Autore: Redazione CISE

  • Dossier CISE “Goodbye Zona Rossa”: Scarica i singoli articoli in PDF

    Dossier CISE “Goodbye Zona Rossa”: Scarica i singoli articoli in PDF

    Introduzione: perché le comunali di domenica sono importanti?
    Vincenzo Emanuele e Nicola Maggini

    Parte I – Prima del voto

    Comunali: chi potrà dire di aver vinto?
    Lorenzo De Sio e Aldo Paparo

    Il quadro della vigilia delle comunali: le alleanze e le amministrazioni uscenti
    Davide Vittori e Aldo Paparo

    Comunali in Sicilia: una legge elettorale sui generis regola un’offerta rinnovata
    Alessandro Riggio

    Parte II – Il primo turno

    L’affluenza nei comuni superiori: un netto calo in linea con le tendenze degli ultimi anni
    Nicola Maggini

    Il risultato? Ancora il clima del 4 marzo, ma il M5S (come nel 2013) non rende bene alle comunali
    Lorenzo De Sio, Vincenzo Emanuele, Nicola Maggini, e Aldo Paparo

    Il centrodestra avanza, il centrosinistra arretra ma si difende, il M5S è fuori dai giochi
    Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo

    L’aggregato: M5S ancora debole nei comuni, il centrodestra scavalca il centrosinistra
    Aldo Paparo

    Crisi dei partiti in Sicilia: M5S e Lega sconfitti, arretrano anche PD e Forza Italia
    Alessandro Riggio

    L’Italia divisa: bipolarismo al nord e frammentazione al sud. Il sistema partitico nei comuni capoluogo
    Vincenzo Emanuele e Bruno Marino

    Il voto di preferenza alle comunali del 2018. Verso l’autofagia dei partiti?
    Stefano Rombi

    Parte III – I flussi del primo turno

    Primo turno a Cinisello Balsamo: il centrodestra vicino ad una storica vittoria
    Cristiano Gatti e Aldo Paparo

    A Vicenza il centrodestra vince al primo turno, grazie ai voti dell’assente M5S
    Nicola Martocchia Diodati e Aldo Paparo

    Gli elettori del Movimento 5 Stelle regalano la vittoria a Conte al primo turno: i flussi elettorali a Treviso
    Matteo Cataldi e Aldo Paparo

    Primo turno ad Ancona: la diaspora del M5S, la tenuta del PD, la crescita della Lega
    Davide Vittori e Aldo Paparo

    A Brindisi la diaspora del M5S porta al ballottaggio centrosinistra e centrodestra
    Elisabetta Mannoni e Aldo Paparo

    Primo turno a Messina: la dispersione del M5S, il crollo del PD e la (parziale) tenuta del centrodestra
    Bruno Marino e Aldo Paparo

    A Siracusa il M5S cede 40 punti e si disperde in tutte le direzioni
    Alessandro Riggio e Aldo Paparo

    Parte IV – I ballottaggi

    Nei ballottaggi un test sugli elettori M5S
    Roberto D’Alimonte

    La vittoria del partito degli astenuti: l’affluenza tracolla ai ballottaggi
    Nicola Maggini

    I numeri finali del voto: il centrodestra vince le comunali conquistando le roccaforti rosse
    Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo

    Le fatiche del M5S nei comuni: l’avanzata che non arriva e i sindaci che se ne vanno
    Aldo Paparo

    Parte V – I flussi dei ballottaggi

    Anche a Cinisello Balsamo gli elettori del M5S preferiscono il centrodestra
    Cristiano Gatti e Aldo Paparo

    A Imola gli elettori del centrodestra si riversano in massa sulla candidata del M5S
    Luca Carrieri e Aldo Paparo

    Ad Ancona il centrosinistra tiene i suoi voti e si conferma al comune
    Davide Vittori e Aldo Paparo

    L’apparentamento non basta: a Siena gli elettori di Piccini non lo seguono e fanno vincere il centrodestra
    Nicola Martocchia Diodati e Aldo Paparo

    A Brindisi gli elettori del M5S regalano un’insperata vittoria al centrosinistra
    Elisabetta Mannoni e Aldo Paparo

    A Siracusa la smobilitazione del centrodestra consegna la vittoria a Italia
    Alessandro Riggio e Aldo Paparo

    A Ragusa il M5S smarrisce la sua trasversalità e perde il comune
    Bruno Marino e Aldo Paparo

    Conclusioni: verso una nuova geografia elettorale nei comuni?
    Aldo Paparo

  • “Gli sfidanti al governo”: Online il Dossier CISE sulle elezioni del 4 marzo

    “Gli sfidanti al governo”: Online il Dossier CISE sulle elezioni del 4 marzo

    Gli sfidanti al governo
    Disincanto, nuovi conflitti e diverse strategie dietro il voto del 4 marzo 2018

    a cura di Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo

    Per la prima volta in Italia (e in Europa Occidentale) c’è un governo composto integralmente da partiti “sfidanti” (challengers): partiti in contrapposizione con i grandi partiti mainstream, tradizionalmente di governo, e portatori di grandi istanze di rinnovamento. Già, ma da dove viene questo risultato?

    Tre sono i fattori identificati nelle analisi CISE raccolte in questo volume (basate su analisi dei risultati ufficiali e su dati di sondaggio esclusivi):

    Il disincanto di un Paese che sembra non solo essere rimasto deluso da promesse di rinnovamento della politica e di sviluppo economico che non ha ritenuto mantenute, ma anche più in generale da una narrazione ottimistica, “win-win” dei grandi processi di trasformazione del nostro tempo.

    Di qui l’emersione di nuovi conflitti: con la scoperta che queste trasformazioni producono vincenti e perdenti, e che quindi il conflitto politico su temi specifici come il welfare e l’immigrazione non può essere annacquato facilmente da visioni tecnocratiche e ottimistiche.

    È questo il complesso panorama in cui si sono dispiegate, infine, le diverse strategie dei partiti: lo spostamento su posizioni economicamente più liberiste da parte del PD, con una nuova enfasi sui diritti civili; l’accento del M5S sulla protezione economica dei più deboli; la trasformazione della Lega da partito etno-regionalista del Nord a partito radicale di destra a vocazione nazionale. Diverse strategie che hanno prodotto esiti diversi, e che sono quindi anch’esse alla base del risultato dirompente del 4 marzo 2018.

    Scarica l’e-book in formato PDF Scarica i singoli capitoli in PDF

    Il volume, presentato anche su LUISS Open, è edito da LUISS University Press, e disponibile per il download anche presso il sito web della LUP.

  • Dossier CISE “Gli sfidanti al governo”: Scarica i singoli articoli in PDF

    Dossier CISE “Gli sfidanti al governo”: Scarica i singoli articoli in PDF

    Introduzione
    Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo

    Parte I – Partiti ed elettori verso il 4 marzo

    Lavoro, lotta all’evasione e limiti all’accoglienza: le priorità degli italiani e i partiti
    Lorenzo De Sio

    Il sondaggio CISE: priorità dei cittadini e strategie dei partiti verso il voto
    Vincenzo Emanuele e Lorenzo De Sio

    Maggioranza lontana alla Camera, e un rischio di effetto-collegi: il maxisondaggio CISE/LUISS/Sole24Ore
    Lorenzo De Sio

    Il maxi-sondaggio CISE-Sole 24 Ore: la maggioranza resta un miraggio
    Roberto D’Alimonte

    La mappa dei collegi: Sud in bilico con il M5S avanti
    Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo

    Per i partiti la difficile sfida delle alleanze
    Roberto D’Alimonte

    Il voto e l’età: mezza età per il M5S, anziani per il PD, under 35 in ordine sparso
    Nicola Maggini

    E il Senato? Le intenzioni di voto degli over 25
    Aldo Paparo

    La lunga battaglia: chi può ancora sperare di convincere gli indecisi?
    Davide Vittori

    Oltre il voto ai partiti: le insidie dei collegi uninominali
    Nicola Maggini

    Flussi fra voto di lista e voto ai candidati al Nord
    Camilla D’Amico

    La Zona Rossa verso più incertezza? Flussi elettorali tra voto al partito e al candidato
    Marco Improta

    L’incertezza al Sud: un elettore su quattro indeciso tra voto al partito o al candidato
    Alessandro Riggio

    L’analisi dei flussi di voto dal 2013: tra (s)mobilitazione e passaggi di campo
    Luca Carrieri

    I flussi fra ricordo del voto 2013 e intenzioni di voto 2018 al Nord
    Cristiano Gatti

    I flussi fra ricordo del voto 2013 e intenzioni di voto 2018 nella Zona Rossa
    Matteo Bianucci

    Flussi dal 2013 al Sud: mutazione genetica PD, cambiamenti nel centrodestra, solidità M5S
    Alessandro Riggio

    Parte II – Il voto del 4 marzo: risultati e analisi

    Radiografia di un terremoto
    Lorenzo De Sio

    La sorprendente tenuta dell’affluenza
    Vincenzo Emanuele

    Il voto del 2018: ancora una scossa di terremoto. Sarà l’ultima?
    Federico De Lucia

    Perché il Sud premia il M5S
    Roberto D’Alimonte

    Disoccupazione e immigrazione dietro i vincitori del 4 marzo
    Vincenzo Emanuele e Nicola Maggini

    L’apocalisse del voto ‘moderato’: in 10 anni persi 18 milioni di voti
    Vincenzo Emanuele

    L’avanzata del M5S: un unicum tra i nuovi partiti nella storia europea
    Vincenzo Emanuele

    Il peggior risultato di sempre della sinistra italiana, la seconda più debole d’Europa
    Vincenzo Emanuele

    Il ritorno del voto di classe, ma al contrario (ovvero: se il PD è il partito delle élite)
    Lorenzo De Sio

    Crescita e nazionalizzazione della Lega di Salvini
    Matteo Cataldi

    L’onda sismica non si arresta. Il mutamento del sistema partitico italiano dopo le elezioni 2018
    Alessandro Chiaramonte e Vincenzo Emanuele

    Il mandato del 4 marzo. Dietro vittorie e sconfitte, la domanda di affrontare vecchi problemi e nuovi conflitti
    Lorenzo De Sio e Aldo Paparo

    Parte III – Le elezioni regionali

    La Lombardia non è più il regno di Berlusconi
    Davide Vittori

    Regionali nel Lazio: l’effetto Zingaretti e le divisioni del centrodestra
    Luca Carrieri

    Molise: ancora niente primo governatore per il M5S
    Carolina Plescia

    In Friuli si completa il successo della Lega: governatore e oltre un terzo dei voti
    Roberto D’Alimonte

    Parte IV – Verso una maggioranza di governo

    Incarico a Di Maio? In Italia il partito più votato ha sempre governato. (clonazepam) Ma in altri paesi europei accade anche il contrario
    Vincenzo Emanuele

    Gli elettori M5S, PD e Lega e le possibili coalizioni: uniti e divisi da economia, immigrati, Europa
    Lorenzo De Sio

    Scenari bloccati e maggioranze liquide: le mosse possibili per sbloccare lo stallo
    Roberto D’Alimonte

    Con più Europa e accoglienza, ma più a destra sull’economia: l’elettorato PD è diventato “radicale”?
    Lorenzo De Sio

    Davvero il fallimento del “governo del cambiamento” gioverà a M5S e Lega?
    Lorenzo De Sio e Luca Carrieri

    Parte V – I flussi di elettorali fra 2013 e 2018

    I flussi a Torino svelano l’enorme volatilità dietro l’apparente stabilità dei risultati
    Aldo Paparo

    A Genova storica vittoria del centrodestra con i passaggi dal M5S alla Lega
    Aldo Paparo

    A Venezia nuovo massimo per il flusso dal M5S alla Lega: un elettore su 17
    Aldo Paparo

    Anche a Padova la Lega ruba a Berlusconi e M5S (stabile con gli ingressi da Bersani)
    Aldo Paparo e Matteo Cataldi

    A Reggio Emilia il centrosinistra conquista il centro ma cede voti in tutte le direzioni
    Elisabetta Mannoni e Aldo Paparo

    A Rimini non tiene neanche il Muro di Arcore: la Lega prende direttamente al centrosinistra
    Davide Vittori e Aldo Paparo

    A Prato i voti di Monti non premiano Renzi, e il centrosinistra cede al centrodestra
    Aldo Paparo e Matteo Cataldi

    Cagliari: il centrosinistra perde un terzo dei voti nonostante le entrate dal centrodestra
    Aldo Paparo

    A Napoli il M5S supera il 50% con ingressi da tutte le direzioni
    Aldo Paparo

    A Reggio Calabria il M5S avanza di 10 punti grazie a rimobilitazione-record dal non voto
    Aldo Paparo

    Il M5S sfata il tabù Messina mentre crolla Forza Italia
    Aldo Paparo e Alessandro Riggio

    Conclusioni
    Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo


    Il volume, presentato anche su LUISS Open, è edito da LUISS University Press, e disponibile per il download anche presso il sito web della LUP.

  • Intervista con Joshua A. Tucker (NYU) sulle elezioni americane di midterm

    Intervista con Joshua A. Tucker (NYU) sulle elezioni americane di midterm

    Durante una pausa della conferenza Inside American Politics presso il campus di Firenze della New York University, il professor Tucker ha parlato con noi delle recenti elezioni (traduzione di Elisabetta Mannoni, il video originale in inglese è disponibile qui).

    Joshua A. Tucker è professore di Politica, professore associato di Studi russi e slavi, e di Scienze dei dati presso la New York University. È direttore del Jordan Center for Advanced Study of Russia della NYU, co-direttore del laboratorio NYU Social Media e partecipazione politica (SMaPP) e coautore del premiato blog politico The Monkey Cage, pubblicato dal The Washington Post. Dal 2013 collabora con il CISE a studi sperimentali sugli effetti dell’identificazione di partito in Italia.

    Professor Tucker, innanzitutto grazie per aver accettato il nostro invito a discutere le midterm elections con noi.

    È un piacere.

    Dunque, cosa è successo in queste elezioni? Conosciamo tutti i risultati; sappiamo cosa è successo al Senato, cosa alla Camera (Cuccurullo e Paparo 2018a) – ma quali sono, a suo avviso, le reali conclusioni da trarre? Cosa sta succedendo?

    Credo ci siano due conclusioni fondamentali che possiamo trarre: la prima è che l’inasprimento degli Stati Uniti d’America in quanto realtà politica polarizzata si sta accentuando, un tema molto dibattuto in questi ultimi anni (Fiorina 2018). Una delle cose di cui si è discusso in questa conferenza è proprio il fatto che stiamo assistendo ad una fase in cui anche candidati deboli riescono ad ottenere grandi percentuali di voto, proprio perché le scelte di voto dei cittadini statunitensi dipendono sempre di più dal loro identificarsi come democratici o repubblicani e questa tendenza è in evidente aumento. Allo stesso tempo, assistiamo anche a quella che viene definita nazionalizzazione della politica statunitense, per cui notiamo una sempre maggiore congruenza tra chi viene eletto alle elezioni presidenziali e chi viene eletto al Congresso. In questo senso, c’è una strana somiglianza con il caso italiano: ci stiamo trasformando in un sistema parlamentare – anche se negli Stati Uniti il partito al governo ha appena perso alla Camera e questo in un sistema parlamentare significherebbe farsi da parte; tuttavia, negli Stati Uniti abbiamo questa strana formula delle elezioni legislative a metà mandato presidenziale, per cui può capitare che il partito al governo perda il controllo della Camera e rimanga comunque al governo, cosa che ovviamente non è ammissibile in un sistema parlamentare. Questo è il primo grande punto cruciale.

    Il secondo è che abbiamo riscontrato una significativa e consistente avanzata del Partito Democratico. Per calare questo dato nell’immagine un po’ schematica che stiamo disegnando, possiamo dire che questo si è verificato principalmente nelle aree suburbane. I democratici sono tradizionalmente molto forti nelle città, i repubblicani nelle zone rurali. Quello che possiamo aggiungere è che stavolta nelle zone a metà tra le urbane e le rurali (zone storicamente repubblicane) c’è stato uno spostamento in direzione del Partito Democratico. In particolare, questo cambio di preferenze è avvenuto tra le donne con titolo di studio universitario, e ancora più in particolare tra le donne bianche con titolo di studio universitario – che se non erro avevano in maggioranza votato Trump alle elezioni 2016. Ora notiamo un gender gap che va aumentando progressivamente. Tendenzialmente le donne afro-americane rappresentano il gruppo più fortemente democratico, e a questo punto i repubblicani sono diventati ancora più impopolari anche tra le asioamericane e latinoamericane. L’America bianca è quella da cui Trump e il Partito Repubblicano ancora tendono ad attingere, per cui il fatto che abbiano perso il consenso di molte donne bianche con una laurea alle spalle costituisce un cambiamento molto significativo.

    Un terzo punto cardine di queste elezioni è che ci troviamo ora in una situazione per cui – e questo forse è un concetto un po’ complesso per chi vive in un paese con un sistema proporzionale – i democratici, per ottenere il controllo della Camera dei Rappresentanti, devono vincere il voto popolare di almeno il 5 punti percentuali, e ci sono riusciti. Ma pensiamo un attimo a questo: se i Repubblicani avessero perso di 3 punti, avrebbero comunque mantenuto il controllo della Camera dei Rappresentanti. Da un punto di vista europeo, questo sarà probabilmente visto come una sorta di anatema, mentre in sistemi presidenziali ci troviamo spesso in situazioni anomale per cui il partito che è al governo non ha una maggioranza nel legislativo. Qui però parliamo della possibilità che addirittura un partito (quello Democratico) ottenesse la maggioranza dei voti e fosse comunque nella posizione di non poter governare. Questo è potenzialmente un gran problema nel lungo termine per gli Stati Uniti. Abbiamo già visto in due delle ultime cinque elezioni presidenziali che il partito che ha vinto il voto popolare non ha conquistato la Casa Bianca. I democratici hanno ottenuto la maggioranza in termini di voto popolare in quattro delle ultime cinque elezioni presidenziali, ma solo in due di questi casi sono riusciti anche a vincere la presidenza. Adesso abbiamo una situazione simile nella Camera dei Rappresentanti, dove per ottenerne il controllo i democratici dovevano vincere con uno stacco di almeno il 5 punti, mentre i repubblicani avrebbero potuto anche perdere di pochi punti.

    Prima parlavamo dell’inasprimento della polarizzazione. Quello che non abbiamo detto è che la polarizzazione negli Stati Uniti ha una base geografica: una delle ragioni per cui i democratici devono vincere con un margine più ampio rispetto ai repubblicani è che i democratici sono molto più forti nelle città. Per cui, nel mio distretto, nel Greenwich Village a New York, i candidati democratici ottengono solitamente circa il 90% dei voti. Molti di quei voti però sono voti sprecati, perché non abbiamo un meccanismo compensativo come quello tedesco o quello ungherese: non c’è modo che i voti in eccesso possano avere un peso effettivo nella distribuzione dei seggi. Per cui, più aumenta il numero di liberal che si spostano nelle aree urbane, più alto sarà il numero di questi voti sprecati; e questo è un problema a lungo termine. E c’è anche un ulteriore fattore geografico che fa sì che i repubblicani possano ottenere più seggi vinti con il 60% o il 55% dei voti, mentre i democratici li vincono con percentuali più alte (come 80-90%). Mi riferisco al concetto del gerrymandering – altra cosa che suonerà folle all’orecchio di un europeo – che vede i partiti politici nella condizione di poter ‘disegnare’ i confini dei collegi, e di disegnarli in modo particolare, per cui poi si presentano casi come quello del North Carolina, dove pur avendo una distribuzione dei voti tale per cui il 50% dei cittadini vota democratico e l’altro 50% vota repubblicano, poi di fatto i democratici ottengono 3 seggi e i repubblicani 10. Lo stesso succedeva in Pennsylvania, ma qui i distretti stato sono stati ridefiniti quando la Corte Suprema ha definito illegale il gerrymandering che era stato operato. Da quel momento la Pennsylvania, altro Stato in cui i votanti si dividevano a metà tra repubblicani e democratici, è passata da una situazione in cui i repubblicani ottenevano 12 seggi contro i 6 dei democratici, ad una situazione di 9 seggi ciascuno – un risultato decisamente più in linea con un sistema proporzionale.

    Infine, sempre nell’ambito di questa idea di disproporzionalità, c’è un altro problema a lungo termine, che ha a che fare con il Senato. Negli Stati Uniti, ogni Stato membro, a prescindere da quanto grande sia, ha diritto a due senatori. Questo si deve al compromesso fondativo raggiunto quando il paese fu istutuito, il cui scopo era bilanciare il voto popolare, che altrimenti avrebbe favorito gli stati più grandi tra quelli che avrebbero formato l’Unione, e costituire una federazione in cui i singoli stati fossero rappresentati in modo uguale (un po’ la stessa idea per cui il voto del Lussemburgo ha lo stesso peso di quello Germania nell’Unione Europea). Ora, uno dei problemi principali in questo senso è che, se guardiamo indietro nella storia, solitamente gli stati eleggevano senatori di partiti diversi, o comunque la distribuzione politica tra i vari stati cambiava molto da un periodo storico ad un altro. Adesso invece, in questo scenario politico che, come dicevamo prima, viaggia sostanzialmente su due schieramenti contrapposti, la situazione è tale per cui, di Stato in Stato, i due seggi al Senato sono spesso permanentemente associati ad un partito piuttosto che all’altro. E qui si ripropone la problematica legata alle grandi aree urbane, per cui in California (che conta 52 milioni di persone) i due senatori continueranno ad essere democratici anche nel prossimo futuro; stesso dicasi per lo stato di New York (con una popolazione di poco inferiore ai 20 milioni). Mentre poi ci sono altri piccoli stati rurali, come il North Dakota, il South Dakota, il Wyoming, l’Idaho, che hanno un numero infinitamente minore di abitanti, ma che ugualmente sono rappresentati da due senatori. E se storicamente c’era la possibilità che partiti diversi vincessero un diverso numero di seggi al senato in stati diversi, per come stanno le cose oggi, non è giusto che il voto di un abitante dello stato di New York valga 1/20 del voto di un abitante del Wyoming; eppure questo inevitabilmente ha avuto un forte impatto in termini di rappresentanza. Leggevo previsioni in merito al fatto che nel giro di vent’anni il 30% della popolazione degli Stati Uniti eleggerà di fatto il 50% dei senatori.

    Penso che ci siano delle grandi domande da porsi in questo momento. Ancora di più se a questo aggiungiamo il fatto che Trump, da presidente, abbia diffuso comportamenti inediti, facendo cose che, seppur legali, non venivano comunque fatte; o che i anche i repubblicani in genere abbiano fatto lo stesso, come quando hanno negato di votare la conferma a un giudice della Corte Suprema nominato da Obama, dicendo che non avrebbero votato fino a dopo le elezioni (2016, ndr). Uno potrebbe dire – bene, se i repubblicani giocano sporco e in più ci sono condizioni strutturali che favoriscono i repubblicani, i democratici sono letteralmente svantaggiati dal sistema, ed è richiesto loro di raccogliere più voti di quelli che servirebbero ai repubblicani per ottenere la maggioranza. E infatti si comincia a notare che le persone stanno realmente iniziando a parlare di queste differenze. Non ricordo se fosse il New York Times o il Washington Post, ma uno dei due ha recentemente pubblicato un articolo in cui veniva detto che dovremmo aumentare le dimensioni della Casa dei Rappresentanti, cosa che non succede da cento anni negli Stati Uniti. Quello che forse potrebbe succedere, qualora un Presidente democratico tornasse alla Casa Bianca, sarebbe vederlo nominare giudici addizionali alla Corte Suprema. Di fatto non c’è nessuna regola scritta che voglia il numero dei giudici fisso a nove, per cui i democratici potrebbero lecitamente volerne di più, per riequilibrarne la composizione. O potrebbero venir messe in atto mosse per aumentare il numero degli Stati, per cui Puerto Rico o il District of Columbia potrebbero diventare stati a tutti gli effetti, per controbilanciare in parte il vantaggio strutturale che i repubblicani hanno sul Senato.

    Si è parlato anche della potenziale nascita di due Californie, una California del Nord e una California del Sud, nel tentativo di aumentare la rappresentanza in Senato. Tutto questo è molto interessante. Noi avevamo condotto un’analisi prima delle elezioni, da cui risultava che la popolazione media dei 19 stati “rossi” era di circa 5 milioni, mentre quella 18 stati “blu” di 7,5 milioni (Cuccurullo e Paparo 2018b). Quindi fondamentalmente uno sconto del 50% sul costo in termini di elettori di ciascun senatore.

    Esatto, e comunque c’è da notare che in certi casi la cosa può essere bidirezionale. Ora, senza entrare troppo nel merito del collegio elettorale per il Presidente, ma questa struttura potrebbe giocare a sfavore anche degli stessi repubblicani. Se il Texas (in cui, ricordiamoci, in queste elezioni la corsa per il Senato è stata molto più ravvicinate rispetto alla recente storia elettorale) passasse dall’essere uno Stato rosso ad essere uno Stato blu, e i democratici si trovassero durante le elezioni presidenziali in controllo della California, del Texas e dello stato di New York, comincerebbe ad essere piuttosto difficile pensare che i repubblicani possano effettivamente arrivare a conquistare una maggioranza dei grandi elettori ed eleggere quindi un loro Presidente.

    Perciò, quello che possiamo concludere da tutto questo è che, da un lato, per come è strutturato, il sistema statunitense risulta essere estremamente proporzionale, nel senso che i partiti ottengono ciascuno più o meno la metà dei voti e a ciò corrisponde per ciascuno grossomodo la metà dei seggi; dall’altro sembra piuttosto ingiusto che i democratici debbano vincere di almeno 5 punti percentuali di margine nel voto popolare, quando lo stesso non è richiesto ai repubblicani. Certo, in confronto a paesi come la Polonia o la Russia, dove i partiti possono ottenere 1/3 dei voti e vederlo tradotto in 2/3 dei seggi, perché ci sono tantissimi partiti minori che non arrivano nemmeno in Parlamento, gli Stati Uniti possono considerarsi un paese proporzionale. Ma di fatto si tratta di un sistema come molte peculiarità: due soli partiti e collegi uninominali, che in generale presenta delle innegabili stranezze in merito a come i collegi vengono disegnati; il Senato, in particolare il modo in cui i seggi ad esso relativi sono assegnati e il potere che questo ha (esistono altri paesi che hanno una Camera Alta che rappresenta le regioni, ma di solito tendono ad essere più deboli rispetto alle camere basse); e infine il collegio elettorale presidenziale.

    Riferimenti bibliografici

    Cuccurullo, Davide e Aldo Paparo (2018a), ‘Elezioni di midterm: Trump perde la Camera ma avanza al Senato’. https://cise.luiss.it/cise/2018/11/14/elezioni-di-midterm-trump-perde-la-camera-ma-avanza-al-senato/

    Cuccurullo, Davide e Aldo Paparo (2018b), ‘Oggi le elezioni di midterm: quali scenari per il Senato?’. https://cise.luiss.it/cise/2018/11/06/oggi-le-midterm-quali-scenari-per-il-senato/

    Fiorina, Morris P. (2018), ‘È vero che democratici e repubblicani si odiano oggi più che mai?’. https://cise.luiss.it/cise/2018/11/05/e-vero-che-democratici-e-repubblicani-si-odiano-oggi-piu-che-mai/

  • Joshua A. Tucker’s take on the 2018 midterm elections

    Joshua A. Tucker’s take on the 2018 midterm elections

    During a break of the Inside American Politics Conference at NYU Florence, Professor Tucker talked with us about the recent elections. A transcript in Italian is available here.

    Joshua A.Tucker is Professor of Politics, an affiliated Professor of Russian and Slavic Studies, and an affiliated Professor of Data Science at New York University. He is the Director of NYU’s Jordan Center for Advanced Study of Russia, a co-director of the NYU Social Media and Political Participation (SMaPP) lab, and a co-Author of the award winning politics and policy blog The Monkey Cage at The Washington Post. Since 2013, he has been collaborating with the CISE on experimental research investigating the effects of partisanship in Italy.

     

  • Introducing the CISE Seminar Series

    Introducing the CISE Seminar Series

    A multidisciplinary seminar series for empirical research on democratic representation

    The CISE (Italian Center for Electoral Studies) organizes a seminar series articulated on a weekly basis. The first series of seminars will run, on an experimental weekly basis, in November and December 2018.

    It was born from:

    1. the need and interest of the CISE to establish a practice of open discussion for the work in progress of its researchers;
    2. the aim to establish and consolidate a network of scientific interaction relating the CISE within the LUISS research community (both in the Department of Political Science and in other departments) and with other universities in the Rome area.

    As a result, it is open to any researcher wishing to present their empirical work in progress (both quantitative and qualitative) on issues of democratic representation broadly meant (e.g., but not limited to, electoral behavior, party competition, party systems, electoral legislation), from any scientific discipline.

    We believe this provides a great opportunity for PhD students, postdocs and faculty engaged in empirical research to discuss their work with an audience that is not necessarily specialized in the specific field, thus providing wide-ranging feedback, and for the audience to learn about the everyday practice of empirical research in the social sciences.

    Logistics

    Seminars will be generally held on Thursday at 1pm in a meeting room on the 4th floor of the main building of the Viale Romania LUISS campus.

    It is assumed that all participants have read the paper before the seminar, so that little time (usually 15’) will be dedicated to the paper presentation.

    A light lunch will be provided for up to 20 participants; seating is limited, so please register in advance.

    Calendar – Fall 2018 Series

    In this first experimental series, the following seminars will be offered (click on any title to register):

    15 Nov 2018, 13:00 (Room 411)
    “Where You Lead, I Will Follow”: Partisan Cueing on High Salience Issues
    Aldo Paparo (LUISS)

    22 Nov 2018, 13:00 (Room 409)
    Reshaping EU attitudes? The case of social democratic and radical left parties in Spain and Italy
    Davide Vittori (LUISS)

    29 Nov 2018, 13:00 (Room 409)
    Making sense of party strategy innovation: Challenge to ideology and conflict mobilization as dimensions of party competition
    Lorenzo De Sio (LUISS)

    6 Dec 2018, 13:00 (Room 409)
    Party system institutionalization: Towards a new, comprehensive approach
    Vincenzo Emanuele (LUISS)

    13 Dec 2018, 13:00 (Room 409)
    Throwing Darts at the EU: Explaining Voting Preferences for Radical Right Parties
    Luca Carrieri (LUISS)

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  • A Siracusa la smobilitazione del centrodestra consegna la vittoria a Italia

    A Siracusa la smobilitazione del centrodestra consegna la vittoria a Italia

    Anche a Siracusa il risultato del ballottaggio ha visto un ribaltamento dei rapporti di forza al primo turno. Il nuovo primo cittadino è infatti Francesco Italia (appoggiato da PDR e civiche), che ha sconfitto il rivale di centrodestra (Reale), nonostante si trovasse indietro di oltre 17 punti dopo il primo turno.

    La nostra analisi dei flussi elettorali (Fig. 1) consente di comprendere come decisivi per questo risultato siano stati due fattori: la smobilitazione dell’elettorato del primo turno del centrodestra, e il grande favore a Italia registrato presso gli elettori che al primo turno avevano candidati non ammessi al ballottaggio.

    Il diagramma di Sankey mostra infatti chiaramente la grande banda blu che va dal bacino del centrodestra al primo turno al non voto del secondo turno. Questa è stata la scelta del 45% degli elettori di Reale, ovvero dal 9% degli elettori siracusani totali.

    Inoltre, la Figura 1 segnala la netta preferenza per Italia degli elettori di Randazzo e Moschella (74 e 70%), e, seppur meno netta, di quelli di Granata (candidato per Diventerà Bellissima), mentre gli elettori del M5S si sono astenuti in blocco (appena un decimo ha votato Reale).

    Questo ha consentito a Italia di superare non solo il grande svantaggio di due settimane fa, ma anche la defezione rilevante di suoi elettori del primo turno verso il suo sfidante al ballottaggio: il 2% degli elettori siracusani, un ottavo del bacino di Italia al primo turno.

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Siracusa fra primo turno (sinistra) e secondo turno (destra) delle comunali 2018, percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)siracusa_sankey

    Riferimenti bibliografici

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Schadee, H.M.A., e Corbetta, P., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 80 sezioni elettorali del comune di Siracusa. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Si tratta di 2 unità in tutto. Il valore dell’indice VR è pari a 10,1.

  • A Brindisi gli elettori del M5S regalano un’insperata vittoria al centrosinistra

    A Brindisi gli elettori del M5S regalano un’insperata vittoria al centrosinistra

    A Brindisi è andata in scena una delle sfide più interessanti di questa tornata di ballottaggi. Erano infatti contrapposti i candidati di centrodestra (Cavalera) e centrosinistra (Rossi), in uno scontro dal tipico sapore bipolare, con Cavalera in vantaggio di oltre 10 punti. Inoltre, vi erano molti voti sul mercato (non raccolti al primo turno dei due sfidanti del ballottaggio), che potevano consentire di ribaltare il risultato di due settimane fa. In particolare, Serra (il candidato del M5S) aveva raccolto il 21,3%, bacino le cui seconde preferenze, era facile prevedere, sarebbero state decisive. (Ambien)

    Abbiamo stimato i flussi elettorali fra primo e secondo turno a Brindisi per potere valutare il comportamento degli elettori pentastellati, e, in generale, da dove vengano i voti che hanno consentito a Rossi di ribaltare il risultato del primo turno e conquistare il comune (peraltro con oltre 13 punti di margine su Cavalera).

    Il diagramma di Sankey mostrato di seguito consente di apprezzare immediatamente la risposta a questi interrogativi. Fra gli elettori del M5S nessuno ha scelto Cavalera. Tutto il 40% abbondante che non ha disertato le urne al ballottaggio ha scelto Rossi, che da qui prende il 23% dei suoi voti del ballottaggio. Cavalera, invece, è stato il preferito fra quanti al primo turno avevano votato il candidato di destra, sostenuto da Lega e FDI (Ciullo). Anche qui è il 40% abbondante, ma va rilevato come un 8%, invece, abbia votato Rossi, che, inoltre, si è dimostrato capace di rimobilitare una quota rivelante di astenuti del primo turno (un elettore su 50, da qui proviene un decimo dei suoi voti).

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Brindisi fra primo turno (sinistra) e secondo turno (destra) delle comunali 2018, percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)brindisi_sankey

    Riferimenti bibliografici

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Schadee, H.M.A., e Corbetta, P., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 80 sezioni elettorali del comune di Brindisi. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Si tratta di 2 unità in tutto. Il valore dell’indice VR è pari a 10,1.

  • A Ragusa il M5S smarrisce la sua trasversalità e perde il comune

    A Ragusa il M5S smarrisce la sua trasversalità e perde il comune

    A Ragusa il risultato del ballottaggio ha rappresentato una nota dolente per il M5S che non è riuscito a confermare l’amministrazione comunale conquistata cinque anni fa. Anche se senza il proprio incumbent in campo (Piccitto), infatti, il Movimento era riuscito a piazzare il proprio candidato (Tringali) al ballottaggio. Peraltro Tringali si trovava dopo il primo turno in una situazione assai migliore di quella di Piccitto cinque anni fa. Infatti si trovava in testa, di un paio di punti, avendo raccolto di 22,8% dei voti, mentre Piccitto raccolse al primo turno solo il 15,8 e si trovava secondo, staccato di quasi 14 punti dal candidato del centrosinistra.

    Allora, la straordinaria capacità del M5S di raccogliere le seconde preferenze di quanti non avevano al ballottaggio il proprio candidato preferito consentì a Piccitto lo straordinario ribaltamento degli equilibri, passando da meno di 5.000 voti a oltre 20.0000.

    Quest’anno non è andata così. Tringali ha aumentato i propri quasi 8.000 voti “solo” del 50% circa, mentre lo sfidante di destra (Cassì) è riuscito quasi a raddoppiarli, scavalcandolo abbastanza nettamente (oltre 6 punti di margine).

    Grazie alle nostre stime dei flussi elettorali fra primo e secondo turno (mostrate nel diagramma di Sankey di seguito), possiamo ricostruire i variegati movimenti di elettori che hanno determinato questo risultato.

    Innanzitutto, si nota la non massiccia riconferma degli elettori del M5S, con il 10% che si è astenuto, e addirittura un ottavo che ha votato Cassì. Quest’ultimo non ha subito alcun passaggio diretto al rivale, e ha ceduto meno del rivale al non voto (7%).

    La Figura 1 consente anche di vedere cosa hanno fatto gli elettori dei candidati non ammessi al ballottaggio. Quelli dei candidati appoggiati da PD e FI (Calabrese e Tumino) hanno preferito Tringali: poco meno della metà, con meno del 10% verso Cassì. Al contrario, però, il candidato del M5S è stato sconfitto nell’elettorato dei candidati civici Migliore e Ialacqua e, sorprendentemente, in quello del candidato di sinistra (Massari). Questo ultimo flusso vale oltre un elettore ragusano su 30, e da qui proviene un sesto dei voti di Cassì al ballottaggio.

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Ragusa fra primo turno (sinistra) e secondo turno (destra) delle comunali 2018, percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)ragusa_sankey

    Riferimenti bibliografici

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Schadee, H.M.A., e Corbetta, P., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 71 sezioni elettorali del comune di Ragusa. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Si tratta di 2 unità in tutto. Il valore dell’indice VR è pari a 2,6.

  • Anche a Cinisello Balsamo gli elettori del M5S preferiscono il centrodestra

    Anche a Cinisello Balsamo gli elettori del M5S preferiscono il centrodestra

    A Cinisello Balsamo il candidato sindaco centrodestra ha conquistato il comune. Si trattava di una sfida di particolare interesse non solo per la possibilità, già emersa due settimane fa, di questo storico ribaltone. Ma anche perché costituiva una classica sfida bipolare, fra centrodestra e centrosinistra, in cui l’elettorato del M5S, il cui candidato aveva raccolto un decimo dei voti, poteva giocare un ruolo decisivo nella vittoria dell’uno o dell’altro al ballottaggio,

    Attraverso l’analisi dei flussi elettorali da noi stimati e rappresentati dal diagramma di Sankey riportato sotto (Fig. 1), si osserva come gli elettori del M5S abbiano, in prevalenza (il 50%), votato per il candidato del centrodestra (Ghilardi), con solo una quota marginale (il 7%) che invece ha preferito Trezzi (centrosinistra).

    Il flusso da M5S del primo turno a Ghilardi nel secondo vale un elettore cinisellese su 25, il 10% dei voti nel secondo turno del vincitore. Più in generale, il diagramma mostra chiaramente la grande stabilità intercorsa fra primo e secondo turno: nessun passaggio incrociato fra i due sfidanti, nessuna rimobilitazione significativa dal non voto, e solo marginali cessioni verso il non voto (come prevedibile alla luce del molto più basso della media calo della partecipazione – circa 4 punti).

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Cinisello Balsamo fra primo turno (sinistra) e secondo turno (destra) delle comunali 2018, percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)cinisello_sankey

    Riferimenti bibliografici

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Schadee, H.M.A., e Corbetta, P., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 65 sezioni elettorali del comune di Cinisello Balsamo. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Si tratta di 2 unità in tutto. Il valore dell’indice VR è pari a 2,0.