportunities potenzialmente strategiche per un partito. Le dimensioni fondamentali elaborate originariamente (per i temi posizionali) nel modello di issue yield sono: supporto (quanto una politica è supportata dall’opinione pubblica) e consenso nel partito (quanto è supportata all’interno del partito) [1].
    Le due dimensioni corrispondono all’obiettivo ideale di ogni partito: la capacità di mantenere la sua preesistente base elettorale intatta, con la possibilità, però, di raggiungere un elettorato potenzialmente ben più ampio. Idealmente questo avviene ponendo particolare enfasi su quelle tematiche su cui il partito è internamente coeso, e su cui forse anche molti altri elettori, al di fuori del partito stesso, possono essere d’accordo.
    L’indice di issue yield ci consente poi di rispondere alla domanda fondamentale: qual è – in termini elettorali – l’agenda ideale di ogni partito? Qual è la selezione di tematiche che potrebbe tradursi nel miglior risultato elettorale, per ciascun partito? Qui è importante osservare la configurazione delle tematiche che rappresenti, per ogni partito, la migliore opportunità (nonché il minor rischio), e poi confrontarla con la scelta effettiva delle tematiche su cui i partiti incentrano le loro campagne elettorali, per determinare quanto il loro modo di fare campagna sia strategico (cosa che si ricollega poi al nostro quesito di ricerca iniziale). Questo confronto sarà prima di carattere aneddotico, ma nel giro di poche settimane il monitoraggio della comunicazione su Twitter durante la campagna ci consentirà di dare anche una risposta di carattere quantitativo.

    Se utilizziamo questo approccio per l’Olanda, possiamo rispondere alle domande di cui sopra per questo specifico sistema partitico che negli ultimi anni si è caratterizzato per un calo nei consensi di due partiti tradizionali (laburista e democristiano), e per una posizione invece di forza, nei sondaggi, da parte del tradizionale partito liberal-conservatore VVD e del partito populista di destra PVV guidato da Geert Wilders. Alla luce di questi sviluppi, studiare la issue yield per tutti i partiti nel sistema può aiutare a spiegare perché certi partiti hanno (potenzialmente) più successo di altri. La Tabella 1 presenta le tematiche della campagna elettorale (e i partiti ad esse legati) secondo l’indice di issue yield, scendendo dai valori più alti a quelli più bassi. In questo modo possiamo vedere quali partiti potrebbero trarre vantaggio dalla scelta di trattare alcune tematiche specifiche. Se guardiamo solo le issue yields molto alte (>=0.75), ci sono diversi temi posizionali in grado di fornire a svariati partiti un ottimo rendimento in termini elettorali. Anzi, se escludiamo i partiti più piccoli, che non raggiungono il 4% nelle intenzioni di voto (evidenziati in grigio), i partiti che presentano un’ottima issue yield su diverse tematiche sono i seguenti: PVV (10 tematiche), 50 Plus (7 tematiche), il partito animalista PvdD (7 tematiche), il partito laburista PvdA (6 tematiche), il partito verde GroenLinks (6 tematiche), il partito socialista SP (6 tematiche), il partito social-liberale D66 (3 tematiche), VVD (2 tematiche) e i democristiani del CDA (2 tematiche). Questi dati ci dicono che PVV, 50 Plus, PvdD, PvdA, GL e SP, sarebbero potenzialmente in condizione di sfruttare ai fini eletorali un numero considerevole di tematiche; mentre per D66, VVD e CDA la struttura delle opportunità fornita dai temi posizionali risulta essere meno vantaggiosa. Detto questo, la issue yield per un partito non dipende dal suo valore assoluto, ma è da considerarsi in relazione alle issue yields degli altri partiti. In altre parole, bisogna guardare la graduatoria delle issue yields. Questo significa che una tematica può avere un altissimo rendimento per un partito, e nonostante ciò, altri partiti potrebbero avere un rendimento anche maggiore sulla stessa tematica. Di conseguenza, può essere difficile per un partito competere su quella tematica, perché facendolo potrebbe rischiare di avvantaggiare altri partiti. Per esempio, il VVD potrebbe facilmente trarre vantaggio dalla posizione “completed life assistance” [2], ma ci sono altri 7 partiti che potrebbero avere un maggior ritorno sulla stessa tematica. Allo stesso modo, GroenLinks può sfruttare il “contratto fisso dopo due anni”, ma ci sono altri 6 partiti che hanno un rendimento migliore su questa stessa tematica. Ad ogni modo, guardando al ranking delle issue yields, è confermato che alcuni partiti tradizionali come il CDA, il D66 e il VVD si trovano di fronte ad una situazione meno favorevole in termini di issue opportunities rispetto ad altri partiti, specialmente rispetto al PVV.

    Tabella 1 – Issue yield per temi posizionali

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    Oltre al ranking, un aspetto cruciale per capire le reali issue opportunities che risultano strategiche per i partiti è rappresentato dal tipo e dalla dimensione dei partiti che hanno un vantaggio competitivo simile sulla stessa tematica. Infatti un partito che, su una tematica specifica, ha pochi avversari dalle dimensioni modeste, è in una posizione strategicamente migliore rispetto ad un partito che, pur avendo una issue yield alta, è costretto a competere sulla stessa tematica con un gran numero di altri partiti delle sue stesse dimensioni (e magari anche appartenenti a diverse famiglie politiche).

    Quindi, qual è la configurazione di tematiche che costituisce la migliore opportunità (e il minor rischio) per ciascun partito in Olanda? Le tabelle seguenti (Tabella 2, 3 e 4) presentano le coppie di obiettivi opposti per tutti i 15 temi posizionali associati ai partiti olandesi. All’interno di ogni tematica, i due obiettivi opposti vengono disposti in base al ranking delle issue yields. Facendo questo, è possibile disegnare una mappa delle (positional) issue opportunities potenzialmente disponibili per i partiti olandesi. Un elemento interessante che emerge guardando la Tabella 2 è che, tra le tematiche di tipo socio-economico, un gran numero di obiettivi sembra essere vantaggioso per diversi partiti. Notiamo che c’è un’enorme competizione (potenziale), specialmente su tematiche economicamente di sinistra: in particolare, gli obiettivi collegati alla condizione dei contratti a tempo determinato, la riduzione delle differenze di reddito, l’abolizione di prestiti per gli studenti, la riduzione dell’età pensionabile e l’abolizione della franchigia dell’assicurazione sanitaria.
    Quello che è interessante notare è che su queste tematiche sono competitivi non solo partiti tradizionali di sinistra, ma anche partiti populisti di destra, come i nuovi arrivati Voor Nederland (VNL) e Forum voor Democratie (FvD), e soprattutto il PVV di Geert Wilders. Chiaramente i partiti di sinistra (PvdA, SP) o quelli ambientalisti (GroenLinks), presentano solitamente le issue yield più alte. Ciononostante, non c’è alcun monopolio della sinistra su tematiche economiche di sinistra. E lo stesso accade per tematiche culturalmente di sinistra/liberali, come la posizione “completed life assistance” (vedi Tabella 3). Tutti i partiti tradizionali mostrano una buona issue yield su questa tematica, persino il PVV con 0.88. Dunque, da un lato i partiti di sinistra hanno svariate tematiche da cui possono trarre beneficio in termini elettorali; dall’altro lato, si trovano a dover affrontare, all’interno del loro territorio, avversari di diverse appartenenze politiche.
    Per quel che riguarda gli obiettivi economici di destra, la storia sembra essere differente. Per esempio, “mantenere le differenze di reddito” e “tenere la franchigia sanitaria” sono obiettivi che forniscono una issue yield significativa al liberal-conservatore VVD, il quale non ha rivali – se non pochi e relativamente piccoli – su queste tematiche. Come detto precedentemente, non ci sono molti temi posizionali che presentano una issue yield alta per il VVD. Malgrado ciò, i liberal-conservatori possono facilmente sfruttare alcune tematiche economiche legate alle tematiche fondamentali di loro dominio.

    Come previsto, il “Partito per gli Animali” (PvdD) monopolizza l’obiettivo “tasse più alte sulla carne” con una buona issue yield (0.62), mentre l’obiettivo opposto garantisce una buona issue yield a molti partiti di diversa matrice ideologica.

    Tabella 2 – Tematiche socio-economiche: obiettivi opposti per issue yield

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    Tabella 3 – Tematiche culturali: obiettivi opposti per issue yield

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    Per quanto riguarda le tematiche “demarcazioniste” (Tabella 4), tra gli obiettivi più supportati secondo un precedente articolo (quelli condivisi da almeno i due terzi degli intervistati), ne emerge solo uno tradizionalmente di destra, cioè la richiesta agli stranieri di adattarsi completamente alla cultura olandese. Qui è interessante notare che un obiettivo come questo fornisce non solo ottime issue yield  a partiti religiosi di destra (ChristenUnie, SGP), o ai partiti populisti (PVV, FvD), ma anche buone issue yield ai partiti tradizionali (CDA, VVD) o a quelli radicali di sinistra (SP). L’obiettivo opposto è monopolizzato dal solo (piccolo) partito multiculturalista DENK.

    Infine, per quanto riguarda i temi più divisivi tra gli elettori – l’appartenenza alla UE, l’introduzione di referendum vincolanti, l’immigrazione e lo sciovinismo nell’accesso al welfare – vale la pena notare che la posizione “uscire dall’UE” è strategica per il PVV, dal momento che gli fornisce una alta issue yield senza l’inconveniente di rivali “pericolosi” (solo partiti populisti minori). Diversamente, la posizione opposta a questa dà un buon rendimento elettorale a tutti i partiti tradizionali, che devono però condividere tra di loro questa opportunità elettorale. Lo stesso accade per la tematica “chiudere i confini agli immigrati”: il PVV è in una posizione strategica sia in termini di issue yield che in termini di numero e dimensione dei suoi competitors. Per l’introduzione di referendum vincolanti e gli atteggiamenti verso i rifugiati, il PVV si trova a dover affrontare un po’ più di competizione. Comunque, il partito di Geert Wilders mostra un’altissima issue yield sulla posizione “meno rifugiati” (0.93), molto più alta rispetto a quella dei suoi principali rivali di destra, quali VVD e CDA.

    Al contrario, la posizione opposta “mantenere l’attuale politica nei confronti dei rifugiati” può essere sfruttata strategicamente da relativamente pochi competitors: GroenLinks, PvdA and D66.
    Allo stesso modo, per lo sciovinismo nell’accesso al welfare, la issue yield più alta è visibile in partiti quali DENK, PvdA, GroenLinks, D66; mentre per la posizione sciovinista nell’accesso al welfare, il PVV compete non solo con piccoli partiti religiosi o populisti, ma anche con altri partiti più rilevanti, come il partito dei pensionati (50Plus) e soprattutto il VVD.

    Tabella 4 – Tematiche “demarcazioniste”: obiettivi opposti per issue yield

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    Ricapitolando, l’analisi della struttura della issue opportunity  mostra che un partito populista anti-establishment di destra come il PVV si trova di fronte ad una peculiare configurazione di tematiche di tipo trasversale, che può rivelarsi remunerativa in termini elettorali: da una parte, il partito di  Wilders ha (quasi) il monopolio sulle tematiche “demarcazioniste” legate all’immigrazione e specialmente all’Unione Europea; dall’altro lato, è competitivo anche per quanto riguarda sia le questioni economiche tradizionalmente di sinistra, legate alla difesa del sistema di protezione sociale, sia le tematiche culturali di sinistra/liberali legate alla difesa delle libertà individuali come l’eutanasia. Questi risultati confermano che la peculiare strategia elettorale del PVV è efficace. La loro campagna elettorale è diversa rispetto alle strategie dei partiti tradizionali sotto diversi punti di vista: prendono posizione solo su poche questioni e le enfatizzano e ripropongono all’attenzione ogni volta, con una retorica anche piuttosto severa; tendenzialmente non partecipano ai dibattiti televisivi (in cui potrebbero essere costretti a prendere posizione anche su altre tematiche) ed hanno un manifesto elettorale di una sola pagina (https://www.pvv.nl/visie.html).

    Al contrario, i partiti tradizionali sono confinati nelle tematiche tradizionalmente di loro dominio. Inoltre, all’interno di questi confini tradizionali, i partiti socialdemocratici o quelli radicali di sinistra si trovano a dover competere anche con altri attori politici, compresi alcuni nuovi competitors come il PVV.

    Riferimenti bibliografici
    De Sio, Lorenzo, and Till Weber (2014) “Issue yield: A model of party strategy in multidimensional space”, The American Political Science Review 108(4), pp. 870-885.

    [1] Nel sondaggio, agli intervistati è stato chiesto di esprimere il loro livello di accordo su 15 temi posizionali. Per ciascun tema, una prima domanda chiedeva all’intervistato di scegliere tra due obiettivi opposti (su una scala di 6 punti, il che consente di usare tutte le tecniche delle classiche domande di posizionamento). Una volta selezionato l’obiettivo (ad esempio, “difendere la moralità tradizionale”), agli intervistati veniva chiesto di menzionare (domanda a risposta multipla) quali partiti ritenessero credibili per il raggiungimento di quell’obiettivo.
    [2]Questa tematica in olandese è chiamata “voltooid level”. Non fa parte della legge sull’eutanasia, ma riguarda una legislazione ulteriore relativa al suicidio assistito.

  • Towards the next Dutch general election: the issue opportunity structure for parties

    Towards the next Dutch general election: the issue opportunity structure for parties

    Nicola Maggini, Lorenzo De Sio and Mathilde van Ditmars

    Following on the tools provided by issue yield theory (De Sio and Weber 2014), this analysis provides a specific perspective on the data we at CISE collected through a CAWI survey few weeks before the Dutch election. We rely here on an innovative measurement of positional issues, which allows to derive a common issue yield index for this kind of issues. Positional issues are, in general, defined by reference to two rival goals (e.g. progressive vs. traditional morality): the issue yield measure permits us to assess the presence of strategic issue opportunities for a party. The corghe dimensions originally developed (for positional issues) in the issue yield model are support (how much a policy is supported in the general public) and within-party agreement (how much it is supported within the party) [1]. The two dimensions correspond to the ideal goal of any party: the ability to keep their existing voter base intact, but with the possibility of reaching out to a much larger potential electorate: this is ideally performed through an emphasis on those issues where the party is internally united, and perhaps many voters outside the party also agree.

    The issue yield index allows then us to answer the core question: what is – in electoral terms – the ideal agenda of each party? What is the selection of issues that would provide the best electoral return to each party? What is important here is to observe the issue configuration that presents the best opportunity (and the lowest risk) to each party, and then compare it with the actual choice of issues that parties stressed in their campaign, to determine how strategic was their campaigning (which relates to our initial research question). This comparison will first be made in anecdotal terms, while – in a few weeks – the coding of Twitter communication during the campaign will allow us to answer this question in quantitative terms.

    Applying this approach to The Netherlands, we are able to answer the above questions for this specific party system, which has been marked during the last years by decreasing support for mainstream parties, especially the Christian Democrats, and, to a lesser extent, the Labour party, and leading positions in the opinion polls for the right-wing liberal mainstream party VVD and the right-wing populist party PVV of Geert Wilders. In light of these developments, investigating the issue yield for all parties in the system may help to explain why certain parties are (potentially) more successful than others. Table 1 presents issues (and related parties) according to the issue yield index, moving from highest to lowest values. In this way, we can see which parties could take advantage by competing on specific issues. Looking only at very high issue yields (>=0.75), there are several positional issues which can provide a very good electoral return to several parties. Indeed, excluding small parties which are below 4% in the voting intentions (highlighted in grey), parties that present a very good issue yield on several issues are the following ones: PVV (10 issues), 50 Plus (7 issues), the animal party PvdD (7 issues), the Labour party PvdA (6 issues), the green party GroenLinks (6 issues), the Socialist Party (SP) (6 issues), social-liberal D66 (3 issues), VVD (2 issues), the Christian Democrats (CDA) (2 issues). These data tell us that PVV, 50 Plus, PvdD, PvdA, GL, and SP, may potentially exploit a considerable number of issues for electoral purposes, while for D66, VVD and CDA the structure of opportunities provided by positional issues is less favorable. That said, the issue yield for a party not only depends on its absolute value, but it should also be considered in relation to the issue yield for other parties. That is, we must look at the issue yield rank. (aaronkirman.com) This means that an issue can have a very high yield for a party; and despite this, other parties may have an even higher return on the same issue. Consequently, it can be difficult for that party to compete on that issue, because other parties might be better positioned. For example, the VVD potentially can easily take advantage of the “completed life assistance”[2] position, but there are other 7 parties that can have a better return on the same issue. Similarly, GroenLinks can exploit the “fixed contract after 2 years” issue, but there are other six parties that have a better issue yield on the same theme. Anyway, looking at the issue yield rank, it is confirmed that some mainstream parties like the CDA, the D66 and the VVD have to face a less favorable strategic issue opportunities than other parties, especially the PVV.

     

    Table 1. – Issue yield for positional issues

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    In addition to the issue yield rank, the final point that has to be addressed in order to understand the actual strategic issue opportunities for parties is the type and size of parties that have a similar competitive advantage on the same issue. Indeed, a party that on a specific issue has few and small size competitors is in a better strategic position with respect to a party that despite having a high issue yield, is forced to compete on the same issue with a high number of other parties of the same size (and possibly even of different political families).

    Therefore, which is the issue configuration that presents the best opportunity (and the lowest risk) to each party in the Netherlands? The following tables (Table 2, 3 and 4) present the pair of rival goals for the 15 positional issues associated to the Dutch parties. Within each issue, the two rival goals are ordered by the issue yield rank.  By doing this, it is possible to outline a map of the (positional) issue opportunities potentially available for Dutch parties. An interesting piece of evidence that emerges by looking at Table 2 is that, among the socio-economic issues, a large number of goals appears to be beneficial to the different parties. We note there is a huge (potential) competition especially on economically leftist issues: in particular, the goals related to the requirement of fixed term contracts, the reduction in income differences, the abolishment of students loans, the reduction in pension age and the abolishment of the deductible in health insurance. The interesting point is that on such issues not only traditional left-wing parties are competitive, but also right wing populist parties like the two newcomers Voor Nederland (VNL) and Forum voor Democratie (FvD), and especially the PVV of Geert Wilders. Of course, left-wing (PvdA, SP) or environmentalist parties (GroenLinks), present usually the highest issue yields. Nonetheless, there is no monopoly of the left on ‘leftist’ economic issues. The same occurs for a culturally leftist/liberal issue as the ‘completed life’ stance (see Table 3). All the mainstream parties show a good issue yield on this stance and even the PVV presents a very high issue yield (0.88). Therefore, on the one hand leftist parties have several issues that can be beneficial to them in electoral terms; on the other hand they have to face within their core issue domain competitive challengers from different political families. As regards some ‘right-wing’ economic goals, the story seems different. For instance, ‘maintaining income differences’ and  ‘keeping the healthcare deductible’ are goals that provide a significant issue yield for the liberal-conservative VVD and the latter has no (or very few and small) rivals on such issues. As previously said, there are not so many positional issues that present a high issue yield for the VVD. Nevertheless, the liberal-conservatives can easily exploit some economic issues pertaining to their core issue domain.

    As expected, the Party for the Animals (PvdD) monopolizes the goal ‘higher meat tax’ with a good issue yield (0.62), whereas the opposite goal provides good issue yields to many parties of different ideological families.

    Table 2 – Socio-economic issues: rival goals by issue yield

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    Table 3 – Cultural issues: rival goals by issue yield

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    As regards ‘demarcationist’ issues (Table 4), among the most supported goals according to a previous article (i.e., those shared at least by two-thirds of respondents), only one traditionally rightist goal emerges, namely the requirement for foreigners to fully adapt to the Dutch culture. Here it is interesting to notice that such a goal provides not only very high issue yields to religious right-wing (ChristenUnie, SGP) or populist parties (PVV, FvD), but also good issue yields to mainstream (CDA, VVD) or radical-left parties (SP). The opposite goal is monopolized only by the (small) left-wing multiculturalist party DENK.

    Finally, as regards the more divisive goals within the electorate – namely those related to the European Union (staying in the EU), introduction of binding referenda, immigration, and welfare chauvinism  –  it is noteworthy to notice that the goal ‘leaving the EU’ is strategic for the PVV, given that it provides an high issue yield without facing ‘dangerous’ rivals (just minor populist parties). Conversely, the opposite goal provides a good electoral yield to all mainstream parties, which have to ‘share’ the electoral opportunities. The same occurs as regards the issue related to ‘closing borders to immigrants’: the PVV is located in a strategic position in terms of issue yield and in terms of number and size of competing parties. As regards the introduction of binding referenda and the attitudes towards refugees, the PVV has to face a little bit more competition. Anyway, Geert Wilders’ party on the ‘less refugees goal’ shows a very high issue yield (0.93), much higher with respect to the issue yields of its main rivals on the right of the political spectrum like the VVD and the CDA. Conversely, the opposite goal (maintain current refugee policy) can be strategically exploited by relatively few competitors: GroenLinks, PvdA and D66. Similarly, as regards the opposition to welfare chauvinism, the better issue yields are showed by DENK, PvdA, GroenLinks, D66. Conversely, as regards the pro-welfare chauvinism, the PVV has to face a certain competition in term of issue yield not only by small religious or populist parties, but also  by other more relevant parties like the party for the elderly, 50Plus, and especially the VVD.

    Table 4 – ‘Demarcationist’ issues: rival goals by issue yield

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    To sum up, the analysis of the strategic issue opportunity structure shows that an anti-establishment right-wing populist party like the PVV faces a peculiar cross-cutting issue configuration that can be remunerative in electoral terms: on the one hand, Wilders’ party is (almost) a monopolist on ‘demarcationist’ issues related to immigration and especially to the European Union; on the other, it is competitive also as regards both traditional economic ‘leftist’ issues related to defense of social protection and leftist/liberal cultural issues related to the defense of individual freedoms like euthanasia. These results confirm that the quite different electoral strategy that the PVV takes seems indeed to be paying off. Their electoral campaign is different with respect to mainstream parties’ strategies in several ways: they only take position on a few issues and stress them all the time through an harsh rhetoric, they do not usually participate in TV/media debates (in which they could be forced to take stances on issues) and they have an election manifesto of one page (https://www.pvv.nl/visie.html).

    On the contrary, mainstream parties are ‘confined’ within their traditional issue domains. Furthermore, within such domains social-democratic or radical left parties have to face the competition of other political actors, including new challengers like the PVV.

     

    References

    De Sio, Lorenzo, and Till Weber (2014) “Issue yield: A model of party strategy in multidimensional space”, The American Political Science Review 108(4), pp. 870-885.

     

    [1] In the survey, respondents were asked to express their support on 15 positional issues. For positional issues, a first item requires respondents to choose over the two rival goals (it is a 6-point item, thus also allowing all techniques for classic positional items). Once the goal is selected (e.g. defending traditional morality), respondents are asked to mention (multiple choice) which parties they consider credible to achieve that goal.

    [2]This issue in Dutch is labelled “voltooid level”. It is not part of the euthanasia law, but it regards additional legislation about ending life with assistance.

  • Il quadro riassuntivo dei ballottaggi: arretramento del PD, avanzata del centrodestra e vittorie storiche del M5S

    Il quadro riassuntivo dei ballottaggi: arretramento del PD, avanzata del centrodestra e vittorie storiche del M5S

    di Nicola Maggini

    Per esaminare l’esito di queste elezioni comunali, il primo elemento da cui partire è quello relativo ai conteggi delle vittorie al ballottaggio nei 121 comuni superiori ai 15.000 abitanti (vedi Tabella 1). Come infatti avevamo visto in un precedente articolo, solo in 22 comuni superiori il risultato era già stato determinato al primo turno (con 11 vittorie per il centrosinistra guidato dal PD, con 8 vittorie per il centrodestra guidato da FI, due vittorie per le liste civiche e una della Lega). Prima di esaminare l’esito elettorale, in via preliminare va sottolineato che l’affluenza nei 121 comuni andati al ballottaggio è stata del 51,3%, con un calo di 10,7 punti percentuali rispetto al primo turno. Ora passiamo ad esaminare il risultato dei ballottaggi: su 121 comuni, in 34 ha vinto il centrosinistra (ossia le coalizioni guidate dal PD), in 29 il centrodestra (ossia le coalizioni guidate da FI), in 19 il M5S, in 17 le liste civiche, in nove le coalizioni di destra (ossia comprendenti Lega e/o FDI ma senza Forza Italia), in 6 le coalizioni di sinistra (ossia comprendenti SI e/o SEL e/o FDS, ma senza il PD), in 5 le coalizioni di centro (ossia comprendenti NCD e/o UDC), in un comune (Monserrato) “altri centrosinistra” (ossia Psi, Verdi, Idv e alleati, ma senza il PD) e in un comune (Brindisi) “altri centrodestra” (ossia una coalizione di centrodestra di liste collegate al movimento dei “Conservatori e Riformisti” di Raffaele Fitto, ma senza FI).

    Tab. 1- Riepilogo vittorie al primo turno, ai ballottaggi e vittorie totali

    Tabella 1

    A questo punto è importante vedere in quanti comuni le principali forze politiche erano andate al ballottaggio, con che posizione e che tipo di sfide si presentavano agli elettori (Tabelle 2 e 3).

    Tab. 2 – Numero di ballottaggi per aerea politica

    Tabella 2

    Tab. 3 – Riepilogo delle sfide tra prima e seconda coalizione nei 121 comuni superiori al ballottaggio

    Tabella 3

    Il centrosinistra era andato al ballottaggio in 90 comuni (48 da primo); il centrodestra in 61 (30 da primo); il M5S in 20 (6 da primo); le coalizioni di liste civiche in 32 (15 da prime); le coalizioni di destra in 15 (11 da prime); le coalizioni di sinistra in 8 (5 da prime); “altri centrosinistra” in 6 (2 da primi) e “altri centrodestra” in 2. Già questo dato ci dice che per il PD questi ballottaggi sono stati negativi dal momento che ha vinto solo in meno della metà di essi (più precisamente nel 37,8% dei casi) e in 24 comuni ha perso nonostante al primo turno si fosse classificato primo (mentre la rimonta è avvenuta solo in 10 casi). Il centrodestra ha invece vinto nel 47,5% dei ballottaggi dove era presente e in 11 comuni è riuscito a vincere ribaltando il risultato del primo turno (mentre in 12 comuni si è fatto rimontare). Se si guarda alle sfide dirette tra centrosinistra e centrodestra (45), il centrodestra vince in 24 sfide (di cui 10 partendo da secondo), mentre il centrosinistra vince in 21 sfide (di cui solo sei partendo da secondo). La bilancia delle sfide dirette tra le due tradizionali coalizioni delle Seconda Repubblica pende quindi a favore del centrodestra. A tal proposito è da sottolineare anche il fatto che quando il centrosinistra targato PD sfida al ballottaggio coalizioni di destra (senza FI), in 4 casi su 6 perde, così come perde a Brindisi contro una coalizione di centrodestra non comprendente FI. Questa cattiva performance delle coalizioni del PD ai ballottaggi è confermata anche dalle sfide con le liste della sinistra radicale (4 sconfitte su 5 ballottaggi) e con il M5S (11 sconfitte su 11, di cui ben 7 rimonte subite). Speculare all’andamento del PD è invece la performance del M5S, che vince nel 95% dei ballottaggi (19 su 20), vincendo tutti i confronti con il centrodestra (compresa la Lega da sola) e con il centrosinistra e perdendo solo in un caso (ad Alpignano in Piemonte) contro una coalizione di liste civiche. Questo dato è chiarissimo: il M5S è un “animale da ballottaggio”, dal momento che al secondo turno riesce sistematicamente ad avere la meglio sulle coalizioni tradizionali di centrosinistra e di centrodestra grazie alla sua natura di movimento trasversale in grado di raccogliere consensi in elettorati collocati su posizioni opposte lungo la dimensione sinistra-destra. Come avevamo scritto in un precedente articolo basato su dati di sondaggio, il vero “Partito della Nazione” in questo momento in Italia è il M5S (e non il PD di Renzi).

    Esaminando nel dettaglio i risultati e l’affluenza nei comuni capoluogo (Tabelle 4 e 5), ossia i comuni che pesano di più in termini di numero di elettori in questa tornata di elezioni comunali e che hanno anche attirato una maggiore attenzione mediatica, il risultato di questi ballottaggi è ancora più chiaro: nei 20 comuni capoluogo dove si andava al ballottaggio, il centrodestra guidato da Forza Italia vince in sei (Benevento, Grosseto, Olbia, Pordenone, Savona, Trieste), “Altri centrodestra” in un comune (Brindisi), le coalizioni di destra in due (Isernia e Novara), il centrosinistra guidato dal PD in cinque comuni (Caserta, Bologna, Milano, Ravenna, Varese), il M5S in tre comuni (Carbonia, Roma, Torino), le liste della sinistra cosiddetta radicale in un comune (a Napoli, dove appoggiavano De Magistris), infine le liste civiche in un comune (Latina) e le coalizioni di centro in un comune (Crotone). Il centrodestra ha quindi ottenuto il numero maggiore di vittorie nei comuni capoluogo al ballottaggio. Al di là del conteggio numerico, comunque, in termini simbolici e quindi politici, le vittorie del M5S a Torino e Roma sono vittorie ‘pesanti’ e storiche: Virginia Raggi trionfa con oltre il 67% dei voti, divenendo così il primo sindaco donna di Roma e anche Chiara Appendino vince nettamente a Torino, in una città amministrata da venti anni dal centrosinistra. Il M5S vince in tutti e tre i comuni capoluogo dove era arrivato al ballottaggio contro un candidato del PD e in due di questi (Torino e Carbonia) riesce addirittura a ribaltare la situazione di svantaggio del primo turno (basti pensare che a Torino al primo turno Piero Fassino aveva ottenuto un vantaggio di circa 11 punti percentuali sulla Raggi). Se guardiamo ai voti in valori assoluti, la Raggi a Roma tra il primo e il secondo turno guadagna oltre 309.000 voti in più (un incremento pari al 67% dei voti ottenuti al primo turno), mentre Giachetti ne guadagna 51.100 (con un incremento pari al 16% dei voti del primo turno). Un incremento di voti simile per il M5S lo si registra a Torino, dove il dato è ancora più marcato: la Appendino aumenta in maniera considerevole i propri consensi di oltre 84.000 voti (quasi raddoppiandoli rispetto al primo turno con un incremento pari al 71%), mentre Fassino sostanzialmente tiene i suoi elettori con un incremento pari solo al 6% dei voti ottenuti al primo turno. Tutto ciò è avvenuto in un contesto dove l’affluenza (54,6%) è calata poco rispetto al primo turno, risultando la città dove il calo della partecipazione è stato più contenuto (-2,8 punti percentuali). A Roma l’affluenza è stata del 50,2%, ossia metà dei romani è rimasta a casa (con un calo rispetto al primo turno di quasi 7 punti percentuali).  A Carbonia, infine, Massidda del M5S incrementa del 150% i suoi voti del primo turno, mentre Casti del centrosinistra perde addirittura consensi tra il primo e il secondo turno. Ciò conferma quanto avevamo detto prima, ossia che al secondo turno il M5S è riuscito a fare il pieno delle seconde preferenze degli elettori dei candidati esclusi dai ballottaggi, in particolare di quelli del centrodestra come dimostrato dall’analisi dei flussi elettorali.

    Tab. 4 – Risultati nei comuni caplouogo tra primo e secondo turno (valori assoluti e variazioni percentuali)

    Tabella 4

    Tab. 5 – Affluenza tra il primo e il secondo turno nei comuni capoluogo (valori assoluti e percentuali)

    Tabella 5

    Il PD si consola vincendo a Bologna e soprattutto a Milano. Nel primo caso, Vriginio Merola si conferma sindaco col 54,6% dei consensi, nonostante in valori assoluti tra primo e secondo turno abbia guadagnato meno voti rispetto alla rivale di centrodestra Lucia Borgonzoni (infatti l’incremento di voti di Merola è stato pari al 22% dei sui voti al primo turno, mentre quello della Borgonzoni dell’80%). Rimanendo sempre in Emilia-Romagna, il PD vince anche a Ravenna con De Pascale, riuscendo sostanzialmente a mantenere i propri elettori del primo turno, a fronte di un aumento di voti (pari al 45% dei voti ottenuti al primo turno) del candidato di centrodestra Alberghini. Per quel che riguarda Milano, nel capoluogo lombardo (nonché capitale economica e finanziaria del paese) Beppe Sala riesce ad ottenere una vittoria importante (anche in termini simbolici) che rende meno amaro il risultato complessivo dei ballottaggi per il PD. Sala si impone sullo sfidante di centrodestra Stefano Parisi con il 51,7% dei consensi, riuscendo anche a fare una migliore pèrformance tra il primo e il secondo turno rispetto al suo avversario (l’incremento di voti per Sala è infatti pari al 18% dei voti ottenuti al primo turno, mentre l’incremento di voti di Parisi è pari al 13%). Da sottolineare è anche il fatto che Milano è la città, dopo Torino, dove l’affluenza (51,8%) tra primo e secondo turno è calata meno (-2,9 punti percentuali). In generale il PD è andato molto bene in Lombardia, vincendo in molti comuni superiori e strappando con Galimberti Varese (storica roccaforte leghista) al centrodestra dopo 23 anni, riuscendo così a ribaltare il risultato del primo turno.

    La rimonta al PD invece non è riuscita a Trieste, dove l’incumbent Cosolini non si conferma sindaco, nonostante un incremento di voti maggiore tra primo e secondo turno rispetto al rivale di centrodestra Dipiazza (che diventa sindaco con il 52,6%). Il dato positivo per il centrodestra (e negativo per il PD) in Friuli-Venezia Giulia viene confermato anche dalla vittoria a Pordenone. Buono anche il risultato in Toscana, dove Vivarelli Colonna per il centrodestra batte lo sfidante Mascagni per il centrosinistra con il 54,9% dei consensi.

    Guardando infine alla disaggregazione per area geopolitica [1] , si nota una difficoltà del PD nei comuni capoluogo del Sud dove riesce a vincere solo a Caserta e Crotone (oltre a Salerno già vinta al primo turno), mentre il centrodestra (oltre ad aver vinto a Cosenza al primo turno) vince anche a Benevento e a Olbia, senza contare che le liste di centrodestra di Fitto vincono a Brindisi e quelle della destra a Isernia. Il dato più importante tra i comuni del Sud, in termini di peso elettorale della città, è senza dubbio quello di Napoli, dove De Magistris (sostenuto da una coalizione di liste di sinistra) vince in maniera netta (con il 66,9% dei consensi) contro il candidato del centrodestra Lettieri. Guardando ai valori assoluti, De Magistris è riuscito a vincere sostanzialmente rimobilitando i suoi elettori del primo turno, come mostrato anche dall’analisi dei flussi elettorali. Da sottolineare, in ogni modo, che Napoli è il comune capoluogo dove la partecipazione è stata più bassa (36%). Solo poco più di un terzo degli elettori ha deciso di recarsi alle urne e questo è certamente il sintomo di un malessere generalizzato della società napoletana nei confronti della politica, un malessere confermato dal fatto che Napoli si trova nel gruppo dei comuni capoluogo dove l’affluenza è calata di più tra primo e secondo turno (gruppo che comprende Caserta, Crotone, Brindisi, Isernia e Benevento). Il calo dell’affluenza particolarmente marcato nei comuni del Sud si spiega probabilmente con il fatto che al secondo turno viene meno il traino del voto di preferenza per i candidati consigliere e nel meridione il voto personale è storicamente molto importante.

    Ricapitolando, se si considerano anche i sindaci eletti al primo turno, il conteggio delle vittorie e delle sconfitte nei comuni superiori ai 15.000 abitanti mostra che il centrosinistra ha vinto in 45 comuni, il centrodestra in 36, il M5S in 19 (così come le liste civiche), le coalizioni di destra in 10, le coalizioni di sinistra in 6, le coalizioni di centro in 5 e, infine, “altri centrosinistra” e “altri centrodestra” in un comune ciascuno (come si è visto nella Tabella 1). Se è vero quindi che il PD in termini numerici ha vinto in un numero maggiore di comuni rispetto ai suoi avversari, si tratta però solo di una vittoria numerica e non politica. E ciò risulta ancora più evidente se si considera il confronto con le comunali del 2011 (vedi Tabella 6): su 132 comuni superiori per cui è possibile fare un confronto col passato[2] , il centrosinistra ne governava 84, contro i 29 del centrodestra (mentre il M5S non ne governava nessuno). Oggi nei 132 comuni superiori il centrosinistra dimezza il numero di comuni governati (42), il centrodestra avanza arrivando a governarne 32 e il M5S ne ottiene 18. Questo dato è un chiaro indice della trasformazione in senso tripolare del sistema partitico italiano (D’Alimonte, Di Virgilio, Maggini 2013; Chiaramonte e Emanuele 2014).  Inoltre, per ciò che concerne lo stato di salute delle principali forze politiche del paese, si possono delineare delle dinamiche abbastanza chiare. Per quel che riguarda il centrodestra, queste elezioni ci dicono che è competitivo quando è unito e infatti nei ballottaggi è andato meglio del PD negli scontri diretti. Il centrosinistra targato PD è in affanno e si trova in una fase di arretramento elettorale. Infine, il M5S ha ottenuto due vittorie storiche in due grandi città come Roma e Torino e soprattutto si dimostra (quasi) invincibile nei ballottaggi, sfruttando la sua natura di “catch-all party” (Kirchheimer 1966). Si tratta di un vero “Partito della Nazione” trasversale, come detto in precedenza, il cui problema casomai è quello di riuscire ad arrivare al ballottaggio: quando ci arriva, però, riesce ad attrarre gli elettori della coalizione (di centrosinistra o di centrodestra) esclusa dal ballottaggio, come dimostrano in maniera emblematica i casi di Roma e Torino, dove la Raggi e la Appendino sono riuscite a fare il pieno tra gli elettori del centrodestra.  E se la sconfitta del PD a Roma era preventivabile (visti i problemi a livello locale), il dato di Torino è invece stato una sorpresa e un campanello d’allarme anche in chiave nazionale. In definitiva, nonostante il successo importante di Milano, queste comunali sono state la prima vera sconfitta per il PD da quando Renzi è segretario.

    Tab. 6 – Riepilogo delle vittorie nei 132 comuni superiori in cui è possibile un confronto con le comunali precedenti

    Tabella 6

    Riferimenti bibliografici

    Chiaramonte, A. e De Sio, L. (a cura di), Terremoto elettorale. Le elezioni politiche del 2013, Bologna, Il Mulino.

    Chiaramonte, A. and Emanuele, V. (2014), ‘Bipolarismo Addio? Il Sistema Partitico tra Cambiamento e De-Istituzionalizzazione’, in A. Chiaramonte e L. De Sio (a cura di), Terremoto elettorale. Le elezioni politiche del 2013, Bologna, Il Mulino, pp. 233-262.

    Corbetta P., Parisi, A. e Schadee, H. (1988), Elezioni in Italia. Struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, Il Mulino.

    D’Alimonte, R., Di Virgilio, A. e Maggini, N. (2013), ‘I risultati elettorali: bipolarismo addio?’, in ITANES (a cura di), Voto amaro. Disincanto e crisi economica nelle elezioni del 2013, Bologna, Il Mulino, pp. 17-32.

    Diamanti, I. (2009), Mappe dall’Italia politica. Bianco, rosso, verde, azzurro… e tricolore, Bologna, Il Mulino.

    Emanuele. V. and Maggini, N. (2015), ‘Il Partito della Nazione? Esiste, e si chiama Movimento 5 Stelle’, /cise/2015/12/07/il-partito-della-nazione-esiste-e-si-chiama-movimento-5-stelle/.

    Kirchheimer, O. (1966),’The Transformation of the Western European Party System’ in J. LaPalombara and M. Weiner (eds.),
    Political Parties and Political Development, Princeton, NewJersey:
    Princeton University Press.

     

    [1] Sul concetto di zone geopolitiche e le diverse classificazioni proposte, vedi Corbetta, Parisi e Schadee (1988), Diamanti (2009), Chiaramonte e De Sio (2014).

    [2] Sono esclusi dall’analisi i sei comuni siciliani con popolazione compresa tra i 10 e i 15.000 abitanti e altri 11 comuni superiori ai 15.000 abitanti (Altopascio, Anguillara Sabazia, Bovolone, Bracciano, Caravaggio, Caronno Petrusella, Cirò Marina, Codogno, Corbetta, Laterza, Rocca Di Papa) per i quali non è possibile fare un raffronto perché alle precedenti elezioni comunali votavano in un turno unico e con regole elettorali diverse in quanto inferiori ai 15.000 abitanti.

     

  • Contextual effects on individual voting behaviour: the impact of party system nationalization in Europe

    Maggini, N., & Emanuele, V. (2015). Contextual effects on individual voting behaviour: the impact of party system nationalization in Europe. Italian Political Science Review/Rivista Italiana Di Scienza Politica.

    This article has the purpose to assess if and how party system nationalization affects individual voting behaviour. Previous studies on party system nationalization have focused on systemic processes, exclusively dealing with aggregate data. The authors address this topic from a new empirical perspective, arguing that party system nationalization could act as a context dimension interacting with the vote choice function. How does this specific context dimension moderate the explanatory power of individual level characteristics? On which determinants of vote choice does party system nationalization have a greater impact? To answer these questions, the authors focus on 23 European countries through the use of the 2009 European Election Study. The empirical analysis shows that in nationalized contexts the impact of the left-right dimension on party support is higher than in territorialized contexts, while that of class as well as of culture-related variables is lower. The authors also discuss the implications of these findings.

    Questo articolo è stato premiato con il “Sartori Prize for the Best Article Published in Volume 45 (2015) of Italian Political Science Review”.

  • Regionali in Toscana: una partita già chiusa?

    di Nicola Maggini

    Il 31 maggio 2015 i cittadini toscani eleggeranno il nuovo Presidente della Regione ed il nuovo Consiglio Regionale. Chi sono i principali candidati? Che assetto avrà la competizione? Con che legge elettorale si voterà? In questo articolo cercheremo di rispondere a queste domande, tratteggiando prima un quadro della situazione politica toscana come si è venuta configurando nell’intervallo temporale che va dalle precedenti elezioni regionali del 2010 fino alle elezioni per il Parlamento Europeo del maggio 2014 (passando per le politiche del 24-25 febbraio 2013).

    Cuore, assieme all’Emilia-Romagna, della ex “Zona rossa”, la Toscana non è mai stata una regione politicamente “contendibile”. Il dominio del Partito Comunista prima e dei suoi epigoni poi non è mai stato messo in discussione, e le forze politiche moderate e conservatrici (la Dc prima, Forza Italia e i suoi alleati poi) sono sempre state all’opposizione. Questo trend non è cambiato nemmeno negli ultimi anni. Come riportato dalla tabella 1, cinque anni fa, nella primavera del 2010, il candidato del centrosinistra Enrico Rossi conquistò la poltrona di Palazzo Medici Riccardi raccogliendo il 59,7% dei voti maggioritari. A sostenerlo una coalizione di quattro liste, guidate dal Pd, che otteneva al proporzionale una quota di voti leggermente superiore a quella del candidato (60,7%). Tra i partiti della coalizione, il primato spettò al Pd con il 42,2% dei voti. Lusinghiero anche il risultato dell’Idv, che sfiorò il 10%. La Federazione della Sinistra si attestò attorno al 5% e Sinistra Ecologia e Libertà attorno al 4%.

    Lo sfidante di centro-destra, Monica Faenzi, si fermò appena al 34,4% dei voti e le due liste che la appoggiavano ottennero una percentuale simile se sommate assieme. Il Pdl ottenne il 27,1% e la Lega Nord registrò una notevole affermazione andando oltre il 6% dei voti.

    A completare il quadro dei risultati del 2010 il candidato dell’Udc, Francesco Bosi, raccolse il 4,6%, il candidato della lista Pannella-Bonino, Alfonso De Virgilis, lo 0.8% e il candidato di Forza Nuova, Ilario Palmisani, lo 0,5%. Tra questi ultimi partiti, solo l’Udc ottenne seggi (due).

    Tab. 1 – Risultati delle elezioni regionali 2010 in Toscana

    Alle elezioni politiche del 2013[1] il risultato in Toscana aveva confermato i tradizionali rapporti di forza a favore del centrosinistra, ma con l’importante novità dell’exploit elettorale di una nuova formazione politica quale il Movimento 5 Stelle. Come possiamo osservare nella tabella 2, all’indomani del 25 febbraio il Pd si confermava primo partito anche se con una percentuale (37,5%) inferiore a quella registrata alle regionali 2010 e il centro-sinistra nel suo complesso si confermava prima coalizione con il 41,6%. Alle regionali di soli 3 anni prima l’insieme dei partiti della coalizione di centrosinistra che sosteneva Enrico Rossi invece aveva raccolto il 60,7%. La vera novità era stata l’affermazione del M5s che, pur essendo leggermente al di sotto della media nazionale, da solo aveva raccolto più voti (24%) di tutti i partiti della coalizione di centrodestra (20,7%%), che riuscivano a peggiorare il già misero risultato delle regionali 2010. Il partito guidato da Berlusconi scendeva sotto il 20% (17,5%), mentre la Lega non riusciva a confermare il risultato delle regionali e tornava sotto quota 1%. Il risultato della coalizione guidata da Mario Monti era al di sotto del dato nazionale: poco sopra l’8%, con Sc cannibale ai danni degli alleati. Molto deludente infine il risultato per la sinistra più radicale, con Rivoluzione Civile appena sopra il 2%.

    Tab. 2 – Risultati delle elezioni politiche 2013 in Toscana

    Nelle elezioni europee dello scorso anno[2] (tab. 3) il Pd guidato da Renzi otteneva in Toscana una riscossa analoga a quella del resto del paese. Oltre il 56% dei voti, con una crescita rispetto alle politiche pari sostanzialmente a 19 punti percentuali. In termini assoluti si tratta di un incremento di circa 200mila elettori, nonostante la minore affluenza alle europee rispetto alle politiche. E l’incremento è notevole anche se si considera come termine di paragone le regionali del 2010 (+14,2 punti percentuali). Il M5s, invece, era passato dal 24% al 16,7%, lasciando per strada il 40,6% dei suoi elettori delle politiche. L’area di centro-destra nella sua accezione più larga manteneva circa il 20% dei consensi, ma la scissione del Pdl lasciava il più grande fra i partiti di tale area politica – Fi – appena sopra l’11%. Fdi e Lega facevano registrare una certa crescita, rimanendo comunque attori marginali del sistema politico regionale. L’area politicamente alla sinistra del Pd rimaneva complessivamente sostanzialmente stabile, raccogliendo fra il 5 e il 6% dei voti. In sintesi, nelle ultime 3 competizioni elettorali avvenute in Toscana, ossia le regionali 2010, le politiche 2013 e le europee 2014, la distanza tra centrosinistra e centrodestra (intesi come Pd e alleati contro Forza Italia e alleati) non è mai scesa sotto la doppia cifra, raggiungendo addirittura i 36,5 punti di scarto alle europee del 2014. Nemmeno l’emersione del Movimento 5 Stelle è riuscita a modificare tali rapporti di forza. Anzi, il boom del partito di Grillo ha contribuito ad ampliare ancora di più il gap tra i due schieramenti principali, contendendo il ruolo di seconda forza al centrodestra berlusconiano.

    Tab. 3 – Risultati delle elezioni europee 2014 in Toscana

    Veniamo ora all’offerta in campo in queste elezioni regionali. Come riportato dalla tabella 4, i candidati in campo sono sette, contro i cinque delle precedenti regionali. La competizione, anche in Toscana, sta assumendo sempre più una dinamica multi-polare rispetto al tradizionale schema bipolare. Sulla scheda i toscani si troveranno 10 liste, una in più rispetto al 2010. Il Pd alleato con la lista civica Popolo Toscano appoggia come candidato governatore il presidente uscente Enrico Rossi. La Lega Nord, alleata con Fratelli d’Italia, sostiene come candidato governatore Claudio Borghi. Il Movimento 5 Stelle candida a governatore Giacomo Giannarelli, mentre Forza Italia, alleata a Lega Toscana-Più Toscana, sostiene la candidatura a governatore del consigliere uscente Stefano Mugnai. Gianni Lamioni è invece il candidato presidente della lista civica Passione per la Toscana espressione dell’Ncd-Udc, mentre la lista Sì Toscana a sinistra (Sel, Prc, comitati Tsipras, liste civiche) candida a governatore Tommaso Fattori. Infine, la nuova lista Democrazia Diretta (presente ovunque tranne nella circoscrizione di Pisa) sostiene la candidatura di Gabriele Chiurli che cinque anni fa era stato eletto nelle liste della Lega ed era poi confluito come consigliere regionale nel Gruppo Misto. Da questo quadro emergono due elementi importanti: 1) il governatore uscente Enrico Rossi si presenta con l’appoggio praticamente solo del suo partito, mentre la coalizione di cinque anni prima si è dissolta aumentando la concorrenza a sinistra; 2) l’area del centrodestra, già storicamente minoritaria in regione, si è frantumata presentando ben tre distinti candidati a governatore. Questi elementi di novità sono sicuramente legati anche a dinamiche politiche di carattere nazionale, con il Pd di Renzi al governo che ha rotto i rapporti con Sel all’opposizione, mentre l’egemonia berlusconiana nel campo del centrodestra è entrata in crisi con il risultato di una frammentazione di quest’area spesso anche a livello locale. Se a tutto ciò si aggiunge che la nuova legge elettorale recentemente approvata alla Camera, il cosiddetto Italicum, favorirà una competizione tra partiti e non più tra coalizioni, ecco che la scomposizione delle tradizionali coalizioni anche a livello locale può prefigurare quella che sarà a livello nazionale la futura dinamica competitiva tra partiti. E la nuova legge elettorale toscana presenta diversi elementi simili all’Italicum, tra cui la soglia del 40% per accedere al premio di maggioranza e la possibilità di un secondo turno di ballottaggio, anche se nella nuova normativa elettorale regionale esiste ancora la possibilità di creare coalizioni tra partiti per concorrere all’assegnazione del premio, mentre nell’Italicum il premio si assegna alla singola lista più votata. Ma andiamo con ordine.

     

    Tab. 4 – L’offerta elettorale alle regionali 2015 in Toscana

    Vediamo quali sono gli aspetti più importanti dellla nuova normativa elettorale con cui si svolgeranno le imminenti elezioni regionali in Toscana. In primo luogo sono state approvate modifiche allo Statuto regionale, che ora fissa a 40 (più il Presidente della Giunta) il numero dei componenti del Consiglio. La nuova legge elettorale della Regione Toscana (n. 51 del 26 settembre 2014) mantiene alcune caratteristiche di fondo della precedente normativa: da una parte, l’elezione diretta del Presidente della Giunta Regionale; dall’altra, meccanismi elettorali tali da assicurare una maggioranza consiliare al Presidente eletto e alla coalizione che lo sostiene. Si tratta di un modello che configura dunque una competizione tra liste e coalizioni per la ripartizione proporzionale dei seggi, (i 40 seggi si assegnano tutti attraverso il metodo delle divisioni successive, il cosiddetto metodo D’Hondt), con la previsione di un premio di maggioranza variabile ed eventuale. Inoltre, è prevista la possibilità di voto disgiunto. All’interno di questo impianto, tuttavia, sono state introdotte alcune importanti modifiche: 1) viene proclamato eletto il candidato che nel complesso delle circoscrizioni ha superato la soglia del 40% dei voti validi; 2) nel caso in cui nessun candidato presidente abbia riportato più del 40% dei voti validi è previsto un secondo turno di ballottaggio; 3) sono previste nuove soglie di sbarramento per accedere alla ripartizione dei seggi: 10% dei voti validi per le coalizioni, purché almeno una lista della coalizione abbia ottenuto una cifra elettorale superiore al 3%; 3% per le singole liste all’interno delle coalizioni; 5% per le singole liste che non fanno parte di una coalizione. Qualora una coalizione non superi il 10% dei voti validi, accedono comunque al riparto dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto il 5% dei voti validi; 4) è previsto un premio di maggioranza in relazione alla percentuale di voto conseguita dal candidato e dalla coalizione vincenti: la coalizione di liste (o la lista), collegata al candidato vincente, ottiene almeno il 60% dei 40 seggi in palio (ossia 24 seggi), se il Presidente eletto ha conseguito più del 45% dei voti validi nella relativa elezione; altrimenti, ottiene almeno il 57.5% dei 40 seggi in palio (ossia 23 seggi), se il Presidente eletto ha conseguito un numero di voti validi superiore al 40% e non oltre il 45% nel primo turno della relativa elezione. Nel caso in cui nessun candidato Presidente abbia ottenuto almeno il 40% dei voti validi, si procede al turno di ballottaggio; in tal caso, la coalizione collegata al Presidente eletto ottiene il 57.5% dei seggi (ossia 23 seggi); 5) infine, è stata introdotta la cosiddetta “doppia preferenza di genere” (l’elettore può esprimere fino a due preferenze, purché riguardanti candidati di sesso distinto), insieme alla cosiddetta “preferenza agevolata”: i nomi dei candidati sono già scritti sulla scheda, affiancati da una casella; l’elettore che intende esprimere un voto di preferenza, quindi, non dovrà scrivere il nome, ma potrà limitarsi a tracciare un segno sulla casella corrispondente; 6) è stato abolito il cosiddetto “listino del Presidente”, ossia i seggi di premio assegnati alle liste che appoggiano il Presidente eletto, mentre è stata introdotta la Lista Regionale: la possibilità, per ciascuna lista, di presentare una “lista regionale bloccata” di massimo tre candidati. Tale lista è facoltativa: i candidati di una lista regionale sono i primi candidati ad essere eletti, sulla base dei seggi spettanti a ciascuna lista.

    Alla luce delle caratteristiche appena descritte del nuovo sistema elettorale regionale, possiamo affermare che esso si colloca all’interno del gruppo dei sistemi misti del tipo proporzionale con premio di maggioranza introdotti dalla legge Tatarella (Chiaramonte 1998; 2005).

    In conclusione, come abbiamo avuto modo di vedere, la storia elettorale della regione non lascia molti margini di dubbio circa l’esito di questa consultazione. Il vantaggio competitivo del Pd in Toscana appare difficilmente colmabile dai rivali. Se si pensa poi che i partiti di centrodestra si presentano divisi, sono pochi gli ostacoli che Enrico Rossi dovrà superare per essere riconfermato governatore. Naturalmente la presenza di una soglia minima – del 40% – perché scatti il premio di maggioranza, impone al Pd di non fallire tale quota per non essere costretto al ballottaggio. (nuttyscientists.com) Abbiano abbondantemente visto come non dovrebbe essere un problema, tuttavia il contesto politico degli ultimi anni offre qualche margine di incertezza. Infatti, almeno a partire dalle elezioni politiche del 2013 e poi alle successive elezioni europee, così come nei successivi test parziali di livello ammnistrativo, la volatilità elettorale, che misura la fluidità degli orientamenti di voto, è letteralmente esplosa, producendo risultati inaspettati anche in aeree che si credevano saldamente in mano all’una o all’altra parte politica. Infine, oggi una variabile che assume ancora più salienza è quella relativa all’affluenza, come mostra il caso del recente drammatico crollo dell’affluenza alle elezioni regionali in Emilia-Romagna[3], un’altra regione storicamente “rossa”. E a pensarci bene forse l’unico vero avversario che il presidente uscente dovrà sconfiggere sarà proprio l’astensionismo…

     

    Riferimenti bibliografici:

    Chiaramonte, A. 1998. “I Sistemi Elettorali Misti. Una Classificazione.” Rivista Italiana Di Scienza Politica 28 (2): 229–70.

    ———. 2005. Tra Maggioritario E Proporzionale. L’universo Dei Sistemi Elettorali Misti. Bologna: Il Mulino.

    De Sio, L., Emanuele, V. e Maggini, N. (a cura di) (2014), Le Elezioni Europee 2014, Dossier CISE (6), Roma, CISE.


    [1]Si veda Chiaramonte e De Sio (2014) per un’analisi approfondita del voto alle elezioni politiche del 2013.

    [2] Si veda De Sio, Emanuele  e Maggini (2014) per un’analisi del voto alle elezioni europee in Italia.

    [3] Si veda Maggini per un’analisi delle ultime elezioni regionali in Emilia-Romagna del novembre 2014 (/cise/2014/11/24/regionali-emilia-romagna-record-storico-di-astensioni-ma-i-rapporti-di-forza-rimangono-inalterati-a-vantaggio-del-pd/)